Connect with us

Cronaca

112 NUE pronto in 5 secondi? È una realtà o una speranza ?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 6 minuti
image_pdfimage_print

Delle due l’una o le inchieste de L’Osservatore d’Italia hanno promosso la rimodulazione delle procedure del 112 Nue o le istituzioni forniscono una versione da riscontrare.

Nel corso della trasmissione “La Vita in Diretta Estate” di ieri sera 20 giugno, condotta da Gianluca Semprini e Ingrid Muccitelli, si è parlato anche del funzionamento e del “Numero Unico delle chiamate di emergenza 112 NUE”.

In studio, tra gli altri, Alberto Zoli Direttore Generale dell’Azienda regionale emergenza urgenza della Regione Lombardia, Carlo Bui presidente del comitato per l’innovazione del settore ICT della Pubblica Sicurezza e responsabile dell’attuazione del progetto “Numero Unico delle chiamate di emergenza 112 NUE”, Mario Giosuè Balzanelli, Presidente nazionale della Società Italiana Sistemi 118 (SIS118).

Dagli studi Rai di Bari era in collegamento il Prefetto Francesco Tagliente, già Questore di Roma, per oltre 40 anni impegnato nei diversi ruoli a potenziare le installazioni necessarie per garantire ai cittadini una pronta accessibilità al centralino di soccorso pubblico e ad assicurare la massima disponibilità degli operatori con una riposta il più rispondente possibile alle aspettative della gente. Nel 2010 Tagliente da Questore di Roma era riuscito a far ridurre i tempi di risposta al 113, in media, da 46 a 6 secondi.

In studio anche la giornalista Valentina Ruggiu che ha ripetuto in trasmissione la denuncia dell’inutile attesa di un’ambulanza ad Albano Laziale mentre il padre moriva.

Alberto Zoli e Carlo Bui si sono dichiarati soddisfatti del funzionamento del nuovo 112. In particolare Alberto Zoli sulle denunce di disservizi e la presenza in studio della figlia di un uomo deceduto dopo vari vani tentativi di richiesta di soccorso, ha dichiarato che i cittadini che si rivolgono al 112 NUE ottengono risposta mediamente entro 5 secondi.

“Ci hanno messo la faccia. Ora sappiamo chi sono i responsabili del funzionamento del 112. Mi sarei aspettato comunque un po’ più di umiltà di fronte ai gravi fatti accaduti e denunciati” scrive Tagliente sulla pagina FB dove ha postato il suo intervento nella parte conclusiva della trasmissione.

Tagliente nel corso del suo intervento ha premesso che per oltre 40 anni si è occupato di gestione del soccorso pubblico nei vari ruoli; che Firenze è stato concesso il Fiorino d’oro, la massima onorificenza della città, alla sovrintendente Manuela Bigoni, addetta al 113, per aver salvato la vita di 18 persone che avevano tentato il suicidio; che la gente chiede di essere garantita nel diritto alla vivibilità in sicurezza e le istituzioni hanno il dovere di promuovere tutte le iniziative per garantire accessibilità.

Sul tema l’osservatore d’Italia ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione con decine di articoli raccogliendo testimonianze e denunce, anche da parte delle organizzazioni sindacali di polizia, vigili del fuoco e del 118, sulle mancate o tardive risposte alle richieste di soccorso.

La dichiarazione fatta alla Vita in Diretta Estate dal Direttore Generale dell’Azienda regionale emergenza urgenza della Regione Lombardia, farebbe pensare che le inchieste de “L’Osservatore” siano servite a far apportare dei correttivi per ridurre i disagi.

Se fosse vero che entro 5 secondi dalla chiamata il cittadino che si rivolge al 112 NUE può contare sull’invio di un equipaggio di polizia, carabinieri, vigili del Fuoco o ambulanza, sarebbe un grande passo avanti sulla sicurezza e in particolare sulla percezione della sicurezza. E’ di tutta evidenza l’importanza che un cittadino sappia che se dovesse trovarsi in una condizione di pericolo può contare su strutture accessibili pronti ad intervenire.

I rappresentanti delle istituzioni devono fare attenzione alle promesse, perché se poi non vengono mantenute possono originare reazioni imprevedibili.

Il Numero Unico per le richieste di soccorso pubblico e di pronto intervento è uno dei pilastri fondamentali per la sicurezza delle città oltre che termometro dei rapporti d’integrazione sociale.

Se il cittadino sa che chiamando il numero di emergenza lo trova libero, gli operatori rispondono subito e sono professionali, al momento in cui avverte una situazione di disagio o di pericolo, non esiterà a chiamare mettendo in condizione le forze di polizia o i mezzi di soccorso di sapere e di intervenire. Viceversa se ha avuto precedenti esperienze negative – dirette o anche per sentito dire – sarà orientato a non chiamare, alimentando così il numero oscuro dei reati e la speranza di impunità dei potenziali autori dei reati. Peraltro, tempi e qualità delle risposte al numero di soccorso pubblico e pronto intervento possono falsare o consentire una lettura distorta dello stato di sicurezza delle città.

Rispondendo in ritardo si ricevono meno telefonate e si conoscono meno i reati realmente accaduti con una forbice sempre più ampia tra sicurezza reale è percepita.

Per far capire meglio l’importanza di questo “Servizio”, Tagliente nel corso dei vari interventi fatti sul tema lo ha paragonato, con una immagine figurata, ad un dispositivo di regolazione del flusso, come un rubinetto che ha la funzione di alimentare o scoraggiare (con l’apertura o chiusura della valvola) le segnalazioni di reato da parte dei cittadini e, di conseguenza, permettere di attivare gli operatori di polizia deputati al pronto intervento (volanti o gazzelle) ed a seguire l’attività degli organi investigativi (Squadra mobile, Digos ed omologhi Uffici dei Carabinieri) e della stessa Magistratura.

Sul Numero Unico delle chiamate di emergenza l’Italia vanta una straordinaria storia di modello di riferimento

L’Italia è stato il primo paese al mondo ad aver attivato il numero di telefono unico 113.

Dal 1969 i cittadini italiani hanno avuto la possibilità di potersi avvalere di un numero unico nazionale per le richieste di soccorso pubblico e di pronto intervento gestito da persone dotate da un spiccato senso dello Stato, fortemente motivate, con una spiccata sensibilità e professionalità.

Prima dell’Italia solo l’Inghilterra aveva attivato il numero unico 999 ma non a livello nazionale, perché era operativo solo a Londra.

Per anni il 113 è stato ritenuto il modello di riferimento mondiale per la gestione del soccorso pubblico. Centinaia di delegazioni estere hanno fatto visita alla Sala Operativa della Questura di Roma per conoscere la funzionalità del servizio.

Mentre il mondo si ispirava al modello italiano, i Governi pro tempore consentivano la proliferazione dei numeri per le richieste di pronto intervento 112, 114, 115, 117, 118, 1515, 1518, 1522, 1530, ,1525, 1544 arrivando a farsi sanzionare dai giudici dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea per le inadempienze sul corretto funzionamento del numero unico di emergenza europeo 112.

Nel 1976 dopo 8 anni dalla operatività del 113, numero telefonico unico per le richieste di soccorso pubblico italiano, anche l’Europa raccomanda l’uso del numero unico decidendo di istituirlo poi nel 1991, per tutta l’Unione Europea. La scelta cade sul 112.

Dopo 49 anni dalla sua istituzione il Governo e Parlamento hanno mandato in pensione lo storico 113 e con lui hanno mandato in pensione anche il 112 nazionale gestito dai carabinieri, 115 per le richieste di pronto intervento dei Vigili del Fuoco e il 118 utilizzato per la chiamata delle autoambulanze.

Negli ultimi tempi stavano assumendo toni preoccupanti le proteste per la gestione del nuovo numero unico di emergenza 112 Europeo anche da parte di molti sindacati.

I sindacati di polizia, dei vigili del fuoco e degli infermieri che da mesi denunciavano forti criticità del numero unico organizzato come un normale call center senza nessun appartenente ai corpi e alle amministrazioni coinvolte nelle emergenze.

L’obiettivo di tale unione di forze delle varie sigle sindacali di categoria, era, e sicuramente è ancora, attuare una soluzione che permette di avere un unico filtro alla richiesta di aiuto, in un contesto di risposta multidisciplinare.

Solo per citare alcuni casi, a Torino sei sigle sindacali si sono uniti in una conferenza stampa per contestare l’istituzione del numero unico 112 in tutta Italia. Si tratta dei sindacati SAP, SIAP e SIULP per le forze dell’ordine, NurSind per gli infermieri, CONAPO e FNS Cisl per i Vigili del Fuoco.

Secondo quanto ricostruito dall’annuncio, la CUR (centrale unica di risposta) è “Un moltiplicatore di inefficienze e sprechi che con l’introduzione di un passaggio in più ha allungato i tempi di risposta, secondo una strategia scellerata che ha di fatto moltiplicato le criticità e i rischi”.

E purtroppo ci sono esempi che dimostrano il disservizio.

“Secondo i sindacati l’introduzione di un passaggio in più, ha allungato i tempi di risposta mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini. Il sindacato dei vigili del fuoco (Conapo) facendo riferimento alla morte di un bambino di 10 anni annegato a Bosio ha denunciato che la richiesta di intervento ai vigili del fuoco per salvare Leonardo Pecetto è arrivata con 15 minuti di ritardo. “Dai dati in nostro possesso – scrive il Conapo – i vigili del fuoco sono stati allertati ben 15 minuti dopo che la richiesta di soccorso è pervenuta al numero unico di soccorso 112”. A Roma Il messaggio di una signora, con il quale, la stessa, lamenta su Facebook di aver atteso 13 minuti per segnalare un incendio al numero di emergenza 112, ha alimentato centinaia di condivisioni con migliaia di like e commenti polemici molto pesanti sul funzionamento del nuovo 112 NUE.”

Il centralino del 112 NUe rappresenta uno dei principali termometri della percezione della sicurezza del cittadino, collocandosi tra i primi momenti di contatto con le persone che vivono un momento di disagio o di pericolo.

Cronaca

Paura a Faenza, due treni si tamponano: 17 feriti

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Un tamponamento a bassa velocità, che ha portato a una collisione fra due treni che stavano andando nella stessa direzione.

Ha provocato tantissima paura, ma solamente alcuni feriti lievi che hanno perlopiù riportato delle contusioni, uno scontro avvenuto fra due treni ieri attorno alle 20.20 nella zona di Faenza, nel Ravennate. L’impatto sarebbe stato fra un treno regionale e una Freccia che si sono tamponati sulla linea. Le cause e la dinamica esatta dell’incidente sono in corso di ricostruzione da parte di Trenitalia e dei Vigili del fuoco, che sono intervenuti con squadre da Ravenna e da Forlì. Evidentemente qualcosa è andato storto nelle comunicazioni e il treno che seguiva ha urtato quello che precedeva. Si suppone, ma anche questo aspetto dovrà essere appurato nelle indagini sulle cause dell’incidente, che il macchinista si sia accorto dell’ostacolo lungo i binari e, viste anche le conseguenze per personale e passeggeri, la velocità sia stata molto bassa. Le persone che sono state medicate sono infatti 17, ma nessuno di loro, a quanto si apprende, avrebbe riportato traumi o ferite serie. L’incidente ha però, inevitabilmente, provocato rallentamenti alla circolazione. Il traffico ferroviario è infatti stato sospeso tra Forlì e Ravenna e non è facile ipotizzare quanto tempo potrebbe volerci per tornare a una circolazione normale. Serviranno infatti i necessari tempi tecnici al personale del gruppo Ferrovie per gli interventi di messa in sicurezza, ma anche quelli necessari alle forze dell’ordine per i rilievi. Sono almeno quattro, intanto, i treni Freccia rossa e Intercity a lunga percorrenza, che sono fermi nelle stazioni vicine, Forlì, Cesena, Rimini, in attesa di poter partire. “Siamo lavorando a stretto contatto con la Regione Emilia-Romagna e con le forze di Protezione civile – scrive il sindaco di Faenza, Massimo Isola sulla sua pagina Facebook – un ringraziamento ai Vigili del fuoco e ai soccorsi, prontamente intervenuti”.

Continua a leggere

Cronaca

Treni Milano – Chiasso: passeggeri nel caos. I nuovi convogli sono troppo alti per la galleria che porta in Svizzera

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

I nuovi convogli Caravaggio a due piani non sono autorizzati a passare dal tunnel di Monte Olimpino per questioni di altezza. Creando molti disagi ai passeggeri.

Non sono i treni nuovi a essere troppo alti, ma è la galleria verso la Svizzera che è troppo bassa e non adeguata all’alta velocità.

Trenord giustifica così la decisione, che sarà operativa entro due anni, di spostare il capolinea della tratta Milano-Chiasso a Como San Giovanni. I nuovi convogli Caravaggio a due piani, che hanno sostituito i loro predecessori guasti e obsoleti, non sono infatti autorizzati a passare dal tunnel di Monte Olimpino per questioni di altezza. Una situazione che, sempre più spesso negli ultimi mesi, ha costretto i passeggeri a scendere a Como e sperare nella coincidenza con i Tilo ticinesi.

La replica di Trenord

 Inevitabili le polemiche, alle quali Trenord ha replicato prontamente, come riportato da La Provincia di Como. “Nessuna beffa o sorpresa per il nuovo Caravaggio ‘troppo grande’ per passare nella galleria che collega Como a Chiasso”, si legge in una nota. “Il modernissimo treno, acquistato da Regione Lombardia per il servizio regionale, è stato concepito innanzitutto per le linee suburbane che collegano le province lombarde all’area metropolitana. La Como-Milano-Rho è una di queste e richiede convogli ad alta capienza. Va da sé quindi che non è il treno, ma è la galleria di Chiasso a essere inadeguata alle esigenze della mobilità ferroviaria lombarda”.

La decisione di spostare il capolinea a Como

 La decisione di spostare il capolinea a Como è stata presa di conseguenza. Sempre nel comunicato ufficiale si legge che “la galleria in questione non consente il transito dei treni ad alta capacità” e che “non risulta l’esistenza di piani di adeguamento della stessa galleria da parte dei gestori dell’infrastruttura ferroviaria”. Il piano del servizio ferroviario regionale prevede infatti “da anni che la linea verso Chiasso si attesti a Como con i nuovi treni a due piani”.

Continua a leggere

Cronaca

Ferrara, aggressioni con spry per la baby gang di sole donne: presa la boss di 11 anni

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

La squadra mobile di Ferrara ha fermato una gang (tutta al femminile) che, in trasferta da Bologna, aveva messo a segno due rapine (una delle quali violenta) utilizzando lo spray urticante. 

Cose che, purtroppo, capitano. Quel che, nel caso specifico, fa la differenza, è l’età del “capo banda”: una bambina di 11 anni. Con lei, tre amiche, leggermente più grandi: dodici e tredici anni.

Come riportato dal Resto del Carlino, le adolescenti – tutte residenti nel Bolognese, sia italiane che di seconda generazione – lo scorso lunedì mattina si trovavano nella zona della stazione di Ferrara, quando hanno deciso di aggredire due vittime per rapinarle degli smartphone. La prima, una studentessa ventunenne, avvicinata con una scusa nella zona delle mura, è stata colpita con lo spray urticante, che le è stato spruzzato in faccia da una delle bambine, mentre le altre le rubavano il cellulare. L’altra ragazza è stata invece accerchiata e derubata dello smartphone nel parco Coletta.

Subito dopo i due colpi, le terribili bambine si sono dileguate, salendo su un treno diretto a Bologna, dove risultano residenti. Intanto però, la prima vittima aveva chiamato la polizia e nel giro di pochissimo, grazie ai video ripresi dall’impianto di sorveglianza della zona dove sono avvenute le rapine, gli agenti sono riusciti a individuare le giovanissime bulle e capire dove erano finite. Ossia, su un regionale, dove sono state bloccate dalla Polfer e identificate. Avevano ancora al seguito i telefoni rubati. Della vicenda è stata subito informata la Procura dei minori, benché le ragazzine non siano imputabili. Riaffidate ai genitori, non rimarranno, comunque, impunite.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti