Caso Denise Pipitone, Piera Maggio: “Non molleremo mai”

di Angelo Barraco

MAZARA DEL VALLO (TP) “Bugie e depistaggi, silenzi omertosi, mostri crudeli e molta cattiveria, errori commessi, speranza e attesa, lavoro e perseveranza, sofferenza, dolore e tanta rabbia, falso buonismo, non verità, colpevoli liberi, delusione e amarezza, troppi magistrati, processi e altro per zero risposte. Dov’è Denise?”. Piera Maggio, con questo messaggio pieno di sofferenza e intimo dolore, ha voluto ripercorrere i suoi tredici anni senza la sua piccola Denise. Tredici anni lunghi e tortuosi, in cui Piera Maggio è stata ingiustamente privata dell’abbraccio di sua figlia che oggi, sarebbe quasi una donna; ha dovuto rinunciare a quell’affetto e a quella complicità che soltanto lei, Piera, aveva con la sua bambina. Perché tutto questo? Per mano di chi? Oggi Piera Maggio, esattamente come tredici anni fa, si asciuga le lacrime che lentamente scavano il volto e grida a gran voce questi sono stati “13 anni della nostra vita, senza verità ne giustizia! Non molleremo mai, nostra figlia va cercata ovunque e dovunque! Tutti hanno un cuore, pochi una coscienza”.

Ma torniamo a quel tragico 1 settembre 2004. Piera Maggio affida la figlia Denise Pipitone alla nonna materna intorno alle 8:30, poiché in quel periodo frequentava un corso di formazione e necessitava di affidare i due figli alla madre. Piera Maggio quel terribile giorno riceve una telefonata alle 12:30, una telefonata che cambierà per sempre la sua vita e quella di tutte le persone che hanno seguito il caso, a Piera Maggio le viene detto al telefono che Denise era scomparsa e che le ricerche erano in corso da mezz’ora ma che non avevano portato ad alcun esito. Piera Maggio non appena giunge a casa vede Polizia e Carabinieri che cercano Denise, iniziano le perquisizioni anche all’interno degli appartamenti dei familiari e viene presa in considerazione l’idea che la bambina si sia allontanata da sola, ma Piera Maggio conosce bene la sua bambina, conosce bene le sue abitudini, sa di cosa ha paura la sua creatura e sa che non è autonoma negli spostamenti e ha paura delle macchine.

La nonna di Denise stava cucinando al momento della scomparsa, e la certezza di collocare Denise in un orario specifico all’interno del garage c’è, poiché la piccola si trovava, almeno fino alle 11.35, con la nonna. La casa in cui viveva Denise si trova in periferia, vicino ad un cimitero, precisamente in Via Domenico La Bruna. L’ultima persona a vedere Denise è stata la zia, in Via Castagnola. Il cugino ha confermato di averla vista giocare quella mattina. Denise aveva mostrato il suo visino innocente dalla porta a specchio della zia, successivamente si avvia verso la casa della nonna, ovvero verso Via Domenico La Bruna, ed è da li che inizia il mistero della scomparsa di Denise, avvenuta in pochi istanti. In questi lunghi anni si sono susseguiti numerosi avvistamenti, tante segnalazioni sono arrivate da tutta Italia e in tanti hanno creduto e sperato di aver visto e individuato la piccola Denise ma purtroppo nulla di concreto è emerso. Nel maggio del 2005 le indagini si concentrano sulla pista familiare e precisamente su Jessica Pulizzi, sorellastra di Denise.

L’accusa contro Jessica Pulizzi si incentra su una frase “ Io a casa c’à purtai” (io a casa gle la portai), catturata durante un’intercettazione ambientale. Dopo anni di processi e dibattimenti, il 27 giugno 2014 Jessica Pulizzi viene assolta dal Tribunale di Marsala con l’accusa di concorso nel sequestro di Denise, assolta per non aver commesso il fatto e per mancanza di prove. I Pm avevano chiesto una condanna a 15 anni poiché “Una serie di indizi chiari, univoci e convergenti inducono a ritenere che Jessica sia stata l’autrice del sequestro. E’ colpevole senza alcun dubbio. Anche se non può aver agito da sola”, un processo di primo grado costituito da 44 udienze. Il 2 ottobre 2015, Jessica Pulizzi viene assolta dalla Corte d’Appello di Palermo. Per lei erano stati chiesti 15 anni di reclusione. Il 19 aprile 2017 viene confermata l’assoluzione per Jessica Pulizzi, oggi definitivamente prosciolta dall’accusa di aver rapito la piccola Denise Pipitone. Dov’è la piccola Denise Pipitone?




Palermo, 35mo dell’eccidio di via Carini: visita speciale di Mattarella per la commemorazione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Prevista per domenica prossima una speciale visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel capoluogo siciliano. A 35 anni di distanza dall’uccisione per vile mano mafiosa del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di pubblica sicurezza Domenico Russo, nel luogo del tragico eccidio in via Isidoro Carini, il Presidente deporrà una corona per manifestare il ricordo e l’omaggio dello Stato che non dimentica.
Nomi di spicco presenzieranno nella giornata di domenica in varie manifestazioni organizzate per l’importante ricorrenza. La seconda edizione della “Festa dell’Onestà” che si avvale di partecipazioni di associazioni e movimenti che operano nel territorio come il “Centro Padre Nostro”, creato dall’incessante impegno e dedizione di Padre Pino Puglisi; “Libera”; “Ballarò significa Palermo”; “Centro Pio La Torre”; “Sos Ballarò” ed altre. Fra i nomi di spicco che presenzieranno i figli Nando, Rita e Simona Dalla Chiesa; Franco La Torre  figlio di Pio La Torre; Francesco Puglisi, fratello di Padre Pino Puglisi; il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette e il prefetto Guido Longo. Gli organizzatori dell’Associazione Cassaro Alto Francesco Lombardo, Giovanna Analdi, Giuseppe Scuderi e Giulio Pirrotta hanno precisato sul senso della Festa dell’Onestà: “E’ la festa del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dei palermitani.
Con questa iniziativa vogliamo ribaltare il messaggio che apparve in Via Isidoro Carini dopo l’omicidio. Non è vero che li è morta la dignità dei siciliani onesti. Noi vogliamo ribadirlo con fermezza”. Previste attività di animazione e sensiblizzazione con dibattiti, omaggi floreali, incontri e laboratori per bambini dalla Cattedrale per le strade fino ai Quattro Canti. Nel pomeriggio intorno alle 17:30 è in programma la cerimonia di intitolazione al prefetto Dalla Chiesa della raccolta bibliografica sulla criminalità organizzata e terrorismo conservata nella Biblioteca centrale in c.so Vittorio Emanuele con i suoi 1400 volumi e un inestimabile achivio fotografico del glorioso giornale L’Ora. Le manifestazioni si chiuderanno alle ore 23 circa.



Milano, Diocesi: applausi per il nuovo arcivescovo Mario Delpini

MILANO – Si è conclusa con un applauso di benvenuto all’arcivescovo eletto di Milano Mario Delpini, che nei prossimi giorni si insedierà ufficialmente alla guida della Diocesi, la messa per la Giornata Mondiale per la cura del Creato, indetta tre anni fa da Papa Francesco e che oggi avrebbe dovuto essere celebrata agli orti urbani di via Esterle. La pioggia ha impedito che la funzione si svolgesse all’aperto, per cui i fedeli si sono spostati nella Chiesa di San Giovanni Crisostomo. La Chiesa per Delpini è “alleata di questa premura per custodire la terra” anche se “l’ecologia è un discorso complesso ed esposto al rischio di appropriazioni ideologiche, prepotenti e pervasive. Da un lato l’idolatria, quell’idea per cui la Terra ha quasi una forza divina mentre l’uomo è visto come troppo piccolo. Dall’altro chi dice che è bellissima ma vuole solo sfruttarla e conquistarla”. La via scelta dalla Chiesa invece “è quella di contemplare tutto quello che c’è come un bene che Dio ha creato per l’uomo e ha affidato all’uomo perché lo custodisca”. Monsignor Delpini ha celebrato la messa insieme a Don Fedele, della parrocchia di San Giovanni Crisostomo. Poco prima, ha voluto fermarsi a salutare i dipendenti del deposito di Atm di via Esterle. All’iniziativa, promossa da Legambiente, era presente anche la presidente lombarda Barbara Meggetto.




Giustizia italiana e il rito abbreviato: una giungla dove vige la legge del più forte

di Roberto Ragone

È di questi giorni la notizia, a Trieste, della sentenza che condanna due fratelli di etnia rom, Daniel e Francesco Caris, rispettivamente di 30 e 28 anni, alla pena di un anno e sei mesi, e un anno e otto mesi, con rito abbreviato. In più la difesa ha presentato richiesta di arresti domiciliari, che, se fossero concessi, porterebbero i due a trascorrere il loro tempo presso il campo rom in cui sono sempre vissuti.

 

Questi i fatti: la sera del 10 aprile di quest’anno i due hanno aggredito e picchiato Hellen Prelessi, di 28 anni, madre di due bambini, presso il bar Flavia di Trieste in cui lavora, e nel quale ha trovato lavoro, costretta a lasciare il suo precedente impiego, dopo le minacce di Francesco Caris, per aver aiutato una sua amica a lasciare quest’uomo violento, indirizzandola presso il Centro Antiviolenza di Trieste. Questa è la colpa di Hellen, aver aiutato un’amica a sottrarsi alle botte di un compagno rom, nullafacente, pregiudicato per reati specifici, membro di una ‘famiglia’ già ben nota alle forze dell’ordine. Hellen ha riportato ematomi sul viso e la frattura del setto nasale. Ma ciò che è più grave è il danno psicologico che ne ha riportato, dato che i due, dopo la rissa durante la quale il fidanzato di Hellen Prelessi ha cercato invano di difenderla, riportando anche lui lesioni varie, hanno minacciato la ragazza di ulteriori e più gravi rappresaglie, prima d’essere intercettati dalla polizia durante la fuga.

 

L’avvocato difensore di Hellen Prolessi parla di un referto medico che descrive condizioni di estremo disagio e sofferenza. Da rimarcare che la Prolessi è madre single di due bambini, che mantiene con il suo lavoro, due bambini in tenera età e vulnerabili. Lo stesso avvocato difensore della Prolessi si è opposto alla concessione dei domiciliari ai due aggressori. Sembra un comune episodio di piccola delinquenza, ma rivela per l’ennesima volta uno dei tanti gravi difetti della nostra amministrazione giudiziaria. Fatte le somme, i due rom potranno scontare la loro pena prima del tempo e continuare a delinquere nei confronti di una ragazza che ha soltanto aiutato un’amica ad uscire da una situazione difficile. Come al solito, in Italia, che delinque non paga, e può continuare indisturbato a nuocere a chicchessia. Come ha rilevato l’avv. Bongiorno, intervenuta ad una trasmissione televisiva, l’errore non è negli avvocati, che fanno bene ad usare tutti i mezzi consentiti per difendere i loro assistiti, né dei giudici, che applicano le leggi vigenti. In realtà sono le leggi ad essere sbagliate. Premiare un imputato con uno sconto di pena del 30%, soltanto per il tempo risparmiato ad istruire un processo, è un premio inaccettabile; visto anche che tale iter giudiziario viene richiesto da imputati che sono evidentemente colpevoli, e che, se processati con rito formale, subirebbero una condanna molto pesante; più pesante, certamente, di quella che ricevono richiedendo l’abbreviazione. Ne consegue che l’iniziativa, che mirava, nello spirito, a far risparmiare tempo ai giudici, si traduce in un illecito e incongruo premio a chi dalla sua colpevolezza non si può più nascondere. Parlando poi di ‘pene alternative’, l’avv. Bongiorno ha detto che dette pene, che si traducono poi, per la maggior parte dei casi, in arresti domiciliari, premiano ulteriormente e indiscriminatamente il condannato.

 

Nel caso di specie, i due rom sarebbero affidati alle loro famiglie, con un paio di controlli quotidiani da parte di Polizia o Carabinieri. Per il resto del tempo, dato che si tratta di persone già ben note per i loro reati, potrebbero tranquillamente continuare la loro vita di sempre: fermo restando che un controllo in un campo rom rimane, per logica, molto difficile. E allora siamo alle solite. Mogli uccise da ex mariti, compagni che uccidono le fidanzate che li vogliono lasciare, episodi di violenza denunciati e malgrado tutto reiterati, fino all’atto finale della tragedia, sono all’ordine del giorno in Italia, dove chi delinque è certo comunque di una cosa: che se non rimarrà proprio impunito, comunque, nella peggiore delle ipotesi, trascorrerà in carcere un periodo trascurabile della propria vita. Fra legge Gozzini, semilibertà, promessi premio e buona condotta, le carceri italiane sono un groviera, e gli Albanesi ci hanno anche insegnato che se ne può ancora evadere in modo classico, con un lenzuolo annodato alle sbarre. Che siamo il ventre molle d’Europa per altri motivi, è ormai sotto gli occhi di tutti: ma che lo siamo diventati anche per il sistema giudiziario e carcerario, è davvero sconcertante. Rimane una donna terrorizzata, madre single di due bambini piccoli che dipendono da lei e dal suo lavoro. Il male contro il bene, e il male in Italia vince sempre. Non vogliamo parlare poi di aggressioni impunite agli autisti dei bus, ai capotreni o ai controllori dei mezzi pubblici: l’ATAC è sulla via del fallimento perché nessuno paga il biglietto, e chi scrive ne è testimone oculare: e non sono solo gli extracomunitari. Ora, obiettivamente, Hellen Prelessi, quale prospettiva ha dinanzi? Armarsi, visto che nessuno la può difendere? Cambiare città, nazione, continente? Subire altre aggressioni e minacce, e vivere morendo ogni giorno di paura? Giriamo la domanda a chi di dovere, a quei politici e magistrati che dovrebbero proteggere i cittadini, amministrare la cosiddetta ‘giustizia’, e fare in modo che la legge e l’ordine proteggano i più deboli, soprattutto gli onesti, e che i delinquenti siano messi in condizione di non nuocere. Senza regole, non c’è democrazia, senza ordine non c’è civiltà, ma solo la giungla. Una postilla: depenalizzare duecentoventi reati non è stata una buona idea. Purtroppo questa aggressione nei confronti della barista di Trieste viene considerato un reato ‘minore’, e quindi non sanzionato sufficientemente: mentre invece è uno dei più pericolosi e nocivi per l’uomo della strada.




LA GIUNGLA DELLA GIUSTIZIA

LA GIUNGLA DELLA GIUSTIZIA

IN ITALIA VIGE LA LEGGE DEL PIU’ FORTE

DI ROBERTO RAGONE

 

È  di questi giorni la notizia, a Trieste, della sentenza che condanna due fratelli di etnia rom, Daniel e Francesco Caris, rispettivamente di 30 e 28 anni, alla pena di un anno e sei mesi, e un anno e otto mesi, con rito abbreviato. In più la difesa ha presentato richiesta di arresti domiciliari, che, se fossero concessi, porterebbero i due a trascorrere il loro tempo presso il campo rom in cui sono sempre vissuti. Questi i fatti: la sera del 10 aprile di quest’anno i due hanno aggredito e picchiato Hellen Prelessi, di 28 anni, madre di due bambini, presso il bar Flavia di Trieste in cui lavora, e nel quale ha trovato lavoro, costretta a lasciare il suo precedente impiego,  dopo le minacce di Francesco Caris, per aver aiutato una sua amica a lasciare quest’uomo violento, indirizzandola presso il Centro Antiviolenza di Trieste. Questa è la colpa di Hellen, aver aiutato un’amica a sottrarsi alle botte di un compagno rom, nullafacente, pregiudicato per reati specifici, membro di una ‘famiglia’ già ben nota alle forze dell’ordine. Hellen ha riportato ematomi sul viso e la frattura del setto nasale. Ma ciò che è più grave è il danno psicologico che ne ha riportato, dato che i due, dopo la rissa durante la quale il fidanzato di Hellen Prelessi ha cercato invano di difenderla, riportando anche lui lesioni varie, hanno minacciato la ragazza di ulteriori e più gravi rappresaglie, prima d’essere intercettati dalla polizia durante la fuga. L’avvocato difensore di Hellen Prolessi parla di un referto medico che descrive condizioni di estremo disagio e sofferenza. Da rimarcare che la Prolessi è madre single di due bambini, che mantiene con il suo lavoro, due bambini in tenera età e vulnerabili. Lo stesso avvocato difensore della Prolessi si è opposto alla concessione dei domiciliari ai due aggressori. Sembra un comune episodio di piccola delinquenza, ma rivela per l’ennesima volta uno dei tanti gravi difetti della nostra amministrazione giudiziaria. Fatte le somme, i due rom potranno scontare la loro pena prima del tempo e continuare a delinquere nei confronti di una ragazza che ha soltanto aiutato un’amica ad uscire da una situazione difficile. Come al solito, in Italia, che delinque non paga, e può continuare indisturbato a nuocere a chicchessia. Come ha rilevato l’avv. Bongiorno, intervenuta ad una trasmissione televisiva, l’errore non è negli avvocati, che fanno bene ad usare tutti i mezzi consentiti per difendere i loro assistiti, né dei giudici, che applicano le leggi vigenti. In realtà sono le leggi ad essere sbagliate. Premiare un imputato con uno sconto di pena del 30%, soltanto per il tempo risparmiato ad istruire un processo, è un premio inaccettabile; visto anche che tale iter giudiziario viene richiesto da imputati che sono evidentemente colpevoli, e che, se processati con rito formale, subirebbero una condanna molto pesante; più pesante, certamente, di quella che ricevono richiedendo l’abbreviazione. Ne consegue che l’iniziativa, che mirava, nello spirito, a far risparmiare tempo ai giudici, si traduce in un illecito e incongruo premio a chi dalla sua colpevolezza non si può più nascondere. Parlando poi di ‘pene alternative’, l’avv. Bongiorno ha detto che dette pene, che si traducono poi, per la maggior parte dei casi, in arresti domiciliari, premiano ulteriormente e indiscriminatamente il condannato. Nel caso di specie, i due rom sarebbero affidati alle loro famiglie, con un paio di controlli quotidiani da parte di Polizia o Carabinieri. Per il resto del tempo, dato che si tratta di persone già ben note per i loro reati, potrebbero tranquillamente continuare la loro vita di sempre: fermo restando che un controllo in un campo rom rimane, per logica, molto difficile. E allora siamo alle solite. Mogli uccise da ex mariti, compagni che uccidono le fidanzate che li vogliono lasciare, episodi di violenza denunciati e malgrado tutto reiterati, fino all’atto finale della tragedia, sono all’ordine del giorno in Italia, dove chi delinque è certo comunque di una cosa: che se non rimarrà proprio impunito, comunque, nella peggiore delle ipotesi, trascorrerà in carcere un periodo trascurabile della propria vita. Fra legge Gozzini, semilibertà, promessi premio e buona condotta, le carceri italiane sono un groviera, e gli Albanesi ci hanno anche insegnato che se ne può ancora evadere in modo classico, con un lenzuolo annodato alle sbarre. Che siamo il ventre molle d’Europa per altri motivi, è ormai sotto gli occhi di tutti: ma che lo siamo diventati anche per il sistema giudiziario e carcerario, è davvero sconcertante. Rimane una donna terrorizzata, madre single di due bambini piccoli che dipendono da lei e dal suo lavoro. Il male contro il bene, e il male in Italia vince sempre. Non vogliamo parlare poi di aggressioni impunite agli autisti dei bus, ai capotreni o ai controllori dei mezzi pubblici: l’ATAC è sulla via del fallimento perché nessuno paga il biglietto, e chi scrive ne è testimone oculare: e non sono solo gli extracomunitari. Ora, obiettivamente, Hellen Prelessi, quale prospettiva ha dinanzi? Armarsi, visto che nessuno la può difendere? Cambiare città, nazione, continente? Subire altre aggressioni e minacce, e vivere morendo ogni giorno di paura? Giriamo la domanda a chi di dovere, a quei politici e magistrati che dovrebbero proteggere i cittadini, amministrare la cosiddetta ‘giustizia’, e fare in modo che la legge e l’ordine proteggano i più deboli, soprattutto gli onesti, e che i delinquenti siano messi in condizione di non nuocere. Senza regole, non c’è democrazia, senza ordine non c’è civiltà, ma solo la giungla. Una postilla: depenalizzare duecentoventi reati non è stata una buona idea. Purtroppo questa aggressione nei confronti della barista di Trieste viene considerato un reato ‘minore’, e quindi non sanzionato sufficientemente: mentre invece è uno dei più pericolosi e nocivi per l’uomo della strada.




Ricorrenza Dalla Chiesa. A 35 anni dall'eccidio Palermo si mobilita per ricordarlo. Mattarella domenica a Palermo

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Prevista per domenica prossima una speciale visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel capoluogo siciliano. A 35 anni di distanza dall'uccisione per vile mano mafiosa del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente di pubblica sicurezza Domenico Russo, nel luogo del tragico eccidio in Via Isidoro Carini, il Presidente deporrà una corona per manifestare il ricordo e l'omaggio dello Stato che non dimentica. Nomi di spicco presenzieranno nella giornata di domenica in varie manifestazioni organizzate per l'importante ricorrenza. La seconda edizione della "Festa dell'Onestà" che si avvale di partecipazioni di associazioni e movimenti che operano nel territorio come il "Centro Padre Nostro", creato dall'incessante impegno e dedizione di Padre Pino Puglisi; "Libera"; "Ballarò significa Palermo"; "Centro Pio La Torre"; "Sos Ballarò" ed altre. Fra i nomi di spicco che presenzieranno i figli Nando, Rita e Simona Dalla Chiesa; Franco La Torre  figlio di Pio La Torre; Francesco Puglisi, fratello di Padre Pino Puglisi; il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette e il prefetto Guido Longo. Gli organizzatori dell'Associazione Cassaro Alto Francesco Lombardo, Giovanna Analdi, Giuseppe Scuderi e Giulio Pirrotta hanno precisato sul senso della Festa dell'Onestà: "E' la festa del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dei palermitani. Con questa iniziativa vogliamo ribaltare il messaggio che apparve in Via Isidoro Carini dopo l'omicidio. Non è vero che li è morta la dignità dei siciliani onesti. Noi vogliamo ribadirlo con fermezza". Previste attività di animazione e sensiblizzazione con dibattiti, omaggi floreali, incontri e laboratori per bambini dalla Cattedrale per le strade fino ai Quattro Canti. Nel pomeriggio intorno alle 17:30 è in programma la cerimonia di intitolazione al prefetto Dalla Chiesa della raccolta bibliografica sulla criminalità organizzata e terrorismo conservata nella Biblioteca centrale in c.so Vittorio Emanuele con i suoi 1400 volumi e un inestimabile achivio fotografico del glorioso giornale L'Ora. Le manifestazioni si chiuderanno alle ore 23 circa.



Milano, ‘Domenica al Museo’: torna l’iniziativa del Comune e del Mibact

MILANO – Il 3 settembre torna ‘Domenica al Museo’, l’iniziativa del Comune di Milano e del Mibact che prevede l’apertura gratuita di tutti i musei ogni prima domenica del mese.

Lo ricorda in una nota Palazzo Marino. Sarà quindi possibile visitare gratuitamente, oltre alla Pinacoteca di Brera, i Musei del Castello Sforzesco, il Museo del Risorgimento, la GAM|Galleria d’Arte Moderna, il Museo Archeologico, il Museo di Storia Naturale, l’Acquario, il Museo della Pietà Rondanini, la Casa Museo Boschi Di Stefano e lo Studio Museo Francesco Messina. L’ingresso al Museo del Novecento è ridotto (5 euro) e il biglietto consente di visitare, oltre alla collezione, anche la mostra “New York New York. Arte Italiana: la riscoperta dell’America”.

Le sedi espositive rispetteranno i consueti orari di apertura. Per i ragazzi dai 4 ai 13 anni, inoltre, il Castello Sforzesco propone i percorsi didattici e i laboratori creativi di Bimbi al Castello. Prenotazioni obbligatorie.




Roma, abusivo vende acqua al Colosseo: nel giro di un’ora viene sanzionato più volte per un totale di oltre 15mila euro

ROMA – Nonostante le ferie estive l’attività della Polizia Locale non ha ricevuto battute di arresto, in particolare quella a contrasto dell’abusivismo commerciale. Gli agenti del gruppo GSSU e del gruppo Centro ex Trevi sono stati giornalmente impiegati in tutte le aree frequentate dai turisti contrastando i venditori in tutte le ore della giornata, spesso con ausilio di motociclette in “borghese”.
In Agosto, in particolare, intensissimo è stato il contrasto ai numerosissimi “venditori di acqua”, soprattutto nell’area del Colosseo, luogo difficile da pattugliare poiché permette agli abusivi numerosissime vie di fuga: inoltre l’attività degli agenti è spesso resa difficile dalla tendenza dei venditori ad organizzarsi, e a trovare metodi per segnalare ai “colleghi” l’arrivo di qualsiasi veicolo o agente, che sia in divisa o in borghese.
Nonostante ciò le attività di Agosto relative ai gruppi GSSU e Centro (ex Trevi), hanno portato a 1372 sequestri (di cui molti penali), per un totale di quasi 34.000 articoli tolti dal mercato (33.958).
Molti dei fermati sono spesso sprovvisti di documenti o, peggio, senza permesso di soggiorno. In questi casi tre agenti sono obbligati a recarsi, assieme al fermato, presso il centro di foto-segnalamento della Questura per la necessaria identificazione, e la verifica di eventuali carichi pendenti, operazione che richiede – minimo – un paio d’ore.
Ed è proprio in uno di questi casi che lunedì scorso uno dei venditori, cittadino del Bangladesh, è risultato titolare di più di 5 decreti di espulsione dal territorio nazionale. Una volta identificato e accertato il nuovo reato (oltre all’illecito amministrativo), l’uomo è stato denunciato nuovamente l’uomo all’Autorità Giudiziaria, che deciderà a riguardo.
TRE VERBALI IN UN’ORA
Nella giornata di oggi una pattuglia, appartenente al GSSU, ha fermato e multato un venditore avvenendosi, durante la stesura del verbale, che il medesimo personaggio era stato – nel giro di un’ora – sanzionato per la stessa violazione da altre due pattuglie.
L’uomo ha quindi collezionato tre sanzioni amministrative per “esercizio di vendita abusiva”, per un ammontare complessivo di 15.492 Euro.




Brianza, fugge inseguito da carabinieri: militari sparano per fermarlo e lo feriscono

MACHERIO (MB) – Sparatoria a Macherio, dove un uomo inseguito dai carabinieri e’ rimasto ferito. Si tratta di Emanuele B., 47 anni, residente a Tregasio. A quanto emerso ieri l’uomo sera aveva avuto un acceso litigio con la compagna a seguito del quale la donna aveva chiesto l’intervento dei carabinieri perché era stata minacciata di morte. Il sindaco aveva firmato un trattamento sanitario obbligatorio per un ricovero urgente, quando i carabinieri hanno cercato l’uomo a casa sua non l’hanno trovato ed hanno iniziato a cercarlo, scoprendo che era scappato con una Dacia bianca. Notando l’uomo nel parcheggio sotterraneo dell’Esselunga di Macherio, con fare sospetto, gli addetti alla sorveglianza hanno chiamato subito i carabinieri sospettando una rapina. Sul posto i militari hanno notato l’auto e intimato l’alt, l’uomo è scappato. Alcuni testimoni hanno visto due auto dei carabinieri a sirene spiegate che inseguivano l’auto. All’imbocco di via Roma, la vettura è andata a sbattere contro un’altra auto parcheggiata non potendo percorrere via Roma perché bloccata da un mezzo dei carabinieri che bloccava la strada. L’uomo ha proseguito la fuga ma è stato raggiunto da alcuni colpi di pistola ed é rimasto a terra. Sul posto è arrivato anche il sindaco di Macherio, i colpi esplosi sembrerebbero due, il ferito non sarebbe in pericolo di vita. E’ stato portato al San Gerardo di Monza. Al momento non é stato chiarito perché stesse fuggendo.




Avellino, maxi rissa con feriti: 8 persone denunciate dai carabinieri

AVELLINO – I Carabinieri della Compagnia di Mirabella Eclano, a seguito di attività info-investigativa hanno individuato e denunciato alla competente Autorità Giudiziaria otto persone ritenute responsabili di aver scatenato una maxi rissa avvenuta nottetempo in Pratola Serra, durante i festeggiamenti in onore del santo patrono.

L’attività investigativa, sviluppata dai militari della locale Stazione, estrinsecatasi attraverso lo sviluppo di utili informazioni nonché l’acquisizione di video dalle telecamere della zona, permetteva di ricostruire l’evento in questione e risalire all’identità dei responsabili.

La violente zuffa scaturiva per futili motivi: al termine di una serata di festa, un gruppo di persone provenienti da una frazione limitrofa veniva accusato da alcuni residenti di arrecare disturbo con i loro canti e schiamazzi. Dopo pochi istanti, con l’acuirsi della tensione dovuta ad un continuo crescendo di insulti e rabbia, i soggetti delle due distinti frazioni incominciavano ad aggredirsi fisicamente con calci, pugni e spintoni, generando lo scontro durato diversi minuti, con momenti di inaudita violenza e grande pericolo per la pubblica incolumità, in una strada in cui, data la ricorrenza, passeggiavano altre persone.

Sul posto intervenivano immediatamente i militari in servizio di pattuglia: i responsabili, accortisi dell’arrivo dei Carabinieri, si davano quindi alla fuga.
Per le lesioni riportate, un uomo veniva accompagnato presso il pronto soccorso dell’ospedale di Avellino ove gli veniva riscontrata una ferita da taglio, frattura nasale nonché escoriazioni in varie parti del corpo; anche altri riportavano delle ferite per le quali non risulta essere stato richiesto l’intervento di personale medico, probabilmente perché di lieve entità.

Durante la zuffa uno dei soggetti perdeva il portafoglio con all’interno i propri documenti d’identità, successivamente rinvenuto dai militari operanti.
L’attività d’indagine condotta dai Carabinieri permetteva di individuare ed identificare altri sei partecipanti alla rissa, per lo più giovanissimi.
Alla luce delle evidenze raccolte, per le otto persone scattava quindi il deferimento in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Avellino.




Roma: arrestato un operaio che dava alle fiamme rifiuti speciali in un area verde

ROMA – Ha dato alle fiamme diversi accumuli di rifiuti speciali all’interno dell’area verde della ditta dove lavora come operaio. In manette, scoperto dai Carabinieri della Stazione Roma Appia, è finito un 51enne romeno.

Ieri pomeriggio, transitando in Circonvallazione Orientale altezza Capannelle, i Carabinieri hanno notato una fitta colonna di fumo e hanno deciso di fare una verifica.
Arrivati all’interno dell’area, di proprietà di una società di infissi, i militari hanno sorpreso l’operaio incendiare scarti di porte in legno, vernici e materiale vario.
I Carabinieri hanno messo in sicurezza la zona e hanno arrestato l’uomo, poi sottoposto agli arresti domiciliari.
A seguito degli accertamenti eseguiti, i Carabinieri hanno anche denunciato a piede libero l’amministratore unico della società, un 47enne romano.
I due dovranno rispondere di attività di gestione rifiuti non autorizzata e combustione illecita di rifiuti.