Napoli, solidarietà: bagno di folla all’incontro “Simmo ggente ‘e core”

NAPOLI – Bagno di folla presso il Teatro Augusteo di Napoli all’incontro dal titolo “Simmo ggente ‘e core” sabato 26, un momento di incontro per tutte le persone che hanno partecipato o che intendono ancora partecipare all’iniziativa di solidarietà lanciata dal Comune di Napoli, in merito alle recenti operazioni di soccorso per i migranti, condotte da Sea Watch e Sea Eye.

All’incontro
erano presenti il Sindaco Luigi de Magistris e gli assessori Enrico Panini,
Laura Mormorale e Monica Buonanno, all’evento hanno inoltre partecipato tantissime
persone provenienti da tutta Italia, dall’estero e di tutte età, ci sono stati momenti
di grande commozione tra i partecipanti che hanno esposto la loro posizione e
pronti sempre alla solidarietà, insieme per ricordare di “Restare umani”, e di
ristabilire i diritti umani di fronte a persone che scappano e cercano un nuovo
futuro.

Sul palco
del Teatro augusteo partenopeo hanno esposto in tanti e anche un 17enne
studente napoletano, egli infatti ha ricordato: ‘se si ha paura che
l’intrusione di razze diverse l’Italia cambi, ma la domanda da porre a Salvini
è “non si ha paura che l’Italia cambi di fronte all’indifferenza di persone sfortunate
che andranno di sicuro incontro alla morte?” non è un incontro politico, ma un
incontro di diritti’.

Come si ricorderà il 4 gennaio scorso, a poche ore dalla pubblicazione sul sito del comune di Napoli, del form per offrire aiuto ai migranti delle due navi bloccate in mare, arrivarono migliaia di adesioni da Napoli, da tutta Italia e da connazionali residenti all’estero. Complessivamente, le manifestazioni di solidarietà sono arrivate ad oltre 5600, giunte anche da città europee e addirittura da altri continenti. Vestiario, donazioni, alimenti, alloggi e imbarcazioni, ma anche offerte di prestazioni professionali specifiche, da quelle mediche a quelle psicologiche, dai traduttori e perfino da sommozzatori. E’ stato un momento di riflessione per capire cosa siamo disposti a donare e cosa non siamo disposti a PERDERE quando si fa solidarietà, combattere la non conoscenza, fatta di superstizione, ignoranza e indifferenza, creare insieme uno scambio esperienziale. Durante l’incontro si è ricordato che la democrazia sta morendo senza l’umanità e non è progresso lasciare morire a mare, si è ricordato una frase di Liliana Secre  reduce dell’Olocausto “pensare ai bambini invisibili”, alle persone che pur non hanno taccia di loro ma, che ESISTONO e il Sindaco de Magistris ricorda che: “Napoli non può accettare che il mare diventi un cimitero” .

Giuseppina Ercole




Spagna, funerali del piccolo Julen: in tanti per l’ultimo addio

La Spagna piange Julen Rosello, il bimbo di due anni morto dopo essere caduto in un pozzo il 13 gennaio, fuori Malaga, nel comune di Totalán. Persone provenienti da tutto il Paese si sono strette al dolore dei genitori, Jose Rosello e Victoria Garcia, che solo due anni fa avevano perso un altro figlio di tre anni. La piccola bara bianca di Julen è stata accompagnata dalla mamma e il papà – a lungo applauditi dalla folla – e da un gruppo di parenti. Il bimbo riposerà nel cimitero di San Juan, accanto a suo fratello Oliver, in un quartiere di Malaga non molto distante dalla casa dove viveva.

La corsa contro il tempo, eppure Julen non ce l’ha fatta

Dal 13 gennaio centinaia di soccorritori si sono dati il cambio durante le operazioni di scavo finalizzate al recupero del bambino, finito accidentalmente in un pozzo di prospezione nel comune di Totalán, in Andalusia. Grandi rocce, ed errori di calcolo, hanno rallentato più volte i lavori di realizzazione di un tunnel parallelo al pozzo. Una volta ultima la struttura, si è proceduto rinforzando e consolidando la costruzione con tubi di acciaio per evitare frane. In seguito sono entrati in azioni gli speleologi della Brigata di Salvataggio Minerario, che hanno completato lo scavo realizzando a mano, a tratti con delle microcariche, un tunnel orizzontale di collegamento, di circa quattro chilometri, tra il nuovo tunnel al pozzo. Julen non aveva mai dato segni di vita.

Dramma familiare

Tragedia nella tragedia, José e Victoria, i genitori di Julen, hanno vissuto un dramma simile nel 2017, quando morì il loro figlio di tre anni. Olivier fu colto da “morte improvvisa”, forse un infarto, mentre passeggiava sulla spiaggia con loro.

L’incidente

L’incidente è avvenuto domenica 13 gennaio verso mezzogiorno a Totalán, dove il piccolo stava trascorrendo una giornata in campagna con la famiglia all’interno di una proprietà di conoscenti. Inizialmente, i soccorritori non credevano che il piccolo fosse caduto all’interno di un pozzo lungo 110 metri e largo appena 25 centimetri. Una volta appurata la verità, la macchina dei soccorsi non si è mai fermata. Centianaia di persone si sono date il cambio giorno e notte.




Ponte Morandi, demolizione primo pezzo tra 6 e 8 febbraio

GENOVA – “Siamo pronti a tirare giù il moncone e il primo pezzo dovrebbe scendere tra il 6 e il 8 febbraio, anche se dobbiamo ancora vedere con precisione quando sarà”. Il sindaco di Genova, Marco Bucci, commissario per la ricostruzione anticipa la data per la demolizione del moncone ovest del Morandi. “Stiamo facendo un lavoro che non è preparatorio ma è già di demolizione degli altri pezzi – spiega – e la demolizione è già praticamente iniziata”. “Le cose stanno andando avanti – ha aggiunto – quello che stiamo facendo non è un lavoro preparatorio ma di demolizione di altri pezzi, prima che ci sia quello grosso”. “Quel giorno – ha concluso – sarà un evento e tutta la città sarà lì a guardare. Noi lo sappiamo che ogni giorno le cose stanno andando avanti. Quel giorno, con quel pezzo, lo diremo al mondo”.




Giorgio Giardino, un modello figlio della Tuscia

VITERBO – Qualcuno definì la giovinezza “primavera di bellezza” nel ritornello di una canzone del Ventennio che inneggiava al patriottismo.

I tempi sono cambiati e con essi la società e le idee, ma la nostra Italia non ha smesso di generare campioni di “Italica bellezza”, che vivono la loro primavera esprimendo talento e capacità personali in ogni ambito.

La bellezza, estesa nel concetto più ampio all’intelligenza e alla sensibilità artistica, può essere uno strumento di realizzazione del proprio futuro.

Grazie alla televisione e ai social tutti i giovani possono avere la possibilità di dare visibilità alle loro capacità. New Generations TV, trasmesso dall’emittente Gold TV canale 17 del digitale terrestre, è stato il palinsesto che ha fatto mostra di campioni rappresentativi della bellezza italiana, creando una opportunità a possibili futuri talenti.

Tra questi giovani, dalla terra che fu del grande popolo Etrusco, si è distinto il diciassettenne vetrallese Giorgio Giardino in qualità di modello e indossatore, che come un giovane guerriero etrusco mostra tutta la fierezza dei suoi giovani anni. Dopo la partecipazione a New Generations, Giorgio è stato invitato a varie trasmissioni televisive e radiofoniche, mostrando naturalezza e umiltà, doti indispensabili per chi punta a mete più ambiziose.

Ultima apparizione pubblica di Giorgio Giardino è stata alla Casa del Musical – Nuovo Centro Danza di Viterbo, invitato dalla direttrice della scuola, l’attrice Laura Leo.

L’incontro è stato ulteriormente interessante per la presenza del coreografo/regista Gabriel Glorioso, della Casa del Musical di Agrigento in Sicilia, altra terra capace di generare talenti in ogni ambito artistico.
Per Giorgio ognuna di queste apparizioni è una piccola tappa che contribuisce alla sua esperienza e alla sua formazione artistica.
L’auspicio è che, questo figlio della Tuscia, si impegni in futuro per acquisire una buona preparazione che possa aprirgli le porte del grande schermo e possa diventare un volto famoso, orgoglio di Vetralla e della sua famiglia che lo sostiene.

Vincenzo Giardino




Ferrovia Roma-Viterbo: Regione Lazio di nuovo condannata per le barriere architettoniche

La Corte di Appello di Roma ha nuovamente condannato la Regione Lazio, rigettando il ricorso presentato contro l’Ordinanza n. 3051 del 2016 emessa, dal Tribunale di Tivoli, in favore, della signora Maria Cristina Abballe di Rignano Flaminio. Impossibilitata a usufruire della ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo per gli spostamenti giornalieri con il figlio Alessandro, affetto da una grave disabilità sia motoria che cognitiva e costretto alla sedia a rotelle, per la presenza delle barriere architettoniche nelle stazioni extraurbane della linea che l’Ente “aveva l’obbligo di eliminare”.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=ogJR7MA6DXk&w=560&h=315]

L’odissea di Maria Cristina è ampiamente conosciuta, anche negli ambienti di Atac, tanto da suscitare sdegno e stupore nell’opinione pubblica. Nell’ottobre del 2014 è stata al centro di un’inchiesta condotta dal giornalista Luca Teolato de Il Fatto Quotidiano, attraverso la quale è stato possibile conoscere le criticità, quotidiane, che la signora incontrava – e incontra – nel raggiungere la banchina della stazione e nel salire/scendere dai convogli ferroviari.

Temi
cardini dell’atto presentato il 29
gennaio
di quello stesso anno dall’avvocato Marianna De Collatore, legale della donna, presso il competente
Tribunale Civile di Tivoli. Con l’obiettivo, evidente, di riconoscere ad
Alessandro il sacrosanto diritto alla mobilità, palesemente negato benché
sancito dalla Costituzione Italiana.

Dopo
la vittoria in primo grado è giunta la conferma in Appello, con la sentenza
emessa l’8 gennaio scorso. “La Corte – spiega l’avvocato De Collatore – ha
chiaramente condiviso la tesi secondo la quale il concetto di stazione principale, ove vi è l’obbligo
di abbattere tali barriere, non è normativamente definito e che ad ogni modo
questa disparità di trattamento tra stazione principale e non, rappresenterebbe
una discriminazione, nelle more di quanto affermato in primo grado.  E che comunque la stazione di Rignano è sempre
presenziato da personale come ammesso dalla Regione e pertanto comunque è da considerarsi principale”. “In primis ha
rigettato l’eccezione di incompletezza del Giudice della Regione – prosegue il
legale – in quanto questa materia è specificatamente regolata da legge ad hoc che prevede competenza del
Giudice ordinario in luogo del Giudice amministrativo, ovvero il TAR”.

All’epoca
del ricorso, e fino al 2017, Alessandro frequentava la scuola Leonardo Vaccari con sede in Roma (viale Angelico), che si occupa
della riabilitazione psico-fisica e della integrazione didattica sociale dei
disabili, mediante cure cliniche necessarie e terapie riabilitative, nonché
della loro istruzione fino al conseguimento dell’obbligo scolastico e,
successivamente della loro formazione professionale in apposite strutture. E
Maria Cristina per poterlo accompagnare all’istituto, ma anche per tutti gli
altri spostamenti giornalieri, utilizza la stazione ferroviaria di Rignano che
rientra nella tratta extraurbana della Viterbo. Caratterizzata “dalla presenza di barriere architettoniche
recita il documento della ricorrente – che,
di fatto, rendono difficoltoso la salita e discesa dai treni ed in generale
l’accesso alla stazione medesima
”.

Una
storia segnata da contraddizioni e discrepanze, appalesate dagli atti ufficiali
emessi sia dalla Regione che da Atac, uscita comunque indenne nel procedimento
giudiziale. C’è un passaggio, memorabile, che potrebbe fugare ogni dubbio al
riguardo, una sorta di cortocircuito istituzionale. Va detto che prima ancora
di formalizzare il ricorso in Tribunale l’Abballe, dopo i tanti tentativi per
risolvere il problema rilevati infruttuosi, stremata, inviò, come extrema ratio, una raccomandata
(Protocollo 01594465) alla Legione dei Carabinieri Lazio di Rignano,
e per conoscenza alla Regione nonché all’Azienda Capitolina. Quest’ultima
rispondeva discolpandosi di qualsiasi addebito a suo carico, precisando che
“l’infrastruttura ferroviaria è di proprietà della Regione Lazio ed Atac che ne
è l’esercente” e che altresì “deve sottostare alle indicazioni ed approvazioni
del proprietario. Tutte le stazioni della tratta ferroviaria
extraurbana hanno ancora la presenza di barriere architettoniche
”. Peccato
che di lì a poco Atac medesima ha poi proceduto all’installazione dei tornelli
a tripode
, utilizzati fino a quel momento nella Linea A e B della metropolitana, proprio nell’atrio di quelle
stazioni (Riano, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Rignano Flaminio, S. Oreste,
Civita Castellana e Viterbo). Tornelli che, avendo una larghezza di soli 60
centimetri di apertura, “costituiscono – secondo quanto evidenziato dalla
Regione nella nota 393069 del 14/09/2012un’ulteriore barriera
architettonica
”, tale da “aumentare l’inaccessibilità
all’infrastruttura ferroviaria nel suo complesso”. Tuttavia, è stata la Regione
stessa, insieme al Ministero delle
Infrastrutture
(nota 2757 del 30/10/2012), a concedere il nulla osta
per quell’installazione. Ciò rappresenta soltanto un fulgido esempio delle
incoerenze riscontrate lungo il cammino giudiziale.

Infatti,
scorrendo il carteggio si scopre la volontà aziendale di procedere all’acquisto
“di idonea attrezzatura per il sollevamento delle carrozzelle ad altezza del
pavimento del treno per consentire l’ancoraggio delle carrozzelle stesse – protocollo
Atac 132466 del 20/09/2012 – qualora codesta Regione Lazio concordi”. Tanto da
presentare nei mesi successivi, con nota 182049
del 9/01/2013, il progetto pilota
per l’accesso al treno ai diversamente abili nelle stazioni extraurbane ed
urbane. Questo evidenzia, indiscutibilmente, il mancato superamento del
problema, al netto quindi dell’installazione dei tornelli. E lo dice a chiare
lettere la Regione Lazio nella missiva 14567
dell’11 gennaio 2013, dove afferma e
riconosce la “necessità di intraprendere, da subito, un percorso volto al progressivo
abbattimento delle barriere architettoniche presenti sulla tratta extra urbana

della ferrovia Roma – Civita Castellana – Viterbo, nelle more del necessario e
definitivo innalzamento di tutte le banchine”.

In
seguito, però, quando l’avvocato De Collatore ha provveduto, nel novembre del 2013 (prot. n. 176449), “a mettere in mora le Autorità
interessate”, la Regione dava riscontro (prot. n. 176449), sottolineando come l’abbattimento delle barriere architettoniche
fosse già stato effettuato nella stazione di Rignano, mediante l’apposizione “di un
cancello, regolarmente funzionante a fine banchina del binario I, lato Viterbo.
Mediante un citofono si chiama l’operatore di stazione che apre manualmente il
cancello
”. Il responsabile regionale del procedimento proseguiva
assicurando come “il passaggio da tale cancello avvenga in totale sicurezza”. E
lo stesso fece l’Azienda il 18 dicembre, attraverso il proprio legale. Che,
previa negazione implicita dell’accesso agli atti amministrativi, rimarcava che
“con decorrenza dal 21 gennaio 2013,
anche
presso la Stazione di Rignano Flaminio sarebbe stato disponibile un cancello di
ingresso a livello di banchina separato ed autonomo rispetto all’ingresso dei
passeggeri normodotati e dotato di campanello di avviso per il personale di
servizio tramite cui l’utente disabile, previa attivazione della suoneria,
avrebbe potuto accedere alla banchina della Stazione
”. Da ultimo il
legale dell’Azienda si “professava sorpreso – ha incalzato la De Collatore nel
ricorso – dalla richiesta di abbattimento delle barriere architettoniche che, a
suo dire, non esistevano da quasi un anno”.

Tutto
era risolto secondo i diretti interessati. Al punto che l’acquisto degli
elevatori e l’innalzamento delle banchine, come anni prima fece la compianta Met.Ro. nella tratta urbana, sono
rimasti su carta. Incredibilmente. “Vi è un mutamento nei progetti iniziali –
ha relazionato l’avvocato della signora Abballe -, gli unici lavori effettuati
da Atac, per come dalla stessa comunicato, riguardano la installazione di
tornelleria di ingresso, di cui non è dato conoscere il nominativo del
responsabile del procedimento, e l’apertura di cancelli nelle stazioni extraurbane,
ivi inclusa Rignano, che conducono direttamente alle banchine”.

Ma
la realtà è ben lontana da quanto prospettato: “le ridotte dimensioni dei
tornelli di ingresso non consentono il passaggio dei disabili su carrozzina – scrive
la De Collatore nel ricorso – il cancello laterale aperto per il passaggio
diretto sulla banchina non permette un accesso agevole e sicuro ad Alessandro.
Ciò è pur vero se si considera che la strada [laterale alla stazione di Rignano NDR] con una pendenza superiore
all’8% che conduce verso il predetto ingresso verte in una situazione di
degrado totale, assenza di asfalto e presenza di brecciolina”. Inoltre, “il
piazzale di riferimento dal quale si deve necessariamente passare per raggiunge
il predetto cancello non è stato ancora ristrutturato. Ed ancora il posto
invalidi che, le controparti sostengono di aver riservato alla Signora versa in
uno stato di degrado totale oltre che essere caratterizzato dalla presenza di
pozze di ristagno di acqua meteorica dovuta proprio alle irregolarità del
terreno ed all’assenza di accorgimenti per la convogliazione ed il relativo allontanamento
dell’acqua piovana. A ciò si aggiunga, altresì, che è tutt’ora presente l’ex
magazzino pericolante, in attesa di essere abbattuto, e che, in ogni caso,
l’apertura del predetto cancello è vincolato alla presenza di un operatore e
l’altezza del pulsante di richiesta non è assolutamente plausibile per le
persone diversamente abili”. E ancora: “poniamo per assurdo ma non improbabile
che, nel mentre la ricorrente si trova con il figlio davanti al cancello magari
in una giornata di pioggia (assenza di adeguato riparo) e proprio in quel
momento l’operatore si assenta per qualsiasi ragione, chi e cosa assicurerebbe
il passaggio alla carrozzina di Alessandro che, lo si ribadisce, non riesce ad
entrare dai tornelli di ingresso?”. Come si evince dal servizio de Il Fatto e
dalle immagini della perizia di parte.

Nell’Ordinanza 3051/2016 del 17/03/2016,
il Tribunale di Tivoli nella persona del Giudice
Marco Piovano
provvedeva ad accogliere l’istanza dell’Abballe e per effetto
ordinava alla Regione Lazio “di realizzare dalla data della presente decisione,
le seguenti opere presso gli impianti della stazione ferroviaria di Rignano
Flaminio secondo un piano che preveda: a) sistemazione, così come previsto in
motivazione, della strada di accesso secondario alla stazione b) installazione
di sistema di accesso al locale biglietteria; c) installazione di pedane per la
salita sui treni; d) installazione si scivoli per il passaggio sui binari”. Non
solo. “Per l’effetto, condanna la Regione Lazio, in persona del legale
rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di Abbale Maria Cristina,
nella sua qualità di genitore esercente la potestà sul minore Abbale
Alessandro, della somma di €. 3.000,00, oltre interessi legali come in
motivazione” e “pone a definitivo carico della Regione Lazio, in persona del
legale rappresentante pro tempore, le spese di CTU”. “Condanna la Regione Lazio
al pagamento in favore dell’Erario delle spese di giudizio nella misura di €.
2.176,20, oltre agli accessori dovuti”.

Nella
sentenza di primo grado, infatti, il Giudice Piovano riconosce la Regione Lazio
quale “proprietaria degli impianti della stazione ferroviaria in questione e,
tale veste legittimata passivamente”, per effetto del DLgs 422/1997 e “dell’Accordo di Programma 22.12.1999”, secondo il quale all’Ente “sono state assegnate a fa
tempo dell’1.1.2000, le funzioni di
programmazione e amministrazione inerenti la rete di trasporto ferroviario”. “Per
le stesse ragione va dichiarata la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia del Demanio, così come pure
dell’Atac SpA, non proprietaria, ma gestore della linea secondo il contratto di
servizio inter partes il cui art. 22 sancisce come sia la Regione tenuta a ‘promuovere azioni per consentire l’accesso
al servizio delle persone diversamente abili
’”. “Non vi è dubbio –
esaminata la relazione, la piantina e le fotografie a corredo sia affatto o
difficilmente fruibile dalle persone con disabilità. Detta situazione è
oggettivamente discriminatoria
e, contrariamente a quanto sostenuto dai
resistenti Atac e Regione Lazio, anche l’avvenuta installazione del cancello
apribile su richiesta, posto al termine della strada (il secondo accesso
indicato dal CTU) non consente di ovviare ad alcunché, stante la condizione
della strada medesima (non solo in salita per il primo tratto, ma sterrata e
sassosa, certo non percorribile, non solo autonomamente dal disabile, ma anche
con l’assistenza di un ausiliario, se non con la macchina)”.

Inoltre,
“Il richiamo che i resistenti [Regione e
Atac NDR
] fanno all’art. 25 DPR 503/1996 in riferimento all’obbligo di
predisporre idonei meccanismi per consentire l’accesso ai disabili solamente
nelle stazioni principali, è incompleto; infatti, come sopra
rammentato, ai sensi del settimo comma del predetto articolo, le norme del
presente regolamento non sono vincolanti
per gli edifici e per gli impianti delle stazioni e delle fermate
impresenziate, sprovviste cioè di personale ferroviario sia in via temporanea
che in via permanente
; è quindi la stessa norma che, nella sostanza,
stabilisce quali siano le stazioni non principali, cioè non vincolate, facendo
riferimento alle stazioni non presenziate, cioè prive di personale, permanente
o temporaneo: tra queste, non può essere
fatta rientrare quella di Rignano
Flaminio,
che è stazione a fermata obbligatoria (cfr. sito dell’Atac) e dove la presenza,
sia pur temporanea, del personale è invece assicurata, così come di fatto ammesso
dalla stessa difesa dei resistenti principali e da come si deduce dal ripetuto
richiamo della possibilità delle persone disabile di utilizzare il cancello
apribile previo avviso citofonico al personale addetto. La stazione in parola è
quindi da considerarsi principale ai sensi del citato art.
25, con ogni conseguenza prescritta”.

Ordinanza che, come anticipato, è stata confermata dalla Prima Sezione Civile della Corte di Appello di Roma, con la sentenza 85/2019 pubblicata l’08/01/2019. “L’appello principale [della Regione ndr] è infondato”, scrivono i Giudici. “Una volta accertato che la Regione aveva l’obbligo di eliminare le barriere architettoniche, ne discende la sussistenza di una discriminazione indiretta ai sensi dell’art. 2 terzo comma L.67/06 , attesa l’idoneità della condotta emissiva dell’amministrazione a porre Abbale in una condizione di svantaggio rispetto alle altre persone; onde non paiono affette da illegittimità le statuizione del Giudice di primo grado in ordine al danno non patrimoniale”. Pertanto la Corte “rigetta l’appello della Regione Lazio; condanna la Regione Lazio alla refusione delle spese· che liquida in euro 6.500 ·per compensi oltre accessori in favore di Maria Cristina Abbale, nella qualità, con distrazione in favore del difensore; in euro 6.500 per compensi in favore di Atac spa; in euro 5.500 per compensi in favore dell’Agenzia del Demanio”.

“Siamo
in attesa di spontanea esecuzione delle disposizioni impartite nella Ordinanza
di primo grado – incalza l’avvocato De Collatore – , confermata in sede di
appello, ovvero di tutti i lavori di rifacimento della stazione di Rignano
Flaminio diretti ad abbattere le barriere architettoniche che ancora ad oggi
impediscono ad Alessandro, come anche a tutti i diversamente abili, di
utilizzare liberamente la stazione stessa, nonché di provvedere al risarcimento
del danno subito da Cristina pari ad euro 3000,00 oltre interessi nonché a
provvedere alla pubblicazione dell’ordinanza del dott. Piovani sul quotidiano
indicato”. Con l’avvertenza che qualora “tale spontanea esecuzione da parte della
Pubblica Amministrazione continuerà a difettare, si azionerà giudizio di
ottemperanza e/o riceduta esecutiva, con aggravio di spese per la Regione
Lazio, al fine di ottenere la tutela del diritto soggettivo di Alessandro a
muoversi liberamente”.

David Nicodemi




Guerra civile, mafia nigeriana, sbarchi senza controllo… povera Italia!

In Italia è in corso una guerra civile, ma nessuno lo dice. La scintilla che ha dato fuoco alle polveri è scoccata nel momento in cui Salvini e Di Maio hanno trovato un accordo per mettere insieme una coalizione di governo, la cui guida hanno affidato – con scelta esemplarmente saggia e azzeccata – al professor Giuseppe Conte, che si sta rivelando uomo di grande saggezza, capacità ed equilibrio, al di sopra di tutti i politici che si sono succeduti durante i quattro governi non eletti – ma calati dall’alto da un compiacente Napolitano – che hanno in maniera fallimentare guidato allo sfascio le sorti della nostra bella Italia. O a dir così s’è tacciati – horribile dictu! – di populismo, o peggio di sovranismo? Una volta l’accusa che la gente con il pugno alzato, quella di ‘Bella ciao’ – che critica tanto il trascorso e mai più ripetibile ventennio, Deo gratias – che invece adotta gli stessi sistemi ‘squadristici’, era di ‘qualunquismo’, quel movimento che nelle vene probabilmente voleva essere pro cittadini: cioè senza destra o sinistra, ma solo ‘dell’uomo qualunque’, quello che oggi ci rimette regolarmente le penne.

Sempre più chiaro che l’Italia è spaccata in due

Da una parte, con la bava alla bocca, la sinistra o presunta tale – tacciata di destrismo da Di Battista: in effetti si sta diventando politicamente strabici, anche per chi soltanto voglia capirci qualcosa – e dall’altra i due vicepresidenti del Consiglio; i quali, proprio perché la loro visione non è sinottica, alla fine trovano, nel nome dei cinque anni di legislatura e della realizzazione del programma, sempre un accordo. Il che è segno di equilibrio nonostante tutto. Infatti ‘in medio stat virtus’, se vogliamo dirla con i nostri progenitori. Fatto sta che più passa il tempo, e più l’assedio al forte Apache si fa violento, portato non da una parte sola, ma da attacchi concentrici. Landini, per dirne una, il quale, giunto finalmente dove la sua ambizione lo aveva diretto da lustri, non ha perso occasione per vestirsi da capopopolo, giusto per coagulare, sotto lo sguardo compiaciuto della Camusso, gli scontenti che non mancano mai in nessuna categoria. Berlusconi, che, a sentir lui, recita novene per pregare che questo governo cada, magari abbattuto a forza di preghiere e di intenzioni velleitarie. Salvo poi, durante uno dei tanti convegni, a giocarsi la faccia raccontando le sue prodezze sessuali. Pare infatti che abbia narrato – ma quelle che si narrano sono le favole – che “Una volta ne facevo sei o sette, ma sto invecchiando perché adesso dopo la terza mi addormento”. Una favola non creata per bambini, ma in ogni caso decisamente di cattivo gusto, da umorismo che neanche in seconda media. Facendoci ricordare che questo personaggio ha collezionato le più grosse grezze in campo internazionale che l’Italia possa annoverare. E facendoci capire chiaramente quale potrebbe essere il suo contributo alla gestione della cosa pubblica, olgettine permettendo. Seguono in fila per tre con il resto di due: Martina, Minniti, Migliore, Romano, perfino il presidente della regione Campania De Luca, su di una tv privata. E per carità cristiana risparmiamo tutte le signore del PD, ospiti a turno di trasmissioni ‘eversive’ come Agorà, al mattino su Rai Tre, tralasciando per brevità tutti quelli che, a turno, si affacciano a quel palcoscenico mediatico per avere centoventi secondi di visibilità. Dimenticavamo – non per poca memoria, ma perché la loro presenza sulla scena politica è, nonostante a loro sia dedicato altrettanta attenzione quanto ad un partito vero, del tutto insignificante – LEU, Liberi (da che?) e Uguali (a che cosa?), il partito di “+ Europa”, con l’abortista storica e recidiva Bonino, amica di Soros, sempre in evidenza. Gli attacchi sono condotti con menzogne demagogiche, che il grosso pubblico, in altre faccende affaccendato, cioè il quotidiano, non ha tempo e modo di verificare. Né ci dovrebbe essere, nelle intenzioni del ‘nemico’, il tempo di constatare gli effetti positivi, o negativi tanto sbandierati, delle misure adottate per portare finalmente l’Italia fuori della grossa zampa recessiva conseguente all’austerità voluta dai ‘poteri forti’, e imposta dall’Europa e dalla Merkel alla nostra nazione, come, con effetti disastrosi, alla Grecia. Particolari ‘attenzioni’ ricevono i ministri come Savona, accusati di voler portare l’Italia fuori dalla UE. Delle intenzioni europee abbiamo avuto un campione nella recente storia, quando Giuseppe Conte è andato a discutere con Moscovici e Co. Il messaggio era chiaro: se volete sopravvivere, dovete adeguarvi al passo. Mentre chi non si adegua al passo è Macron, che è libero di sforare fino al 3,50% e oltre, se capita. Ma, come ha detto Junker, “La France c’est la France.” Il che non significa nulla, ma fa capire tutto, essendo Macron proveniente da Goldman Sachs… Il parafulmine, comunque, di tutte le attenzioni, è Matteo Salvini, dipinto velatamente da Mattarella, come ‘il male assoluto’. Soprattutto oggi, giorno della memoria delle atrocità naziste nei campi di sterminio, durante le cui manifestazioni si vuol fare intendere che l’Italia ha preso una deriva fascista e che ciò che è accaduto dal 1938 in poi potrebbe ripetersi – anzi certamente si ripeterà. Fomentando quella politica della paura che la sinistra imputa all’attuale governo. Il quale governo, è bene ricordarlo, – perché qualcuno se ne dimentica – è stato democraticamente eletto dai cittadini, con regolari consultazioni; e tutti quelli che lo vogliono abbattere non hanno alcun rispetto per il popolo costituzionalmente sovrano che lo ha eletto. La fola in circolazione, a proposito delle promesse non mantenute, è, appunto, una fola, una favola, una bugia. Nessuno ha la bacchetta magica – e il governo Renzi ce lo ha dimostrato, a proposito di favole – e per realizzare qualsiasi riforma ci vuol tempo. Non è un anno che questo governo si è insediato, e chi lo contesta su certe basi ha due possibili denominazioni: poco intelligente – per usare un eufemismo – o in malafede. Ma noi sappiamo che certe persone sono malignamente intelligenti e calcolatrici, e che, anzi, scommettono sulla poca intelligenza degli elettori: ma noi speriamo che l’Italiano vero – quello di Toto Cutugno, fiero di esserlo – apra gli occhi, andando al di là della disinformazione televisiva. Insomma, in questi giorni l’attacco frontale più minaccioso è a proposito della nave Sea Watch al largo della Sicilia con 47 migranti a bordo. Molti dei quali sarebbero – ma controllare l’esatta età e nazionalità di queste persone è sempre un’alea – minorenni ‘non accompagnati’. Ora, chiunque ascolti questa definizione si figura bambini di dieci/dodici anni piangenti e con il moccio al naso, tristi perché separati dalla mamma, e affamati. Bene, non è così. I ‘minorenni non accompagnati’ sono giovanotti di diciassette anni, quindi minorenni solo per poco ancora, e solo per legge, assimilabili ad un qualunque maggiorenne – visto che in quei climi caldi si matura più in fretta. Mandati dalla famiglia che ha raccolto i 3000 dollari necessari al passaggio in barcone – quindi con certe capacità economiche – che vengono alla ventura in Europa, o in Italia, dove sono accolti e muniti di carta di credito prepagata dell’UNHCR, oltre che di una diaria che altro che il reddito di cittadinanza! Posto che chi li ha finanziati sia stata la famiglia. Con l’ombra di Soros sullo sfondo. Vi siete chiesti mai chi finanzia le navi ‘umanitarie’ che scorrazzano per il Mediterraneo come pattini in spiaggia? Noi sappiamo, ad esempio, che un peschereccio di famiglia, per affrontare una giornata di pesca spende circa 600 euro solo di carburante – cifra probabilmente non più attuale. Ogni giorno quindi di navigazione dalle coste libiche – entro le cinquanta miglia – fino ad un porto italiano, possiamo ipotizzare che costi attorno ai mille euro, o giù di lì. Aggiungiamo le provviste di cibo, di acqua e quant’altro è necessario – oltre la paga – ad una navigazione ‘da corsa’, e ci rendiamo conto che dietro la Sea Watch e le sue compagne ci sono capitali importanti, che hanno interesse a che nel Mediterraneo ci sia sempre qualcuno che possa ‘salvare’ i naufraghi prodotti artificialmente da trafficanti che mettono in acqua non più barconi fatiscenti – le riserve sono finite – ma gommoni a scadenza, cioè che si sfasceranno dopo qualche ora, e che, pur avendo un motore – insufficiente a raggiungere una qualsiasi costa europea, – non hanno carburante di riserva. Non sono quindi salvataggi, quelli delle navi cosiddette ‘umanitarie’, ma passaggi organizzati per raggiungere le coste europee: cioè, esattamente ciò per cui i passeggeri hanno pagato. Nessuno vuole ancora morti in mare: quelli fanno comodo soltanto ai trafficanti e a chi li foraggia, in modo da costringere chiunque a trasbordare i passeggeri di turno su di una nave, o su di una motovedetta della nostra Marina Militare. Da questo, a voler morti in mare, ce ne corre. È sacrosanto soccorrere chi in mare è in difficoltà, meno lo è mettere in mare imbarcazioni fatte apposta per sgonfiarsi dopo poco. Né è obbligatorio accogliere chi questo viaggio ha voluto intraprendere, dopo averlo ‘salvato’. I centri di raccolta libici li conosciamo: fanno parte del gioco, e non dobbiamo meravigliarci se i migranti che arrivano da noi hanno segni fisici che fanno pensare a torture. Né dobbiamo dar seguito all’accordo che Matteo Renzi aveva fatto con l’UE, per cui, a fronte di uno sforamento che gli consentì la mancetta elettorale di 80 euro – prontamente ritirata – promise lo sbarco di tutti i migranti in porti italiani. Alla fine, chi è che foraggia le navi ONG? È mai possibile che, sic stantibus rebus, le stesse navi non abbiano contatti e connivenza con gli scafisti – i quali, a quanto pare trasportano anche merce clandestina, come armi e droga? E chi è dietro a tutte queste operazioni? Pare che le navi ONG siano finanziate dalle fondazioni di George Soros, almeno da una, denominata ‘Open’ – come una di quelle di Renzi. Allora, senza essere complottisti, ma realisti, ci rendiamo conto di chi vuole mettere in imbarazzo il governo e il popolo italiani, con una specie di invasione africana. Dalla quale abbiamo ricevuto un bel regalo, come la mafia nigeriana – come se già non ne avessimo abbastanza di quelle autoctone: mafia, camorra ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita, e, poco conosciuta, La Rosa. A cui possiamo aggiungere la Yakuza – mafia giapponese – e la Triade, quella cinese. Passati i bei tempi in cui ogni atto criminoso si poteva attribuire al Marsigliesi, oggi evocarli vuol dire fare del romanticismo. Pare, da una intervista mascherata, che in barcone arrivino anche ‘chirurghi nigeriani’, che si occuperebbero di espiantare organi – fegato, reni, cuore ai malcapitati, anche spariti dopo essere giunti col gommone – e di magari reimpiantarli ai clienti che quell’organo hanno prenotato, cinquemila euro per un rene. Sembra fantascienza. Di certo c’è che la nuova mafia, quella nigeriana, è la più spietata,e che fa commercio di organi, smembrando poi i cadaveri e disperdendone i pezzi. Il che spiegherebbe l’omicidio di Pamela Mastropietro, uccisa e ritrovata in due valige lasciate in campagna, al cui cadavere pare che mancassero degli organi, come riferito da chi ha eseguito l’autopsia. Omicidio per cui è stato arrestato il nigeriano Innocent Osegale, il quale si difende dicendo che la ragazza è morta per droga e che lui ha soltanto voluto evitare d’essere incolpato. Ma purtroppo per lui, il cadavere di Pamela è stato smembrato da chi sapeva come fare, non da un dilettante. Si può ipotizzare l’intervento di una seconda o terza persona che si è occupata di espiantare gli organi con mano esperta, sezionare il cadavere e metterlo in due valigie. Così la storia non è più fantascienza, ma diventa sempre più realistica, e la premeditazione la volontarietà dell’omicidio appaiono in tutta la loro evidenza. Concludendo: i veri razzisti sono quelli che accusano di razzismo Salvini e chi lo sostiene: è una mossa fatta ad arte per suscitare odio contro chi è al governo. Pretendere di sapere e di selezionare chi deve entrare in casa nostra è un diritto. È un dovere proteggere i nostri confini e i nostri cittadini contro un’immigrazione selvaggia e incontrollata. Non è un dovere accogliere chiunque in maniera irregolare e senza alcun controllo. Non tutti quelli che arrivano hanno diritto di rimanere in Italia, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 (rifugiati politici o perseguitati per qualsiasi motivo), protezione sussidiaria (quando si teme che la persona, in caso di rientro in patria, possa essere in pericolo di vita), protezione umanitaria (quando la persona, pur non rientrando nelle categorie precedenti, viene giudicato soggetto a rischio per motivi di carattere umanitario). Vanno quindi respinti, secondo i trattati internazionali i cosiddetti ‘migranti economici’, a cui ignobilmente si vogliono assimilare i nostri emigranti che dall’800 in poi hanno affollato le navi per gli USA. Ben altra era la selezione, ben altre le condizioni, ben altre le accoglienze e i respingimenti. E a volte poteva accadere che le famiglie fossero separate, qualcuno che poteva rimanere in America, e qualcun altro che doveva tornare in patria.

Roberto Ragone




Roccaraso, l’ingegnere biomedico Irene Tagliente è campione del mondo di Snowkite formula Special GPS categoria Snowboard

L’italiana  Irene Tagliente, ingegnere biomedico è la vincitrice del Mondiale di Snowkite formula Special GPS categoria Snowboard, appena terminato sulle montagne del comprensorio sciistico di Roccaraso.

L’evento si inserisce all’interno di un tour mondiale riconosciuto dall’IKA (International Kiteboarding Association), membro di World Sailing. Nello Snowkite l’atleta si fa trainare dal vento sulla neve, con sci o snowboard. Nato dall’unione tra un’ala da kitesurf e gli sci o lo snowboard per “navigare” sulla neve e seguire il vento, è uno sport in cui intuito, spirito di libertà e sicurezza non possono mancare: lo snowkite è come uno skilift ma porta il rider dove vuole, sul piano, in salita ed in discesa.

La particolarità della tappa di Roccaraso consiste nell’adozione dell’innovativa Formula Gps nella quale gli atleti sono dotati di un sistema di tracciamento che registra costantemente i loro movimenti ed un software che valuta le loro performance. Gli atleti sono chiamati a compiere, in sessioni di gara di 60 minuti, più chilometri, più variazioni in altezza e più distanza dal punto di partenza. Non più percorsi prestabiliti dunque, ma totale libertà nella scelta dei tracciati. Una scelta in controtendenza rispetto alle regate classiche che utilizzano le boe per delimitare il campo di gara. La scelta del format GPS ha richiesto la costruzione di software dedicato che gli organizzatori sentono di dover portare avanti ed estendere ad altre discipline. Per garantire la massima sicurezza gli atleti, oltre al sistema GPS, portano al seguito ARVA, pala e sonda. Per prevenire i rischi l’organizzazione, durante le fasi del rider meeting, segnala le zone con maggiori pericoli e le zone con pendenze importanti.

Il contesto montano è per sua natura sottoposto a maggiore variazione nella direzione e nell’intensità dei venti dovuti alla variazione di altitudine ma soprattutto alla conformazione delle montagne stesse. Questo comporta che nel giro di pochi metri un rider possa avere buone condizioni di vento o condizioni di vento assente. Ebbene l’abilità dei più bravi consiste non solo nella velocità e nel coraggio bensì nella capacità di interpretare correttamente queste variazioni e nello scegliere il percorso con le condizioni meteorologiche migliori.

La location di Roccaraso garantisce 4 spot a seconda della direzione del vento, dando più possibilità di tempi di gara. L’organizzazione individua giorno per giorno le diverse location dell’evento. A Roccaraso ci sono ampie zone con pendii non eccessivamente ripidi e con assenza di alberi. Condizioni essenziali per la pratica dello snowkite in sicurezza. Inoltre la presenza di impianti di risalita efficienti e ben distribuiti consentono uno spostamento molto rapido nei diversi campi gara.

La neo campionessa del mondo di Snowkite Irene Tagliente vede le sue origini nella pratica dello snowboard ed una grande passione per il Kiteboarding. Dopo aver partecipato a 4 Campionati Italiani nella disciplina Freestyle, nel 2016 si è classificata 8° per la stessa disciplina ai campionati mondiali nella categoria Freestyle, nel 2017 inizia a seguire la formula TT-Race classificandosi prima di Categoria Master agli Italiani e seguendo giovani leve promettenti in vista delle Olimpiadi Giovanili come Coach e Rappresentante di Classe per il Lazio. Dopo anni di lavoro come libero professionista e ricercatrice dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’, nel 2018 entra a far parte dell’Area Emergenza della Croce Rossa Italiana come Coordinatrice del Centro Operativo Emergenze di Bari prima e successivamente Responsabile di Struttura del Nucleo Pronto Intervento di Marina di Massa. Contestualmente segue la formazione da Ufficiale di Regata per la Federazione Italiana Vela affinando la comprensione dei regolamenti ed affiancando Presidenti di Regata nel corso delle competizioni.

Dopo diverse sessioni di allenamento, nel tempo libero, ha voluto fondere le sue passioni e competenze ottenendo il tanto ambito Titolo Mondiale.

Il mondiale di Roccaraso, che vede Niccolò de Simone come organizzatore, è stato patrocinato dall’International Kite Association (IKA) unico ente internazionalmente riconosciuto. La IKA da anni segue da vicino la naturale estensione del Kiteboarding più conosciuto, quello in mare, sostenendo e regolamentando la disciplina dello Snowkite nelle sue forme.  A Roccaraso erano presenti anche il Presidente IKA Mirco Babini, e Simone Vannucci già CT della Nazionale Olimpica Juniores di Kitesurf.

La storia sportiva e accademica di Irene Tagliente è molto interessante. Chi ha detto che muscoli e cervello sono “alternativi”? E chi ha detto che la bellezza femminile non si accoppia all’intelligenza? Stereotipi di antica data, ormai per fortuna in fase di superamento, grazie anche ad esperienze come quella di Irene, protagonista ai mondiali di kiteboarding – sport da poco incluso nelle discipline olimpiche – dove ha raggiunto l’ottava posizione nella categoria Freestyle e ora campione del mondo di Snowkite formula Special GPS.

 Irene Tagliente è laureata in Ingegneria Clinica all’Università La Sapienza di Roma e in Ingegneria Biomedica all’Università di Firenze. Specializzata nella R & S di soluzioni IT per l’assistenza Telemedicina, è abilitata alla professione di Ingegnere Senior – Sezione Ingegneria Industriale. Ha conseguito l’Alta Scuola Specializzazione in Economia con Master in Compliance& Management: Prevenzione del rischio di non conformità dei Processi Organizzativi Aziendali alla Facoltà di Economia dell’Università La Sapienza di Roma. Irene, infatti, ha completato il percorso accademico per conseguire anche il titolo di PhD “Doctor Europæus” equivalente al titolo di Philosophiae Doctor l’ultimo livello di istruzione universitaria mondiale.