Anguillara, impianto di compostaggio in zona Barattoli: Manciuria replica a Musumeci e gli rivolge 5 domande. Continua il botta e risposta

ANGUILLARA – “Siamo orgogliosi e compiaciuti dell’immediata reazione al nostro comunicato, ma le spiegazioni approssimative fornite da coloro che, per loro stessa ammissione, hanno le mani in pasta con il finanziamento regionale del progetto COMpostaggio Locale con Bracciano capofila, ci lasciano perplessi in quanto non chiariscono nel modo più assoluto le modalità di adesione o rifiuto”.

E’ la replica di Sergio
Manciuria
, Presidente di AnguillaraSvolta alla nota
dell’AIC rappresentata da Fabio Musmeci sulla possibile installazione di un impianto di compostaggio in zona Barattoli.

“Confrontarsi con l’associazione incaricata del progetto
esecutivo  – spiega il referente sabatino – è
sempre un fattore positivo rispetto al dilettantismo del delegato all’ambiente
e all’incapacità dell’azione della sindaca Anselmo surclassata, anche in questo
contesto, dal Sindaco di Bracciano Tondinelli, grazie al quale abbiamo ottenuto
la somma di oltre un milione di euro per l’intero comprensorio; ma almeno ci
venga concesso il beneficio del dubbio in considerazione che anche il peggior
oste difenderebbe comunque la bontà del proprio vino”.

“Considerato che AIC si professa, nel proprio sito, come un’associazione
non a scopo di lucro e soprattutto
fautrice (testuale) di una mobilitazione
della società civile per intraprendere insieme un cammino nuovo e condiviso
 – sottolinea Manciuria – ci chiediamo con che coraggio cerca di confortare la delegata Silvestri
in
un
percorso convocato alla chetichella su carta straccia, senza alcuna pubblicità
e senza che la stessa approvazione o negazione sia subordinata ad una
assemblea regolarmente convocata dal Consorzio per garantirne la massima
partecipazione?”

“Siccome siamo certi della trasparenza e buona fede del Presidente
Musmeci, lo invitiamo a rispondere alle nostre cinque domande :

  1. Il progetto esecutivo affidato
    all’AIC è a titolo gratuito ?
  2. La collocazione dell’eventuale sito di compostaggio di comunità in che
    area verrebbe inserita presso il Consorzio Barattoli?
  3. Il dimensionamento del tonnellaggio annuo verrà determinato
    esclusivamente agli effettivi utenti del Consorzio Barattoli ?
  4. Chi gestirà il sito di compostaggio e con quale personale ?
  5. Esiste
    uno studio di fattibilità preventivo sulle destinazioni urbanistiche e sulle
    modalità di accesso per garantire inalterato l’uso della viabilità dei Monti?

“Siamo aperti al confronto trasparente e partecipato soprattutto
con professionalità terze all’ipotesi progettuale – anticipa Manciuria – 
né abbiamo alcun pregiudizio sulla bontà di un servizio purché sia ad effettivo
uso e consumo della sola area residenziale di Barattoli. Solamente  un aspetto non accettiamo o deroghiamo, cioè che
gli incontri siano informali o che pochi possano scegliere per tutti come sembrerebbe
essere accaduto nel caso di Albucceto. Per trasparenza – conclude il presidente di AnguillaraSvolta – aspettiamo che la
delegata all’Ambiente pubblichi il numero dei partecipanti e il conseguente
verbale di approvazione di Albucceto di cui vanta l’adesione”.

ANGUILLARA S.  26 Gennaio 2019

Presidente AnguillaraSvolta  Sergio MANCIURIA




Servizio di ascolto e sostegno della persona nel “Giorno della Memoria”, L’intervista allo psichiatra Pietro Pietrini

C’è stato un grandissimo interesse per l’incontro-dibattito organizzato nella Sala Consiliare del Comune di Castel Gandolfo sul tema “La persona umana come valore fondante del nostro ordinamento Costituzionale”.
Lo psichiatra neuroscienziato Pietro Pietrini ora direttore della Scuola IMT alti studi di Lucca, socio fondatore della Società Italiana di Neuroetica ha affrontato il tema all’ordine del giorno riflettendo sul valore “Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie familiari e abusi dalla burocrazia”, sperimentato con successo a Pisa.

Come valuta il Servizio di ascolto e sostegno messo in piedi dal Prefetto Tagliente con il vostro fondamentale contributo?

“Il Servizio di ascolto e sostegno ideato e attuato in tempi assai rapidi dal Prefetto Francesco Tagliente nel 2013, ha senza dubbio precorso i tempi, non solo cronologicamente, anticipando la risposta ad un problema sociale che lo stesso Presidente della Repubblica avrebbe portato all’attenzione delle Prefetture, ma soprattutto per il modello innovativo di approccio completo al fenomeno, quello che nella ricerca scientifica verrebbe definito un approccio multidisciplinare integrato.

Chi avete aiutato e qual’è stato il suo ruolo?

Il Servizio di ascolto e sostegno, in effetti, ha affrontato la questione degli imprenditori – industriali, commercianti, artigiani – in crisi economica in maniera scientifica, mettendo insieme i professionisti e i rappresentanti istituzionali in grado di coprire ogni aspetto possibile della situazione di chi si rivolgeva al Servizio.
Nel mio ruolo allora di Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Psicologia Clinica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e di specialista in Psichiatria, ho avuto il privilegio di essere stato chiamato
dal Prefetto Tagliente ad occuparmi della valutazione del bisogno di sostegno specialistico da parte di chi si rivolgeva al Servizio o dei famigliari degli stessi.

Che ruolo riveste lo studio dell’aspetto psicologico della persona nell’ambito del servizio di sostegno?

L’aspetto psicologico in questi casi, come direi in tutte le circostanze della vita, riveste un ruolo di primaria importanza. “Non è tanto importante cosa ti succede nella vita, ma come tu rispondi ad esso”, ci insegnano gli antichi pensatori. Questo è indubitabilmente vero. Di fronte alla medesima avversità, gli esseri umani possono rispondere in modi assai diversi. Questo dipende da una varietà di fattori, alcuni costituzionali, come aveva ben capito Freud oltre un secolo fa, vale a dire fattori legati ai nostri stessi geni, alla nostra neuro-biologia, alla vulnerabilità al disagio psichico, altri ambientali, vale a dire a come siamo stati allevati, educati, alle risorse morali e materiali che abbiamo avuto e sulle quali possiamo contare.

Come possibile capire la dinamica che scatta nella testa del suicida?

Sappiamo oggi che natura e ambiente, lungi dall’essere due ambiti separati, si influenzano l’uno con l’altro in una complessa ed intima relazione biunivoca. Comprendere un fenomeno così complesso e drammatico, come quello del suicidio, è impossibile se non si abbandona l’ambito della fisiologia e si entra in quello della patologia, di quelle condizioni di sofferenza dell’animo così marcate, anche se spesso altrettanto invisibili allo sguardo altrui, da rendere tutto profondamente nero, senza speranza alcuna. In quale altro modo potrebbe infatti trovare giustificazione un
atto tanto radicale qual è la soppressione del proprio esistere su questo pianeta? Esiste una condizione materiale che possa giustificare un tale atto, che possa rappresentare quello che in termini tecnici viene
definito il suicidio razionale? Definizione che, a sommesso parere di chi parla, è un ossimoro.

Quanto incide sul gesto del suicida la condizione di crisi economica, di perdita di lavoro, di difficoltà di andare avanti?

La crisi economica, il fallimento della propria impresa, della propria attività commerciale non sono né potrebbero essere la ragione per cui qualcuno si suicida, ma sono il casus belli che fa crollare un equilibrio già provato, già incrinato da un disturbo sottostante, forse latente, forse ignorato, forse negato, ma presente. Drammaticamente presente.
Quando la depressione prende il sopravvento e si impadronisce dell’animo, la ragione a poco a poco si dissolve, lasciando spazio allo sconforto più profondo, dove tutto appare a tinte cupe, più buie della notte senza luna, dove non esiste speranza, ma solo un insopportabile senso di disperazione e di disgrazia immanente e incombente.

I baluardi della critica, dell’analisi oggettiva, cadono uno dopo l’altro,
inesorabilmente. “Ma le cose poi non è che andassero così male, avevamo sì un po’ di debiti, ma ci si poteva fare, nel nostro mestiere ci sono alti e bassi…”. Quante volte ci siamo sentiti ripetere frasi del genere dalla moglie, dai figli dell’imprenditore suicida, increduli e disperati per non aver saputo cogliere la sofferenza profonda che dilaniava l’animo del proprio caro? È in questo nucleo patologico, racchiuso nell’intimo della persona, che trova origine il dramma, quel dramma che porta l’individuo a porre fine al proprio universo. Il lavoro sinergico, letteralmente gomito a gomito intorno al tavolo della Prefettura, ha permesso di affrontare in maniera congiunta le questioni materiali – legali, finanziarie, burocratiche e così via – e al contempo di mettere in atto il sostegno psicologico e l’intervento psichiatrico in quei casi nei quali le rate scadute dei mutui erano il dito che punta la Luna”.

Grazie Professore

A Lei. A presto

L’incontro dibattito era stato aperto dai saluti del Sindaco di Castel Gandolfo Milvia Monachesi e della giornalista Chiara Rai organizzatrice del “Premio Castel Gandolfo 2019” insieme a Maria Grazia Piccirillo.
Prima del prof Pietrini erano intervenuti l’avvocato Giuseppe Mazzotta Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pisa; Paolo Giusti responsabile sportello di ascolto della Fondazione Toscana per la Prevenzione dell’Usura; Antonio Cerrai, presidente del Comitato provinciale CRI di Pisa; Romano Pucci, presidente Confartigianato Impresa Pisa, tutti già componenti del Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie familiari.




Premio Castel Gandolfo, convegno: Paolo Giusti cita un caso emblematico di disperazione risolto brillantemente grazie allo sportello di ascolto

CASTEL GANDOLFO (RM) – Si è appena concluso con gli interventi dei relatori il convegno organizzato nella Sala Consiliare del Comune di Castel Gandolfo sul tema “La persona umana come valore fondante del nostro ordinamento Costituzionale”.

Dopo i saluti del Sindaco Milvia Monachesi e dagli organizzatori del “Premio Castel Gandolfo 2019” Chiara Rai e Maria Grazia Piccirillo, è intervenuto il prefetto Francesco Tagliente nella veste di Chairman e moderatore del incontro- dibattito.

Alla presentazione dei relatori ha fatto seguito una riflessione sul valore della Persona nel nostro ordinamento costituzionale e sulla importanza di rivolgere ascolto e sostegno a quelle persone che non hanno più risorse ed energie per farsi assistere da un legale, commercialista o psicologo.

Sono poi intervenuti nella veste di relatori lo psichiatra neuroscienziato Pietro Pietrini ora direttore della Scuola IMT alti studi di Lucca, socio fondatore della Società Italiana di Neuroetica; l’avvocato Giuseppe Mazzotta Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pisa; Paolo Giusti responsabile sportello di ascolto della Fondazione Toscana per la Prevenzione dell’Usura; Antonio Cerrai, presidente del Comitato provinciale CRI di Pisa; Romano Pucci, presidente Confartigianato Pisa, tutti già componenti del Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie familiari.

Il dott. Paolo Giusti responsabile sportello di ascolto della Fondazione Toscana per la Prevenzione dell’Usura ha parlato di un caso emblematico di disperazione risolto brillantemente evidenziando come e da dove è nato il percorso seguito.

Giusti ha premesso che per contribuire a far comprendere meglio l’importanza del tema del Convegno, degli Sportelli territoriali e del Servizio di ascolto e sostegno, ha pensato di raccontare la vicenda di una famiglia presa in carico dalla sua struttura e il percorso per farla uscire dal tunnel.

“Anni fa – ha esordito il dott. Giusti – pervenne una richiesta di aiuto urgente da una famiglia abitante nella Valdera, indirizzata a noi dal maresciallo della locale stazione dei Carabinieri. L’ascolto della signora presentò una situazione di reale difficoltà per sovraindebitamento incolpevole aggravata dalla presenza in casa del figlio con disabilità 100% oltre che da disoccupazione del coniuge per chiusura fabbrica. La situazione debitoria derivava dalla precedente attività commerciale del padre defunto e la situazione economico-finanziaria familiare si era ulteriormente degradata per consigli /consulenze “inadeguati” di direttori di banca e professionisti.

La veridicità del racconto fu confermato dal Maresciallo dei carabinieri della locale stazione che l’aveva indirizzata a noi con ammirevole sensibilità per evitarle la “vergogna” di esporre le sue difficoltà nel centro di ascolto attivo della sua città. Inoltre il Maresciallo aveva raccolto la confidenza del coniuge preoccupato per lo stato fortemente depressivo della moglie e le sue intenzioni di “farla finita” una volta per tutte. In quelle settimane la cronaca riportava già 2 drammatici suicidi per problemi legati alla perdita di lavoro, sovraindebitamento, pignoramento della casa ecc.”
“L‘analisi del nostro gruppo di ascolto – ha proseguito Paolo Giusti – portò alla conclusione che la concreta ristrutturazione del debito non poteva prescindere da un preventivo accordo per il debito principale verso un importante Istituto di Credito i cui funzionari, fra l’altro, non avevano consigliato al meglio la signora, anche da un punto di vista professionale oltre che etico. La nostra offerta per eventuale accordo si sarebbe basato su presupposti concreti, ed era sicuramente possibile in base ad altre esperienze della specie da noi fatte in altri casi analoghi. Con questo accordo tutte le altre “pendenze” a nostro parere potevano trovare gradualmente soluzione. Facemmo ripetuti tentativi di contatto con l‘istituto bancario, ma risultarono tutti infruttuosi. E si avvicinava il giorno dell‘avvio della procedura di espropriazione”.

“Da qualche tempo – ha proseguito ancora il dott. Giusti – il Prefetto di Pisa, Francesco Tagliente, aveva messo a punto un innovativo Servizio, chiamato di “ascolto e sostegno “che operava mettendo in rete, meglio, a “sistema” – ecco una sostanziale novità operativa – istituzioni, enti, ordini professionali, volontariato per aiutare a risolvere criticità di famiglie ed aziende in forte disagio economico-finanziario, sociale. Veramente in difficoltà portammo all’attenzione del Servizio questo caso trovando immediata accoglienza e comprensione. Con nostra grande soddisfazione il Servizio, presieduto dal Prefetto, mise a disposizione delegati dell‘ordine degli avvocati e dei commercialisti.

Il Prefetto Tagliente, direttamente, si interessò al caso mostrando una grande sensibilità istituzionale oltre che personale. Si rese rapidamente conto delle irragionevoli resistenze dell‘istituto bancario anche solo a rispondere alle domande di chiarimento. Non era obbligato ad accogliere le nostre proposte, le poteva anche respingere, ma almeno rispondesse. Con una azione che ci rincuorò vedemmo finalmente un Rappresentante dello Stato che interveniva concretamente e rapidamente, mettendo sul tavolo il “peso” della Istituzione. Parlò col Direttore Generale ed ottenne una adeguata attenzione al caso. Riuscimmo finalmente ad avere contatti con la banca, ad avere risposte coerenti individuando un concreto interlocutore. Fu nella sede prefettizia che ci fu offerto il contributo dell’Avvocato Giuseppe Mazzotta il quale si rese disponibile ad intervenire con un intervento negoziale” risultato risolutivo”
“L’avvocato Giuseppe Mazzotta – ha aggiunto ancora Paolo Giusti – con competenza, professionalità e squisita sensibilità riuscì a negoziare una soluzione compatibile con le possibilità della famiglia assistita. Superò resistenze continue, talvolta inconcepibili ma, individuando un percorso fruttuoso anche presso il giudice delle esecuzioni, riuscì a concludere positivamente la vicenda legale e consentirci di chiudere con soddisfazione il caso.

Mostrò grande attenzione alle difficoltà della famiglia, comprensione per le particolari esigenze anche di disponibilità di tempo ed orario, aiutò anche a risolvere successive difficoltà. Il tutto con assoluta disponibilità e gratuità”.
“Questa famiglia – ha concluso Giusti – attualmente, continua a vivere in una casa non più a rischio di esproprio, riesce a pagare con regolarità i propri debiti adeguatamente ristrutturati, assicura una atmosfera familiare serena al figlio. Anche recentemente è stato possibile superare una ultima criticità con un Istituto di credito perché “pratici” delle modalità operative delle banche e capaci di parlare lo stesso “linguaggio”.




Le riflessioni sul valore della Persona nel “Giorno della Memoria” aprono il viaggio verso il “Premio Castel Gandolfo 2019”

Romano Pucci ricorda gli imprenditori che si sono rivolti al Confartigianato impresa Pisa per chiedere aiuto citando il caso di un associato preso in carico dal Servizio di ascolto e sostegno

CASTEL GANDOLFO (RM) – Grande interessa per l’incontro-dibattito organizzato nella Sala Consiliare del Comune di Castel Gandolfo sul tema “La persona umana come valore fondante del nostro ordinamento Costituzionale”.

Dopo i saluti del Sindaco Milvia Monachesi e della giornalista Chiara Rai organizzatrice del “Premio Castel Gandolfo 2019” è intervenuto il prefetto Francesco Tagliente nella veste di Chairman e moderatore.
Alla presentazione dei relatori ha fatto seguito una riflessione del prefetto sul valore della Persona nel nostro ordinamento costituzionale e sulla importanza di rivolgere ascolto e sostegno a quelle persone che non hanno più risorse ed energie per farsi assistere da un legale, commercialista o psicologo.

Sono poi intervenuti lo psichiatra neuroscienziato Pietro Pietrini ora direttore della Scuola IMT alti studi di Lucca, socio fondatore della Società Italiana di Neuroetica; l’avvocato Giuseppe Mazzotta Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pisa; Paolo Giusti responsabile sportello di ascolto della Fondazione Toscana per la Prevenzione dell’Usura; Antonio Cerrai, presidente del Comitato provinciale CRI di Pisa; Romano Pucci, presidente Confartigianato impresa Pisa, tutti già componenti del Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie familiari.

Pucci ricorda l’appello al Presidente della Repubblica

Romano Pucci, nel corso del suo intervento, ha ricordato il suo appello al Capo dello Stato per il sostegno delle imprese. “A maggio 2013 ha detto – Confartigianato Pisa inviò una lettera accorata al Presidente della Repubblica, sollecitando misure economiche e riforme strutturali. E la risposta non si fece attendere. Pochi giorni dopo il Prefetto Francesco Tagliente, convocò una Conferenza Provinciale Permanente istitutiva del Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie familiari”.
“Sono molti gli imprenditori che dal 2008 si sono rivolti ai nostri uffici per chiedere aiuto e supporto nel cercare di risolvere criticità, derivate dalla persistente stagnazione dei consumi”, ha aggiunto il presidente Pucci. “Durante il periodo di attività del Servizio di ascolto e sostegno, abbiamo avuto modo di porre al tavolo di concertazione, dei casi di difficoltà che sono stati risolti esclusivamente grazie al confronto ed alla valutazione di soluzioni da parte dei vari soggetti accreditati. Casi risolti nel corso del 2013/14 e purtroppo tante altre situazioni similari, non risolte negli anni successivi, solo perché ci siamo trovati sprovvisti di un tavolo di confronto con i massimi esponenti delle rappresentanze istituzionali, sanitarie e del lavoro. Casi non risolti significa aver generato ulteriore disoccupazione per la cessazione forzata di attività imprenditoriali, oltre all’aggravamento di equilibri familiari compromessi dal mancato lavoro”.

Un caso ancora vivo nella memoria

Il presidente della Confartigianato imprese ha poi citato il caso di un associato preso in carico dal Servizio di ascolto e sostegno “C’è un caso, ancora vivo nella mia memoria, che solo l’intervento dello Servizio di ascolto e sostegno ha scongiurato che degenerasse nella chiusura della loro azienda” ha proseguito. “Un’impresa con 15 dipendenti operante con l’estero che, dopo un periodo di mancate commesse, aveva finalmente acquisito una fornitura in Medio Oriente di 200 mila euro, con pagamento coperto da Lettera di Credito Irrevocabile garantito da banca italiana. Per dare avvio alla produzione, la ditta in questione doveva disporre della liquidità necessaria per pagare la materia prima e per questo aveva chiesto alla banca di anticipargli 30mila euro dalla lettera di credito La banca si era rifiutata, adducendo il motivo che la garanzia della lettera di credito era subordinata alla partenza del container nei tempi previsti e, se la ditta non fosse stata in grado di fare il carico nei tempi indicati, i soldi non sarebbero stati svincolati.

A niente erano valse le insistenze del nostro associato, ricordando alla banca dei 50 anni di attività nei quali avevano condiviso con la banca stessa un rapporto pluridecennale senza mai mancare agli impegni presi. Il nostro associato, disperato, aveva quindi davanti due possibilità: o chiudere l’azienda per impossibilità di far fronte alla commessa, oppure cecare di trovare 30 mila euro facendoseli prestare da un parente, un amico o da altri con il rischi di cadere in mano ad usuraio”

“La buona sorte – ha detto ancora – volle che questo imprenditore, prima di fare scelte avventate, passasse dalla nostra Associazione per sfogarsi sulla difficoltà che stava affrontando. Subito ci attivammo e personalmente andai a parlarne con il Prefetto per presentare con urgenza il caso allo Sportello di ascolto. La presa in carico del caso, dopo i vari accertamenti, fece porre l’attenzione alla banca che il rischio di mancato incasso del credito era praticamente nullo e, supportati anche dal rappresentante regionale dell’ABI, vennero sbloccate le risorse necessarie ad effettuare le fornitura. L’azienda quindi potette eseguire l’ordine, incassare, saldare l’anticipazione alla banca e proseguire nell’attività negli anni successivi”.
“Cosa sarebbe avvenuto – si è domandato il presidente Pucci – se non avessimo avuto il supporto il Servizio di ascolto? Ed ancora, cosa avverrebbe se un caso simile si presentasse oggi?”

“L’augurio – ha concluso – è che si possa raccogliere le buone pratiche del Prefetto Tagliente, affinché diventino un modello preso ad esempio e replicabile su scala nazionale, con il sostegno di tutte le Prefetture territoriali”.




Viaggio verso il “Premio Castel Gandolfo 2019” Antonio Cerrai: “Serve una risposta sinergica alle esigenze di chi attraversa un periodo critico”

Grande interesse per l’incontro-dibattito organizzato nella Sala Consiliare del Comune di Castel Gandolfo sul tema “La persona umana come valore fondante del nostro ordinamento Costituzionale”.
Dopo i saluti del Sindaco Milvia Monachesi e della giornalista Chiara Rai organizzatrice del “Premio Castel Gandolfo 2019” insieme a Maria Grazia Piccirillo è intervenuto il Prefetto Francesco Tagliente nella veste di Chairman e moderatore dell’evento premettendo una riflessione sul valore della Persona nel nostro ordinamento costituzionale e sulla importanza di rivolgere ascolto e sostegno a quelle persone che non hanno più risorse ed energie per farsi assistere da un legale, commercialista o psicologo.

Sono poi intervenuti lo psichiatra neuroscienziato Pietro Pietrini ora direttore della Scuola IMT alti studi di Lucca, socio fondatore della Società Italiana di Neuroetica; l’avvocato Giuseppe Mazzotta Presidente
Unione Giuristi Cattolici di Pisa; Paolo Giusti responsabile sportello di ascolto della Fondazione Toscana per la Prevenzione dell’Usura; Antonio Cerrai, presidente del Comitato provinciale CRI di Pisa; Romano Pucci,
presidente Confartigianato Impresa Pisa, tutti già componenti del Servizio di ascolto e sostegno per prevenire tragedie familiari.

Il presidente Antonio Cerrai del Comitato provinciale CRI di Pisa ha affermato che “le istituzioni, opportunamente attivate, possono agire sul territorio con una risposta efficace ai bisogni delle comunità”.
Andando oltre il “Servizio di ascolto e sostegno” ha fatto riferimento alla rete di rapporti e di sinergie che si possono generare dalla disponibilità dei principali attori degli enti e del Volontariato organizzato.
Passando al vissuto operativo, ha ricordato il caso della risposta sinergica alle esigenze di una comunità, anche dal mondo del volontariato, per gestire la “sopravvenuta inagibilità serale e notturna del pronto soccorso dell’Ospedale Cisanello, per problemi di igiene e sicurezza causati da oltre 30 senza fissa dimora che avevano scelto la sala del pronto soccorso per ripararsi dal freddo. Risse e rischi igienici impedivano di fatti la fruizione della struttura sanitaria”.
“L’emergenza – ha detto Cerrai – in attesa delle ordinarie strutture di accoglienza, fu risolta con due alloggi abitativi prefabbricati della Croce Rossa Italiana di Pisa, messi a circa 600 metri dal pronto soccorso con
disponibilità di bagni chimici e docce calde, gruppo elettrogeno per riscaldamento ed illuminazione, camper per il personale delle Associazioni del terzo settore preposte all’accoglienza dei senza fissa dimora. Ai
clochard veniva fornito un pasto caldo, biancheria intima e generi per l’igiene personale, con possibilità di rimanere nelle strutture provvisorie dalle 19,00 di sera alle 7,00 del mattino successivo”.




Da “Mani Pulite” alla legge spazzacorrotti. L’intervista allo storico magistrato Gherardo Colombo (2 parte)

Il 9 gennaio scorso L’Osservatore d’Italia ha intervistato lo storico magistrato Gherardo Colombo.

Il suo nome rievoca transizioni fondamentali della Repubblica italiana come Tangentopoli, la loggia massonica P2, il delitto Ambrosoli, i fondi neri dell’Iri.

Il dottor Colombo ricostruisce il suo pensiero sui risultati di Mani Pulite e sulle proposte legislative in tema di corruzione emanate dal governo gialloverde.

Nel corso della puntata di giovedì scorso della trasmissione Officina Stampa di Chiara Rai, si è discusso delle parole di Gherardo Colombo riguardo il sistema carcerario italiano che non rispetta il dettame costituzionale espresso dall’articolo 27 non garantendo nemmeno il diritto alla salute.

Seconda parte della video intervista a Gherardo Colombo trasmessa a Officina Stampa del 24/01/2019

Quindi, è urgente un ampliamento delle strutture carcerarie in modo da ottemperare al rispetto dello giusto spazio vitale del detenuto ma anche una rivalutazione tout court dei risultati ottenuti della limitazione della libertà personale.

Se si analizza il dato secondo cui il 69% dei detenuti sono recidivi contro il 19% di coloro che vengono destinati agli arresti domiciliari, è pleonastico che qualcosa non va. Se lo scopo ultimo del sistema persecutorio è la riabilitazione del condannato, allora bisogna approfondire gli effetti prodotti dall’affidamento in prova ai servizi sociali per i casi di minorenni condannati dal tribunale dei minori.

Passando alle iniziative del governo gialloverde, Gherardo Colombo considera la nuova riforma della prescrizione incomprensibile. Facciamo un po’ di chiarezza. Anche questa riforma rientra nella più ampia legge Anticorruzione proposta dal ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede.

A partire dal 2020 la prescrizione, ossia la morte giuridica del reato, si fermerà una volta decorso il primo grado di giudizio. Perché il 2020? Il governo ha deciso che una riforma della prescrizione può produrre gli effetti sperati solo dopo un più ampio riordino del processo penale, in agenda per il 2019.

Colombo afferma che “la maggior parte dei reati vanno prescritti nell’indagine preliminare, allora sarà meglio agire lì”.

In Italia la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui viene commesso il reato e non dal momento in cui viene scoperto dalla magistratura. Se a ciò aggiungiamo l’obbligatorietà dell’azione penale da parte del pubblico ministero (art. 112 Costituzione) e l’abnorme numero di processi che il pm deve sostenere, il risultato è una necessaria cernita che priviolegia sempre, o quasi sempre, i processi che richiedono indagini celeri e meno dispendiose. Ergo, i reati come la corruzione che comportano rogatorie estere, intercettazioni telefoniche, lettura di documenti bancari, saranno destinate a non emergere mai.

Anche per questo, nel 2017 la commissione europea Greco ha consigliato all’Italia di agire sulla prescrizione nell’ambito della corruzione.

La questione principale è capire se tale istituto è una garanzia per l’imputato oppure un escamotage per il colpevole.

La prescrizione è una causa della lunghezza dei processi e non già una sua conseguenza. Essa rientra in una strategia dilatoria che gli avvocati sono quasi costretti a consigliere ai loro clienti colpevoli. In Italia mancano filtri per bloccare il ricorso in appello e soprattutto non è prevista la riformatio in peius. Così l’imputato ricorrendo in appello sa bene che il giudice, nella peggiore delle ipotesi, può riconfermagli la condanna di primo grado ma mai, comunque, inasprirla. La controparte afferma però che il blocco al primo grado di giudizio della prescrizione farà durare i processi all’infinito. Ma a giudicare dell’inerzia dei magistrati c’è già il Csm, la Procura Generale giudica quella del tribunale e la Cassazione quella delle Corti d’Appello. Non bisogna dimenticare poi che la prescrizione (dimezzata dalla legge Ex-Cirielli) vale anche per i casi di omicidio colposo e stupro.

Basta leggere le cronache per sapere che il caso di Viareggio o Rigopiano sono prossimi alla prescrizione e quindi all’impunità dei colpevoli e che molti stupratori hanno giovato della prescrizione: famoso il caso del padre che anche essendo accusato di aver violentato la figlia, è stato salvato da sopraggiunta prescrizione. I giudici hanno chiesto scusa al popolo italiano. Altro che “la prescrizione ha un’etica” come chiosa il ministro della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, già avvocato di Giulio Andreotti prescritto per concorso esterno in associazione mafiosa (ma colpevole fino alla primavera del 1980).

Gianpaolo Plini




Viterbo, scacco alla mafia: maxi operazione dei carabinieri. In manette 13 persone

VITERBO – Dalle prime luci dell’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Viterbo – con l’ausilio del Raggruppamento Aeromobili CC di Pratica di Mare (RM), di unità cinofile per la ricerca di armi e droga nonché Squadre della C.I.O. (Compagnia Intervento Operativo) dell’8° Reggimento “Lazio” sono impegnati in diverse località della Tuscia per l’esecuzione di un provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di tredici persone.

L’ordinanza applicativa della misura cautelare personale (11 in carcere, 2 agli arresti domiciliari) scaturisce da un’indagine, convenzionalmente denominata Operazione Erostrato, avviata nel mese di dicembre 2016, dai Carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Viterbo, prima sotto la direzione della Procura della Repubblica di Viterbo e poi, configurandosi delitti di competenza della Procura Distrettuale, sotto la Direzione Distrettuale Antimafia. Più precisamente, il 18 aprile del 2017, a seguito di due incendi appiccati consecutivamente a Grotte Santo Stefano, a seguito dei quali veniva, prima, distrutta l’autovettura di un Carabiniere in servizio proprio al citato Nucleo Investigativo e, poi, a Capodimonte, con le stesse modalità, veniva resa inservibile la macchina e danneggiata pesantemente l’abitazione del titolare di un compro oro.

Le investigazioni, risultate molto complesse, hanno permesso di accertare l’esistenza a Viterbo di un sodalizio criminale – facente capo al calabrese TROVATO Giuseppe e all’albanese REBESHI Ismail – che presenta le precipue caratteristiche dell’associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416 bis del codice penale. Nel caso di specie, i membri dell’organizzazione criminale hanno agito in accordo tra loro per la commissione di un numero potenzialmente indeterminato di reati coinvolgenti diversi settori, compreso quello economico, attraverso metodi propriamente mafiosi:
 la tradizionale attività estorsiva praticata dai predetti;
 la condizione di totale assoggettamento dei sodali piegati ad un contesto gerarchizzato;
 il clima di omertà e paura della popolazione, non sempre disposta a denunciare le vessazioni subite, talvolta pronta a ritrattare dichiarazioni accusatorie e più spesso costretta a subirle, determinandosi a mutare piuttosto le proprie abitudini di vita.
L’associazione di tipo mafioso
Il sodalizio, attraverso il ricorso sistematico alla violenza, ha come obiettivo quello di conseguire il “controllo del territorio” nella città di Viterbo per quanto riguarda alcuni settori economici ed attività illecite. Il metodo mafioso, cui ricorrono i sodali, per l’appunto, è finalizzato:
a. al controllo di attività economiche e segnatamente riguardanti:

  • il commercio di preziosi usati, i cosiddetti Compro Oro. A tale settore, in particolare, è interessato uno dei “capi”, il calabrese TROVATO Giuseppe, titolare a Viterbo di tre Compro Oro;
  • i locali notturni frequentati da stranieri, cui è direttamente interessato l’altro capo dell’organizzazione, l’albanese REBESHI Ismail
  • il settore dei traslochi, cui è interessato LAEZZA Gabriele, essendo il padre titolare di una ditta di traslochi;
    b. alla commissione di diversi delitti come:
  • il controllo del mercato degli stupefacenti, nel cui ambito REBESHI riveste uno storico ruolo di vertice;
  • il “recupero credito”;
  • forme diverse di estorsione (costrizione di soggetti a desistere da azioni giudiziarie nei confronti di persone vicine al sodalizio oppure l’offerta di protezione).

Inoltre, diverse persone si sono rivolte all’associazione criminale, alla quale hanno chiesto l’intervento di alcuni sodali per tentare di risolvere controversie di natura privatistica.

Il programma criminoso

L’organizzazione criminale – frutto della fusione tra la metodologia mafiosa “calabrese”, importata a Viterbo da TROVATO e l’inclinazione spiccatamente violenta della criminalità albanese, propria di REBESHI – persegue il proprio programma attuando sistematicamente una strategia basata sulle intimidazioni e violenze, capace di diffondere a Viterbo – ove si è radicata – un comune sentire nella comunità, caratterizzato dalla percezione di forte timore e da una soggezione di fronte alla forza prevaricatrice del gruppo. Tale forza intimidatrice è stata espressa all’esterno dell’organizzazione con concreti atti, tipici delle organizzazioni mafiose storiche, passando:
da un “semplice”, ma efficace, atteggiamento non violento ma minaccioso, appostandosi, ad esempio, nei pressi di attività commerciali delle vittime;
all’intervento “bonario” di uno dei due capi dell’associazione, TROVATO Giuseppe, per la risoluzione, grazie alla propria fama criminale, di controversie tra privati; all’invio di messaggi minatori, corredati di proiettili; alla collocazione di teste di animali mozzate nell’autovettura di una delle vittime, ovvero dinanzi a negozi o discoteche, “attenzionati” dal sodalizio; alla pianificazione di rapine nei confronti di un soggetto che non si è immediatamente sottomesso al volere dei sodali; ai numerosi attentati incendiari che hanno interessato le vittime delle attenzioni violente dell’associazione. Proprio tali atti rappresentano la caratteristica principale del violento modus operandi dell’associazione; fino ad arrivare all’esplosione di diversi colpi di arma contro la vetrina di un negozio compro oro, per costringerlo a chiudere.

Il ricorso sistematico alla violenza

L’associazione gode diffusamente, nella città di Viterbo, di una propria fama criminale, conferita non solo dalle azioni criminali di cui molti, nella locale comunità, ne hanno piena conoscenza, ma anche dalla caratura criminale di TROVATO Giuseppe, la cui figura si caratterizza di quell’alone evocativo di ‘ndranghetista, e di REBESHI Ismail, noto per i suoi trascorsi giudiziari. Con riferimento al personaggio TROVATO, come già si è avuto modo di dire, ha importato dalle sue zone d’origine, nel viterbese, una metodologia mafiosa, condivisa da tutti i sodali dell’organizzazione. Un metodo che TROVATO certamente ha mutuato da un agguerrito clan ‘ndranghetista, ossia quello della famiglia Giampà di Lamezia Terme , al quale risulta molto vicino e legato anche da rapporti di parentela con alcuni importanti esponenti.

La fama criminale e i collegamenti con la ‘ndrangheta

Dal mese di gennaio 2017 a oggi, gli investigatori hanno ricostruito una cinquantina di atti intimidatori, realizzati spesso dal sodalizio, con il medesimo modus operandi. Di seguito alcuni di detti violenti episodi che dimostrano anche un accanimento ossessivo nei confronti delle vittime per costringerle a sottostare alla volontà del sodalizio:

dal mese di gennaio 2017 a giugno 2018, ad un commercialista di Viterbo e alla sua famiglia, per motivi non ancora chiariti, sono state incendiate, nottetempo, in circostanze diverse, due autovetture e danneggiata una terza, inviata una lettera minatoria con proiettili all’interno e fatto ritrovare la carcassa di un animale;

dal mese di aprile a novembre 2017, al titolare di un negozio compro oro a Viterbo, sono state incendiate, nottetempo, in circostanze diverse, due autovetture, fatta ritrovare una testa di agnello sgozzato nella sua autovettura ed imbrattata la vetrina dell’esercizio;
dal mese di settembre a novembre 2017, alla titolare di un negozio compro oro di Viterbo, sono state incendiate, nottetempo, in circostanze diverse, due autovetture, apposti lumi funebri e fatte scritte minatorie sul vetrina dell’attività commerciale, collocate sulla serranda del negozio tre teste di maiali con proiettili conficcati sulla fronte e tentato di incendiare lo stesso negozio;
nel mese di aprile 2017, a Capodimonte, è stata incendiata l’autovettura del titolare un negozio compro oro a Viterbo. Le fiamme hanno interessato anche l’abitazione della vittima;

dal mese di marzo 2017 a febbraio 2018, a Viterbo, nottetempo, in circostanze diverse, sono state incendiate tre autovetture, appartenenti ad altri gestori di compro oro;
nel mese di febbraio 2017, è stata danneggiata l’autovettura di una ex dipendente di uno degli indagati;
nel mese di ottobre 2017, i titolari di una discoteca sono stati intimiditi con la collocazione di cinque teste di agnello mozzate all’ingresso del locale, con messaggi minatori, il danneggiamento di autovettura e altro;
a luglio 2017, in una zona residenziale di Viterbo, è stata incendiata l’autovettura di un avvocato;
il 3 settembre 2017, è stato tentato il furto in danno di un importante negozio compro oro e, esattamente un anno dopo, contro il medesimo esercizio, sono stati esplosi diversi colpi di arma da fuoco;
nel mese di ottobre 2017, dinanzi ad una discoteca, è stata incendiata l’autovettura del titolare di una società specializzata nella sicurezza anche di locali notturni;
nel mese di dicembre 2017, sono stati predisposti due tentativi di rapina in danno del titolare di un ristorante di Viterbo, azioni non portate a termine per l’intervento dei Carabinieri;
il 31 dicembre 2017, a Viterbo, sono state incendiate due autovetture di un pregiudicato di origini campane;

nel mese di gennaio 2018, a Viterbo, sono state incendiate dodici autovetture che si trovavano parcheggiate nel parcheggio di un rivenditore di auto;
nello stesso mese di gennaio, a Viterbo, sono stati incendiati i furgoni di una ditta di traslochi;
nel mese di maggio 2018, a Viterbo, è stato vittima di un violento pestaggio un pregiudicato del posto;
durante lo stesso mese di maggio, a Viterbo, è stata incendiata l’autovettura di un parente di un direttore di ufficio postale.

Diversi altri azioni violente sono state ricostruite e tante altre i Carabinieri, intervenuti preventivamente, sono riusciti a evitare che fossero portate a termine.

Gli atti intimidatori

Le indagini – come già accennato per l’incendio dell’autovettura di un militare in servizio al Nucleo Investigativo di Viterbo, “reo” di aver partecipato ad alcuni fasi salienti delle operazioni di polizia giudiziaria che hanno portato all’arresto per droga di alcune persone vicine ad uno dei capi dell’organizzazione, REBESHI Ismail – hanno evidenziato il profondo rancore nutrito da tutti i componenti del sodalizio nei confronti di appartenenti alle Forze dell’Ordine, segnatamente all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia di Stato. Tale astio è sfociato in azioni concrete come dimostra:

l’incendio dell’autovettura appartenente ad un secondo Carabiniere, avvenuto in una notte del mese di giugno 2017, quando il mezzo era parcheggiato nei pressi della sua abitazione. Il movente di tale gesto, sintomatico in un profondo odio verso i tutori della legge, è stato individuato nell’impegno profuso dal militare nel cercare informazioni utili ad individuare gli autori dell’incendio del veicolo del collega avvenuto nel precedente mese di aprile;

la predisposizione di un attentato incendiario ai danni dell’autovettura di un agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Viterbo, non portato a compimento per l’intervento preventivo dei Carabinieri che, nel mese di novembre 2017, hanno provveduto a sequestrare due bottiglie incendiarie destinate allo scopo. L’agente era ritenuto “responsabile” di aver proceduto a controlli e verifiche amministrative sui punti vendita di compro oro gestiti da TROVATO Giuseppe per recare un nocumento a quest’ultimo e, contestualmente, avvantaggiare la concorrenza;

i propositi violenti nei confronti di altro militare dell’Arma dei Carabinieri ed appartenenti alla Polizia di Stato, ritenuti “responsabili”, di svolgere indagini nei confronti dei componenti dell’associazione o effettuare ripetuti controlli. Detti propositi si sono concretizzati, talvolta, anche attraverso appostamenti e pedinamenti nei confronti delle Forze dell’Ordine per studiare abitudini di vita, i luoghi di privata dimora e le autovetture in uso per colpirli.
Le azioni ed i propositi violenti contro appartenente alle Forze di Polizia

Gli indagati sono:

  1. TROVATO Giuseppe, detto “Peppino”, quarantatreenne originario di Lamezia Terme, da anni trasferitosi a Viterbo, dove gestisce tre compro oro, con un ruolo di vertice nell’associazione oggi smantellata;
  2. REBESHI Ismail, detto “Ermal”, cittadino albanese di trentasei anni, domiciliato a Viterbo, dove gestisce una rivendita di autovettura ed un locale notturno, anche questi con ruolo di vertice nel sodalizio;
  3. PATOZI Spartak, detto “Ricmond”, cittadino albanese di trentuno anni, residente a Vitorchiano (VT), operaio, partecipe dell’associazione;
  4. DERVISHI Sokol, detto “Codino”, cittadino albanese di trentatré anni, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
  5. GURGURI Gazmir, detto “Gas”, cittadino albanese di trentacinque anni, residente a Canepina (VT), operaio, partecipe dell’associazione;
  6. LAEZZA Gabriele, detto “Gamberone”, trentunenne, residente a Viterbo, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
  7. OUFIR Fouzia, detta “Sofia”, cittadina marocchina di trentaquattro anni, residente a Viterbo, compagna e dipendente di TROVATO, partecipe dell’associazione;
  8. GUADAGNO Martina, trentunenne residente a Viterbo, dipendente di Trovato, partecipe dell’associazione;
  9. FORIERI Luigi, detto “Gigi”, cinquantunenne residente a Caprarola, titolare di un bar, partecipe dell’associazione;
  10. PATOZI Shkelzen, detto “Zen”, cittadino albanese di trentaquattro anni, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
  11. PAVEL IONEL, cittadino romeno di trentacinque anni, concorrente in alcuni delitti-fine;
  12. PECCI Manuel, ventinovenne residente a Viterbo, titolare di un centro estetico, concorrente in un delitto-fine;
  13. ERASMI Emanuele, cinquantenne residente a Viterbo, artigiano, concorrente in un delitto-fine.

Le ipotesi delittuose contestate

Gli indagati ed i ruoli

I tredici indagati soggetti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di “associazione di tipo mafioso ed estorsioni, danneggiamenti, danneggiamento seguito di incendio, incendio, furto, tentativi di rapina, favoreggiamento personale, lesioni personali, illecita concorrenza con violenza o minaccia, detenzioni di armi comuni da sparo, con l’aggravante di aver commesso tali delitti per agevolare l’associazione mafiosa e/o avvalendosi del metodo mafioso”.

Gli indagati dopo le formalità di rito sono stati associati presso le Case Circondariali di Viterbo e Civitavecchia (per le donne), ad eccezione di PECCI ed ERASMI sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
Presso la Casa Circondariale di Viterbo, i Carabinieri, unitamente a personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria hanno eseguito alcune perquisizioni anche in quell’Istituto.




Roma, maxi sequestro clan Casamonica per 2,4 milioni di euro di beni

Maxi sequestro al clan Casamonica-Guglielmi per un totale di 2,4 milioni di euro di beni. Il decreto è stato eseguito dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma. Dalle indagini è emersa una sproporzione tra le ricchezze possedute da alcuni componenti delle due famiglie e i redditi dichiarati. Il decreto di confisca è stato emesso confronti di Abramo Di Guglielmi, alias “Marcello Casamonica”, della sorella Giulia e del marito di quest’ultima, Romolo Cerello.

I membri del clan sarebbero coinvolti in gioco d’azzardo, traffici di droga, rapine e furti, e a numerose truffe.

Il sequestro dei beni fu emesso nel dicembre 2017 e ora è scattata la confisca per 8 unità immobiliari e un terreno a Roma e 8 rapporti finanziari.
    “Ringrazio gli uomini della Gdf di Roma e la Direzione Distrettuale Antimafia – ha scritto su twitter la Raggi – per la confisca di oltre due milioni di euro a Casamonica-Guglielmi.
    #NonAbbassiamoLoSguardo #FuoriLaMafiaDaRoma”.




Anguillara Sabazia, compostaggio dei rifiuti organici: Musmeci (AIC) risponde a Manciuria (AnguillaraSvolta): “Gli incontri sono preliminari e informali”

ANGUILLARA SABAZIA (RM) – Il Presidente dell’Associazione Italiana Compostaggio (AIC) dott. Fabio Musmeci interviene con una nota di riscontro alle dichiarazioni rilasciate da Sergio Manciuria, Presidente di AnguillaraSvolta, in merito ad una riunione indetta dal delegato all’Ambiente del Comune di Anguillara Sabazia e prevista per il giorno 3 Febbraio 2019 alle ore 10 presso l’aula Consiliare dove, secondo Manciuria, si “confeziona l’ennesima boutade sussurrando al Presidente del Consorzio Colle dei Pini – Barattoli, la volontà di voler aprire a ridosso dell’area residenziale un compostaggio di comunità”

Musmeci (AIC): “Gli incontri sono preliminari e informali”

“La nostra associazione – fa sapere Musmeci – ha supportato i comuni nella stesura del progetto preliminare COMLOC e ora è incaricata della progettazione esecutiva. Per questo motivo – prosegue Musmeci – è stato richiesto ai comuni di procedere ad incontri con le comunità interessate dall’iniziativa in modo da selezionare definitivamente questi siti e le dimensioni delle attrezzature da utilizzare. Si tratta di un’opzione che le comunità hanno e che possono accettare (come nel caso del consorzio di Albucceto) o rifiutare. Gli incontri sono preliminari e informali e la selezione ultima dei siti verrà presentata pubblicamente a seguito di formali adesioni da parte di consorzi, condomini, associazioni.
Per quanto riguarda la movimentazione di mezzi questa verrebbe diminuita essendo previsto, in caso di adozione del compostaggio di comunità, con l’autoconferimento dei cittadini alle attrezzature per il compostaggio, la conseguente soppressione della raccolta dell’organico da parte del servizio di gestione rifiuti. Quindi il traffico su Via dei Monti dovrebbe rimanere inalterato e semmai diminuire con la diminuzione dei viaggi settimanali del furgone destinato alla raccolta dell’organico.




Morte di Mario Biondo, verso la verità: medico legale spagnolo sotto i riflettori della magistratura

Svolta nel caso della morte di Mario Biondo, il cameraman italiano trovato impiccato a Madrid nel maggio del 2013.

Morte Mario Biondo: il video servizio andato in onda il 24/01/2019 nel corso della puntata di Officina Stampa

Biondo era sposato con la famosa conduttrice televisiva spagnola Raquel Sánchez Silva che dal 2014 intrattiene una nuova relazione d’amore con l’argentino Matias Dumont con il quale ha avuto due gemelli.

La conduttrice si era opposta alla riapertura delle indagini sulla tragica fine del marito, scatenando la protesta dei familiari di Biondo. Ora dopo 6 anni dalla morte di Mario Biondo sarà indagato il medico legale che effettuò in Spagna l’autopsia sul suo cadavere.

Il Tribunale provinciale di Madrid ha accolto infatti l’istanza presentata da Santina e Pippo, i genitori di Mario, che avevano sempre dubitato della veridicità della tesi del suicidio del figlio.

La testimonianza di Santina Biondo mamma di Mario trasmessa il 24/01/2019 nel corso della puntata di Officina Stampa

Mario Biondo fu trovato senza vita il 30 maggio 2013 nel soggiorno della casa in cui viveva con la moglie a Madrid, impiccato con una pashmina alla libreria. I segni sul collo, alcune contusioni, e il fatto che gli oggetti sul mobile siano stati trovati tutti al loro posto, erano alcuni degli elementi che avevano sempre fatto dubitare la famiglia di Biondo su quanto accaduto veramente quel giorno.

Il medico legale che aveva effettuato la prima autopsia però non aveva avuto dubbi: si era trattato di un suicidio. Tesi poi confermata da un secondo esame effettuato a Palermo.

Una terza autopsia è stata però effettuata sempre in Italia, a Palermo il caso, avocato dalla procura generale, è tuttora aperto con l’ipotesi di reato di omicidio volontario contro ignoti.

A novembre la salma di Mario Biondo era stata riesumata e a giorni si attendono gli esiti del terzo esame autoptico. Un nuovo fascicolo era stato aperto anche in Spagna, e ora la madre di Mario conferma che verrà indagato il medico legale che effettuò la prima autopsia.

A quanto si è appreso nella prima relazione il medico avrebbe omesso la presenza di un livido sul cranio dell’uomo, così come sussistono dei dubbi sull’esame effettuato a collo e polmoni.




Velletri, Banca Popolare del Lazio: dal verbale di Bankitalia a quelle strane e fortunate coincidenze (L’inchiesta 3 parte)

La banca che, finanziando un’impresa insolvente, ritardandone il fallimento, ingeneri nei creditori un’idea distorta sulle reali condizioni economiche dell’impresa, può essere ritenuta responsabile per abusiva concessione di credito se l’affidamento dei creditori sia esente da colpa. È questo il principio enunciato dalla Cassazione, nella sentenza n. 11695 del 14 maggio 2018. La Suprema Corte ricorda come in passato si sia osservato che la banca che continui a finanziare un’impresa insolvente anziché avviarla al fallimento, offre agli operatori di mercato una sensazione distorta, ingannandoli sulle reali situazioni dell’impresa finanziata e inducendoli a continuare a trattare con essa, come se fosse un’impresa sana, con la conseguenza che il suo fallimento viene artificiosamente ritardato, con pregiudizio per la posizione di tutti i creditori.

Il video servizio su Banca Popolare del Lazio (3 puntata) andato in onda il 24/01/2019 a Officina Stampa

Banca Popolare del Lazio e affidamenti facili

Torniamo quindi a parlare di quelle che appaiono come pratiche bancarie discutibili relative ad affidamenti facili che consentono a società con poche credenziali creditizie e garanzie quasi nulle di ricevere prestiti a sei zeri mentre per i piccoli imprenditori il più delle volte l’accesso al credito bancario risulta praticamente impossibile.

L’ispezione e il verbale di Bankitalia

Si ha conferma della presenza di un nutrito gruppo di ispettori della Banca D’Italia all’interno della Banca Popolare del Lazio con sede a Velletri per tutta la prima metà del 2018 dove è stato poi stilato un verbale che bacchetterebbe pesantemente la Governace ed il Collegio sindacale dell’istituto di credito.

Un verbale, quello stilato dagli ispettori della Banca d’Italia in cui si fa riferimento ad un episodio in particolare: affidamenti per oltre un milione e seicentomila euro ad una società, che operava al di fuori del territorio naturale della Banca Popolare del Lazio, priva di beni immobili e di quel minimo di garanzie che al contrario vengono rigorosamente richieste a tutti i piccoli risparmiatori.

Massimo Lucidi, una figura che torna alla ribalta come presentatore

Ma andiamo per gradi: è il 2012, tra i mesi di maggio e giugno quando presso la filiale di Viterbo della Banca Popolare del Lazio apre i propri rapporti la società Protercave Spa. A presentare la new entry è l’amministratore delegato della Banca Popolare del Lazio il ragionier Massimo Lucidi che all’epoca dei fatti ricopre la carica di direttore generale. Una figura, quella di Lucidi, che torna alla ribalta come presentatore di nuova clientela.

Massimo Lucidi e il processo sui fondi neri degli ex servizi segreti

Ricordiamo infatti, per dovere di cronaca, che Massimo Lucidi venne ascoltato come testimone nel processo sui fondi neri degli ex servizi segreti civili, perché quando era direttore della filiale Carimonte di via Quintino Sella di Roma (oggi filiale della Banca Popolare del Lazio) – aveva presentato alcuni soggetti, appartenenti al Sisde, che depositarono miliardi delle vecchie lire, soprattutto in contanti con bancanote nuove di zecca fascettate Banca d’Italia sui propri conti personali. Soggetti poi condannati per essersi appropriati indebitamente di soldi dello Stato.

Il video servizio su Banca Popolare del Lazio (2 puntata) andato in onda il 20/12/2018 a Officina Stampa

La Protercave SpA e gli affidamenti milionari tra Popolare del Lazio e Banca Popolare di Spoleto

Nel 2012, dunque, la Protercave, con sede a Perugia, amministrata da G.C., non appena aperti i conti alla Banca Popolare del Lazio chiede un affidamento per 1.600.000 euro, tra scoperto di conto corrente ed anticipo fatture che il consiglio di amministrazione della Banca decide di accordare nella misura ridotta di 1.200.000 euro, limitando l’anticipo fatture.

Una società, la Protercave Spa che nasce a novembre del 2010 a seguito della variazione di denominazione e della forma giuridica della precedente Proter Srl e che al momento della variazione presenta un capitale pari ad un milione e seicentomila euro, la stessa cifra richiesta inizialmente come affidamento alla Popolare del Lazio.

L’amministratore di Protercave anche consigliere di amministrazione di Popolare di Spoleto

Da rilevare, inoltre, che G.C. contemporaneamente al ruolo di amministratore della Protercave riveste anche il ruolo di Consigliere di amministrazione della Banca Popolare di Spoleto, successivamente commissariata dalla Banca D’Italia.

E solo l’anno prima, siamo nel 2011, la Banca Popolare di Spoleto aveva già accordato alla società Protercave Spa la concessione di un mutuo ipotecario fondiario di complessivi tre milioni e cinquecentomila euro per la durata di 15 anni, oltre ad aver rinnovato gli affidamenti in essere fino alla data del 31 luglio 2012 per un totale di 1.105.000,00 euro di cui: 1.100.000,00 euro sotto forma di SBF (fido da revocare all’erogazione del mutuo di 3.500.000,00 euro e 5mila euro sotto forma di apertura di credito in conto corrente.

Operazioni bancarie garantite anche da fideiussione di Franco Chiocci e G.C., azionisti di maggioranza di Protercave Spa.
La Banca Popolare di Spoleto rinnova inoltre i fidi per complessivi 95.072,00 euro sulla posizione personale di G.C.

Dai fatti appena narrati si delinea un quadro che nel 2012 vede la Banca Popolare del Lazio aprire un conto e concedere affidamenti per oltre un milione di euro alla società Protercave Spa che proprio a luglio del 2012 ha necessità di coprire 1 milione e centomila euro di affidamenti presso la Popolare di Spoleto per poter accedere al mutuo di 3.500.000,00 euro.

Il figlio di Massimo Lucidi assunto alla Popolare di Spoleto filiale di Roma Prati

E sempre in quel mese di giugno del 2012, Fabrizio Lucidi, figlio di quel Massimo Lucidi all’epoca direttore generale ed oggi amministratore delegato di Banca Popolare del Lazio che aveva presentato Protercave Spa, viene assunto quale direttore della filiale proprio della Banca Popolare di Spoleto e non di una filiale qualunque, bensì della filiale di Roma Prati, zona che tra l’altro evitava al giovane residente a Roma di subire sfiancanti spostamenti per raggiungere il posto di lavoro.