Anguillara Sabazia, comunicazione senza stelle: l’amministrazione Anselmo corre dietro ai topolini e viene travolta dalle montagne?

ANGUILLARA SABAZIA (RM) – Preoccupante lo stato di stallo politico e amministrativo in cui ormai versa l’Amministrazione Anselmo ad Anguillara Sabazia.

Il problema è che la sindaca e la sua squadra sembrano avere perso la capacità di valutare dove spendere le proprie concentrazioni e sforzi, su che cosa puntare per cercare di risollevare un governo che ormai sta incassando polemiche e malcontento su moltissimi fronti.

Ad esempio, è di pochi minuti fa la notizia data in pompa magna a tutti i giornali da parte della componente di maggioranza Silvia Silvestri che la Regione ha dato circa 2 mila euro per il “parziale recupero dell’archivio storico di Anguillara”.

Una notizia che per cui l’amministrazione ha scomodato i giornali di domenica pomeriggio. Per comunicare che cosa? La “grande impresa?”. Nient’affatto. Forse soltanto che un’amministrazione rincorre i topolini (le piccole notizie che sono niente riguardo ai grossi problemi attuali che vive la cittadina) senza accorgersi di essere travolta da una montagna.

Perché non avere lo stesso scrupolo e impulso comunicativo sulla questione scuola nei container, lasciando i genitori spesso e volentieri in situazioni difficili dovute a palesi carenze comunicative?

Curiosità. A quando risale il precedente comunicato stampa dell’Amministrazione Anselmo? Insomma dopo averci detto dei 2 mila euro per l’archivio cos’altro hanno comunicato con solerzia? Beh, risale al 18 Ottobre, almeno così ci risulta, quando sempre Silvia Silvestri mandava una comunicazione dall’oggetto: “INCONTRO CON LE FAMIGLIE DEI DISABILI MEDIO-LIEVI PER L’EROGAZIONE DEL SERVIZIO A CUI POSSONO OGGI ACCEDERE DOPO ANNI DI ATTESA”….

Un comunicato che non solo è apparso come un grave schiaffo ai disabili gravi a cui l’Amministrazione Anselmo ha tagliato le ore ma che come al solito suona come un trionfalismo quando invece è letto da molti come un miope tentativo di dare buone notizie senza per altro offrire un seguito. Che ne è stato dell’incontro? Nessun resoconto al riguardo.

C’è un mestiere per tutti e certamente l’amministrazione Anselmo che spende centinaia di migliaia di euro per prefabbricati bisognosi di ritocchi intende continuare a comunicare una propaganda lontana dai problemi reali, quelli che vivono tanti cittadini di Anguillara Sabazia che lamentano uno stato di degrado e arroganza amministrativa stagnante e scoraggiante. Un momento che finora non hanno mai vissuto.




Castel Gandolfo, commercianti estenuati perché manca l’acqua: “Ora servono i fatti!”

In grande difficoltà l’Amministrazione di Castel Gandolfo con la questione di carenza del servizio idrico da parte del gestore Acea.

Una situazione che sta alimentando non poche polemiche, a tal punto che il sindaco Milvia Monachesi ha scritto un post sul social Facebook per aggiornare la cittadinanza.



Al post della sindaca ha risposto pubblicamente Francesco Curci, residente di Castel Gandolfo ed esercente, il quale non ha risparmiato di esternare una critica che sembra andare oltre la “situazione acqua”: “Cara Milvia, apprezzo l’iniziativa di chiamare un avvocato per concordare un’azione contro Acea, mi permetto però di dirti che avresti dovuto farlo da tempo, perché sono ormai mesi e mesi che questa situazione va avanti. Certo: meglio tardi che mai, ma vorrei che per un attimo ti mettessi nei panni di chi, come me, vive di turismo e rischia di ritrovarsi una, due, tre recensioni negative su TripAdvisor – o sui vari altri portali che si occupano di turismo – da parte di clienti che si sono ritrovati in camere senz’acqua…Noi esercenti dobbiamo e vogliamo sentire che l’Amministrazione è dalla nostra parte e troppo spesso invece vi sentiamo lontani anni luce…ma è possibile, ad esempio, che non si riesca ad avere nemmeno un numero di telefono a cui rivolgerci quando dobbiamo segnalare la mancanza d’acqua?…possibile che dobbiamo essere presi in giro dal call center di Acea che ci risponde o che non risultano guasti o che segnaleranno (non si sa bene a chi)?…tu devi PRETENDERE che a fronte di un disservizio così palese e continuo ci sia almeno rispetto nei nostri confronti. Alza la voce, vai a parlare coi dirigenti, minaccia sanzioni…ma per favore basta con le parole: ora servono i fatti

Una stanchezza, quella dei commercianti di Castel Gandolfo, dovuta, si presume, al fatto che non si palesino ancora iniziative mirate a risolvere il problema il prima possibile.




Roma, Antico Caffè Greco sotto attacco: la crisi inesorabile della Cultura dove il razzismo trova terreno fertile

Quando razzismo e commenti di bassa stesura e che fomentano l’odio tra i popoli entrano a far parte di uno scenario già difficile che vive un’azienda storica come l’antico Caffè Greco di via Condotti allora significa che moralmente e socialmente si è toccato il fondo. Tra i primi a capirlo e a condannare questa scivolata di valori è la presidente del I Municipio di Roma Sabrina Alfonsi la quale non esita a connotare e circoscrivere gli ultimi accadimineti: “Gli insulti di chiaro stampo antisemita basati su stereotipi razzisti contro Israele e gli Ebrei apparsi sui social negli scorsi giorni nei confronti della proprietà dello storico Caffè Greco sono vergognosi e contro ogni tipo di trattativa”. A unirsi alla dura condanna della minisindaca è anche la consigliera Alessandra Sermoneta, la giunta e il gruppo municipale del PD.
“Chi sposta la polemica su questo piano non agisce certo per la salvaguardia dell’aspetto culturale e storico del luogo, ma dà sfogo all’ignoranza e all’astio immotivato. Siamo costretti a non tacere contro il clima di razzismo e antisemitismo che avanza nel Paese. Basta infatti leggere la cronaca degli ultimi giorni, tra cene in ricordo della marcia su Roma e astensioni in Senato sull’istituzione della Commissione sull’odio della Senatrice Segre. Il Municipio ha da subito lavorato e continuerà a farlo per un dialogo tra proprietà e gestione al fine di tutelare un luogo storico del territorio e le sue lavoratrici e i suoi lavoratori”.

Nel frattempo, l’Ospedale Israelitico di Roma, proprietario dello storico locale di via Condotti, ha raccolto i contenuti di alcuni post dai toni antisemiti apparsi sulla pagina Facebook del bar per presentare una denuncia per istigazione all’odio razziale.

“Lunedì i legali completeranno la stesura della denuncia che sarà presentata presso la Procura della Repubblica” fa sapere Bruno Sed, presidente dell’Ospedale Israelitico di Roma, proprietario delle mura.



L’Antico Caffè Greco di via Condotti, il secondo più antico d’Italia dopo il Florian di Venezia essendo stato fondato nel 1760, quello stesso Caffè che ha visto nel corso dei secoli fra i propri clienti Giacomo Leopardi, Gabriele d’Annunzio, Goethe, Henry James, Casanova, Canova, John Keats, Thomas Mann, Rossini, Liszt, Silvio Pellico e Schopenhauer, Mark Twain e Wagner, Joyce e Orson Welles, rischia di chiudere. Il Caffè Greco con le sue 300 opere esposte, rappresenta la più grande galleria d’arte del mondo.

La ragione della chiusura è la scadenza del contratto d’affitto all’8 gennaio 2020, quando verranno messi i sigilli allo storico locale.

La vicenda si snoda in una battaglia di carte fra due contendenti, la famiglia dell’ingegner Carlo Pellegrini proprietaria del marchio da più di 20 anni e i legittimi possessori delle mura, ovvero l’Ospedale Israelitico.

Per ora lo sfratto sembra rinviato. Ad opporsi tanti uomini di cultura tra cui Vittorio Sgarbi che è stato presente lo scorso 22 ottobre per un presidio di solidarietà contro la chiusura: “Dove c’è da difendere la cultura e la storia lì c’è Vittorio Sgarbi. È stato così da sempre. Per questo motivo questa mattina ero a Roma a prendere un caffè all’Antico Caffè Greco che non può e non deve chiudere. Questa è una battaglia di civiltà. Contro chi pensa che col denaro è possibile fare tutto. Si può fare molto, ma non tutto. Non a scapito della memoria comune che va preservata. E ha offerto la colazione ai molti solidali con la causa. Una battaglia di civiltà, come quella contro i monumenti abbattuti per fare spazio all’ingombrante “religione dell’umanità”, citando Harouel, che alimenta il progresso con le folli pretese ingombranti dell’Uomo-Dio; come quella contro i capolavori rubati o quella contro le siringhe e il piscio che infestano i monumenti sulla pelle d’Italia. Passione dell’arte italiana. Ma anche passione militante. La presenza contro il vuoto, il movimento contro la stagnazione.

“La passione è uno strumento di difesa della ragione”, aggiunge Sgarbi.




Nemi, una stele in stile Impero all’ingresso del paese

NEMI (RM) – Sta suscitando non poca curiosità a Nemi il basamento in travertino apparso da qualche tempo lungo la via Nemorense che collega il paese delle fragole con la vicina Genzano di Roma.

Un’opera che ricorda il tipico stile Impero e che al momento non presenta nessuna incisione

Si tratta di un intervento di arredo urbano, si legge sulla Trasmissione dell’Autorizzazione Paesaggistica Semplificata inviata dall’amministrazione comunale agli Enti sovracomunali, relativa una Stele di “Benvenuto a Nemi” legato allo sviluppo delle attività di promozione turistica e culturale.

Nel rilasciare l’autorizzazione ai fini paesaggistici sono state inoltre considerate: “le ridotte dimensioni ed il materiale impiegato risultato di minimo impatto a livello visivo e di ingombro e quindi non determina variazioni sostanziali delle caratteristiche dei luoghi e non altera il contesto paesaggistico- edilizio, per cui si può ritenere compatibile con lo stesso”




Marino, successo per BiblioPop: un giorno capitale del pensiero di Gramsci

MARINO (RM) – Sala strapiena a Marino per BiblioPop, l’incontro che ieri ha avuto al centro il pensiero e la vita di Antonio Gramsci.

La presenza del vicesindaco, assessore alla cultura del Comune di Marino, è stata lì a testimoniare l’importanza dell’appuntamento. Così come l’intervento breve, una chicca, dello scrittore Marco Onofrio ha trovato modo di inserirsi nel confronto del tema modernità del digitale e della robotica rispetto alla consegna alla nostra analisi attuale circa la connotazione di classe operaia, ovvero di classi subalterne (intervento sottolineato da Andrea Sonaglioni, segretario della Federazione Castelli romani del PCI anche in risposta a domande dal pubblico) e il tema gramsciano dell’umanesimo che vede appunto gli uomini assaltati dall’alienazione (per altro categoria ampiamente marxista).

Questo input, in realtà appartiene al volgere ultimo della serata di incontro gramsciano, ha mostrato un pathos ed una passione viva che si è dipanata nelle ore trascorse a presentare, sezionare, sviscerare, e, soprattutto – con intento pedagogico vero, alla Antonio Gramsci -, come hanno mostrato lo storico Alex Hobel e il protagonista della serata, il prof. Angelo d’Orsi, di cui si presentava l’ultima fatica (la prima edizione dopo 45 anni di studio e ricerca, la seconda ora) leggibile nel testo “Antonio Gramsci. Una nuova biografia”.

Le copie, fornite dalla locale libreria ”Cavour” di Frascati sono andate a ruba ed è stato necessario ricorrere alla prenotazione per la consegna, tra qualche giorno, di ulteriori copie del libro. Mauro Avello, segretario del Circolo Italia Cuba “Gino Donè” (nonché portavoce della neonata proposta coalizione dei comunisti e della sinistra, “Essere Marino”), ha presentato, con domande specifiche, via via gli oratori che non hanno deluso affatto. E’ stato coadiuvato, con la solita efficacia stile BiblioPop, dalla introduzione di un breve filmato di Ascanio Celestini su Gramsci, e dalla proiezione in loop di una selezionata serie di frasi di Antonio Gramsci, leggibili sullo sfondo parete mentre c’era in atto la spiegazione e illustrazione di alcuni dei temi del libro e del pensiero gramsciano. In modo puntuale, il rappresentante dell’Ambasciata di Cuba a Roma, Mauricio Martinez Duque, ha citato, letto e commentato tre passaggi del testo di d’Orsi per mostrare gli importanti temi che mostrano come la presenza del “metodo” e delle implicazioni teoriche e politiche del pensiero gramsciano abbiano determinato le scelte della Rivoluzione cubana e la stessa prosecuzione della Rivoluzione permanente che Cuba continua a vivere: una sorta di conferma della teoria gramsciana che la Rivoluzione bolscevica nella Russia del 1917, non era ripetibile negli stessi modi nel mondo dove il capitalismo “maturo” stava evolvendo ed imperava. Del resto, tutto il dipanarsi della struttura del libro, e quindi della proposta intellettuale di Angelo d’Orsi, l’ha svolta diligentemente, chiaramente, e ascoltata in laico silenzio dalle persone che hanno affollato l’aula, Alex Hobel. Quasi a mostrare che l’ossatura che tiene tutto insieme è proprio quella intuizione del professore torinese che il pensiero di Gramsci è insieme le cose che ha scritto, quelle che ha elaborato, quelle che ha scritto per sé, intanto che i contesti della propria vita mutavano, come tutte le persone. L’infanzia e le implicazioni fisiche e cognitive del primo apprendimento; le vicende familiari e dell’economia familiare che inducono a sacrifici; la scelta traumaticamente vissuta del trasferimento “al continente” nella Torino dell’università, nella Torino operaia, nella Torino dell’impegno giornalistico ed intellettuale, nella Torino dell’impegno politico. Fino a giungere al suo matrimonio, a cruccio del padre che non potrà svolgere tale ruolo, il carcere fascista che lo condurrà alla morte per scelta del regime mussoliniano. Un tracciato, insomma, che è vita e pensiero. Perché, come illustra Hobel indicizzando schematicamente l’opera di d’Orsi, la contestualizzazione della vita, e delle situazioni, con il ruolo centrale ad esempio di Giulia, sua moglie, in libertà e nei rapporti epistolari quando era in carcere, sono essi stessi la base, il substrato che si mischia con le conoscenze del sapere e da lì si comprende quale approccio “davvero umano” il pensatore, il capo politico, il rivoluzionario, l’intellettuale “organico alla classe”, abbia potuto elaborare, non giustapponendo semplicemente asettiche logiche di pensiero “a tavolino”, ma tumultuose idee da far scaturire nel dipanarsi della vita: quella normale e quella drammatica e tragica perfino. Per questo, gli interventi, in successione, a cui è stato “costretto” dalle interlocuzioni e dalle domande del pubblico al quasi afono Angelo d’Orsi, hanno al meglio chiarito già questa ottima presentazione degli oratori precedenti. E l’autore – che oggi, tutto questo, riproporrà in modo “accattivante e affabulatorio” come è stato detto, nel racconto teatrale del suo “Un Gramsci mai visto”, con idee, pensiero, e brani di vita di Gramsci, accompagnate da musiche e voci eccellenti, che si terrà a Marino, Teatro Vittoria Colonna alle 18.00 – ha avuto platea attenta, già pronta a vedere come l’ordito di presentazione si tesseva a mostrare la figura intera che nella sostanza del pensiero e nella bellezza della verità di vita può essere mostrata per intero. Illustra il professore come nasce l’attenzione e la valutazione e la scelta della Torino operaia, della Torino delle fabbriche (sostanzialmente la Fiat e i satelliti attorno) siano diventati centrali nelle proposte teoriche e politiche di Gramsci che sostiene i consigli di fabbrica; di Gramsci che individua qui la avanguardia sia della classe operaia che della statualità (socialista) che potrà venire. Ma fallita l’analisi e la lettura – esempi lampanti, illustra d’Orsi, sono stati per Antonio Gramsci, lo sfilacciamento di quella che doveva essere l’avanguardia, e proprio nel momento più duro con l’occupazione delle fabbriche – che veniva fatta, soprattutto da Mosca, della situazione italiana, senza mezzi termini, il pensatore e guida comunista, indica una diversa lettura della realtà e mette in campo, appunto, la necessità, la possibilità, di avere approccio rivoluzionario anche perseguendo traguardi intermedi. Pure utilizzando, raggiungendo, facendo vivere fasi non socialiste, non comuniste. Dice d’Orsi, mostrando Gramsci, perfino in relazione col pensiero di Rosa Luxemburg: riformismo e ocialismo, non sono antitetici se siamo ad una fase preordinata a questi. Quindi ottenere vantaggi, per la classe degli sfruttati, ottenere democrazia invece che svolgimento in regime antidemocratico o ristretto, è giusto, coerente, realizzarlo invece che incunearsi nella teoria del socialfascismo senza soluzione. Qui, nell’area del capitalismo maturo, per semplificare: in occidente, in Europa. Forse, la maggior presa (pedagogica) illustrativa Angelo d’Orsi, l’ha ottenuta quando ha spiegato una cosa apparentemente relegata al “mondo accademico” ovvero ai famigerati “addetti ai lavori”: la questione della divisione nella trattazione del pensiero gramsciano, tra coloro che sostengono la bontà di proporre cesura tra la produzione in carcere di Gramsci e la produzione antecedente. In modo netto, d’Orsi propone come errato lo schiacciamento, per le implicazioni che ne seguono che sembra quasi si siano privilegiate a scanso della vera ricerca scientifica, solo sui quaderni. Propone invece, il nostro espositore, una posizione dialettica tra le due grandi produzioni, per altro neppure complete. Per questo egli crede che la posizione della Fondazione Gramsci sia al di sotto della necessità e possibilità della produzione di studi di merito. Del resto, forse tali scelte nascono da lontano: basti pensare al tenore (pur in assenza di nuovi apporti documentali giunti sulla scena solo dopo il 1991 come il carteggio della famiglia di Giulia) della Fondazione (Ovvero Istituto Gramsci) all’epoca della direzione di Gerratana, Spriano, Santucci; e alla svolta delle gestioni successive. Così, oggi, senza che nessuno lo abbia mai velato durante tutta la presentazione del volume di d’Orsi, si è giunti a chiudere questa davvero bella serata, coronata da successo e soddisfazione con un fare molto intrecciato tra teoria e prassi, tra aspetto di ricerca e politica. Non a caso, l’autoproclamazione di essere un “cane sciolto” da parte di d’Orsi, è stato immediatamente smentito da se stesso quando additando l’assemblea come corposamente composta da comunisti, ha detto sullo svolgimento dei lavori: bene voi intervenite, poi (come si fa nelle migliori riunioni di partito) mi assumo io l’onere delle conclusioni. E, a giudicare dagli applausi forti, calorosi e convinti sono state, conclusioni condivise. Quali erano succintamente? Lo stato della ricerca su Gramsci è in continua permanente evoluzione: 20.000 titoli che commentano e illustrano singoli aspetti o dialogano col parti o tutto il pensiero di Gramsci. Tutto ciò in 41 lingue differenti nel mondo. Quindi se questa è la mole e se le stessi fonti di documenti sono in aumento (quindi non c’è solo da interpretare criticamente il già noto, ma studiare il nuovo che riemerge dall’abbandono o dagli armadi chiusi), il vero compito di studiosi, di politici, della sinistra e dei comunisti se non vogliono trovarsi spiazzati è proprio il ricorso al riconoscimento che una base di pensiero comune – in questa disgraziata epoca di divisione dell’atomo nella galassia comunista e di sinistra – diventa necessaria ed è proprio il pensiero originale di Antonio Gramsci.