Carceri, la deputata Marzia Ferraioli (FI) dice sì al potenziamento degli organici

“Un futuro prossimo venturo promette un altro concorso pasticciato dalle consuete aspettative di chi ambisce a partecipare, dalle consuete aspettative di chi vi ha partecipato, dalla distanza che inevitabilmente andrà a collocarsi tra un vincitore ed un altro e dalla irriducibile resistenza degli idonei segregati in graduatorie. Un Paese che viaggia di bando in bando, dal un concorso all’altro”, lo ha spiegato l’Onorevole di Forza Italia Marzia Ferraioli in una nota diramata nei giorni scorsi.

Stando a quanto affermato dalla componente della Commissione Giustizia della Camera, infatti, servirebbero circa 10 mila unità per coprire i pensionamenti pregressi e quelli attuali.

Una situazione resa ancora più critica dall’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19, che è stata la causa di numerose rivolte verificatisi negli istituti penitenziari.

La delicata situazione creatasi in Italia, inoltre, ha reso difficile la possibilità di espletare un nuovo concorso visto che, le attuali norme di contenimento del virus impongono il divieto di assembramento. Per questo motivo, molti giovani che hanno partecipato al concorso per il reclutamento di 754 allievi agenti della Polizia Penitenziaria indetto nel 2019, si vedono costretti a chiedere uno scorrimento della graduatoria; una procedura meno dispendiosa e richiederebbe un minor tempo per l’assunzione di nuovi agenti nelle carceri.




Taranto, operazione “Brothers”: smantellato dalla Polizia di Stato market della droga nel Rione “Tamburi”

TARANTO – La Polizia di Stato di Taranto  ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di 6 misure cautelari personali (di cui 4 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) emessa dal Gip presso il Tribunale di Taranto nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti a vario titolo indiziati in concorso di detenzione e vendita di sostanze stupefacenti.

L’attività prende avvio a seguito di mirati servizi su un circolo ricreativo ubicato in via Orsini, nel popolare quartiere “Tamburi”.

Le indagini, condotte dal personale della Sezione Antidroga della Squadra Mobile della Questura di Taranto, hanno consentito di accertare come il piccolo circolo ricreativo, apparentemente il classico punto di ritrovo del quartiere dove poter trascorrere un po’ di tempo in compagnia e consumare qualche birra, fosse in realtà un market della droga, capace di soddisfare la domanda della “clientela” a qualsiasi ora del giorno e della notte. Il tutto grazie ad una distribuzione di ruoli e a turnazioni quotidiane che consentivano di non interrompere mai lo spaccio, al punto che lo stesso era divenuto un riferimento sicuro per numerosi consumatori di sostanze stupefacenti.

Nel corso dell’attività, i poliziotti hanno documentato innumerevoli cessioni di sostanza stupefacente, ricostruendo dettagliatamente il collaudato e articolato modus operandi del gruppo, che si caratterizzava per un’organizzazione “a staffetta” in cui ciascuno dei sodali, di volta in volta, svolgeva il ruolo di spacciatore, vedetta, custode o corriere.

Così, c’era chi, solitamente i gestori del circolo, rimanendo in attesa sulla porta, si occupava di ricevere gli acquirenti; chi, una volta ricevuto l’ordine, si occupava di consegnare la sostanza stupefacente e chi, solitamente residente a poca distanza dal circolo, si occupava di custodire lo stupefacente, assicurando così, al gruppo la possibilità di rapidi e costanti rifornimenti.

Infatti, in talune occasioni, finita la scorta nella disponibilità del pusher, i corrieri si allontanavano in sella a piccoli ed agili scooter, sfrecciando senza difficoltà nel traffico cittadino, per far ritorno, poco dopo, e consegnare le dosi per la vendita al minuto.

Eloquente anche l’atteggiamento degli acquirenti  che, dopo essersi trattenuti all’interno del circolo il tempo strettamente necessario per rifornirsi dello stupefacente, dopo aver occultato la droga sulla propria persona, si allontanavano dal circolo avvalendosi del controllo della zona operato a turno dagli arrestati. Cautele, queste, tipiche degli assuntori, evidentemente finalizzate ad evitare eventuali controlli e a preservare lo stupefacente appena acquistato da eventuali sequestri.

Le investigazioni, condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica, hanno, in definitiva, consentito di dimostrare inconfutabilmente come gli arrestati siano inseriti stabilmente in un vasto circuito criminale, impegnato nello smercio quotidiano di droghe, sia leggere che pesanti (in particolare cocaina e hashish), per un elevato numero di cessioni giornaliere.

A riprova di ciò, vi è la circostanza che, nonostante gli arresti effettuati nel corso delle attività, la piazza di spaccio ha continuato a mantenere un elevato livello di efficienza, indicativa del radicamento nel tessuto criminale cittadino.

Sulla base del solido quadro indiziario rappresentato, il Giudice per le Indagini Preliminari ha ritenuto la pericolosità sociale degli indagati e le esigenze cautelari che  hanno giustificato l’applicazione delle misure restrittive.




Palermo, Ballarò: carne avariata e parrucchieri senza autorizzazione: Carabinieri sequestrano 3 attività

PALERMO – I Carabinieri della Compagnia Piazza Verdi, coadiuvati dal N.A.S. di Palermo, nell’ambito dei servizi finalizzati alla repressione dell’abusivismo commerciale, hanno effettuato una serie di controlli nel quartiere Ballarò. I militari hanno deferito in stato di libertà N.D., una donna ghanese 28enne, e sequestrato amministrativamente la macelleria da lei gestita, perché deteneva in pessimo stato di conservazione oltre 50 chili di carne bovina e ovina destinati alla vendita.

Inoltre, sono state chiuse al pubblico due attività di acconciatore per donna, gestite anche in questo caso da due cittadine ghanesi, poiché risultate prive di qualsiasi autorizzazione. I locali e le attrezzature sono stati sequestrati, e sono state elevate sanzioni per un totale di 3.500 euro.




Il marasma “fantozziano” di questo governo: dallo starnuto nel gomito alla guerra alle movidas

Fin dall’inizio, passata la prima brutta impressione d’allarme, abbiamo avuto il sospetto di una condotta non proprio regolare del nostro governo. Il segnale, il primo, è stato quello derivato dalla mancata attuazione di ciò che la Gazzetta Ufficiale prescriveva, in data 31 gennaio 2020, e pubblicato il giorno successivo, in relazione ad una, secondo qualcuno, presunta, condizione di stato di emergenza di sei mesi, in relazione ad un possibile contagio epidemico.

Riportiamo qui uno stralcio della delibera del Consiglio dei Ministri, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 2020, a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte:

1) In considerazione di quanto esposto in premessa, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 7, comma 1, lettera c), e dell’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, e’ dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.
2) Per l’attuazione degli interventi di cui dell’articolo 25, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, si provvede con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, nei limiti delle risorse di cui al comma 3.
3) Per l’attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento in rassegna, si provvede nel limite di euro 5.000.000,00 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1. La presente delibera sara’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Delibera passata praticamente inosservata, principalmente nei vari telegiornali e sulle pagine dei media

Il tutto, scopriremo poi ‘per non creare allarme’. Si temevano infatti assalti ai supermercati per l’approvvigionamento di derrate alimentari, (qualcuno, fresco di studi(?) ricordava forse ancora l’assalto ai forni descritto dal Manzoni nei suoi ‘Promessi Sposi’) e conseguenti disordini.

Questa pavidità ha avuto come conseguenza la mancata percezione del rischio da parte di tutti i cittadini. Le mascherine, di cui oggi abbiamo esemplari anche firmati, e che alla fine della fiera rimarranno a milioni nei depositi di chi le ha prodotte, erano tabù, come oggetto allarmante da presentare per le strade (usate da sempre in Cina e Giappone) e sconsigliate, praticamente proibite dalla stessa OMS e dai suoi dirigenti nelle loro comparse in televisione.

Piuttosto, cosa comica se non fosse tragica, era raccomandato lo starnuto nel gomito, come se poi di questo gomito ci fosse una prescrizione per lo smaltimento, trattandosi evidentemente di materiale sanitario pericoloso. Avremmo dovuto tagliare le maniche delle nostre giacche? Avremmo dovuto sottoporle a sanitizzazione – che ai tempi non si sapeva ancora cosa fosse? Avremmo dovuto portarle al crematorio, come i corpi di migliaia di persone che erano state private anche di un ultimo saluto della propria famiglia? Nessuno ce la ha mai spiegato. Fatto sta che improvvisamente quella grottesca raccomandazione è sparita dalla circolazione. Con un timido accenno ad indossare le – introvabili – mascherine ma, come dice il gran Cancelliere spagnolo a Milano Antonio Ferrer nei Promessi Sposi, al suo cocchiere, quando si trova dinanzi alla moltitudine di popolo che aveva assaltato i forni perché la fame non guarda in faccia nessuno, “Adelante Pedro, con juicio” e poi aggiunge “si puedes”. Aveva infatti, avendo la coscienza sporca, paura di essere aggredito. Penserà poi lo stesso Renzo ad evitare l’aggressione e a farlo passare indenne, lui e la sua carrozza, attraverso la moltitudine di scalmanati. Insomma, attorno alle mascherine sì – mascherine no – è cresciuto un giallo degno delle migliori firme del genere. Qualcuno le ha acquistate a 5000 euro, pare, su Internet. Chi le ha vendute è stato poi indagato. Non si conosceva la differenza fra le chirurgiche, la FFP2 e le FFP3. Qualcuno andava ad acquistare quelle che usano gli operai in particolari situazioni, nei negozi di ferramenta. Per farla breve, essendo deficitario nell’argomento ‘mascherine’, il governo ha preferito ‘far lo gnorri’. Fino a che si sono realizzate vere e proprie truffe internazionali da parte in particolare di grossisti – pare – cinesi, che pretendevano il pagamento anticipato di milioni di euro, salvo poi a non inviare una beata cippa. Stendiamo un velo pietoso sulle mascherine. Troppo lunga e articolata sarebbe la ‘saga’ relativa.

Dalla padella nella brace: dalle mascherine ai tamponi

Anche qui, prescritti solo ai sintomatici, trascurando gli asintomatici che pareva fossero contagiosi. Ora pare che non lo siano più. I ventilatori polmonari, ordinati in fretta e furia dalla solita Cina, sono arrivati. S’è poi scoperto che l’affezione del virus non era polmonare, ma cardiaca: su questo argomento esistono almeno due scuole di pensiero, attualmente, e comunque i malati continuano ad essere curati per un’affezione polmonare acuta, in attesa del vaccino, altro business internazionale che ha creato una corsa alla sua realizzazione. Sembrava che ci volessero tre anni perché fosse pronto, poi uno e mezzo: oggi pare che per dicembre, saltando tutti i passaggi di sicurezza di test sugli animali, avremo finalmente questo toccasana – naturalmente obbligatorio. Sette miliardi di persone avranno lo stesso obbligo. Viva la globalizzazione! Mentre invece una cura efficace al 99,99% è quella del plasma di chi ha già superato la malattia. Ma questa soluzione è aspramente combattuta dalle case farmaceutiche, si può intuirne il perché. Non andiamo oltre.

Oggi le mascherine sono obbligatorie, la ‘distanza sociale’ dev’essere calcolata – non s’è capito bene in base a cosa, un metro, uno e mezzo, due, quattro – uccidendo l’esistenza di migliaia, o decine di migliaia, di esercizi pubblici, bar, ristoranti eccetera. Nel frattempo il governo Conte approfitta dell’eccezionalità dell’occasione – che pare intenzionato a procrastinare sine die – come di una circostanza molto ‘comoda’ per fare e disfare secondo come al suo governo aggrada. Siamo in pieno marasma, e in contraddizioni di cui, andando in fondo, si comprende come siano state dettate non da interessi almeno politici, ma di parte. Infatti sono stati stanziati 120 mln di euro per la promozione all’acquisto di monopattini elettrici: saranno una nuova terapia per il virus? Analogamente il contributo è stato previsto per le biciclette, con un contributo – sempre con la solita trappola burocratica – fino al 60% per l’acquisto di biciclette, – massimo fino a 500 euro – anche con pedalata assistita. Forse nell’improbabile ipotesi che la gente non affolli più i mezzi pubblici? Mah! Infatti le prebende si realizzano soltanto in centri con 50.000 abitanti, in su. Prevediamo un ritorno a ‘Ladri di biciclette’, come nel film di De Sica.

Intanto infuria la guerra alle ‘movidas’

In fine settimana la gente, stufa d’esser reclusa, e cercando di sopravvivere ad un regime che, oltre che pecione e ignorante, s’è rivelato anche autoritario alla sovietica, si riversa per le strade, cercando un po’ d’aria, fisica, psicologica, affettiva. La sopravvivenza di chi è costretto a stare in apnea per sei giorni, e il settimo vuole tirar su la testa, e prendere un bel respiro. Non siamo fra quelli che stigmatizzano tali comportamenti. Si sa che quando le leggi sono ingiuste è lecito violarle, lo diceva lo scrittore e pensatore americano David Henry Thoreau, incarcerato nel 1848 per non aver versato – 1 dollaro – la tassa di finanziamento per la guerra in Messico. Quella che oggi si chiama ‘Disobbedienza civile’. Ciò che i nostri miopi governanti non hanno colto, nel comportamento dei ragazzi che si radunano ai Navigli o altrove, in praticamente tutte le città d’Italia, nel fine settimana, è proprio la ragione profonda che li spinge a disobbedire. Non è la bramosia di un aperitivo, ma la convinzione profonda dell’incapacità di chi queste norme ha varato ‘ad oculum’, ad occhio, giusto perché qualcosa bisognava fare o dire, o comandare, ma senza – anche loro – un’effettiva convinzione, né competenza, se non quella dettata dai vari collegi di ‘esperti’ sanitari, magari bravi medici, ma poco avvezzi a sondare l’animo umano. Si disobbedisce quando in coscienza si è profondamente convinti dell’iniquità di certe ordinanze. E quando, alla fine, si scopre che ciò che ‘essi’ comandano, loro stessi non lo rispettano, come invece vorrebbero facessimo noi. Siamo in una democrazia che sta pericolosamente virando verso un’autoritarismo di tipo totalitario. Ne è la prova, fra le altre, il fatto che finalmente, dopo averlo tanto sospettato, abbiamo scoperto che la Magistratura adopera il suo potere per fini politici: le frasi intercettate e pubblicate da un quotidiano sono rivelatrici. A chi giova tutto questo? A chi giova, oltre al nostro governo – che ha salvato il grillino Bonafede dopo l’esodo biblico dal 41 bis: ma non erano quelli delle dimissioni pur se soltanto sfiorati da un sospetto? – che si regge sulla colla dei loro scranni e che ha tutto l’interesse a che questa condizione li legittimi ad emettere quelli che ormai sono soltanto DPCM, Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, come in un regime dittatoriale, l’uomo solo al comando, saltando a piè pari il Parlamento, garanzia di democrazia, o almeno di contraddittorio? Mettendo la ‘fiducia’ persino sulle due mozioni di sfiducia che avrebbero colpito Bonafede, e minacciando di mettere in crisi il governo? A nostro parere, Salvini è stato salvato in extremis proprio dalla pubblicazione delle famose intercettazioni di Palamara; dopodichè qualunque procedimento giudiziario sarebbe stato una stortura nei suoi confronti.

La ‘movidas’: sono il sintomo di un malessere che questi personaggi raccogliticci che ci troviamo al governo con incarichi distribuiti come le cartelle del bingo (questa a te, questa a me, e di questo fa fede la loro, in generale, grande incompetenza specifica, tranne alcuni, non hanno colto. Sono il germe di una rivoluzione, di una coscienza che si ribella. Non come le Sardine – puzzolenti, ormai, fuori dal frigo, – nate soltanto contro Salvini, e quindi con una vita breve già per definizione. Questo violare certe regole è disobbedienza civile, dettata dalla coscienza di ciascuno di noi. Abbiamo capito. Il re è nudo, e non da ora. Adesso basta. Ridateci la nostra libertà anche di sbagliare, e trattateci da esseri umani, e non da pecore da governare con i 60.000 controllori senza autorità: altra pecionata di cui, se sarà realizzata, qualcuno pagherà le conseguenze. Non sappiamo chi abbia avuto questa infelice e peregrina idea, ma di certo questo ci da’ la misura di chi c’è dietro a coloro che siedono negli scranni del governo. Un governo che per la sua incompetenza, impreparazione, improvvisazione e paura di perdere il consenso politico, non ha adottato certe misure: oggi hanno sulla coscienza – posto che ne abbiano una – quelle file di camion militari carichi di bare diretti ai crematori. Un governo serio si sarebbe già dimesso in massa.




Lago di Bracciano, dalla Regione 250 mila euro per approdo all’idroscalo e sicurezza dei pescatori

La Regione Lazio ha finanziato il Consorzio Lago di Bracciano, per la realizzazione di due progetti.

Il primo è denominato “Adeguamento di una porzione della darsena dell’idroscalo degli inglesi da destinare allo sbarco e riparo delle imbarcazioni di pesca professionale ed interventi di restauro dei locali della palazzina storica della Imperial Airways da destinare allo svolgimento di corsi per migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro dei pescatori professionisti” e consentirà di realizzare un piccolo approdo presso la darsena dell’Idroscalo degli Inglesi di Bracciano da destinare all’ormeggio delle imbarcazioni da pesca professionale. Saranno realizzati inoltre presso i locali del Consorzio corsi professionali e per la sicurezza sul lavoro dei pescatori professionisti”.

Il secondo, denominato “La pesca antica tradizione del lago di Bracciano”, prevede la realizzazione di quattro eventi promozionali che si terranno presso il “Compendio dell’Idroscalo degli Inglesi di Bracciano sede del Consorzio Lago di Bracciano”. Gli eventi si terranno a cadenza mensile e avranno lo scopo di valorizzare le risorse ittiche del lago. Si terranno mostre, un piccoli mercati dei prodotti ittici, degustazioni, laboratori gastronomici per adulti e bambini legati all’attività di pesca.

“Attraverso l’assegnazione di circa 250.000 euro di fondi europei, la Regione Lazio offre al nostro territorio un’arma in più per esaltare le sue eccellenze ambientali e legate alla tradizione. Parliamo di due contributi importanti per la valorizzazione della Pesca, sia sul versante del miglioramento delle infrastrutture che su quello della promozione del prodotto ittico. Tutto ciò mira anche a rendere il nostro territorio ancora più appetibile da un punto di vista turistico, soprattutto in un momento come questo dove il turismo di prossimità può essere, anche in vista dell’imminente stagione estiva, fondamentale per tutto il sistema ricettivo e della ristorazione. Un segmento su cui scommettere con forza e determinazione. A partire dalle Istituzioni locali. Prima le misure a sostegno delle strutture alberghiere ed extra alberghiere, poi quelle a sostegno delle agenzie di viaggio, case per ferie e Bed & Breakfast, oggi questi finanziamenti che andranno a sostenere due progetti interessanti e dall’alto valore infrastrutturale e culturale. Mi auguro che l’impegno della Regione Lazio unito a quello di tutte le realtà locali, sia un vero punto di svolta per il sistema turistico, e perciò economico, del nostro territorio” ha detto il consigliere regionale PD, Emiliano Minnucci.




Nemi, nuova ordinanza del sindaco: obbligo della mascherina nel centro storico

NEMI (RM) – Obbligo di mascherina per transitare nel centro storico sabato, domenica e festivi e transito con biciclette a mano. Un’altra ordinanza firmata dal sindaco di Nemi Alberto Bertucci finalizzata a nuove misure di prevenzione contro gli assembramenti di persone nella deliziosa città delle fragole meta prediletta da un turismo di prossimità che però va regolato. Dunque il primo cittadino ha scritto chiaramente che l’accesso al transito e la permanenza nelle aree pubbliche e aperte al pubblico nel centro storico di Nemi è consentito solo indossando correttamente mascherine in modo che coprano totalmente il naso e la bocca. Dall’obbligo sono esclusi i bambini di età inferiore ai sei anni. L’ordinanza è in vigore per le giornate di sabato, domenica e festivi fino a diversa disposizione.

Le zone interessate dall’ordinanza sindacale sono tra piazza Roma, corso Vittorio Emanuele e Belvedere Dante Alighieri: via delle Grotticelle, via Solferino.




Nemi, tornano i turisti e si riaccende il borgo

NEMI (RM) – Primo week end post lockdown anche per la piccola cittadina di Nemi che lo scorso fine settimana ha visto tornare numerosi turisti nell’antico borgo.

Presa d’assalto la piccola svizzera dei Castelli romani per la gioia delle attività commerciali che hanno saputo gestire con grande professionalità questa prima ondata di visitatori.

IL VIDEO SERVIZIO TRASMESSO A OFFICINA STAMPA DEL 28/05/2020



Grottaferrata, riapertura in sicurezza per il Mercato Contadino

GROTTAFERRATA (RM) – Primo fine settimana a Grottaferrata, quello appena trascorso, che ha visto tornare, nei vari bar e ristoranti, tanti residenti e visitatori per la maggior parte rispettosi delle nuove regole.

Ma anche per la città castellana si è presentato il problema degli assembramenti incontrollati, soprattutto da parte dei più giovani che si sono ritrovati nelle vie del centro storico dopo il periodo della fase1.

Fenomeni di movida per i quali sono dovuti intervenire i carabinieri della stazione locale che hanno sciolto i vari assembramenti e diffidato diverse attività commerciali del centro storico a far rispettare le norme sul distanziamento e l’uso della mascherina.

Il Mercato Contadino riapre in sicurezza

IL VIDEO SERVIZIO TRASMESSO A OFFICINA STAMPA DEL 28/05/2020

La città si è poi svegliata domenica mattina ritrovando l’appuntamento settimanale con i prodotti a Km0 dove il Mercato Contadino dei Castelli romani, nella prima apertura post fase1, si è presentato con uno staff organizzativo che ha saputo garantire l’osservanza di tutte le norme di sicurezza previste dalla normativa.  

Tra le tante misure messe in campo quella di aver previsto, nell’area di piazza De Gasperi interamente nastrata, due varchi separati e ben distanziati, per entrare e uscire dal mercato, al fine di evitare al massimo possibili contatti tra le persone in ingresso e quelle in uscita. E a vigilare sul rispetto delle norme i volontari dell’associazione Carabinieri in congedo insieme a quelli dell’associazione APS KM0”.




Ampliamento della Roma Laziali: al via la nuova linea G

Buone notizie sul fronte dei trasporti laziali per quanto riguarda la tratta ferroviaria compresa tra la Roma Centocelle e la stazione di Giardinetti dopo l’ok del Ministero delle Infrastrutture al finanziamento di oltre 213 milioni di euro necessario per il completamento della nuova linea G.

Il 3 agosto 2015 la linea fu limitata alla fermata di Centocelle in quanto il successivo tratto fino a Giardinetti venne chiuso per sovrapposizione con la linea C della metropolitana.

IL VIDEO SERVIZIO TRASMESSO A OFFICINA STAMPA DEL 28/05/2020

Attualmente la stazione di partenza, denominata Roma Laziali, si trova in via Giovanni Giolitti e la nuova linea G prevede la partenza direttamente dalla stazione Termini oltre il prolungamento verso l’università di Tor Vergata, il Policlinico, l’Agenzia Spaziale Italiana, in una prima fase e, successivamente, verso la Banca d’Italia e l’uscita della A1 Torrenova.

Una riapertura, per quanto riguarda la Centocelle-Giardinetti, tanto invocata dai cittadini, associazioni e comitati che ora più che mai risulta come indispensabile, per via delle nuove regole sul distanziamento sociale, per alleggerire il carico di utenza della metro c.




Roma-Giardinetti, Di Macco: “Metro al collasso, riapertura rapida”

L’appuntamento settimanale di Officina Stampa, la rubrica giornalistica di approfondimento condotta dalla giornalista Chiara Rai, ha dedicato spazio all’annosa vicenda della ferrovia Roma-Giardinetti.

Sottolineando la decisione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di finanziare il progetto di conversione in tramvia e di prolungamento, sostenuto da Roma Capitale, per un importo pari a circa 213 milioni di euro, ma anche l’importanza di riaprire, nell’attesa degli eventi futuri, l’esercizio della tratta Centocelle-Giardinetti, invocata dai cittadini, associazioni e comitati per ragioni di sicurezza sanitaria e per alleggerire il carico della Linea C.

Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 28/05/2020

Quest’ultimo argomento pare snervare la maggioranza capitolina pentastellata

Che anziché trovare soluzioni, preferisce imboccare la via (semplicistica) della polemica politica. Un classico. «Trovo davvero curioso», scrive in un post su facebook il Presidente della commissione trasporti Enrico Stefàno, «che chi ad agosto 2015 ha interrotto [il servizio, ndr], oggi si sbracci e ne strilli a gran voce la riapertura, come fosse un interruttore da girare su on». «Come se nel frattempo», aggiunge, «non si sia ridotto il personale, la manutenzione e le relative maestranze (oggi praticamente impossibili da recuperare), come se nel frattempo la Regione Lazio (ancora formalmente il Proprietario) non abbia chiaramente detto che non avrebbe pagato i km oltre Centocelle». La Regione Lazio per bocca di Eugenio Patanè, Presidente Dem dell’omonima commissione, afferma, invece, essere il Comune a dover richiedere la riattivazione.

Nell’attesa i pendolari aspettano di vedere un treno oltre la stazione di Centocelle, e sgomitano sulla Metro C e nei bus sostitutivi oppure si incastrano con le proprie auto sulla Casilina. E attendono, altrettanto, risposte alla richiesta ufficiale di riapertura, condivisa e inviata il 5 maggio scorso dal Coordinamento Roma-Giardinetti, cioè Legambiente Lazio, l’Osservatorio Regionale sui Trasporti, TrasportiAmo e Assoutenti-UTP. Rispetto alla quale Roma Capitale tace, mentre la Regione Lazio lascia aperto uno spiraglio.  Almeno quello. Che, comunque, dovrà essere sviluppato e, eventualmente, tramutato in una direttiva specifica. «Rigettiamo tutte queste polemiche politiche, dall’uno e dall’altra parte», precisano dal Coordinamento, «continuiamo a sostenere che di debba trovare un accordo tra le due amministrazioni per una richiesta la cui necessità è particolarmente evidente. Occorre suddividere i flussi passeggeri in questa fase drammatica, alleggerire le metropolitane A e C, specie al nodo di scambio di San Giovanni, e decongestionare il traffico sulla Casilina. Pagare un servizio integrativo bus e tenere chiusi tre chilometri di ferrovia è uno schiaffo alla “cura del ferro” e all’ambiente».

L’ing. Alessandro Di Macco

Nell’arringa interviene l’ingegnere Alessandro Di Macco, nominato nel Comitato Tecnico-Scientifico dall’Osservatore Regionale, parte integrante del Coordinamento stesso, insieme ai colleghi Pierluigi Siazzu e Massimo Montebello. «L’esercizio è sacro», esordisce dall’alto della sua grande esperienza e competenza maturata, come gli altri, nel settore dei trasporti ferroviari e automobilistici d’Italia. «La riapertura della tratta Centocelle-Giardinetti è strategica, consente di arrivate al nodo di interscambio di Termini senza appesantire la Metro A e in tempi minori. Si potrebbe da subito ipotizzare il prolungamento della ferrovia oltre la stazione terminale di Laziali, poche centinaia di metri di binari, una fesseria».

La Linea A la conosce molto bene, avendo curato, prima con Intermetro poi con l’Acotral, le fasi di pianificazione, costruzione e apertura. «Già allora era carica», rincara l’Ingegnere, «è stato un grande errore progettuale appesantire il suo esercizio con i flussi passeggeri della Metro C. Al nodo di San Giovanni mi raccontato scene drammatica, code all’entrata, nei mezzanini e nelle scale mobili nonché assembramenti nei treni. In tali condizioni, faccio fatica a capire come si faccia a rispettare le norme sul distanziamento fisico. Se fossi il Direttore dell’Esercizio chiederei istruzioni al Prefetto». E perché? «È la figura deputata che, a norma di legge, deve garantire il normale svolgimento del servizio, sentiti tutti i pareri». Lo farebbe sul serio? «L’ho fatto e assicurai i collegamenti nella tratta Bari-Matera delle ferrovie Calabro-Lucane, in occasione di una strepitosa nevicata. Ero il Direttore. Ripeto, l’esercizio è sacro. Sempre».  

Ingegnere, cosa dovrebbe fare l’utenza per farsi ascoltare? «Chiariamo subito un concetto», risponde Di Macco, «un bus non può sostituire un treno, è una contraddizione spendere risorse pubbliche per sostituire, sulla Casilina, la ferrovia con un autoservizio. È contro ogni logica trasportistica. I cittadini hanno piena ragione, ma manca l’organo di interlocuzione; manca il filtro, la commissione che c’era prima, che serviva e serve per ascoltare le valutare le rimostranze dell’utenza. Quando ero Direttore alle Calabro-Lucane avevo istituito personalmente questa struttura, che mi dava la forza per chiedere al Ministero i fondi da destinare al miglioramento del servizio. In questo momento non c’è, Atac non ascolta». Qualcuno afferma che riaprire quel tratto costituirebbe danno erariale. «Assolutamente no, magari è l’esatto contrario».

Di Macco ricorda il vecchio progetto di una linea metroferroviaria circolare e tangenziale che metteva in collegamento le metro A, B e Roma-Lido, con annessa realizzazione di grandi parcheggi al di fuori del GRA. «Lo scopo era di alleggerire il nodo di Termini e incentivare la mobilità su ferro». Un’altra occasione mancata. E sulla questione dello scartamento, altro tema nevralgico della Giardinetti, afferma: «il MIT non ha imposto la sua conversione, da ridotto a tramviario. Tra l’altro lo scartamento ridotto agevola la mobilità del treno, in presenza di livellette e curve strette, non è un elemento detrattivo. Anzi. Abbiamo esempi in Italia di conversione o riqualificazione di linee a scartamento ridotto. E poi, quanto ci costa? Smantellare e ricostruire, mi sembra un’esagerazione». E poi si interrompe il servizio? «Altra assurdità. Ribadisco, l’esercizio è sacro, per cui lavori di ammodernamento potrebbero essere svolti in soggezione di esercizio. Un esempio? Sostituii 50 Km di rotaie sulle Appolo-Lucane senza chiudere niente». Ad maiora.  




Atac, approvato progetto di bilancio 2019: utile a 8 milioni di euro

Il Presidente Simioni: “Miglior risultato della storia di Atac. Con il sostegno delle istituzioni  l’Azienda potra’ superare anche le difficoltà della crisi sanitaria”

Il Consiglio di Amministrazione ha approvato il progetto di bilancio per l’anno 2019. Il risultato economico registra un utile pari a circa 8 milioni di euro e progressi in tutti gli indicatori di marginalità e servizio. Il risultato netto positivo, il migliore della storia di Atac, è ascrivibile al significativo aumento dei ricavi, arrivati a 954 milioni di euro (+19 mln sul 2018) grazie al maggiore volume di servizio erogato ai cittadini (+2,5 mln/km percorsi), compensato da una limitata crescita dei costi, chiaro segnale di efficienza nella gestione delle risorse aziendali.

Il bilancio 2019 conferma il percorso di risanamento iniziato nel 2017, quando è stata avviata la Procedura di Concordato. In questi tre anni, infatti, l’azienda ha compiuto notevoli passi in avanti nella gestione dei processi e nella produzione del servizio, i cui primi frutti si sono visti fin dal 2018, con il primo bilancio in utile per Atac.

Dichiarazione del Presidente, Paolo Simioni. “Il 2019 ha portato il miglior risultato economico nella storia di Atac. Per il 2020 avevamo previsto un utile superiore ai venti milioni di euro. Purtroppo però è arrivata l’emergenza sanitaria dovuta al Covid19. Sono confidente, tuttavia, che anche questa fase difficile verrà gestita con professionalità ed impegno e che, grazie al necessario sostegno finanziario da parte delle Istituzioni, l’azienda ne uscirà ancora più forte. Il risanamento che abbiamo impostato in questi tre anni di lavoro, durissimo ma fruttuoso, ha solide basi che consentiranno ad Atac di superare le avversità del presente e di continuare a rispettare gli impegni del Piano e della Manovra di Concordato, per offrire ai cittadini romani e ai turisti un servizio sempre di più all’altezza di una capitale europea”.