Cantagiro 2020, vince Alberto Giovinazzo: premio Bardotti a Lamarca. Jonio e Stefania Misurelli “spaccano”

Alberto Giovinazzo è il vincitore dell’edizione 2020 del Cantagiro con il brano “Pastori di Greggio” di cui è anche autore.

A conquistare invece l’ambito premio Sergio Bardotti, consegnato direttamente dalla moglie e dalla figlia del grande compositore e autore italiano Carmen Di Domenico e Fiore Bardotti è stata la canzone “Bambini nascosti” scritta e interpretata da Lamarca. Un testo che affronta il tema storico dell’emigrazione italiana verso la Svizzera attraverso “il silenzio” dei bambini dell’epoca costretti a non farsi sentire per non essere cacciati.

Di particolare bellezza il brano “Scusami” scritto e interpretato dal cantautore Jonio di Roma. Una di quelle canzoni che appena si ascolta si pensa “questa vince sicuramente”. Un brano eccezionale degno della migliore tradizione musicale italiana. Un brano, per intenderci, alla pari di un mostro sacro della canzone italiana come “Ti lascerò” interpretata da Oxa/Leali e che Jonio ha cantato dimostrando grandi doti di interprete oltre che di autore. Una canzone alla quale è andato comunque il premio “Due righe”.

Da segnalare la grande presenza scenica e il sound graffiante della cantante milanese Stefania Misurelli con il brano “Tutto così semplice”. Il classico pezzo radiofonico che una volta ascoltato ci si ritrova a fischiettarne il ritornello sotto la doccia.

Stefania Misurelli

Una edizione del Cantagiro che ha visto tante canzoni di qualità e tanti bravi giovani artisti che si sono visti assegnare tanti premi di cui ricordiamo:
Premio Little Tony – Daniele Giammusso
Premio Universo – Massimo Bussoli
Premio Emozione – Kate
Premio Opportunità – Luna Masarà
Premio Sergio Bardotti – Lamarca
Premio Radio Italia anni 60 – Antarten
Premio Interpretazione – Infelise Mariateresa
Premio Mio – Vincenzo Muscetta
Premio 2duerighe – Jonio

Un Cantagiro condotto da Claudio Lippi con Giulia Carla De Carlo e Marco Zingaretti nella slendida cornice delle Terme di Bonifacio VIII a Fiuggi e che rispetto alle scorse edizioni ha fatto un salto qualitativo di grande evidenza. I ragazzi che si sono alternati sul palco hanno dimostrato grandi doti canore.

Claudio Lippi con Giulia Carla De Carlo e Marco Zingaretti

Un mix di leggerezza ed impegno dunque hanno caratterizzato questa edizione, per certi versi non facile, visto il delicato momento della pandemia. Sia il Patron Enzo de Carlo che il Direttore Generale ed Artistico Elvino Echeoni sono molto soddisfatti per il gran lavoro fatto da tutto lo staff , che ha organizzato la manifestazione in maniera impeccabile nonostante le oggettive difficoltà. Tutto il team ha lavorato duramente in particolare per le selezioni, che per la prima volta si sono svolte anche via web. La scelta del vincitore, e dei vincitori delle varie categorie, è stato un compito arduo visto l’alto livello artistico degli artisti presenti. Un doveroso ringraziamento è poi andato all’Assessore al Turismo Simona Girolami, al comune di Fiuggi, all’amministrazione pubblica, la Camera di Commercio di Frosinone e all’ATF Fiuggi.

L´appuntamento per tutti è rinnovato come sempre all’anno prossimo, prontissimi per rivivere le emozioni uniche che solo Il Cantagiro sa offrire.




Colleferro, Willy ucciso da un branco di delinquenti: non si può morire a 21 anni

Come possono dei ragazzi giovani ritrovarsi degli spietati assassini. Non ci sono parole per esprimere il cordoglio per la morte di un ragazzo così solare e così bello. Non si può morire a 21 anni per aver difeso un amico aggredito. Non si può morire per mano di bestie senza scrupoli, senza educazione, senza valore, senza civiltà. Devono scontare una pena esemplare.

Sono finiti in manette quattro giovani fermati dai carabinieri per il brutale omicidio di Willy Monteiro avvenuto la scorsa notte a Colleferro, alle porte di Roma. Una notte di inaudita violenza costata la vita al ragazzo di 21 anni di origine capoverdiana e residente nella vicina Paliano. Il giovane è morto dopo essere stato picchiato a sangue dal branco. Inutile l’intervento dei sanitari del 118, Willy è giunto in ospedale senza vita. I suoi assassini hanno tra i 22 e i 26 anni.

Secondo una prima ricostruzione, Willy e l’amico sarebbero rimasti coinvolti in una rissa in un locale e quando il branco ha aggredito l’amico, Duarte sarebbe intervenuto invitando gli aggressori a smetterla. Ma i quattro si sono scatenati sul povero Duarte massacrandolo di botte. Un pestaggio opera di un gruppo di coetanei, a quanto pare già noti alle forze dell’ordine e residenti nella vicina Artena. Una vicenda terribilmente simile a quella di Emanuele Morganti, massacrato dal branco tre anni fa, nella piazza di Alatri.

Willy, figlio di una coppia di capoverdiani trasferitasi molti anni fa a Paliano e impegnata in una locale azienda agricola, era cresciuta nel piccolo centro della provincia di Frosinone ed era perfettamente inserita nel paese, dove giocava nella locale squadra di calcio e dove aveva anche partecipato alla sfilata in abiti storici per la rievocazione del Palio. Aveva una sorella più piccola e frequentava l’istituto alberghiero di Fiuggi e lavorava come aiuto cuoco all’Hotel degli Amici di Artena. Il suo sogno era quello di indossare la maglia giallorossa, Willy infatti era un grande tifoso della Roma e giocava a pallone: era una promessa della squadra locale di Paliano. I compagni della società sportiva del paese non si danno pace. “Willy Monteiro Duarte era l’anima della compagine, l’allegria e l’adrenalina di tutti nei momenti di sconforto”.

“Erano appena usciti da un locale e stavano tornando alla macchina quando si sono accorti di una rissa in corso. Mio figlio e Willy si sono avvicinati per calmare gli animi ma quelle persone, delle bestie perché solo così si possono definire, hanno iniziato ad aggredire anche loro e quelli che erano intervenuti. Mio figlio ed altri sono riusciti a scappare, il povero Willy è rimasto a terra.

Lo hanno pestato a sangue e preso a calci in testa. Cinque contro uno. Vigliacchi. Mio figlio era molto amico di Willy ed è sotto choc”, racconta il papà del ragazzo scampato all’aggressione. “Quel povero ragazzo è morto perché si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato”, ha concluso l’uomo.

“Sconforto e disperazione. Questo è quello che prova in questo momento la nostra città per la perdita del nostro Willy: uno splendido ragazzo che si è trovato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Tutta la città di Paliano si stringe intorno alla famiglia e ne condivide l’immenso dolore”, ha scritto in un post su Facebook il sindaco di Paliano, Domenico Alfieri, che in segno di lutto ha annullato tutti gli eventi previsti per il weekend dello sport. “L’omicidio avvenuto questa notte a Colleferro ci lascia senza parole. L’atto gravissimo e le modalità, che se fossero confermate sarebbero inimmaginabili per il nostro territorio, ci sconvolgono e ci riempiono di dolore e rabbia. Sono personalmente in contatto con le forze dell’ordine per avere delle informazioni maggiori”, gli ha fatto eco con un altro post il sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna.




Wasteland 3, alla conquista del Colorado

Wasteland 3 è il terzo capitolo della storica saga di giochi di ruolo a tema post-apocalittico. In questo episodio i giocatori dovranno esplorare le gelide distese del Colorado, una regione piena di pericoli e misteri popolata da molte fazioni in guerra perenne tra loro. Il titolo, disponibile su Pc, Xbox One e Ps4, è un’opera talmente densa di contenuti da lasciare letteralmente a bocca spalancata. Quanto imbastito da InXile Entertainment è qualcosa fuori scala, qualcosa che necessita di decine e decine di ore di gioco per scalfirne appena la superficie. Narrativa di livello, una scrittura efficace e, soprattutto, un mondo incredibilmente vivo e in continua evoluzione: tutto senza dimenticare un gameplay profondo e articolato. Chiunque avesse aspettative decisamente alte per il titolo, non rimarrà deluso da Wasteland 3 e troverà un’avventura dall’altissima qualità di fondo, capace di ammaliare i vecchi appassionati e, al contempo, rivisitare in chiave moderna diverse le classiche meccaniche di gioco. Ma andiamo ad esaminare il gioco più da vicino: le storie narrate in questo terzo capitolo della saga portano i giocatori in un’ambientazione diametralmente opposta alla calda Arizona, dove si svolgevano i precedenti episodi. In Wasteland 3, come già accennato ci si troverà a vivere e combattere in un ghiacciato quanto inospitale Colorado post-apocalittico, con i ranger che hanno risposto alla chiamata d’aiuto del Patriarca, un auto-proclamatosi sovrano dello Stato dal polso di ferro. Come qualsiasi padre dal carattere forte e con il tempo a disposizione risicato, sono i figli il grande problema del Patriarca, con la prole del dittatore che si è sparpagliata tra le gelide lande del Colorado a tramare per deporre il padre. Il compito di chi gioca sarà, quindi, quello di recuperare i figli fuggiaschi e riportarglieli. Questo è, però, solo il punto di partenza di Wasteland 3, infatti, il seguito delle vicende è completamente nelle mani dei giocatori e dipenderà da un’incredibile serie di scelte che bisognerà fare nel corso dell’avventura. Decisione dopo decisione, il mosaico narrativo di Wasteland 3 andrà a comporsi poco alla volta, portando chi si trova dinanzi lo schermo su strade diverse e, soprattutto, sempre giustificate da quello che è stato il cammino dei ranger. Ricordate, mai, come nell’ultima opera di InXile Entertainment, vi potrete sentire padroni del vostro destino, capaci di scelte in grado di segnare la sorte di intere cittadine e della vostra reputazione nel mondo di gioco. In Wasteland 3 ad ogni azione corrisponde una conseguenza, nulla deve essere lasciato al caso, ogni minima risposta od ogni più piccolo gesto può cambiare il corso della storia. Questo diventa estremamente chiaro quando, dopo ore di gioco, ci si ritrova dinanzi alle conseguenze di una scelta fatta tempo prima o quando ci si imbatte in un accampamento ormai decimato solo perché in precedenza non si è portata a termine una missione secondaria. In situazioni come queste, la potenza narrativa di Wasteland 3 emerge in tutta la sua magnificenza. La storia quindi viene vissuta come un libro appassionante che si sviluppa attorno alle scelte del lettore, un po’ come era con i “librigame” negli anni ‘80.

A livello narrativo, l’intreccio proposto non è solo un mero esercizio di stile, ma anche e soprattutto un racconto nudo e crudo, capace di sbattere in faccia al giocatore la realtà umana di un mondo post apocalittico. Folli, disperati, fanatici, succubi e potenti: il prodotto di InXile Entertainment è un turbine di sentimenti umani, un museo di personalità ed emozioni, un incredibile spaccato della psiche umana. Nelle decine di ore di gioco che bisognerà passare in compagnia del “Team November”, ossia la squadra di Desert Ranger protagonista di Wasteland 3, capiterà di imbattersi in personaggi e vicende di ogni tipo, che porteranno più volte a varcare il labile confine tra il bene e il male. Ergersi paladini della giustizia non è mai stato così difficile, ma ricordate, esiste sempre una via da percorrere. Ad aumentare poi ancor di più l’immedesimazione nelle lande ghiacciate del selvaggio Colorado è finalmente il doppiaggio, una caratteristica richiesta a gran voce dai fan e arrivata grazie all’apporto di capitali dovuto all’ingresso di InXile Entertainment negli Xbox Game Studios. Un doppiaggio, solamente in inglese ma di buonissima fattura, che è riservato anche al più insignificante dei dialoghi e che concorre a innalzare incredibilmente la fruibilità del titolo. Se non siete particolarmente a vostro agio con la lingua d’oltremanica, fate attenzione: non è solo il doppiaggio a essere in inglese in Wasteland 3, bensì l’intero gioco. Considerando quanto siano predominanti i testi scritti, si tratta quindi di un aspetto da tenere in grande considerazione se si è interessati all’acquisto. Altro aspetto determinante per l’immedesimazione è poi l’introduzione di una visuale frontale dei personaggi principali durante alcuni dialoghi. Un’interessante aggiunta, che riesce anch’essa a dare un qualcosa in più in più alla narrazione.

Quali che siano le decisioni prese, bisognerà sempre essere pronti a guidare gli uomini attraverso numerose battaglie, che, pur non essendo l’unico elemento fondante del gameplay, sono indubbiamente al centro dell’esperienza di gioco e impiegheranno molto del tempo di chi gioca nelle distese desolate dell’America post-apocalittica. A un primo sguardo, i combattimenti non sembrano molto diversi da quelli visti in Wasteland 2, tuttavia da subito si può notare una differenza significativa: se nel predecessore era l’iniziativa di ogni personaggio a determinare l’ordine della battaglia, adesso durante il proprio turno ogni schieramento controlla i propri personaggi, l’uno dopo l’altro, per poi cedere l’azione alla fazione opposta. Quando il pallino del gioco è in mano al giocatore, si potranno posizionare i ranger sul campo di battaglia, usare le loro abilità o semplicemente attaccare gli avversari, ma anche muoverli con più cautela facendoli riparare dietro una copertura che offre protezione dagli attacchi nemici, risparmiare punti azione (la “valuta” con cui si “paga” ogni mossa sul campo di battaglia, dal movimento all’uso delle armi) per poi utilizzarli al turno successivo per avere a disposizione un attacco in più, preparare un agguato per i nemici che dovessero entrare nel raggio di tiro e così via. Le opzioni tattiche sono numerose e regalano combattimenti sempre intensi e soddisfacenti, con un adeguato grado di complessità ma senza essere del tutto inaccessibili per i giocatori meno esperti. Ci sono tante classi di armi, ognuna con proprietà diverse, oggetti rapidi che spaziano dai medikit, ai farmaci per potenziarsi temporaneamente in battaglia, oltre alle immancabili granate, è possibile pure usare le proprie abilità per hackerare torrette e droni e rivoltarli contro i loro padroni, o ancora usare la propria affinità con gli animali per fare la stessa cosa con le bestie e le creature del Colorado. Insomma, i modi con cui giungere al trionfo non mancano di certo. Inoltre, è molto importante sfruttare la conformità del terreno a proprio vantaggio, ripararsi dietro le coperture e posizionare i propri soldati nel modo migliore, senza lasciarli troppo scoperti e garantendosi una buona linea di tiro. È anche importante, soprattutto quando si fronteggiano gruppi di mutanti o di razziatori sanguinari, assicurarsi di essere i primi ad attaccare, così da guadagnare l’iniziativa e ottenere un vantaggio che può talvolta risultare decisivo, potendo sfoltire per bene i nemici prima ancora che possano reagire, tattica che risulta particolarmente utile se la difficoltà è impostata su “difficile”. Non è sempre possibile fare agguati ai propri nemici, in alcuni casi perché la battaglia parte dopo una conversazione, magari a causa di una decisione o di alcune parole di troppo, altre volte perché si viene individuati dai nemici e dobbiamo quindi concedere loro il primo turno. Esiste poi anche la possibilità di evitare alcuni scontri, ma il sistema di stealth, se così lo vogliamo chiamare, implementato dagli sviluppatori è molto basilare e purtroppo non molto appagante quanto gli scontri a fuoco. Inoltre, evitare il combattimento non dà alcun vantaggio, anzi vuol dire perdere molti preziosi punti esperienza, oltre al bottino che si può raccogliere dai cadaveri nemici. Prima di passare oltre, un piccolo appunto sul livello di sfida che ci si può aspettare da Wasteland 3: noi abbiamo impostati la difficoltà su difficile e ritengo sia la scelta migliore per chi ha un po’ di esperienza col genere e vuole essere messo almeno un po’ alla prova dagli scontri coi nemici, anche perché a normale si ha vita facile ed è quindi la modalità adatta per i giocatori meno esperti, o per quelli che non amano le battaglie a turni e non vogliono faticare troppo.

https://www.youtube.com/watch?v=gkD83u94_54

Naturalmente, in un gioco di ruolo profondo e ben strutturato come Wasteland 3 i combattimenti non sono l’unica attività su cui investire il proprio tempo. Fin da subito, in fase di creazione dei personaggi, bisognerà avere a che fare con tanti parametri da tenere sott’occhio e gestire, con ben sette attributi principali, numerose abilità e talenti speciali da scegliere e sviluppare ad ogni passaggio di livello. Ognuno di questi regola l’efficacia di ogni personaggio in sede di combattimento e nei diversi aspetti della vita di un ranger: ci si potrà concentrare soprattutto sui fucili da cecchino o sull’intimidazione, o sugli esplosivi, sulla leadership, oppure ancora sull’hacking. Quello che non è possibile fare è creare un personaggio che sia in grado di svolgere ogni compito alla perfezione, quindi l’opzione migliore è di specializzare ogni membro della propria squadra in abilità diverse e tra loro complementari, così da poter affrontare al meglio ogni situazione e aprirsi diverse possibilità interessanti, che possono sfociare in alcuni casi in strade e percorsi narrativi durante l’esplorazione. A proposito dell’esplorazione, è importante sottolineare che Wasteland 3 lascia sempre una certa libertà al giocatore: terminato il breve prologo, si avrà subito a disposizione una base a cui fare ritorno ogni volta che si vuole e un veicolo corazzato con cui spostarsi per il Colorado in completa libertà, pur se alcune zone possono richiedere qualche potenziamento per la propria vettura. La struttura è grosso modo quella del predecessore, con una mappa del mondo un po’ stilizzata in cui ci si può muovere liberamente, con la possibilità di scoprire bottini inaspettati ma anche il rischio di subire agguati improvvisi, e in cui trovano spazio diverse location che si possono esplorare poi meglio anche a piedi. Ed è proprio in queste zone che si passerà la maggior parte del tempo, in quanto sono i luoghi in cui si svolgono un po’ tutte le attività principali del gameplay, dai dialoghi con i personaggi, ai combattimenti, gli acquisti dai negozi e così via. Le location che si potranno visitare non sono molto grandi, e purtroppo ci sono anche frequenti caricamenti nel passaggio da un livello all’altro, ma contengono comunque diversi segreti da scoprire che vanno a premiare i giocatori più attenti… e quelli che hanno investito su alcune particolari abilità, dato che è impossibile scoprire ogni singolo contenuto di gioco nella stessa partita.

Ovviamente Wasteland 3 non è un titolo esente da problemi: ad esempio, il log delle missioni, dove sono racchiuse tutte le quest in cui si siamo imbattuti durante la nostra prova, non riesce infatti a tenere il passo delle vicende e più di una volta non abbiamo trovato registrato qualche progresso che avevamo invece raggiunto. La gestione dell’inventario, inoltre, avrebbe potuto essere migliorata e allo stato attuale risulta confusionaria e poco pratica. L’aspetto più fastidioso, per quanto non eccessivamente negativo, che abbiamo riscontrato è però quello relativo all’obbligo di avere tutti i personaggi sul medesimo punto per cambiare zona. Il che, ci teniamo a dirlo, non è per forza di cose un male, ma, considerando come più volte ci siamo trovati a lasciare erroneamente indietro un ranger a causa di un sistema di selezione talvolta impreciso, alla lunga il tutto diventa parecchio fastidioso, costringendo ad attendere per decine di secondi che anche gli ultimi personaggi raggiungano il punto in questione. A quanto detto fino ad ora si vanno infine ad aggiungere dei caricamenti lunghissimi. Per il resto, il lato tecnico è comunque riuscito e sebbene non riesca a competere con titoli di altri generi, i risultati del budget aggiuntivo concesso a questo terzo episodio sono piuttosto evidenti. Una menzione di onore deve essere fatta poi sia alle sorprendenti scelte stilistiche e artistiche di alcune zone o fazioni, sia alla colonna sonora, che si è rivelata di ottima fattura e decisamente azzeccata. Peccato solo per qualche calo di framerate in alcune zone, soprattutto a Denver, ma si tratta di un difetto che, siamo sicuri, verrà corretto già con le prime patch. Tirando le somme, nonostante alcune incertezze tecniche da risolvere con qualche patch, Wasteland 3 è un gioco di ruolo di qualità, capace di offrire ore e ore di missioni ricche di scelte e trasportare i giocatori in un contesto pericoloso quanto affascinante. Non è perfetto, ma se cercate un GdR dal sapore “old school” che mescoli sapientemente dialoghi, scelte e tanti combattimenti tattici a turni è il prodotto che fa per voi. Mettetevi alla prova nelle terre selvagge del Colorado e siamo certi che resterete stupiti dall’esperienza di gioco.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Wiko View 5 e View 5 Plus, gli smartphone dalla maxi batteria

Wiko porta in Italia due nuovi smartphone di fascia economica che, a parte il prezzo, puntano sulla quadrupla fotocamera posteriore e soprattutto sulle performance della batteria, che promette di durare tre giorni e mezzo con una ricarica. Se non ne potete più del cellulare che si scarica a fine giornata o peggio ancora anche prima, questo nuovo dispositivo sembra essere la perfetta soluzione ai vostri problemi. L’estetica di questi modelli punta su cornici contenute per la parte frontale e un retro che piazza la quadrupla fotocamera in una configurazione molto simile a quella proposta da Huawei da un anno a questa parte, con un riquadro nello spigolo in alto a sinistra, tre sensori da un lato e il quarto assieme al flash a fianco. Wiko View 5 e View 5 Plus hanno entrambi uno schermo da 6,55 pollici con un forellino che ospita la fotocamera frontale, da 8 megapixel. Sul retro i sensori sono quattro: il principale da 48 megapixel è affiancato da un grandangolo da 8 mp, da una lente macro (5 mp) e da un sensore per l’effetto bokeh. La batteria, da 5mila mAh, richiede solo due ricariche a settimana. La differenza tra i due smartphone è però sotto la scocca. Il Wiew 5 monta il processore MediaTek 6762D A25, 3 GB di Ram e 64 GB di memoria interna. Il modello Plus ha il chip MediaTek 6765, 4 GB di Ram e 128 GB di spazio d’archiviazione. Entrambi i dispositivi sono disponibili da questo mese. Il Wiko View 5 arriva in tre colori – Midnight Blue, Pine Green e Peach Gold – a circa 170 euro; il Wiko View 5 Plus è nelle finiture Aurora Blue o Iceland Silver a circa 200 euro.

F.P.L.




Railway Empire Complete Collection, diventa un magnate delle ferrovie

Railway Empire complete collection arriva su console per la gioia di tutti gli appassionati dei titoli gestionali. Fino ad alcuni anni fa, questo particolare genere sembrava trovare la sua casa esclusivamente su PC, ma sono alcuni anni, invece, che molti dei titoli di punta che richiedono un’attività manageriale stiano emigrando anche verso il parco console a disposizione del mercato videoludico. Kalypso Media ha fatto del genere gestionale il suo cavallo di battaglia grazie a Tropico, Port Royale e anche Railway Empire, con la piena intenzione di far impazzire tutti quei giocatori che preferiscono utilizzare un’Xbox One, una Ps4 o una Switch piuttosto che un computer. Proprio Railway Empire attualmente è disponibile sotto forma di “complete collection” per console, comprendendo tutti i DLC usciti fino ad oggi, e quindi si presenta come un titolo davvero denso di contenuti e cose da fare. Il videogame all’interno della propria nicchia va a scavare un ulteriore cunicolo che conduce in una caverna ancora più nascosta: perché se i titoli manageriali strizzano l’occhio a una ristretta platea di videogiocatori, il titolo di Kalypso guarda a chi è prettamente interessato alla cultura americana, al sogno di una rivoluzione industriale e alla passione per i treni, pronti a collegare le numerose città degli Stati Uniti d’America con il prodigio dei binari e delle locomotive. Mantenendo forte il tema che era stato già utilizzato da Railroad Tycoon e Sid Meier’s Railroads, che negli anni 2000 avevano già dettato la direzione giusta per collegare le due coste americane, Railway Empire Complete Collection adesso prova a condurre i giocatori anche fuori dai confini americani: se la carriera, quindi, partirà esattamente da dove finisce il titolo base, i DLC spingeranno i giocatori in Europa, in Messico, nel Regno Unito e anche in Irlanda, alla ricerca di nuove steppe da ricollegare con la forza del vapore viaggiando su rotaie. Il titolo è ambientato tra il XIX e l’inizio del XX secolo, nel pieno dell’evoluzione del treno: è il 27 settembre del 1825 quando la Locomotion n.1 traina il primo treno commerciale della storia, sulla tratta che da Stockton-on-Tees porta a Darlington: passeggeri comuni, ma anche carri miniera, tutti a una velocità di 9 chilometri orari, quasi il doppio di quanto possa compiere oggi una persona a piedi, ma senza carichi in spalle. Un’evoluzione che di lì a poco avrebbe portato nel 1839 la prima ferrovia da Napoli a Portici, in Italia, fino ad arrivare una rete che nel 1869 negli Stati Uniti percorreva 4600 chilometri in appena quattro giorni, andando da San Francisco a New York. La società industriale partiva da lì, dal sogno di un collegamento che potesse ridurre le distanze e dare vita a una realtà sociale: il pendolarismo. Di lì a poco il treno divenne un simbolo dello sviluppo societario, nonché una bandiera della civiltà: ed è proprio in questo contesto che bisognerà creare il proprio impero ferroviario.

A livello di giocabilità, lo scopo di Railway Empire Complete Collection è quello di spingere chi si trova dinanzi lo schermo a collegare i paesi del mondo con i binari. La proposta ludica parte così dalla campagna, una modalità divisa in cinque capitoli che non fa altro che accompagnare attraverso un enorme tutorial, pronto a spiegare tutte le meccaniche, inizialmente ingarbugliate, del gioco. Grazie a queste cinque sessioni introduttive si avrà la possibilità di andare a scoprire anche alcuni momenti della storia dell’evoluzione del treno, vestendo i panni di un magnate che deve necessariamente guardare al profitto. D’altronde la costruzione di migliorie, di strutture più efficienti, nonché di binari sempre più ramificati, passa dalla disponibilità economica di chi gestisce la linea ferroviaria. Va da sé, insomma, che la campagna non fa altro che proporre quella che è quasi una prassi del genere, ossia sfruttare un single player con una sottile linea narrativa che fa da palliativo per spiegare tutte le numerose e spesso capillari meccaniche di gioco. Ovviamente tali meccaniche sono tutte intrecciate tra di loro e propongono diverse interfacce non sempre intuitive, ma comunque pronte a offrire tutti quegli strumenti che possono garantire il risultato sperato. Piuttosto, quindi, che propinare un tutorial fatto di numerosi documenti e di guida ai comandi più basilari, sacrificando una modalità single player che avrebbe soddisfatto solo chi non ha velleità di competizione reale, si passa a un tutorial comunque gradevole e che introduce subito all’esperienza definitiva. Railway Empire Complete Collection però oltre a offrire quanto già era presente nella versione base del gioco, mette a disposizione degli scenari tutti nuovi. Ognuno di essi metterà i giocatori dinanzi a determinate caratteristiche da gestire, con dei parametri ben precisi ai quali affidarsi, con delle strategie da seguire per poter evitare la bancarotta e arrivare al risultato finale in maniera soddisfacente. Questo perché verranno fornite delle missioni, così come nel tutorial iniziale, che pretenderanno il raggiungimento di determinati obiettivi e condizioni entro una data fornita. Gli scenari sono disponibili solo nella modalità apposita, dato che la campagna principale, quindi il tutorial, era stata pensata prima della pubblicazione delle espansioni. Accanto agli scenari c’è la modalità libera, ossia un mondo a totale disposizione per quanto riguarda la personalizzazione dei contenuti messi in campo: punti di partenza, fattorie, collegamenti e potenziali avversari saranno a totale discrezione di chi gioca, senza alcun tipo di vincolo.

https://www.youtube.com/watch?v=sbp3pIoma7g

Railway Empire Collection però dà il meglio di sé nella modalità Sandbox. Sebbene essa sia stata sdoganata la meraviglia riservata a tale modalità, che fino a qualche anno fa riusciva sempre a far comparire un sorriso inebetito sul volto dei videogiocatori che si sentivano in grado di poter fare tutto, aspettarsi oramai una tale proposta in un manageriale è abbastanza scontato: ecco, quindi, che questa tipologia di gioco permetterà di abbattere qualsiasi tipo di paletto, andando a costruire all’infinito ciò che si desidera, inserendo chi gioca in un contesto che scevro da obiettivi e richieste infinite, sarà in grado quasi far sentire chiunque un vero e proprio magnate delle ferrovie. La versione da console di Railway Empire Complete Collection si comporta bene, questo va detto. Non ci sono bug o glitch capaci di rendere la partita ingiocabile, ma nonostante questo, alcuni piccoli accorgimenti potevano migliorare ulteriormente l’esperienza. Tirando le somme, il titolo offre una grande boccata d’aria al prodotto di base. Kalypso Media ha davvero voluto portare qualcosa su cui i giocatori potessero spendere dozzine e dozzine di ore e, bisogna dire, che ci è riuscita. Il gioco però rimane quello, di base accessibile a molti neofiti del genere gestionale ma con una serie di problemi davvero basilari e sicuramente risolvibili con non troppo lavoro, mostrando proprio qui una pecca di volontà nella produzione. Tutto sommato, comunque, Railway Empire Complete Collection offre tantissime ore di divertimento, sia per i nuovi che per i veterani, portando su console un gestionale su cui puntare per una fase di relax giornaliera. Se volete scoprire se siete capaci di affrontare una sfida del genere o se da bravi appassionati volete mettervi alla prova, questo software sarà in grado di regalare molte soddisfazioni.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 8

Gameplay: 7

Longevità:7,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Smartwatch, la nuova frontiera contro gli infarti

Lo smartwatch può essere uno strumento utile per aiutare il medico a eseguire una diagnosi tempestiva di infarto, migliorando le possibilità di sopravvivenza. Cambiano le linee guida per le cure in caso di infarto, andando nella direzione di un intervento meno standard e più basato sulla reale situazione del paziente. E aumentano le possibilità di diagnosi, aprendo la strada all’utilizzo dello smartwatch come alternativa di emergenza all’elettrocardiogramma. Mettendolo in 9 posizioni sul torace può riconoscere l’attacco cardiaco con una sensibilità simile a quella dell’elettrocardiogramma (Ecg). Lo dimostra una sperimentazione italiana i cui dati, pubblicati sulla rivista Jama Cardiology, sono stati presentati oggi al congresso dell’European Society of Cardiology. Un Ecg tempestivo è fondamentale per la diagnosi di infarto, ma “non sempre è prontamente disponibile in caso di sintomi sospetti; gli smartwatch, invece, sono al polso di un numero sempre più elevato di persone”, spiega Carmen Spaccarotella del Centro di Ricerche in Malattie Cardiovascolari dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, coordinatrice della ricerca. “Gli smartwatch sono programmati per effettuare una sola derivazione elettrocardiografica e consentono di esplorare l’attività elettrica di una parte soltanto del cuore. Il nostro studio ha dimostrato che è possibile spostare l’orologio in diverse posizioni del corpo, effettuando così una misurazione a 9 derivazioni analoga a quella di un Ecg”. Per l’indagine sono stati analizzati 100 soggetti, di cui l’80% con sintomi di infarto e il 20% di controllo; per tutti sono state effettuate le registrazioni con l’Apple Watch e, in contemporanea, un Ecg. I risultati mostrano che con l’Apple watch la diagnosi corretta è stata del 94%, in pratica la stessa affidabilità dell’esame standard. La possibilità di individuare un attacco cardiaco in corso con rapidità può essere di grande aiuto, sottolinea Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia e autore senior della ricerca: “in caso di infarto, la tempestività è decisiva. Negli ultimi anni grazie all’angioplastica, la mortalità per infarto si è ridotta del 50%, a patto che la procedura venga effettuata entro 90-120 minuti dalla diagnosi. Gli smartwatch potrebbero essere d’aiuto per accorciare ulteriormente i tempi e salvare un maggior numero di vite”. Adesso che lo sapete ricordate, uno smartwatch potrebbe salvarvi la vita, non sottovalutate la cosa.

F.P.L.




Nemi, restituzione reperti al Museo delle Navi: Canterani e Cortuso promuovono l’iniziativa. Segue Tersigni con una mozione

NEMI (RM) – Roma restituisca i bronzi delle navi di Caligola a Nemi. Così il Presidente dell’ANPI di Nemi professor Vairo Canterani e il Consigliere comunale di “Ricomincio da Nemi” Carlo Cortuso e ora anche il Consigliere comunale di “Insieme per Nemi Stefano Tersigni. Si tratta di quattordici grandi bronzi recuperati durante le operazioni di esplorazione e recupero delle navi romane che tra l’agosto del 1943 e marzo del 1944 furono portati a Roma presso il Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo dove sono ancora esposti per preservarli da eventuali danni di guerra.

A lanciare l’iniziativa il presidente dell’ANPI di Nemi professor Vairo Canterani insieme al Consigliere comunale di “Ricomincio da Nemi” Carlo Cortuso durante l’intervista dello scorso 13 agosto ad “Officina Stampa” la trasmissione di approfondimento giornalistico condotta dalla giornalista e direttore responsabile di questo quotidiano Chiara Rai.

Una iniziativa, quella lanciata da Canterani e Cortuso che ieri ha visto presentare una mozione al Consiglio comunale, dal Consigliere di “Insieme per Nemi” Stefano Tersigni, finalizzata ad impegnare il sindaco a richiedere ufficialmente agli enti preposti la restituzione dei reperti al “Museo delle Navi Romane” di Nemi.

Un percorso burocratico, quello di chiedere la restituzione di questi beni al Museo delle Navi di Nemi iniziato 50 anni or sono dallo storico sindaco di Genzano di Roma Gino Cesaroni che tra l’altro, nel 1972, scriveva una lettera agli organi competenti per denunciare lo stato di abbandono del Museo e alla quale seguì una interrogazione ai Ministri dei Lavori Pubblici e della Pubblica Istruzione da parte degli allora deputati del PCI Pochetti, Lizzerò, Vianello, Giannantonio e Cianca. Una battaglia portata avanti anche dagli ex sindaci di Nemi Renzo Colazza e Vairo Canterani tra gli anni ’80 e ’90.

“Se Bertucci avesse voluto fare una cosa seria avrebbe potuto proseguire una battaglia fatta dalle passate amministrazioni con la quale si chiedeva di riportare a Nemi le centinaia e centinaia di opere e di reperti che sono tutt’ora a Roma, alcune addirittura negli scantinati”. Ha detto il professor Canterani oggi presidente della locale sezione ANPI commentando la recente iniziativa del sindaco di Nemi che ha affidato ad un avvocato il compito di valutare la possibilità di fare causa allo stato tedesco per i danni di guerra relativi la distruzione delle due navi romane avvenuta con l’incendio del 1944. “Questa – ha detto ancora Canterani – sarebbe stata una operazione seria, realistica e peraltro il proseguo di una battaglia già iniziata dal Comune di Nemi qualche decennio fa e che oggi si può riprendere”.

Il Professor Vairo Canterani Presidente dell’ANPI di Nemi durante l’intervista con Chiara Rai a Officina Stampa del 13/08/2020 lancia l’iniziativa per il recupero dei reperti archeologici spostati a Roma

Della stessa idea il Consigliere comunale Carlo Cortuso che ha riguardo ha detto: “Recuperare i reperti archeologici spostati a Roma per evitare che venissero danneggiati durante la guerra sarebbe una battaglia che io sposerei subito”.

Il Consigliere di “Ricomincio da Nemi” Carlo Cortuso durante l’intervista con Chiara Rai a Officina Stampa del 13/08/2020 lancia l’iniziativa per il recupero dei reperti archeologici spostati a Roma

C’è da dire anche che oltre ai preziosi reperti custoditi a Palazzo Massimo altri importanti reperti archeologici come un prezioso bronzo del V secolo a.C. raffigurante la testa di Diana sono finiti nei musei di Copenaghen, Londra e degli Stati Uniti.

Forse più che dichiarare “Guerra alla Germania” per i danni dell’incendio del ‘44”, operazione la cui riuscita appare alquanto improbabile, l’amministrazione comunale potrebbe cercare di sensibilizzare le Istituzioni sovracomunali per tentare di ridare a Cesare ciò che è di Cesare portando dunque avanti una iniziativa concreta e fattibile anche se con minori rimbalzi mediatici.  




WhatsApp, con le smart reply comunicare è ancora più semplice

Arriva una nuova feature per l’app di messaggistica istantanea di Mark Zuckrberg. Stiamo parlando di Whatsapp e delle smart reply, ovvero le risposte automatiche che potranno essere inviate con un semplicissimo tocco. Questa funzione è attiva da diverso tempo su piattaforme come Gmail, LinkedIn e Messenger, oltre altre, ma su WA mancavano ed ora potranno essere utili per molti utenti. Quando non si ha modo di rispondere a dovere, per un motivo od un altro che sia, basta un clic e la risposta viene inviata. Attualmente le smart reply sono disponibili sui principali smartphone Android in Italia, precisamente su quelli che hanno aggiornato l’app alla versione 10. Tutti gli altri dispositivi ne saranno privi poiché si tratta dell’ultimo aggiornamento di Google che permette ad app di terze parti come WhatsApp di usufruire delle risposte automatiche. Il funzionamento delle smart reply è abbastanza semplice. Android sfrutta l’intelligenza artificiale del dispositivo per intuire la possibile risposta più adatta al messaggio ricevuto. A quel punto la chat viene aperta e l’app mette a disposizione tre risposte tra cui scegliere. Le Smart Reply in effetti non sono dei semplici “sì” o “no”: per un messaggio che propone di vedersi per la serata, il sistema potrebbe proporre come risposte “d’accordo” o “non ci sono”; a un saluto prima di pranzo potrebbe suggerire “buon appetito” o “a dopo”; dopo una richiesta di risposta urgente potrebbe interporre un “ora non posso” o un “ti chiamo dopo”. Le risposte suggerite si attivano solo quando il sistema rileva nel testo domande o affermazioni alle quali reagire, e in ogni caso non sono particolarmente strutturate; si tratta pur sempre di risposte generate in automatico, che ha senso utilizzare quando effettivamente non è possibile dedicarsi ai contatti che richiedono attenzione: durante una riunione, in cucina o nel corso di altre attività. A proposito di chat, è in arrivo anche la modalità Vacanze che permetterà una maggior organizzazione ed archiviazione delle stesse.

F.P.L.




Immortal Realms: Vampire Wars arriva su Pc, Xbox One, Ps4 e Switch

Immortal Realms: Vampire Wars è uno strategico a turni di stampo fantasy ambientato in un mondo dove i vampiri dominano ogni territorio e dove gli umani in cambio della pace dovettero sottoporsi a donazioni di sangue “volontarie”, mentre ogni tipo di rivolta venne repressa con l’uso della violenza. Nel titolo i temibili “succhiasangue” sono sostanzialmente divisi in tre casate, ognuna di esse potrà essere utilizzata per sterminare quelle rivali. Ogni fazione possiede un proprio signore: il sanguinario Dracul, L’antico Nosfernus e la mistica Moroia, ognuno di essi vanta meccaniche, unità e carte da sfruttare nel proprio turno diverse. Quindi, nonostante non sia presente una modalità multiplayer, Immortal Realms: Vampire Wars offre in ogni caso una rigiocabilità di almeno tre “run”. Ognuna delle campagne è composta da quattro scenari, e affrontandole si esploreranno tutte le tre fazioni presenti. La narrazione avviene spesso sotto forma di cutscene. A livello di giocabilità, ci sono diversi elementi per i quali si può affermare che il gioco presenta un gameplay semplificato, rispetto ai massimi esponenti del genere, dove gli eserciti composti da diverse unità sono il punto focale delle partite. I lord sono unità speciali con abilità proprie e che possono essere messi al capo di un esercito. Un battaglione con a capo un lord può muoversi verso le province vicine ed eventualmente conquistarle. Importanti sono le città e i villaggi, che una volta annessi alle proprie terre forniranno alla fine di ogni turno un certo valore di sangue in base alla popolazione delle stesse. Questi tributi di sangue sono una sorta di valuta che permette di reclutare unità e provvedere al loro mantenimento, diminuendo di conseguenza il guadagno netto di sangue proveniente dalle strutture abitate dagli umani. Oltre ai villaggi, in Immortal Realms: Vampire Wars ci sono diverse strutture che permettono il reclutamento delle unità a seconda della loro tipologia, ad esempio da una foresta si possono ottenere dei lupi mentre da una fortezza dei vampiri guerrieri. Ma non finisce qui, perché a queste vanno aggiunti anche i fabbri e le librerie: i primi permettono di comprare equipaggiamenti per i lord, mentre le seconde di acquistare carte che conferiscono un vantaggio tattico. Ogni squadrone possiede un numero di punti azione che vengono spesi per compiere qualsiasi tipo di movimento o interazione. Il turno finisce quando il giocatore ha terminato le sue mosse o non vuole procedere oltre, lasciando così il turno all’IA. Quando due eserciti si incontrano sullo stello campo avviene una battaglia e ovviamente vince l’unico che rimane in piedi dilaniando tutte le truppe avversarie. I campi dove avvengono lo scontro sono molto piccoli e presentano delle locazioni precise che forniranno bonus alle unità presenti.

Oltre alla modalità campagna, appena descritta, il titolo d’esordio di Palindrome Interactive propone poi due differenti modalità: schermaglia, in cui ci si potrà gettare in qualche classica battaglia, e sandbox, opzione di gioco molto simile alla precedente ma dove sarà possibile modificare numerosi indicatori e creare delle partite completamente personalizzate. Un ultimo aspetto su cui vale la pena soffermarsi è sicuramente il comparto tecnico. Immortal Realms: Vampire Wars non è di sicuro un titolo tripla A, ma riesce comunque tutto sommato a difendersi anche se senza picchi né artistici né tanto meno tecnici. Dove però il titolo di Palindrome Interactive purtroppo sprofonda in abissi difficilmente giustificabili è nelle cutscenes, dove si presentano agli occhi dei giocatori immagini non proprio degne di essere associate alla generazione attuali di macchine da gioco. Peccato perché nonostante l’assenza del multiplayer, nel complesso il titolo riesce a creare la giusta atmosfera e a regalare qualche ora di divertimento. In ogni caso, tirando le somme, Immortal Realms: Vampire Wars è un titolo più che discreto, nonché una degna opera di esordio per i ragazzi di Palindrome Interactive. Nonostante manchi della profondità e dell’ampiezza di gioco di titoli analoghi, Immortal Realms riesce infatti a rivelarsi comunque godibile e a regalare alcune ore di gioco agli appassionati del genere. Peccato solo per un aspetto grafico decisamente rivedibile e dei campi di battaglia che avrebbero potuto essere più vari e curati. Se siete alla ricerca di uno strategico fresco e leggero, ma in grado comunque di offrire un buon livello di sfida, troverete in Immortal Realms: Vampire Wars un buon compagno di giochi: l’importante è non aspettarsi un’opera in grado di competere ad armi pari con i mostri sacri del genere. Quindi, in sostanza, se siete appassionati di strategia a turni e di vampiri, il titolo di Palindrome Interactive è una perla che non potete assolutamente mancare di cogliere.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise