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Economia e Finanza

ROMA ASSOTUTELA: BANCHE E USURA IL CAPPIO DELL'ITALIA

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Tempo di lettura 4 minuti Maritato: “I cittadini devono essere informati sulla realtà che stiamo vivendo, sulla proprietà dell’euro e sulla sovranità del nostro Paese."

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Redazione
Roma – Si è tenuto nella mattinata di ieri venerdì 28 marzo 2014  – presso il centro culturale Elsa Morante di Roma nel quartiere Laurentino –  il convegno di Assotutela dal titolo ‘Banche e usura, il cappio dell’Italia’.

La finalità che si sono preposti organizzatori e relatori è stata di dare una corretta informazione sulla sovranità bancaria, sull’anatocismo e sui modi di superare questa empasse. Gli interventi hanno portato alla ribalta la voce di insigni professionisti del diritto e non solo, quanto le parti sociali. Sono state rappresentate anche due testimonianze di imprenditori laziali importanti: il professore Aldo Spallone neurochirurgo e titolare di un istituto sanitario e Antonio Agrestini.

Per il presidente di Assotutela Michel Emi Maritato: “I cittadini devono essere informati sulla realtà che stiamo vivendo, sulla proprietà dell’euro e sulla sovranità del nostro Paese. Questa è una moneta ‘di nessuno’. E il fenomeno del signoraggio che si è sviluppato attorno all’euro ci sta strozzando tramite gli abusi dell’usura e dell’anatocismo. Le cifre sono impressionanti: 457 milioni di euro i denari degli italiani bruciati dalla tecnofinanza fino a oggi, il 35 per cento per cento degli italiani che non può affrontare un’emergenza improvvisa nemmeno di 750 euro. Tutto questo grazie alla morsa dell’usura e degli interessi usurari applicati da Equitalia. Purtoppo situazioni di questo tipo sono tante e ci stanno annullando la dignità che per un individuo è la prima cosa”. Riprendendo alcuni degli interventi cardine del convegno consideriamo quello dell’avvocato Domenico Monteleone (Mes Fmi): “Guardare senza vedere asserisce seccamente -. Ci stanno programmando per guardare senza vedere. Una collettività che recepisce distrattamente le cose senza approfondirle, senza capirle. Solo così può essere spiegata l'introduzione del Trattato di Lisbona, un accordo internazionale che – di fatto – è la concretizzazione di un autentico colpo di stato. La costituzione italiana – così tanto declamata ed invocata – passa in secondo piano, prepotentemente sostituita da un Trattato che i cittadini non hanno voluto, che i politici disconoscono e che entrerà pesantemente nelle nostre vite in un futuro molto prossimo”.

Diversamente il giurista ritiene che sia significativo “Un invito ad approfondire ed a studiare un Trattato, quello di Lisbona, che si appalesa liberticida e figlio di un modo di concepire l'Europa – diretta promanazione delle banche – in maniera autoritaria e dittatoriale. Le banche al centro di tutto e, pur tuttavia, esse si presentano come autentici giganti con i piedi di argilla. Usura e anatocismo – i due capisaldi della loro arroganza – rappresentano, infatti, il varco attraverso cui affrontare e vincere questi mostruosi giganti”. Un’altra voce è quella dell’avvocato Roberto Afeltra: “La fattispecie giuridica dell’usura è uno dei pochi casi  di situazioni oggettivamente rilevanti per l’ordinamento che  trovi ingresso sia nel codice civile che nel codice penale: prende le mosse  dai caratteri costitutivi del fenomeno, sia in sede civile che in sede penale.

Chiara l’evoluzione dell’istituto che ha avuto sia in campo civile che in campo penale, con particolare riferimento alle modifiche penali del 1995 ed al Testo unico bancario. In sede civile: entrambe codeste disposizioni hanno fissato un parametro oggettivo per identificare la fattispecie usuraia. Nel significato penale i caratteri prodromici si manifestano con particolare riferimento nell’elemento oggettivo. In concreto si potrà parlare di usura per i rapporti finanziari con soggetti istituzionali, non escludibili a priori anche ampliando i rapporti tra interessi legali ultra, swap e derivati”. A entrare invece nel merito della mediazione finanziaria il professore Michele Gelardi, già docente di Diritto penale a La Sapienza e membro Cda Medijus (Organo di mediazione toga d’oro): “Partendo dall’assunto che la mediazione come meccanismo funzionale non è del tutto partita dobbiamo invece tenere presente che alimentarla potrà sfoltire e deflazionare i contenziosi civili: è imprescindibile favorire il percorso per arrivare anche a estenderlo in ambito creditizio che possa consentire il superamento del contenzioso bancario. Le banche a oggi adottano sistemi espressamente restrittivi e interessi esagerati – ammette Gelardi  – ma la motivazione è nel fatto che l’innalzamento degli interessi è dovuto all’incertezza della riscossione del credito e quindi la certezza di avvalersi della garanzia nel caso il creditore non paghi. Questo presupposto si fonda sul fatto che l’iter giudiziario in Italia è troppo lento: un male grande del nostro Paese. Per favorire il meccanismo della mediazione anche in senso operativo bisogna che il cittadino capisca che il proprio non è solo un diritto ma sia un interesse: il suo interesse specifico”. 

Al convegno ha portato il proprio contributo anche Angelo Barbato, professore Asl Roma A (Laboratorio Nuova sanità) che ha esplicitato anche l’interrelazione interna ed esterna tra fornitori e rapporto tra credito e sanità pubblica. Non sono mancati interventi del mondo della politica e del sindacato. Per Paolo Dominici (Uil Lazio): “Sempre più spesso le difficoltà che subiscono le aziende a causa della chiusura del credito ormai generalizzato si abbatte anche sulla vita dei lavoratori che, oltre a non percepire la retribuzione, pagano il mancato versamento dei debiti rateizzati via busta paga con banche e finanziarie rimanendo spesso vittime incolpevoli”. Una sommaria panoramica che nel precariato diventa sempre più imponente. Per Adriano Palozzi, consigliere regionale Lazio (FI) invece: “In questi anni di complicata congiuntura economica, l’Italia si è dimostrato uno dei paesi del Sistema Europa dove le imprese hanno vissuto maggiori criticità di accesso al credito. I nostri imprenditori hanno dovuto fare i conti con preoccupanti cali di produttività e fatturato, e al contempo hanno visto accrescere l’esigenza di prestiti pur di salvare dal fallimento la propria azienda. Necessità che ha cozzato ahimé contro la timida disponibilità delle banche a concedere prestiti a piccole e medie imprese, da sempre motore vitale dello sviluppo economico del BelPaese. Appare chiara, adesso più che mai, l’opportunità di un sistema creditizio più aperto, elastico, che ottimizzi le possibilità di accesso al credito e favorisca gli investimenti tramite agevolazioni fiscali. Anche allo Stato spetta fare il suo abbassando una pressione fiscale che nel bilancio imprenditoriale pesa come un macigno”. L’iniziativa è stata patrocinata da AgenParl, Biblioteche di Roma, Incontra Giovani e Zetema, ed è stata promossa dall’ assessorato allo Sviluppo delle periferie, infrastrutture e manutenzione urbana, assessorato alla Cultura, assessorato alla Scuola e Municipio IX.
 

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Castelli Romani

Bcc Colli Albani, assemblea dei soci: un impegno concreto per il futuro del territorio

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Presenti circa 1.500 persone al PalaCesaroni di Genzano

Nel suggestivo scenario del Palacesaroni di Genzano, si è svolta l’assemblea annuale della Banca di Credito Cooperativo (Bcc) Colli Albani, un evento che ha evidenziato il solido stato di salute finanziaria dell’istituto e il suo impegno verso la comunità locale.

Il focus principale dell’assemblea è stato il bilancio e la relazione del 2023, che hanno confermato l’ottima performance della Bcc Colli Albani nel corso dell’anno precedente. Grazie a una gestione oculata e prudente, la banca ha continuato a crescere in modo stabile e sostenibile, garantendo ai soci e ai clienti una solida base finanziaria.

Presente il deputato e sindaco di Lanuvio Andrea Volpi che si è complimentato pubblicamente: “Ciò che apprezziamo oggi – ha detto – è il frutto di un lavoro iniziato quasi 80 anni fa, un risultato maturato grazie al lavoro di uomini illuminati e da soci che nel tempo hanno visto ripagata la fiducia prestata. La fortuna di poter contare su una BCC locale risiede nella prossimità, risiede nell’umanità e nei valori che rappresenta, risiede nella capacità di sostenere e partecipare iniziative imprenditoriali.  La traccia di questo segno è ben evidente in tantissime azioni sul sociale, sulla sostenibilità, sullo sport, sulla cura degli spazi pubblici. Continueremo a lavorare in sinergia avendo ben in mente l’obiettivo primario della cura del bene comune e del sostegno ai nostri Comuni”.

Presenti anche il sindaco di Genzano Carlo Zoccolotti, il primo cittadino di Marino, Stefano Cecchi, il Vescovo di Albano Vincenzo Viva, il Direttore Generale Anbi (Associazione Nazionale Consorzi di Bonifica dott. Massimo Gargano.

Non è mancata la partecipazione delle Forze dell’Ordine. Polizia Locale, Carabinieri di Genzano, Albano e Nemi. Inoltre la Protezione Civile di Genzano ha prestato servizio per la sicurezza dei numerosi presenti unitamente al servizio di vigilanza privato incaricato dalla BCC Colli Albani.

Un aspetto particolarmente rilevante emerso durante l’assemblea è l’accentuato impegno della Bcc Colli Albani verso l’ambiente e il risparmio energetico. A tal fine, l’istituto ha annunciato la fondazione di una comunità energetica, un’iniziativa innovativa che mira a promuovere la sostenibilità ambientale e a favorire la transizione verso fonti energetiche rinnovabili nella comunità locale.

Inoltre, la Bcc Colli Albani ha evidenziato il suo ruolo sociale attraverso la Mutua Cam, fondata proprio dalla banca, che garantisce rimborsi spesa sanitaria ai soci e supporta una vasta gamma di servizi culturali, tra cui teatro, sport e turismo. Questa iniziativa dimostra l’impegno della banca nel promuovere il benessere e lo sviluppo della comunità locale, oltre a offrire vantaggi tangibili ai propri soci e clienti.

Il Presidente della Bcc Colli Albani, Maurizio Capogrossi, è stato elogiato durante l’assemblea per il suo esemplare impegno e la sua leadership nella gestione dell’istituto di credito. Capogrossi è considerato un esempio tangibile di vicinanza al territorio e di collaborazione con le amministrazioni locali, la Asl, le istituzioni militari, religiose e civili. La sua visione inclusiva e orientata alla comunità ha contribuito in modo significativo al successo e alla reputazione della Bcc Colli Albani nella regione.

L’assemblea della Bcc Colli Albani al Palacesaroni di Genzano ha confermato il ruolo cruciale dell’istituto di credito nella promozione dello sviluppo economico e sociale della comunità locale. Attraverso iniziative innovative, come la fondazione di una comunità energetica e la promozione di servizi culturali e sanitari, la Bcc Colli Albani continua a dimostrare il suo impegno verso il benessere e il progresso della sua comunità di riferimento.

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Economia e Finanza

Agricoltura, decreto fotovoltaico: sì ai pannelli solari sui terreni coltivati, ma solo se sollevati

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Sì ai pannelli solari sui terreni coltivati, ma solo se sollevati da terra, in modo da permettere l’attività agricola sotto.

Gli impianti potranno anche essere realizzati in cave e vicino ad autostrade. Sono fatti salvi anche i progetti previsti dal Pnrr e quelli che hanno già presentato l’istanza per la realizzazione. E’ questa la decisione presa dal Cdm sul punto più spinoso del Decreto di aiuti al settore agricolo che il ministro Francesco Lollobrigida ha portato oggi in Consiglio dei ministri. “C’è stata grande serenità – ha detto Lollobrigida al termine della riunione – col collega dell’Ambiente Pichetto su un norma del 2021.

Dopo quattro anni poniamo fine alla installazione selvaggia di fotovoltaico a terra, ovviamente con grande pragmatismo. Abbiamo scelto di limitare ai terreni produttivi questo divieto, quindi nelle cave e nelle aree interne ad impianti industriali si potrà continuare a produrre queste agroenergie. Il tutto a salvaguardia dei piani Pnrr che non intendiamo mettere in discussione in alcun modo”. L’obiettivo, ha poi aggiunto, è quello di non sottrarre all’agricoltura terreni di pregio. La bozza del provvedimento prevedeva di fatto un divieto per l’agrivoltaico, cioè il fotovoltaico sui terreni agricoli: “le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”.

Un divieto chiesto da tempo a gran voce da Coldiretti. e sostenuto con convinzione dal ministro Francesco Lollobrigida. Sembra anzi che il titolare dell’Agricoltura considerasse lo stop come il punto più importante del suo decreto di aiuti. Il problema è che l’agrivoltaico è considerato invece strategico dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, per sviluppare le fonti rinnovabili in Italia. Il Mase a febbraio ha varato un decreto che stanzia 30 milioni all’anno per vent’anni per questo settore. L’obiettivo è di arrivare a oltre 1 Gigawatt di potenza installata già nel 2026. Quando la bozza ha cominciato a girare la scorsa settimana, il Ministero guidato da Gilberto Pichetto ha fatto subito sapere che il divieto dell’agrivoltaico “non era condiviso”. Il ministro non ha gradito la fuga in avanti del collega, che evidentemente aveva deciso sulla materia senza consultarlo, nonostante fosse anche di sua competenza. Dalla fine della scorsa settimana, è partita una trattativa fra i due ministeri per arrivare a un compromesso. Raggiunto in Cdm.

“Rafforziamo il ruolo del commissario per la siccità Nicola Dell’Acqua, che ha predisposto un piano straordinario e lo autorizziamo a svolgere gli interventi di urgenza per riuscire a efficientare il sistema idrico italiano”. Così il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, illustrando il decreto varato in Consiglio dei ministri, dove è stato audito il governatore della Sicilia Renato Schifani. Serve una “pianificazione per affrontare in termini infrastrutturali una criticità ormai ciclica – ha aggiunto -: la siccità non è un’emergenza, ogni cinque anni circa colpisce in modo devastante il nostro territorio, in questo caso la Sicilia ma è capitato ad altre regioni. Con il cambio climatico gli effetti rischiano di aumentare”.

Su proposta del ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, il Governo ha deliberato lo stato di emergenza nazionale per 12 mesi, in relazione alla situazione di grave deficit idrico in atto nel territorio della Regione Siciliana. È stato anche deliberato un primo stanziamento di 20 milioni di euro per consentire alla Regione di far fronte all’attuazione degli immediati interventi.

“Diamo la possibilità di ampliare il ruolo di guardia venatoria alle associazioni legittimate allo svolgimento dell’antibracconaggio e del controllo dello svolgimento regolare di tutte le attività previste per legge”, dice il ministro Lollobrigida. “Questo – ha spiegato – ampia lo spettro delle associazioni che potranno avere, con una certificazione che deve essere data a coloro che svolgono questa funzione, il controllo in particolare dell’antibracconaggio, che è l’elemento sul quale auspichiamo si muovano le guardie che hanno questo tipo di configurazione”.

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Economia e Finanza

Quale futuro per i diritti dei lavoratori? intervista al professor Alberto Lepore, professore associato di diritto del Lavoro

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Alberto Lepore classe 1972, professore associato in Diritto del Lavoro presso l’Università di Roma 3, membro del Labour Law Group presso l’University College of London. Decine di pubblicazioni in ambito del Diritto al Lavoro ma, principalmente, un grande amico.

Alberto ci diamo del tu, ovviamente: ieri, 1° Maggio, Festa del Lavoro e dei Lavoratori mi è venuta spontanea l’idea di rivolgerti qualche domanda in merito al Diritto al Lavoro proprio per comprendere se, ancora oggi, quelle conquiste sociale figlie dell’800 hanno ancora valore.

La prima domanda prende spunto dall’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Quanto valore ha, ancora oggi, questa affermazione nel nostro Paese?
Quanto affermato dall’articolo 1 della nostra Costituzione ha ancora un grande valore e una portata fondamentale perché a seguito della promulgazione della Costituzione del 1948 vengono superati quell’insieme di privilegi, di retaggio aristocratico e feudale che caratterizzavano l’ordinamento monarchico preesistente.
Secondo l’articolo 1 della Costituzione il cittadino si qualifica all’interno della società non più attraverso quello che ha, ma attraverso quello che fa. Il lavoro quindi diventa da un lato ciò che qualifica la persona, nel contempo il lavoro è anche lo strumento attraverso cui la persona trova la sua collocazione all’interno della società.
Il lavoro diventa in forza dell’articolo 1 il collante tra cittadino e corpo sociale; senza l’esecuzione di una prestazione lavorativa il cittadino non può partecipare al corpo sociale, non può avere una collocazione nella società e non può neanche ricoprire una determinata posizione economica; rimane sostanzialmente emarginato; tagliato fuori dalla società. Quindi l’articolo 1 ha ancora un ruolo fondamentale all’interno della nostra Repubblica, tant’è che si è detto appunto che la Repubblica italiana è una Repubblica lavorista. Ma il principio da questo espresso va protetto perché i privilegi possono sempre, in altra forma, rinascere e, pertanto, bisogna stare sempre in guardia.

Lo sai, sono nato il 20 maggio 1971 ad un anno esatto dalla promulgazione dello Statuto dei Lavoratori. Qualcuno dice che sia stata profondamente scardinata dal Job Act di Matteo Renzi.
Cosa di buono mantiene questa intuizione di cui fu padre putativo Gino Giugni?

Il Jobs Act di Matteo Renzi ha colpito al cuore lo Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n.300 n.d.s.), perché ha abrogato una norma di civiltà e cioè l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che prevedeva, a certe condizioni, qualora il licenziamento fosse illegittimo la reintegrazione nel posto di lavoro, in altri termini, il ritorno nello stesso posto di lavoro come se il licenziamento non fosse mai stato intimato.
Con il decreto legislativo n. 23 del 2015 il Jobs Act ha sostanzialmente modificato la tutela prevista in caso di licenziamento illegittimo sostituendola con la tutela indennitaria: la reintegrazione è stata conservata soltanto in casi marginali, mentre nella maggior parte dei casi nelle ipotesi di licenziamento illegittimo al lavoratore verrà pagata un’indennità monetaria commisurata alla durata del rapporto.
La cancellazione della reintegrazione nel posto di lavoro come tutela generale rende la posizione del lavoratore nel rapporto di lavoro molto più debole.
Il Jobs Act di Renzi poi ha colpito un’altra norma molto importante che tutela la professionalità del lavoratore e cioè l’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori introduttivo del 2103 del codice civile sulle mansioni: ha previsto che è oggi possibile demansionare in ipotesi molto ampie tra cui anche per ragioni economiche legate alle esigenze dell’impresa. Anche questa norma che colpisce la professionalità e la progressione di carriera lede un’altro dei patrimoni del lavoratore e rende molto più debole la sua posizione; anche la norma sul divieto dei controlli sul posto di lavoro (art.4 dello Statuto dei lavoratori n.d.s.) è stata riformata nel senso di consentire controlli molto più pervasivi sul posto di lavoro.
Lo Statuto conserva ancora norme importanti soprattutto nella dimensione collettiva come gli articoli 19 e seguenti che introducono i diritti sindacali; l’articolo 28 sulla repressione della condotta antisindacale; l’articolo 15 sulla non discriminazione.
C’è quindi ancora molto nello Statuto di buono e di protettivo per il lavoratore ma certamente la cancellazione dell’articolo 18 ha creato un vulnus notevole perché ha sostanzialmente monetizzato il posto di lavoro: il datore di lavoro oggi può anche intimando un licenziamento illegittimo sapere che anche se perde in causa dovrà pagare solo una somma di denaro commisurata alla durata del rapporto di lavoro per togliersi dai piedi un lavoratore non più desiderato.

Spesso non si coniuga il diritto al lavoro con i doveri che scaturiscono dal lavoro stesso. A tuo avviso dove sta il punto di rottura tra queste due situazioni?
Il diritto al lavoro come anche il dovere di lavorare sono enunciati dall’art. 4 della Costituzione. Questi due principi sono tra loro complementari, perché la repubblica deve far sì che sia garantito il diritto al lavoro, d’altro canto il cittadino deve fare tutto il possibile per poter trovare un’occupazione.
L’articolo 4, però, è una norma programmatica cioè detta praticamente un programma, un progetto che deve essere realizzato attraverso leggi ordinarie e infatti abbiamo assistito nel corso degli anni all’introduzione una serie di leggi per realizzare il diritto al lavoro.
Dalla introduzione degli uffici di collocamento fino alla creazione delle agenzie accreditate per attuare concretamente il diritto al lavoro. Ma essendo l’art. 4 una norma programmatica il diritto al lavoro e’un principio tendenziale, anche perché non vi è una sanzione se il lavoro non è garantito a tutti tant’è che siamo in un’epoca nella quale la disoccupazione è molto elevata, nonostante gli sforzi che la Repubblica ha fatto, la piena occupazione non è stata mai raggiunta.
D’altro canto il dovere di lavorare è fondamentale perché si lega all’art. 1: il cittadino partecipa al corpo sociale e acquisisce una posizione sociale ed economica nella società soltanto se lavora. Indirettamente la Costituzione stessa sanziona colui che non vuole lavorare: l’articolo 38 prevede prestazioni previdenziali, quindi provvidenze economiche di sostegno al reddito o quando il lavoratore è inabile al lavoro oppure quando il lavoratore è disoccupato, quindi abbia già lavorato ma ha perso il lavoro oppure sia subentrato un evento che abbia reso impossibile lavorare. Quando invece non vuole lavorare il sistema previdenziale non lo supporta, essendo il reddito di cittadinanza una parentesi anomala nel nostro ordinamento, se non addirittura incostituzionale, e, infatti, è stato rapidamente espunto dall’ordinamento previdenziale.
È evidente però che se non è garantito il diritto al lavoro, il cittadino non potrà’ nonostante i suoi sforzi adempiere al dovere di lavorare.

Un’ultima domanda: quale è il futuro stesso dei diritti dei lavoratori ai giorni nostri?
A fronte della globalizzazione dei mercati e della competizione mondiale il futuro dei diritti dei lavoratori non mi pare roseo. Già negli ultimi anni abbiamo assistito, come accennato, ad una riduzione notevole dei diritti a tutela dei lavoratori e probabilmente nei prossimi anni assisteremo a un’ulteriore riduzione dai diritti. Oggi, oltretutto, il lavoro è minacciato dalla informatizzazione e dalla meccanizzazione dei processi produttivi. Il lavoro digitale è eseguito attraverso strumenti elettronici e sicuramente ridurrà ulteriormente le chance di trovare lavoro. Quindi le sfide future per i diritti dei lavoratori sono grandi e molto difficili, ma quale lavorista sono pronto ad affrontarle.
Ringraziamo il professor Alberto Lepore per la sua disponibilità e per averci fatto comprendere, con le sue parole, l’alto senso istituzionale della giornata di oggi Primo Maggio Festa del Lavoro e dei Lavoratori.

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