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ORBETELLO: DIRIGENTE SQUADRA PALLAVOLO CACCIATO DALLA PANCHINA PERCHÈ DOWN

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Tempo di lettura 6 minuti Matteo è l'idolo dei ragazzi della squadra e lui si considera il loro allenatore.

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di Domenico Leccese

Orbetello (GR) – Matteo un ragazzo di 20anni con sindrome di Down è stato cacciato dalla panchina di una squadra di pallavolo, nonostante fosse risultato regolarmente tesserato come dirigente per la Pallavolo Orbetello. Il padre-allenatore Andrea Bartolini protesta con gli arbitri e viene squalificato per un turno.

Matteo, un ragazzo con la sindrome di down, figlio dell'allenatore della squadra di pallavolo dell'Orbetello, da quattro anni ormai faceva parte del team e a ogni partita sedeva nel posto del vice coach. Anche la Federazione sembrava ormai aver accettato quel ruolo nonostante le rigide regole lo vietino. Matteo è regolarmente tesserato per la Pallavolo Orbetello il padre-allenatore protesta e viene squalificato per un turno. Ma a Sesto Fiorentino qualcosa è cambiato, i due arbitri hanno cacciato il ragazzo dalla panchina invitandolo a sedersi dietro, accanto un medico e all'ambulanza. Il padre Andrea Bartolini però non ha resistito e a quell'episodio di intolleranza ha risposto rivolgendosi ai due direttori di gara: "Diventerete pure i più bravi del mondo ma la vostra sensibilità nei confronti di chi ha qualche problema è uguale allo zero". Risultato? Bartolini è stato squalificato.

La storia, raccontata su Fb dall'allenatore, ha destato polemiche e indignazione.
"Chi mi conosce sa che non amo scrivere e alle parole preferisco la palestra e la piscina, – ha scritto l'allenatore sul proprio profilo Facebook – ma quello che mi è successo sabato sera è una cosa talmente vergognosa che merita di essere condivisa. Alleno squadre di pallavolo da trent'anni e da almeno quattro condivido la panchina con una persona speciale, mio figlio Matteo, il quale si ritiene il vero allenatore della squadra. Per farlo andare in panchina abbiamo chiesto alla federazione una deroga, ci è stato detto di tesserarlo come dirigente (cosa che abbiamo regolarmente fatto) e con questo tesseramento gli arbitri sicuramente non avrebbero fatto nessuna obiezione". A volte ci sono situazioni dove la sensibilità e la comprensione dovrebbero essere più importanti di certe norme e regole. Ma l'episodio che ha coinvolto l'allenatore della Pallavolo Orbetello Andrea Bartolini nella gara giocata con la sua squadra sabato scorso a Firenze, va al di là di ogni comprensione possibile. Bartolini, prima che un allenatore è soprattutto un padre. È il genitore di Matteo, un ragazzo speciale di venti anni, meno fortunato di altri, che l'allenatore coinvolge sempre di più nella gestione della sua squadra di volley.

Matteo è l'idolo dei ragazzi della squadra e lui si considera il loro allenatore. Per questo motivo da quattro anni Matteo segue il padre e la squadra in tutte le gare che gioca sia fuori che in casa. È un bell'esempio, di come lo sport serva come integrazione, soprattutto verso chi lo sport non lo può praticare.
Restiamo umani e sensibili la persona dotata di sensibilità possiede una ricchezza in più, che la mette in grado di cogliere aspetti del reale i quali sfuggono ad altri, alimentando così incessantemente la propria profonda umanità. Matteo torna in panchina, la squadra indossa la maglia in suo onore, il ragazzo Down riprende il suo posto dopo che per regolamento era stato allontanato. Orbetello.

Il Gao Brinella sta con Matteo. Non c'erano dubbi ma nel pomeriggio di domenica 22 novembre lo hanno dimostrato tutti, dai dirigenti agli atleti della squadra di pallavolo. Tutti infatti hanno indossato una maglietta nera con scritto “IostoconMatteo”. Matteo, il caso non è chiuso, il coordinatore degli arbitri aspetta le carte: "Poi prenderemo decisioni" Ci sono le regole. E c’è il buonsenso. Ci sono canoni da rispettare e occhi di figli speciali che ti guardano e non capiscono. Sono gli occhi di Matteo, 20 anni che ancora oggi aspettano una risposta, una spiegazione, che suo padre non sa dargli. È questo il cruccio più grosso di Andrea Bartolini, allenatore della Pallavolo Orbetello, che due giorni fa ha raccontato quello che è successo nella trasferta di serie B2 a Firenze. Quando suo figlio Matteo, un ragazzo con la sindrome di Down, è stato allontanato dalla panchina nonostante sia stato tesserato come dirigente proprio per seguire la sua squadra. "È difficile spiegare a un ragazzo come Matteo che ci sono uomini che si comportano in un modo – dice Andrea Bartolini – e altri che fanno l’opposto. È come dovergli spiegare la differenza tra bene e male. È questa la mia maggiore difficoltà". Era la prima volta, da quando è ripreso il campionato di serie B2 di volley, che Matteo andava in trasferta con la prima squadra. Con quel gruppo di ragazzi del quale si sente un po’ l’allenatore, come il babbo. E che prima del match, una partita sofferta e combattuta, sono stati tenuti all’oscuro di quello che stava accdendo in panchina. Della decisione dei due arbitri che hanno detto al dirigente dell’Orbetello che Matteo si sarebbe dovuto allontanare da lì, nonostante sia stato tesserato come dirigente.

"Era già successo due anni fa – ricorda Bartolini – sempre a Firenze, quella volta contro la Sales. Matteo parlò con l’arbitro e la questione si risolse subito. Lo fece restare in panchina. Dopo quella volta abbiamo deciso di tesserare Matteo come dirigente per evitare questi spiacevoli episodi". La Fipav ha concesso una deroga alla società Gao di Orbetello e il nome di Matteo è ora nella lista dei dirigenti. "Con noi c’era ovviamente anche l’altro dirigente – dice Bartolini – l’accompagnatore che compare nel referto e che segue tutte le procedure di identificazione prima della squadra. Il nome di Matteo non può essere inserito nel referto. Non può lui espletare quelle formalità". Matteo era seduto in panchina. Non stava facendo nulla se non aspettare il fischio d’inizio. Ma gli è stato detto di uscire dal rettangolo di gara e sistemarsi con il medico. "L’anno scorso Matteo ha partecipato a diverse trasferte – aggiunge – ma una cosa così non è mai successa". Oggi, al palazzetto dello sport di Orbetello, si giocherà di nuovo e Matteo sarà seduto sulla sua panchina. "L’altro dirigente ha deciso di restare fuori – dice ancora coach Bartolini – per dare a mio figlio questa opportunità". E ripagarlo, in qualche modo, per ilo torto subito. Ha la sindrome di down allontanato dalla panchina Espulso per una giornata il padre allenatore.

Matteo è la mascotte dell’Orbetello Il ragazzo è stato tesserato come dirigente della società, poteva stare lì. Matteo, che frequenta la quinta superiore e studia all’istituto alberghiero è diventato l’idolo della laguna. A scuola non ha mai avuto problemi e quando ne ha voglia, si allena con le squadre di pallavolo della Gao. Con quella maschile, con quella femminile. "Dopo la gara – dice ancora l’allenatore – ho protestato per alcune decisioni arbitrali ma non ho offeso i giudici di gara. E anche di questo bisogna ringraziare Matteo, che in questi vent’anni di vita insieme mi ha insegnato ad affrontare con più calma e tranquillità quello che mi succede". Da quattro anni Matteo non si perde una partita. "Non lo avevamo portato con noi in trasferta a Cesena e a Forlì perché doveva andare a scuola. Ma quello che è successo a Firenze non è andato giù a nessuno". Prima del fischio d’inizio c’è stata una discussione accesa tra il dirigente accompagnatore e l’arbitro, a fine partita il coach ha protestato e ha anche rimediato il cartellino rosso. "Non farò ricorso – dice – ho soltanto voluto raccontare questo episodio perché credo che avere un ragazzo come Matteo seduto su una panchina sia un vanto e una vittoria non per la nostra società ma per lo sport in generale".

Una convinzione, quella di Bartolini, che viene ripresa e ripetuta pari pari da Domenico De Luca, coordinatore nazionale del settore ufficiali di gara. "Mi hanno segnalato questo episodio e lunedì probabilmente avrò ricostruito tutto quello che è successo – spiega De Luca – È vero, da una parte bisogna vedere se ci sono stati problemi di regolamento, ma dall’altra, a prescindere dall’applicazione delle regole o meno, sono molto dispiaciuto. Ora valuteremo tutti gli elementi prima di prendere qualunque decisione, in un senso o nell’altro". La vicenda di Matteo Bartolini, un ragazzo di 20 anni con la sindrome di Down, allontanato dalla panchina durante la partita di campionato di sabato scorso, non ha lasciato indifferente la società che ha deciso di mostrare solidarietà alla mascotte della squadra in modo che tutti vedessero che Matteo fa parte della società non solo perché tesserato come dirigente ma perché il Gao Brinella è una grande famiglia. Così oggi, domenica 22 novembre, tutti i giocatori della squadra, Andrea Bartolini, allenatore e padre di Matteo, l'allenatore in seconda, Giordano Fiorentini, tutti hanno indossato la maglietta per dimostrare solidarietà a un ragazzo e alla sua famiglia. Nel caso di Matteo sono state applicate le regole. Nessuno le contesta. Andrea Bartolini è un uomo di sport e le conosce ma è anche un padre di un ragazzo “diverso” che ha semplicemente chiesto umanità e sensibilità. Matteo oggi è seduto in panchina, è un dirigente e può farlo. Per far sedere lui la società ne ha sacrificato la presenza di un dirigente in panchina perché quello che conta oggi non è tanto il rispetto delle regole quanto la difesa della sensibilità e della dignità di un ragazzo che non può giocare a pallavolo ma che ama quella squadra come fosse parte di sé. Matteo è un ragazzo mite cresciuto a pane e sport. Nessuno ha mai preteso che fosse trattato con particolari privilegi a partire dai suoi genitori. Eppure quell'invito ad allontanarsi dalla panchina di una settimana fa è stato per tutti una pugnalata al cuore e forse lo è stato soprattutto per Matteo che non ha mai detto nulla in proposito ma che di certo avrà sofferto di quel gesto.
 

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Guidonia Montecelio, botte tra ladri e padrone di casa: arrestato topo d’appartamento. E’ caccia al complice

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I Carabinieri della Stazione di Tivoli Terme hanno arrestato in flagranza di reato un 23enne georgiano, senza fissa dimora e con precedenti, gravemente indiziato del reato di rapina aggravata in concorso.
Lo scorso pomeriggio, a Guidonia Montecelio, località Villanova, due soggetti si sono introdotti in un appartamento di via D’Azeglio, di proprietà di un pensionato, in quel momento in vacanza all’estero. Sul cellulare del figlio dell’uomo, che vive a casa con lui, è arrivato il segnale d’allarme dell’impianto di videosorveglianza.
Il giovane nel visionare il filmato delle telecamere in tempo reale, ha effettivamente notato la presenza di 2 persone che si stavano introducendo nell’abitazione, così ha deciso di precipitarsi a casa, chiedendo aiuto anche ad alcuni amici. Arrivati presso l’abitazione, il figlio del proprietario assieme agli amici hanno notato la coppia vista poco prima nel video dell’impianto di video sorveglianza, allontanarsi con in mano dei borsoni pieni di refurtiva, tra cui orologi e gioielli. Ne è nata una violenta colluttazione, durante la quale uno dei due è riuscito a scappare.
Sul posto sono giunti anche i Carabinieri della Stazione di Tivoli Terme, allertati tramite 112 dal proprietario di casa, che sono riusciti a bloccare definitivamente il 23enne, che è stato arrestato, e su disposizione dell’Autorità Giudiziaria condotto presso il carcere di Roma Rebibbia, mentre sono ancora in corso le indagini per rintracciare il complice.

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Torvaianica, non si ferma all’alt dei Carabinieri: arrestato dopo un rocambolesco inseguimento

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I Carabinieri della Compagnia di Pomezia hanno arrestato un 41enne romeno, già noto alle forze dell’ordine, gravemente indiziato del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Più nel dettaglio, i Carabinieri dell’Aliquota Radiomobile, impegnati in un servizio perlustrativo, nel transitare a Torvajanica sul Lungomare delle Meduse hanno deciso di eseguire un controllo di un’autovettura di grossa cilindrata condotta dal 41enne che viaggiava con a bordo due connazionali. L’uomo, sprovvisto di patente di guida, di documenti d’identità e di assicurazione, si dava improvvisamente alla fuga, dando inizio ad un inseguimento lungo la via Pontina e la via Nettunense, venendo poi bloccato ed arrestato a Campo di Carne.

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1943/1944, “linea Gustav”teatro di feroci combattimenti: Medaglia d’Oro al Valor Civile per la Provincia di Frosinone

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“Territorio di rilevante importanza strategica, in quanto posto a ridosso della ‘Linea Gustav’ e attraversato dalla via Casilina, maggiore arteria di collegamento tra la Capitale ed il Sud del Paese, dal 10 settembre 1943 fu teatro di una violenta occupazione militare e subì devastanti bombardamenti che causarono la distruzione di ingente parte del patrimonio edilizio e culturale. La popolazione, oggetto di feroce barbarie e costretta allo sfollamento, sorretta da eroico coraggio, profonda fede nella libertà ed altissima dignità morale, sopportava la perdita di un numero elevato di concittadini ed indicibili sofferenze, offrendo un luminoso esempio di abnegazione, incrollabile fermezza ed amore patrio”. 1943/1944 – Provincia di Frosinone.
 
È questa la motivazione con la quale stamattina, presso il salone di rappresentanza dell’Amministrazione provinciale di Frosinone, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha fissato sul gonfalone della Provincia di Frosinone, la Medaglia d’Oro al Valor Civile. Alla cerimonia di conferimento, dall’alto profilo istituzionale, accolti dal Presidente dell’Amministrazione provinciale Luca Di Stefano, hanno preso parte il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il Prefetto di Frosinone Ernesto Liguori, il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli e lo storico e giornalista Paolo Mieli. Presenti in sala anche le massime autorità civili, militari e religiose, gli amministratori provinciali e tantissimi sindaci del territorio.
 
A scandire i vari momenti della cerimonia è stata la presentatrice Valeria Altobelli che ha anche letto una testimonianza di Giuseppina Capuano, nata ad Aquino il 19-10-1905 e residente a Piedimonte San Germano in via Petrone, defunta il 16 aprile 2009, tratta dal libro ‘Tra le pieghe della memoria’ di Elena Montanaro.
 
 
IL PRESIDENTE DI STEFANO: “UN TRIBUTO AI NOSTRI VALOROSI CITTADINI”
 
“La Medaglia D’Oro al Merito Civile è un segno tangibile dell’ammirevole coraggio e della straordinaria resilienza dimostrata dalla nostra provincia durante i terribili eventi legati alla seconda guerra mondiale. Le ferite del passato hanno modellato il nostro presente, ma non hanno mai minato la nostra determinazione e la nostra speranza nel futuro” ha detto il Presidente dell’Amministrazione provinciale Luca Di Stefano.
 
“Quando ogni pilastro era stato raso al suolo, abbiamo trovato la forza di ricostruire, quando il destino sembrava contro di noi, abbiamo trovato la forza di resistere. Il conferimento di questa alta onorificenza su cui ho l’obbligo morale e istituzionale di ringraziare, per l’impegno profuso, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ci insigne di un compito ancora più importante: quello di impegnarci solennemente ad assicurare che le sofferenze patite non siano vane, che le vite perdute non siano dimenticate, e che le lezioni apprese siano tramandate alle future generazioni”, ha aggiunto.
 
“Questa medaglia rappresenta un tributo ai nostri valorosi cittadini, che hanno dimostrato con la loro forza d’animo che la vita e la speranza possono risorgere anche dalle ceneri della distruzione. In questo giorno solenne, giuriamo di onorare il passato, di abbracciare il presente e di costruire un futuro che rifletta la forza e la dignità che ha sempre contraddistinto il nostro territorio” ha concluso il Presidente di Stefano.
 
 
IL SINDACO MASTRANGELI: “LA NOSTRA POPOLAZIONE HA SUBITO L’IMMANE DRAMMA DELLE VIOLENZE”
 
Il primo cittadino della città capoluogo di Provincia ha ripercorso brevemente quei drammatici momenti. “La nostra è stata una popolazione civile che ha vissuto sulla propria pelle anche l’immane dramma delle violenze ad opera dei goumiers francesi su donne, uomini e bambini” ha spiegato in un passaggio il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli ricordando le ‘marocchinate’. Inoltre ha anche sottolineato “l’altissimo prezzo pagato dalla Città di Frosinone nel corso del sanguinoso conflitto bellico”. 
 
 
LO STORICO PAOLO MIELI: “NON DIMENTICHIAMO QUANTA DIGNITÀ LE NOSTRE FAMIGLIE ABBIANO AVUTO NEL RESISTERE”
 
Una attenta e puntuale lectio magistralis, quella tenuta dallo storico e giornalista, professor Paolo Mieli, ringraziato più volte dal Ministro e dal Presidente della Provincia per la sua presenza. Mieli ha raccontato delle “violenze subite da questa provincia” e delle “marocchinate”, evidenziando come “far passare la storia delle sofferenza di questa area solo per le violenze subite dai liberatori è stato un trucco per omettere le sofferenze degli otto mesi che hanno preceduto la liberazione”, che “sono il motivo della medaglia”. “Se potessi vivere in un mondo in cui tutti si comportano come si comportarono i cittadini di questo territorio né sarei lieto” ha ancora detto, mettendo in evidenza la dignità e la resistenza del popolo ciociaro e raccomandando di “non dimenticare quanta dignità le nostre famiglie abbiano avuto nel resistete, nel non farsi abbattere”.
 
 
IL MINISTRO PIANTEDOSI: “L’INTERA CIOCIARIA FU, IN VIRTÙ DELLA SUA VALENZA STRATEGICA, PESANTEMENTE SEGNATA E COLPITA”
 
“Sono lieto di poter consegnare questa medaglia alla Provincia di Frosinone – ha detto fra l’altro il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi -. Un importante riconoscimento voluto  a tributo delle ingenti perdite umane, delle immani sofferenze, delle privazioni, dei diffusi fenomeni di distruzione e devastazione che questo territorio ha dovuto patire durante il secondo conflitto mondiale”.
 
“Un conferimento, quello alla Provincia – ha aggiunto il titolare del Viminale in un altro passaggio – a cui tengo particolarmente, nella consapevolezza che l’intera Ciociaria fu, in virtù della sua valenza strategica, pesantemente segnata e colpita nel corso dei tragici eventi bellici”.
 
“Rievocare le pene sofferte dal popolo ciociaro da parte dei nazifascisti, e anche dalla parte di truppe aggregate degli alleati, deve servire a riconoscere il merito di una comunità che, nonostante le immani sofferenze patite, scelse di proiettarsi e credere nel futuro oltre ogni rivendicazione, senza cedere a tentazioni divisive. I ciociari, come il resto degli italiani, compirono enormi sforzi per contribuire, una volta conclusa la tragedia della seconda guerra mondiale, alla rinascita del nostro paese” ha concluso il Ministro dell’Interno.
 
CENNI STORICI
 
La Linea Gustav è stata una linea difensiva tedesca che si estendeva lungo l’Italia centrale durante la seconda guerra mondiale. Costruita nel 1943-1944 in risposta all’inasprimento dell’offensiva alleata in Italia, la Linea Gustav era uno dei principali ostacoli che l’Asse doveva superare per avanzare verso il nord e liberare il Paese dall’occupazione tedesca.
 
La linea si estendeva approssimativamente da Pescara sulla costa adriatica fino a Grosseto sulla costa tirrenica, attraversando montagne, fiumi e terreni difficili. Era costituita da una serie di fortificazioni, bunker, trincee, campi minati e ostacoli naturali, progettati per rallentare e bloccare l’avanzata delle forze alleate.
 
La battaglia per superare la Linea Gustav è stata estremamente feroce e ha visto pesanti combattimenti tra le forze tedesche e alleate. Gli Alleati hanno lanciato diverse offensive lungo la linea, tra cui la battaglia di Monte Cassino, una delle più celebri e sanguinose della guerra. Questa battaglia, in particolare, ha coinvolto scontri durissimi e pesanti perdite su entrambi i fronti, con gli Alleati che hanno cercato di sfondare le difese tedesche per avanzare verso Roma e il nord Italia.
 
Nonostante le difficoltà e le perdite, gli Alleati sono riusciti a rompere la Linea Gustav nell’ambito dell’operazione Diadem nel maggio 1944. Questo successo ha permesso loro di avanzare verso Roma, liberata il 4 giugno 1944, e di continuare la loro campagna per la liberazione dell’Italia settentrionale.
 
L’avanzata alleata per liberare l’Italia dopo aver superato la Linea Gustav ha rappresentato un momento cruciale nella guerra in Europa, portando alla caduta del regime fascista e alla fine dell’occupazione tedesca nel Paese. Tuttavia, la campagna per la liberazione dell’Italia è stata lunga e difficile, e ha comportato ingenti perdite umane e materiali su entrambi i lati.
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com

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