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Obama al suo friend Renzi: "Patti chiari amicizia lunga"

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Tempo di lettura 3 minuti Renzi e Obama si sono salutati in modo cordiale, con tanto di pacche sulle spalle

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di Vincenzo Giardino

USA – Un grande momento vissuto dal premier italiano Matteo Renzi ospite di Obama. Quest'ultimo involontariamente ha tirato una volata a Matteo in vista del referendum. A 39 anni da Giulio Andreotti e 28 anni dopo Romano Prodi, Matteo Renzi è il quarto premier italiano ad essere l'ospite d'onore di una State Dinner, il terzo considerato che Giulio Andreotti è stato invitato due volte. Il leader democristiano fu il primo presidente del Consiglio in assoluto, il 26 luglio 1977 fu invitato da Jimmy Carter. Poi bissò il 6 maggio 1990, su richiesta di George Herbert Walker Bush. L'ultima premier italiano ad avere avuto il privilegio è stato Prodi il 6 maggio 1988, invitato da Bill Clinton. "Abbiamo tenuto il meglio per la fine": è nella battuta con cui il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha accolto Matteo Renzi, il senso della visita del premier italiano a Washington, ultimo e più prestigioso appuntamento dell'agenda internazionale della Casa Bianca. Obama ha accolto Renzi con un "Buongiorno" in italiano, cui ha aggiunto un'altra frase in italiano nel corso del suo intervento: "Patti chiari, amicizia lunga", riferendosi alle ottime relazioni con il suo "friend" Renzi e fra Usa e Italia."L'Italia – ha aggiunto Obama – è uno dei più alleati e amici più stretti che abbiamo. Renzi è uno dei partner con cui condividiamo le idee su come ridurre le ingiustizia e le diseguaglianze". Il presidente Usa si è rivolto all'Europa, dicendo che deve "diventare un continente di libertà". La "Nato deve rafforzarsi, dobbiamo migliorare la politica sugli immigrati, dobbiamo accettare i profughi", ha aggiunto. Italia e Usa è stato il suo appello "lavorino insieme sui cambiamenti climatici, fianco a fianco per liberare mondo dalla fame".Renzi, accompagnato dalla moglie Agnese e tra gli altri dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e dall'ambasciatore italiano a Washington, Armando Varricchio. La cerimonia di accoglienza si svolge nell'ala sud del giardino della Casa Bianca adornato per l'occasione con bandiere italiane alternate a quelle americane. Presenti anche il vicepresidente Joe Biden e il segretario di Stato Usa John Kerry.

Renzi e Obama si sono salutati in modo cordiale, con tanto di pacche sulle spalle ma il primo a mettere la mano sulle spalle dell'altro è stato proprio Renzi. Le due first lady, Agnese e Michelle, si sono scambiate un bacio sulla guancia. Michelle ha scelto per l'occasione un abito smanicato bianco e nero, spigato e dalla gonna ampia. Per Agnese Landini una mise in pizzo verde, mezze maniche. Nella giardino della Casa Bianca, dopo il saluto dei leader e delle first lady alle rispettive delegazioni, sono stati sparati diciannove colpi di cannone, come vuole il cerimoniale per le visite di Stato, e intonati gli inni nazionali italiano e americano. Renzi e Obama hanno passato in rassegna le truppe mentre gli ospiti americani esultavano: "I love you president". Infatti le strette di mano del pubblico erano tutte a favore di Obama, Renzi ha cercato di salutare anche lui a suo modo ma persino i bambini sono rimasti sorpresi e si saranno chiesti: "Ma lui chi è?". I due leader hanno salutato tutti ma inutile ribadire a chi sono stati diretti baci e abbracci affettuosi. 

Questa sera la State Dinner è l'evento simbolico più importante per la diplomazia americana, l'occasione più formale, con gli uomini in smoking e le mogli in lunghi abiti sontuosi, occasione imperdibile per tessere relazioni e cementare rapporti. Fino all'anno scorso Barack Obama ne aveva organizzati solo nove. Ma lo State Dinner di stasera con Matteo Renzi è il 13mo per Barack Obama, l'ultimo del suo doppio mandato: solo nel 2016 ne ha organizzati 4, uno dei quali con tutti i leader dei Paesi scandinavi. L'ultimo, il 2 agosto con il premier di Singapore Lee Hsien Loong. Per avere un'idea di come gli Obama abbiano voluto dare alla 'State Dinner' un tono riservato alle grandi occasioni basti pensare che Lyndon B. Johnson ne organizzò 54 in 62 mesi di presidenza. Ronald Reagan 52 in due mandati. Jimmy Carter 28 in 4 anni. E gli stessi Clinton ben 28.

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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