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Costume e Società

Movida a Palermo. Ne parliamo con un fotoreporter delle notti palermitane

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di Paolino Canzoneri

PALERMO – Raccontare le notti palermitane non è una cosa semplice perchè la città degli anni 80/90 non era quella di oggi. In quei decenni il centro storico pieno di edifici storici di enorme bellezza e importanza storico e artistica non era valorizzati e addirittura molte vie e vicoli non avevano neanche una illuminazione decente. I giovani frequentavano prevalentemente e in massa i locali delle zone limitrofe della città almeno fino a quando una gestione nel nuovo millennio più consapevole posò le basi per una nuova rivalutazione del centro ripulendo le strade, aumentando la luminosità e consentendo la nascita di moltissimi locali e ristoranti che in poco tempo hanno totalmente ribaltato la tendenza regalando alla città stessa una nuova luce, un nuovo interesse per i giovani e una vera scoperta di una città pulsante pregna di storia e bellezza. I locali vicini ai mercati storici come Vucciria e Ballarò, per esempio, sono diventati mete ambite per coloro che vogliono "vivere la loro città di notte" e le molte vie e piazze piene di ristoranti e pub hanno reso Palermo una città dove la musica suonata dal vivo e la fruizione di intere comitive di giovani e meno giovani hanno davvero offerto uno spunto per interpretare, capire e vivere la propria città quasi al pari delle grandi metropoli europee. Questo "giardino dell'eden" purtroppo non è stato esente da oggettive difficoltà relative ad una ordinanza varata nel novembre del 2015 con l'intento di disciplinare modalità e i limiti delle emissioni acustiche attraverso la classificazione del territorio in zone in relazione alla diversa destinazione delle aree. Con sorpresa dei cittadini palermitani il comune ha imposto una "zonizzazione acustica" a tutela della vita dei cittadini con un divieto dell’amplificazione esterna, a qualsiasi orario e in qualsiasi circostanza a meno di specifiche deroghe, così come vanno rispettate le norme nazionali sui decibel e le disposizioni regolamentari sugli orari. Grazie ad un ricorso di sei locali contro il regolamento votato dal consiglio comunale ad oggi vige il si per la musica all’esterno dopo degli orari stabiliti, ma solo se acustica e senza amplificazione, mentre all’interno dei locali si potrà suonare tranquillamente senza preoccuparsi che i suoni si sentano anche per strada. 

Noi de l'Osservatore d'Italia abbiamo parlato con Massimo Torcivia fotografo professionista specializzato nella promozione quotidiana di locali del centro storico che ogni notte con il suo incessante lavoro è a contatto con la movida in ogni zona della città e gestisce un portale web dedicato alla valorizzazione e promozione degli artisti che si esibiscono nei locali della città. 

Il suo lavoro la porta a stretto contatto con la movida di Palermo; come si concentra secondo lei l'affluenza in città e come rispondono i locali all'ordinanza ancora in vigore dal 2015?

La movida di Palermo, la vivo da vicino per motivi professionali, producendo fotoreportage che pubblico sul mio sito. Palermo in questi ultimi anni ha visto una crescita di attività commerciali dedicate alla movida notturna. Molti si sono concentrati nei mercati storici, come la Vucciria e Ballarò, e anno dopo anno tutto il centro storico è diventato il polo dell'intrattenimento e della musica dal vivo. Questo non significa che tutti i gestori hanno locali adatti ad ospitare una band che suona dal vivo, come in una delle vie più famose della movida palermitana, via Chiavettieri, in pieno centro storico, vicino alla Vucciria, sono nati piccoli pub dove da un paio di anni propongono piccoli live “semiacustici” all'aperto, anche se per la legge, non potrebbero fare esibire nessuno aplificato. Ho detto “semiacustico” perchè è quello che dovrebbero fare, ma la verità che è tutto amplificato.

Quindi anche i piccoli locali offrono intrattenimento con musica dal vivo in ordine ad una sorta di omogeneità in tutte le zone del centro storico?

Si infatti spostandoci da via Chiavettieri, arrivando a Piazza S. Anna, troviamo altri piccoli pub che offrono birre e drinks, e qui la stessa storia, avvolte, sopratutto nel weekend, si possono trovare piccoli live “semiacustici” all'aperto, dato che non hanno lo spazio all'interno. Poco più avanti, vicino al Teatro Santa Cecilia, sede concertistica del Brass Group di Palermo, dove poter assistere a spettacoli jazz ed artisti della musica internazionale, troviamo un'altra meta della movida, locali dove fanno dell'intrattenimento il primo richiamo per i propri clienti.

Chi sono i frequentatori delle notti palermitane? Esistono tipologie di persone a seconda delle zone?

Ci sono i giovanissimi che frequentano locali dietro le Poste di via Roma dove si beve a prezzo modico, si tratta in effetti di localini molto piccoli ma con spazi esterni, tra l'altro pedonali, che si riempono sino a tarda notte. E poi ci sono i “Radical Chic”, che si ritrovano nel salotto palermitano, dalle parti di via Ruggero settimo, esattamente alla Piazzetta Abbagnasco, dove sono nati vari locali dove sorseggiare un buon bicchiere di vino, e assaggiare un buon tagliere di salumi e formaggi, e qui si può riuscire anche ad ascoltare band ed artisti internazionali.

Quindi non esiste una precisa osservanza dell'ordinanza da parte di tutti i locali?

Grosso modo chi ha un locale dignitoso l'osserva, tutti quelli intorno alla vucciria, fanno finta di osservarla.

 

 

 

 

 

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A Milano l’arte elegante del pugliese parigino

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Palazzo Reale a Milano  sta celebrando, per la prima volta, con una mostra monografica, il talento di Giuseppe De Nittis esponendo una novantina dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Leontine De Nittis.
 
La consacrazione di Giuseppe de Nittis come uno dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo è avvenuta grazie alla fortuna espositiva di cui ha goduto a partire dalla magnifica retrospettiva dedicatagli nel 1914 dalla 11a Biennale di Venezia. Altre tappe fondamentali sono state la mostra ‘Giuseppe De Nittis. La modernité élégante’ allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11, e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova a Palazzo Zabarella.
 
In ‘De Nittis. Pittore della vita moderna’ si intende esaltare la statura internazionale di un pittore che è stato, insieme a Boldini, il più grande degli italiani a Parigi, dove è riuscito a reggere il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.
 
I francesi e De Nittis, che si è sempre sentito profondamente parigino di adozione, hanno affrontato gli stessi temi, come il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna che De Nittis ha saputo catturare lungo le strade delle due metropoli da lui frequentate, in quegli anni grandi capitali europee dell’arte: Parigi e Londra. Ha saputo rappresentare con le due metropoli, in una straordinaria pittura en plein air, i luoghi privilegiati della mitologia della modernità, che saranno collocati al centro di un percorso espositivo articolato lungo un arco temporale di vent’anni, dal 1864 al 1884, ricostruendo un’avventura pittorica assolutamente straordinaria, conclusasi prematuramente con la sua scomparsa a soli 38 anni di età. I risultati da lui raggiunti si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con la pittura giapponese allora diventata di moda.La mostra vede infine la collaborazione di METS Percorsi d’Arte, che ha contribuito al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il Kimono color arancio, Piccadilly e la celeberrima Westminster.
 
Tutto questo è sottolineato dalla mostra e dal ricco catalogo Silvana Editoriale.
 
Una vita breve ma sufficiente per entrare nella storia dell’arte
 
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta il 25 febbraio 1846. A pochi mesi dalla sua nascita, il padre si suicidò dopo due anni di carcere per motivi politici e Giuseppe crebbe con i tre fratelli nella casa dei nonni paterni. Fin dall’infanzia manifestò una forte propensione alla pittura e, nonostante il parere contrario della famiglia, si iscrssee nel 1861 all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Insofferente agli schemi accademici, fu espulso due anni dopo ed iniziò a dipingere en plen air con altri artisti, come Federico Rossano e Marco De Gregorio. Nel 1866 partì per Firenze dove prese contatto con il gruppo dei Macchiaoli. Dopo aver visitato Palermo, Roma, Venezia e Torino, nel 1867 si trasferì a Parigi dove due anni dopo sposò Léontine Lucile Gruvelle. Nel 1869 partecipò per la prima volta al Salon con opere molto vicine al gusto parigino. Il soggiorno napoletano del 1870 vide il suo stile arrivare alla maturità e all’indipendenza artistica e il ritorno a Parigi nel 1872 segnò il suo successo con la partecipazione al Salon dell’opera ‘Una strada da Brindisi a Barletta’. Il dipinto ‘Che freddo!’ esposto al Salon nel 1874 rappresentò l’affermazione definitiva dell’artista, che si meritò anche l’appellativo ‘peintre des Parisiennes’ (pittore della parigine). Nello stesso anno partecipò con ben cinque tele alla prima esposizione di quello che sarà il gruppo impressionista tenutosi nello studio del fotografo Nadar. In cerca di nuovi stimoli partì poco dopo per Londra, dove realizzò una serie di opere dedicate alla vita quotidiana della città. Partecipò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 con dodici lavori che polarizzarono l’attenzione sia del pubblico che della critica. Negli ultimi anni si concentrò particolarmente sulla tecnica del disegno a pastello. Colpito da una forte bronchite nel 1883, rimase per mesi bloccato a letto e dipingere diventò sempre più difficile; morì a  Saint-Germain-en-Laye (Francia)   il 21 agosto del 1884 a causa di un ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise (divisione 11) ed il suo epitaffio fu scritto da Alessandro Dumas figlio. Sua moglie Léontine donò molti suoi quadri alla città natale del pittore, ora conservati nella Pinacoteca De Nittis collocata nel Palazzo della Marra a Barletta.
 
Informazioni:
 
Una mostra Comune di Milano – Cultura | Palazzo Reale | CMS.Cultura
 
A cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti , fino al  30.06.2024
 
Orario: Da martedì a domenica ore 10:00-19:30, giovedì chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un’ora prima. Lunedì chiuso.
 
Biglietti
 
Aperto: € 17,00; Intero: € 15,00;Ridotto: € 13,00; Esclusi i costi di prevendita.
 
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it     mostradenittis.it
 
Privo di virus.www.avast.com

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Isola delle rose e isola dei famosi: due esperimenti sociali agli antipodi

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L’Isola delle Rose e l’Isola dei Famosi rappresentano due realtà molto diverse tra loro, sia dal punto di vista sociologico che motivazionale, che riflettono cambiamenti significativi nella società nel corso del tempo.

L’Isola delle Rose è un’isola artificiale costruita nel 1967 al largo della costa italiana vicino a Rimini. Fu creata come una micronazione autoproclamata dallo scienziato e ingegnere italiano Giorgio Rosa, con l’obiettivo di sfidare la sovranità territoriale italiana e promuovere l’ideale di libertà e indipendenza. L’Isola delle Rose rappresenta una sperimentazione sociale e politica, con l’idea di creare una comunità utopica basata sulla cooperazione e l’autogestione.

D’altra parte, l’Isola dei Famosi è un reality show televisivo in cui un gruppo di persone famose viene portato in un’isola remota e deve affrontare sfide fisiche e mentali per sopravvivere e guadagnare premi. L’Isola dei Famosi è incentrata sull’intrattenimento e sulla competizione, con l’obiettivo di attirare l’attenzione del pubblico e generare interesse attraverso il dramma e le dinamiche interpersonali.

Le differenze sociologiche tra le due realtà sono evidenti:

  1. Finalità e motivazioni: L’Isola delle Rose era motivata da ideali di libertà, indipendenza e sperimentazione sociale, mentre l’Isola dei Famosi è incentrata sull’intrattenimento, la competizione e la celebrità.
  2. Struttura sociale: L’Isola delle Rose aveva una struttura sociale basata sull’autogestione e la cooperazione tra i membri della comunità, mentre l’Isola dei Famosi ha una struttura gerarchica con ruoli definiti e dinamiche di potere.
  3. Approccio alla vita quotidiana: Sull’Isola delle Rose, i residenti dovevano affrontare le sfide della vita quotidiana in un ambiente isolato e autonomo, mentre sull’Isola dei Famosi i concorrenti affrontano sfide create artificialmente per l’intrattenimento televisivo.
  4. Rapporto con il mondo esterno: L’Isola delle Rose era isolata dal resto del mondo e tentava di sfidare le autorità nazionali, mentre l’Isola dei Famosi è un programma televisivo che ha una forte connessione con il mondo esterno attraverso la trasmissione televisiva e i social media.

In conclusione, l’Isola delle Rose e l’Isola dei Famosi rappresentano due esperimenti sociali molto diversi tra loro, che riflettono valori, ideali e obiettivi differenti. Mentre l’Isola delle Rose rappresentava un tentativo di creare una comunità utopica basata sulla libertà e l’autogestione, l’Isola dei Famosi è un programma televisivo che si concentra sull’intrattenimento, la competizione e la celebrità.

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Dalla disco music alla Trap music: il fascino della “Febbre del sabato sera” è ancora vivo e vegeto

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La storia della disco music ha radici profonde nella cultura musicale afroamericana e ha attraversato diverse fasi e influenze nel corso degli anni, influenzando generazioni di appassionati di musica e ballerini.

Negli anni ’70, la disco music ha avuto origine nei club notturni di New York City e Philadelphia, dove DJ come DJ Kool Herc, DJ Afrika Bambaataa e DJ Grandmaster Flash iniziarono a sperimentare con mixaggi elettronici e a suonare registrazioni di musica funk e soul a velocità più elevate. Questa nuova forma di musica da ballo ha catturato l’immaginazione delle persone e ha rapidamente guadagnato popolarità nelle discoteche di tutto il mondo.

Tra i primi artisti che hanno contribuito a definire il suono della disco music ci sono stati i Jackson 5, con hit come “Dancing Machine”, e artisti come Donna Summer, Gloria Gaynor e i Bee Gees, che hanno dominato le classifiche con brani come “Love to Love You Baby”, “I Will Survive” e “Stayin’ Alive”, rispettivamente. Questi brani sono diventati inno della cultura disco e hanno contribuito a definire il suo stile e la sua estetica.

Barry White è stato un altro artista iconico della disco music, noto per le sue canzoni romantiche e sensuali che includevano “Can’t Get Enough of Your Love, Babe” e “You’re the First, the Last, My Everything”. Le sue produzioni orchestrali lussureggianti e la sua voce profonda e sensuale hanno reso le sue canzoni dei classici della disco music.

Negli anni successivi, la disco music ha subito un declino di popolarità verso la fine degli anni ’70, ma il suo impatto sulla cultura musicale è rimasto significativo. Elementi della disco music sono stati incorporati in generi musicali successivi, compresa la dance music degli anni ’80 e ’90 e la musica house e dance pop contemporanea.

Più recentemente, il genere trap music ha guadagnato popolarità, soprattutto tra i giovani, con artisti come Future, Travis Scott e Migos che hanno portato avanti il suono e lo stile della trap music. Anche se la trap music ha radici diverse dalla disco music, entrambi i generi condividono un focus sull’energia e sul ritmo che li rende irresistibili per molti adolescenti e giovani amanti della musica da ballo.

In definitiva, la disco music ha avuto un impatto duraturo sulla cultura musicale e continua a influenzare la musica e la cultura pop contemporanee, dimostrando che il fascino della “febbre del sabato sera” è ancora vivo e vegeto per molte persone di tutte le età.

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