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Cronaca

Chiusano, scomparsa Federica Farinella: dopo 16 anni si cerca ancora la verità

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Tempo di lettura 6 minuti Parla il padre: "Quel giorno qualcuno qui in paese mi ha detto ‘guarda che io ho visto due brutti ceffi con la barba’

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di Angelo Barraco – Paolino Canzoneri

CHIUSANO (AT) – Il 2 Settembre del 2001 a mezzogiorno nel giardino della casa di campagna a Montichiaro d'Asti scompare Federica Farinella di 30 anni giunta a Chiusano con la famiglia da soli due giorni dopo aver trascorso le vacanze a Siracusa. La sparizione lascia stupiti ed attoniti per alcuni dettagli apparentemente non marginali che fomentano e delineano i contorni di un vero mistero. Il tutto è accaduto in pochissimi minuti; la ragazza stava fumando una sigaretta e leggendo una rivista all'ombra di un albero del giardino di casa, improvvisamente si  allontana senza che i genitori, intenti a scaricare le valigie, se ne siano minimamente accorti. La giovane donna sembra abbia intrapreso un cammino senza documenti, cellulare e soldi; indossava pantaloncini azzurri a fiori e una maglietta grigia e ai piedi un paio di sandali per mare, i classici infradito certamente inadatti a percorsi scoscesi di campagna. Il percorso che dalla strada principale conduce alla casa finisce al cancello della casa di campagna quindi la ragazza ha impiegato poco tempo per sparire dalla eventuale vista dei genitori. La Psicoterapeuta descrive Federica come una donna dalla personalità fragile e sensibile, insicura e indifesa che all'età di soli 20, consapevole della sua bellezza, sognava di lavorare nel campo dello spettacolo, la televisione specialmente, riuscendo a stringere possibili proficue conoscenze con personaggi famosi. Ma dopo cinque anni improvvisamente qualcosa la distoglie da quei sogni, tanto da decide di chiudere i ponti con quel mondo e rinchiudersi in se stessa senza mai confidare a nessuno i motivi del cambio repentino. Da quel momento incomincia un malessere da cui non riesce ad uscirsene. Le indagini che seguirono alla scomparsa non portarono mai a sviluppi concreti e si suppone siano state svolte forse con poca convinzione dalla Procura che probabilmente sin da principio ha considerato e trattato questo caso come un allontanamento volontario.

 

Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato con il Signor Francesco Farinella, padre di Federica nonchè Vice Presidente Nazionale di Penelope Italia e Presidente dell’Associazione Penelope Piemonte.

– Cosa ricorda di quel 2 settembre 2001?
Ricordo un po’ tutto, il dramma è talmente grosso che non si può dimenticare. Ricordo che mi è scomparsa nel giro di 5 minuti. Io che sto seguendo tanti scomparsi, essendo nell’Associazione Penelope, e noto che la scomparsa di Federica è una cosa completamente diversa da tutte le altre perché quasi tutti escono e non tornano, Federica era seduta su una sdraio davanti la porta di campagna, mi sono allontanato pochi minuti, son tornato e non c’era più.

– Voi eravate tornati dalla Sicilia…

Era domenica mattina quando è scomparsa. Noi eravamo tornati venerdì sera dalla Sicilia. Io l’ho lasciata seduta su una sdraio al sole; c’era mio fratello, c’era mio figlio con la sua ragazza, c’era mia moglie, c’era un altro ragazzo con la sua ragazza, nessuno ha visto niente.

– Lei ricorda se ci fosse qualcosa che turbava Federica quel giorno?
Aveva sofferto un po’ di depressione. Lei stava leggendo una rivista del Parco delle Madonie che avevo preso li, io l’ho lasciata che stava coricata sulla sedia a sdraio che guardava la rivista,  poi è sparita…

 

– Che ipotesi avete avanzato in merito alla scomparsa?
Da parte mia ho sostenuto sempre e continuo a sostenere che se la sono presa. Eravamo tornati il venerdì sera, sabato sera siamo andati ad Asti a mangiare una pizza e mi ricordo che siamo usciti verso le 22.00 e c’era qualche negozio aperto, c’era un negozio di scarpe, lei era con le ciabatte da mare e mi ha chiesto se le compravo un paio di scarpe che le servivano a casa. Mi sembrava molto serena e molto tranquilla.

– Non ci sono stati quindi dei segnali che vi hanno fatto pensare ad una possibile scomparsa…

No, assolutamente no. L’unico che sapeva che eravamo tornati dalla Sicilia era un tunisino, che le aveva dato delle lezioni di francese quando lei faceva l’ultimo anno di scuola ed erano rimasti amici.

 

Come si sono svolte le indagini in questi anni?
Noi come Associazione siamo riusciti in questi anni a far fare delle leggi come la famosa legge 203 del 2012 ovvero che le ricerche devono partire immediatamente. Io sono andato dai Carabinieri dopo mezz’ora e mi è stato detto di stare tranquillo, che sarebbe tornata e non è stata fatta la denuncia immediata. Allora ho chiamato alcuni amici della Protezione Civile, son venuti una trentina di Vigili del Fuoco e a quel punto sono venuti anche i Carabinieri.

 

In questi anni si è fatto sentire qualcuno?
C’è stata una telefonata dove mi hanno chiesto trenta milioni, ho chiesto di farmela sentire, me l’hanno fatta sentire ma ho capito subito che non era lei. Mi hanno detto di portare i soldi ad Alessandria, lasciarli su un banchetto. Dei trenta milioni ho detto che non li avevo perché era sabato e non sapevo dove prenderli e siamo rimasti d’accordo per tre milioni. Siamo andati li, i Carabinieri hanno appostato delle macchine civetta ma non è  venuto nessuno a prendere. Sono state fatte delle indagini e mi hanno detto che era uno zingaro con una ragazza che cercava di estorcermi denaro. L’altra segnalazione su cui ho sempre il dubbio io è che mi ha chiamato il Capitano dei Carabinieri e dopo un mese mi ha detto ‘secondo me lo abbiamo trovato. Dobbiamo fare una conferenza stampa dove lei dice che sa chi è, e che sicuramente o stiamo prendendo’. Si riferivano al tunisino perché mi avevano detto che avevano messo sotto controllo il telefono e lui parlava con un algerino e parlavano di Federica. Il giorno prima della conferenza stampa mi ha chiamato il Capitano e mi ha detto ‘no guardi quello parlava con la sorella, la sorella fa parte della Polizia e le raccontava della sparizione Federica’.

Gli amici di Federica sono stati ascoltati?

Ho preso tutti i numeri di telefono e tutti i bigliettini che aveva nella borsa, hanno messo molti numeri di telefono sotto controllo. Un altro che mi aveva telefonato mi aveva detto di aver visto la foto e di averla vista a bordo di una Alfa Romeo 155 e targata non si capiva bene come. Siccome quando mi ha telefonato ho registrato la chiamata, gliel’ho data ai Carabinieri e hanno identificato la targa, non il mittente perché chiamava da un luogo pubblico. La macchina era di un paese qua vicino e poi non è stato fatto altro. Adesso io mi sono andato a copiarmi parte del dossier in Procura ad Asti e scopro che con la persona dell’Alfa si conoscevano. Come vede è una scomparsa anomala rispetto a tutte le scomparse di cui mi sto occupando in qualità di Vice Presidente di Penelope Italia oltre ad essere Presidente del Piemonte e quindi mi interesso sempre di scomparsi, abbiamo un pool di Avvocati, un pool di Psicologi. Mi rendo sempre più conto che la scomparsa di Federica è anomala rispetto a tutte le altre. Quel giorno qualcuno qui in paese mi ha detto ‘guarda che io ho visto due brutti ceffi con la barba’, io non c’ho dato importanza a questa cosa e invece forse bisognava dargli importanza e il fatto è che purtroppo non mi ricordavo chi me lo aveva detto. Tra l’altro, adesso le sto raccontando le cose che mi vengono in mente, mentre tornavamo dalla Sicilia ci eravamo fermati prima di Firenze a prendere un caffè, io lei e mia moglie, eravamo pronti per partire e Federica non arrivava, son tornato indietro e l’ho trovata nell’antibagno che si fumava una sigaretta e di fronte c’era un soggetto. Con il tempo, collegando questo fatto, con il fatto che quello mi ha detto che c’erano due brutti ceffi dico, non è che qualcuno ci seguiva dalla Sicilia?

 

Che appello vuole lanciare attraverso il nostro quotidiano

Federica, io sono qui che ti aspetto. Il motto dell’Associazione Penelope è; chi dimentica cancella…noi non dimentichiamo, la scomparsa non è morte, la scomparsa non è vita. Torna che ti aspetto Federica. Il mio più grande desiderio è di sapere la verità prima di andarmene.

La scomparsa di Federica è ancora avvolta da una fitta cortina di mistero e gli elementi che fanno pensare che non si sia trattato di un allontanamento volontario sono tanti. Ricordiamo che la giovane era una fumatrice accanita e spesso accendeva una sigaretta nell’altra e quando la domenica rimaneva senza sigarette doveva con urgenza reperirle per colmare il vuoto di questo suo vizio. Il giorno della sua scomparsa ha lasciato due stecche di sigarette nella sua stanza, il pacchetto aperto con l’accendino al suo interno sul tavolo sotto l’albero dove era lei seduta. Come ci racconta il padre “E’ impossibile che come fumava Federica lasciasse le sigarette li”. Il padre aggiunge che “le avevo dato quando era andata a Siracusa 300 milalire, ha lasciato 270 milalire nel cassetto del comodino del suo letto”. Precisa inoltre che ha lasciato “il cellulare nel comodino, carta d’identità, passaporto” e quando è andata via indossava le ciabatte da mare, pantaloncini di cotone e magliette di cotone. 

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Verona, all’Arena di pace oltre 10mila persone per Papa Francesco

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Papa Francesco all’Arena di Verona, per l’evento “Arena di pace”, è stato salutato con applausi da oltre 10mila persone.

L’arrivo del Pontefice ha “interrotto” il discorso che stava svolgendo sul palco don Luigi Ciotti, incentrato sul no alla guerra e alle armi. “E’ vietato illudersi, vietato arrendersi. Se tutto dice guerra, le scelte individuali di pace restano possibili e indispensabili” ha detto don Luigi Ciotti.

Papa Francesco, durante l’incontro, ha abbracciato l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello, ora amici e collaboratori, applauditi all’Arena con una standing ovation. “Credo non ci sia bisogno di dire niente” ha commentato il Papa.

Papa Francesco è arrivato in auto all’Arena di Verona per presiedere l’incontro “Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”. Nel corso dell’evento il Pontefice risponde ad alcune domande sul tema, poste da operatori e associazioni.

“La cultura fortemente marcata dall’individualismo rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità, dei legami vitali che ci sostengono e ci fanno avanzare. E questa in termini politici è la radice delle dittature. E inevitabilmente produce delle conseguenze anche sul modo in cui si intende l’autorità. Chi ricopre un ruolo di responsabilità in un’istituzione politica, oppure in un’impresa o in una realtà di impegno sociale, rischia di sentirsi investito del compito di salvare gli altri come se fosse un eroe. Questo avvelena l’autorità. E questa è una delle cause della solitudine che tante persone in posizione di responsabilità confessano di sperimentare, come pure una delle ragioni per cui siamo testimoni di un crescente disimpegno”. Lo ha detto papa Francesco nell’incontro all’Arena di Verona sulla giustizia e la pace, rispondendo a una domanda sul tema “La pace va organizzata” rivoltagli dall’afghana Mahbouba Seraj, venuta da Kabul, e da Giulia Venia del gruppo di lavoro sulla democrazia.

“Questo auguro a voi e alle vostre comunità: una ‘santità capace’, una fede viva che con carità audace semini il Regno di Dio in ogni situazione della vita quotidiana. E se il genio di Shakespeare si è fatto ispirare dalla bellezza di questo luogo per raccontarci le vicende tormentate di due innamorati, ostacolati dall’odio delle rispettive famiglie, noi cristiani, ispirati dal Vangelo, impegniamoci a seminare ovunque un amore più forte dell’odio e della morte. Sognatela così, Verona, come la città dell’amore. E che l’amore di Dio vi accompagni e vi benedica”. Ha evocato la vicenda di Romeo e Giulietta papa Francesco al termine del suo discorso ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose durante l’incontro nella Basilica di San Zeno, a Verona.

“Nella nostra società viviamo questa tensione: da un lato, tutto ci spinge ad agire velocemente, siamo abituati ad avere una risposta immediata alle nostre richieste e diventiamo impazienti se si verifica un ritardo. La rivoluzione digitale degli ultimi anni ci ha permesso di essere costantemente connessi, di poter comunicare facilmente con persone molto distanti, di poter svolgere il nostro lavoro a distanza. Dovremmo avere più tempo a disposizione e invece ci accorgiamo che siamo sempre in affanno, rincorrendo l’urgenza dell’ultimo minuto. Dall’altro lato, sentiamo che tutto questo non è naturale”, ha detto il Papa.

“Se c’è vita, se c’è una comunità attiva, se c’è un dinamismo positivo nella società, allora ci sono anche conflitti e tensioni. È un dato di fatto: l’assenza di conflittualità non significa che vi sia la pace, ma che si è smesso di vivere, di pensare, di spendersi per ciò in cui si crede”, ha detto papa Francesco nell’incontro sulla giustizia e la pace all’Arena di Verona, rispondendo a una domanda sul tema ‘La pace va sperimentata’ formulata dai rappresentanti del Tavolo Disarmo, Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio e Sergio Paronetto di Pax Christi.

“La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri” ha detto papa Francesco al termine dell’incontro all’Arena di Verona.

L’elicottero partito dal Vaticano è atterrato nell’antistadio del Bentegodi ed è stato accolto dal vescovo Domenico Pompili, dal presidente del Veneto, Luca Zaia, dal sindaco Damiano Tommasi, e dal presidente della Camera Lorenzo Fontana. E’ quindi salito nell’auto papale, che lo ha portato nella prima delle sue tappe della visita alla città scaligera, nella basilica di San Zeno.

Papa Francesco è arrivato in auto alla Basilica di San Zeno, a Verona, dove, come primo appuntamento della sua visita nella città veneta, incontra i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Al termine, in Piazza San Zeno, il Pontefice ha incontrato i bambini e i ragazzi, prima di trasferirsi all’Arena di Verona per l’incontro “Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”.

“Cari fratelli sacerdoti, mi fermo su una cosa: i sacerdoti che sono ministri del sacramento della penitenza, per favore, perdonate tutto! Perdonate tutto. E quando la gente va a confessarsi, non andare lì a inquisire. E se voi non siete capaci in quel momento di capire, andate avanti, il Signore ha capito”. Lo ha detto papa Francesco ‘a braccio’ durante l’incontro con i sacerdoti e i consacrati nella Basilica di San Zeno, a Verona.

“Una visita importante e storica. E’ soprattutto importante che si parli di pace, bisogna ricordare il valore della pace, il valore della diplomazia in questo particolare momento storico”. Lo ha affermato il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che stamani ha accolto papa Francesco a Verona. “Mi auguro – ha proseguito Fontana – che questo possa essere un appello che parte dal Papa da qui, da Verona, per tutta l’Italia ma soprattutto per tutto il mondo in questo difficile momento storico”.

“Il sentimento è di gioia per questo incontro lungamente atteso tra Verona e Papa Francesco, ma direi anche di speranza per questo incontro all’Arena di Pace, che mette al centro la realtà che oggi sembra perfino censurabile per la mente di molti, e invece è l’attesa che secondo me sta nel cuore di tutti”. Lo ha detto il vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, poco prima di accogliere papa Francesco per la visita alla città scaligera. “Papa Francesco – ha proseguito Pompili – avrà la possibilità di conoscere la città di cui ha sentito parlare tante volte, soprattutto per la musica lirica, di cui è appassionato. Per noi è l’occasione di ritrovare con lui la gioia del Vangelo, di cui è l’interprete più affidabile, e ripeto anche questa causa della pace, oggi così necessaria”, ha concluso.

“Sono pagine di storia alle quali magari non ci rendiamo conto di partecipare. La visita del Santo Padre in un momento nel quale il messaggio di pace che lui porta è attualissimo”. Lo ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia, che stamani ha accolto papa Francesco per la visita a Verona. “Il Papa – ha aggiunto Zaia – sta facendo queste visite pastorali con questo messaggio che è importantissimo, in una regione che è l’unica al mondo che nella sua bandiera porta la parola ‘pace’ per millecento anni di storia. Hemingway diceva che la guerra è il contesto nel quale gli uomini peggiori mandano a morire gli uomini migliori: ecco, cerchiamo di fare in modo che aumenti il ‘peso’ degli uomini migliori rispetto agli uomini peggiori”, ha concluso.

“Qui c’è un megafono delle tante voci, che già ci sono, di tante persone, delle associazioni, dei movimenti che si stanno impegnando e che possono essere oggi uniti, per capire che non siamo da soli a pensare che che una delle alternative possibili è la pace”. Lo ha detto Damiano Tommasi, sindaco di Verona, che ha accolto papa Francesco al suo arrivo in città. “Al di là dell’empatia che papa Francesco sa creare ogni volta – ha aggiunto – credo che ci sia grande attesa perché c’è grande speranza anche per la nostra città, perché l’Arena di Pace è un luogo di dialogo, e la pace è molto sentita dalla comunità veronese”, ha concluso.

Un’enorme statua in bronzo e acciaio di oltre 10 metri, installata in piazza San Zeno, è stata benedetta da papa Francesco nella sua prima tappa della visita a Verona. La scultura, dal titolo “L’abbraccio”, è opera di Roberto Brizzi ed è stata realizzata nella fonderia artistica Bmn Arte di Verona, ideata dallo scultore Alessandro Mutto e realizzata con la collaborazione con lo specialista in bronzi artistici Ivo Adami. Pesa 4,5 tonnellate, con mani e piedi realizzate in bronzo fuso, mentre il corpo e le figure stilizzate sono fatte con l’acciaio. Nelle prossime settimane, la statua sarà smontata e trasportata a Gerusalemme, dove sarà collocata sul tetto del palazzo della Custodia, di fronte al Muro della Città vecchia, con un sistema di illuminazione interna che la renderà particolarmente suggestiva. Il progetto è stato voluto dall’associazione “Una Via Crucis per Gerusalemme” e dalla Custodia di Terra Santa, con il sostegno di mons. Rino Fisichella, di mons. Giorgio Benedetti e il placet del vescovo Domenico Pompili.

Nell’incontro di Papa Francesco con i detenuti del carcere di Montorio, a Verona, mancano numerosi reclusi, uomini e donne, del penitenziario, che hanno espresso il timore di essere riconosciuti nelle immagini delle telecamere di Vatican media, ammesse nella struttura. Lo si apprende da fonti del carcere.

Non c’è solo il pranzo con detenuti e operatori a segnare l’attenzione di papa Francesco per il mondo del carcere, nella sua tappa alla casa circondariale di Montorio a Verona. Tutta la visita del Pontefice ha visto la valorizzazione anche del lavoro dei carcerati.

“Speriamo ci sia riuscito di farle arrivare l’abbraccio che arriva da questa comunità Santo Padre e di poter condividere con lei la vita che scorre tra queste mura. Perchè qui scorre la vita, non si ferma”. E’ uno dei passaggi dell’indirizzo di saluto che la direttrice del carcere di Montorio, Francesca Gioieni, ha rivolto a Papa Francesco.

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Ardea, beccati in flagrante mentre tentano una rapina in casa

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ARDEA (RM) – I Carabinieri della Tenenza di Ardea hanno arrestato in flagranza due uomini italiani, un 46enne e un 47enne, già noti alle forze dell’ordine, gravemente indiziati per il reato di tentata rapina ai danni di un commerciante, 58enne.
La scorsa notte, una ragazza si è presentata presso gli uffici della Tenenza dei Carabinieri di Ardea, chiedendo aiuto e denunciando un furto in atto presso la propria abitazione di Ardea, via Modena.
Ragion per cui, due Carabinieri, liberi dal servizio e in borghese, acquisita la segnalazione, si sono recati immediatamente presso l’abitazione della donna dove hanno trovato un uomo in fase di colluttazione con il padre della ragazza. Immediatamente bloccato, i Carabinieri, su indicazioni della vittima, hanno appurato della presenza di un secondo complice e si sono messi alla ricerca dell’uomo che, prima dell’arrivo dei militari si era dileguato nei campi limitrofi, ma è stato immediatamente rintracciato e bloccato a circa 50 metri di distanza, nascosto tra gli arbusti.
La vittima, soccorsa, è stata trasportata presso l’Ospedale Sant’Anna di Pomezia, per le escoriazioni riportate durante la colluttazione ricevendo cinque giorni di prognosi.
I Carabinieri, ricostruendo la dinamica dei fatti, hanno appurato che, i due indagati si erano introdotti all’interno della cantina, con l’intento di asportare generi alimentari (olio e vino).
Per questo motivo, i due indagati, sono stati arrestati e condotti in caserma e sottoposti agli arresti domiciliari, in attesa del rito direttissimo. Al termine dello stesso, il giudice ha convalidato l’arresto per entrambi e disposto per loro la misura cautelare degli arresti domiciliari.



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Marcellina, perseguita moglie e figlia dagli arresti domiciliari: portato in carcere

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I Carabinieri della Stazione di Marcellina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari con custodia in carcere a carico di un uomo italiano di 55 anni.
L’esecuzione del provvedimento da parte dei Carabinieri rappresenta l’epilogo di attività investigative mirate a far emergere i molteplici e duraturi comportamenti violenti denunciati dalla ex moglie dell’uomo, costretta a subire le vessazioni del compagno per lunghi periodi, oltre che frequenti violenze fisiche e psicologiche, fino a quando decideva di porre fine alla relazione.
A gennaio dello scorso anno, l’uomo usava violenza anche nei confronti della figlia, all’epoca 17enne, colpevole di essere andata a mangiare una pizza con sua madre, causandole lesioni al volto. Quest’evento ha convinto la donna a denunciare tutto, compresi i maltrattamenti subiti in passato, oltre l’ultimo gravissimo evento a danno della figlia. All’uomo veniva applicato il divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, e divieto dio comunicazione con la parte offesa.
L’uomo, non rispettando il divieto imposto, inviava messaggi minacciosi tramite social network alla ex moglie ed alla propria figlia, cercando di influenzare le loro deposizioni nel processo che si stava svolgendo a suo carico, arrivando a minacciarle anche in aula di tribunale.
In considerazione dei gravissimi fatti accaduti, dell’inosservanza della misura cautelare imposta al 55enne e della necessità di salvaguardare l’incolumità delle donne vittime di violenza, la Procura della Repubblica richiedeva ed otteneva dal Tribunale di Tivoli l’emissione di un aggravamento della misura cautelare in atto con quella della custodia cautelare in carcere, che veniva eseguita lo scorso 9 maggio dai Carabinieri di Marcellina, che traevano in arresto il soggetto e lo conducevano presso la casa Circondariale di Rebibbia.



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