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Rieti, Nucleo Radiomobile dei Carabinieri: dal 1958 ai tempi del Covid sempre pronti a intervenire
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3 anni fail
Tra i reparti dei Carabinieri che attraggono l’attenzione dei cittadini, anche dei più piccoli, vi è sicuramente il Radiomobile: nell’immaginario collettivo, sono le “gazzelle” a sfrecciare lungo le strade delle nostre città, pronte a intervenire dove qualcuno ha bisogno, dove si stanno commettendo reati o dove è necessario prestare soccorso a chi è in difficoltà.
Il Radiomobile nel capoluogo è inquadrato nella Compagnia Carabinieri di Rieti e, insieme a tutte le Stazioni limitrofe (Contigliano, Cantalice Monte Terminillo e Rocca Sinibalda), assicura il pronto intervento sulla città e sui comuni limitrofi 24 ore su 24.
Il primo Nucleo Radiomobile dell’Arma dei Carabinieri viene istituito nel 1958 sulla scia della positiva esperienza maturata con il Nucleo Motorizzato Squadriglie, dotato di veicoli muniti di apparati radio ed impiegato a fronteggiare al meglio il diffondersi di forme di brigantaggio e malavita nell’area della Barbagia in Sardegna.
L’esperienza venne, quindi, estesa via via nelle maggiori città italiane fino a tutti i capoluoghi di provincia ed a tutte le città sede di Comando Compagnia assumendo varie denominazioni e posto sotto il diretto comando di un ufficiale subalterno, con l’accrescimento dei compiti ed in particolare di quelli di polizia giudiziaria. I nuclei vennero quindi arricchiti anche con personale operante in abiti civili assumendo la denominazione di “Nucleo Operativo Radiomobile”. La componente investigativa è rimasta fino ad oggi ed è costituita da militari con spiccata attitudine alle attività investigative.
Analogo servizio viene garantito nei rispettivi territori dai Nuclei Radiomobili delle due Compagnie Carabinieri della provincia, ovvero quella di Poggio Mirteto e quella di Cittaducale. Detti reparti assicurano il pronto intervento h24 su tutto il territorio dei rispettivi Comandi Compagnia.
La Sezione Radiomobile assolve a compiti di prevenzione e ricognizione, assicurando la vigilanza attenta ed ininterrotta di tutto il territorio di competenza del comando da cui dipende, il controllo della circolazione stradale, e garantendo il servizio di pronto intervento sotto il coordinamento della Centrale Operativa, nell’ambito del quale vengono eseguiti numerosi rilievi di incidenti stradali, anche mortali. Il tutto, nel pieno rispetto di quanto previsto dal Piano Coordinato di Controllo del Territorio elaborato dalla Prefettura e già attivo da diversi anni sul capoluogo, che divide la città di Rieti in due settori, attribuiti in alternanza alle due forze di polizia a competenza generale operanti nel capoluogo, al fine di evitare sovrapposizioni e garantire massima tempestività di intervento. A questi compiti “ordinari” si aggiungono anche compiti particolari come le scorte di sicurezza e viabilità a personalità, alle Bandiere e ad autocolonne militari.
Ma com’è cambiato il servizio del Nucleo Radiomobile dei Carabinieri con l’avvento del Covid 19?
I militari si sono ritrovati improvvisamente a dover far fronte, oltre ai quotidiani interventi, anche ad esigenze mai ipotizzate: si è dovuto provvedere a servizi di vigilanza mirati a verificare che non si realizzassero assembramenti nelle strade cittadine, che venissero rispettate le prescrizioni in relazione all’utilizzo di DPI. Non son mancati anche interventi conseguenti a richieste pervenute alla Centrale Operativa sull’utenza 112, che al momento dell’arrivo della pattuglia si è verificato essere solo una richiesta di aiuto e compagnia per scambiare quattro chiacchiere dopo giorni di isolamento.
I Nuclei Radiomobili sono composti da militari particolarmente capaci e addestrati anche per la guida in stato d’emergenza. I militari che ambiscono ad essere impiegati nel particolare incarico devono prima seguire e superare uno specifico corso, durante il quale sviluppano abilità e tecniche per la guida dei veicoli in dotazione anche in condizioni di emergenza. Sin dalla loro istituzione, infatti, i Nuclei Radiomobili sono stati dotati di auto e moto, particolarmente veloci: si ricordano le Alfa Romeo Giulia, Alfetta e 75. Tra le moto sono celebri le Moto Guzzi 850 e le BMW R850T. Proprio per la velocità dei mezzi in dotazione, da cui deriva la rapidità di intervento, trae origine lo scudetto distintivo del Nucleo Radiomobile che raffigura una gazzella che incrocia la Fiamma dei Carabinieri e sormonta una saetta, emblemi di forza, agilità e velocità. Da qui il nome di “Gazzelle” con cui vengono comunemente indicate le pattuglie dei Nuclei Radiomobili. Ultime giunte in servizio a Rieti le Ducati Multistrada 1260 CC da 160 CV”. Per la prima volta, sia sulla Giulietta sia sulla Ducati, sulle livree adesive rifrangenti, è stato introdotto il tricolore per la realizzazione del numero “112”.
Rispetto all’andamento ordinario del servizio dei Radiomobili, anche la natura dell’attività operativa è cambiata: nei giorni del lockdown sono aumentati gli interventi per liti in famiglia tra soggetti costretti ad una convivenza non gradita, per liti tra vicini di casa oltre a quelli per rumori molesti in orario notturno e quelli per atti di vandalismo fine a sé stessi (probabilmente dettati da rabbia interiore e frustrazione) soprattutto da parte dei più giovani. Insomma nell’ultimo periodo quella del Carabiniere è diventata ancor più professione sociale!
Da inizio anno sono state effettuate circa 1.500 pattuglie durante le quali sono stati identificati oltre 2.700 soggetti e controllati oltre 2.100 veicoli e rilevati oltre 100 incidenti stradali di cui 68 sul capoluogo
Ma se importantissimi sono gli interventi repressivi o di soccorso, non bisogna dimenticare l’ancor più fondamentale attività preventiva che viene svolta, vera anima del servizio dell’Arma. Un’attività che non lascia traccia nei riepiloghi statistici, ma che è determinante per la serenità dei cittadini: si pensi a tutto quello che poteva accadere e non è avvenuto perché in un certo momento e in un certo luogo una gazzella dei Carabinieri transitava silenziosa o a sirene spiegate.
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Quale futuro per i diritti dei lavoratori? intervista al professor Alberto Lepore, professore associato di diritto del Lavoro
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3 giorni fail
2 Maggio 2024
Alberto Lepore classe 1972, professore associato in Diritto del Lavoro presso l’Università di Roma 3, membro del Labour Law Group presso l’University College of London. Decine di pubblicazioni in ambito del Diritto al Lavoro ma, principalmente, un grande amico.
Alberto ci diamo del tu, ovviamente: ieri, 1° Maggio, Festa del Lavoro e dei Lavoratori mi è venuta spontanea l’idea di rivolgerti qualche domanda in merito al Diritto al Lavoro proprio per comprendere se, ancora oggi, quelle conquiste sociale figlie dell’800 hanno ancora valore.
La prima domanda prende spunto dall’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Quanto valore ha, ancora oggi, questa affermazione nel nostro Paese?
Quanto affermato dall’articolo 1 della nostra Costituzione ha ancora un grande valore e una portata fondamentale perché a seguito della promulgazione della Costituzione del 1948 vengono superati quell’insieme di privilegi, di retaggio aristocratico e feudale che caratterizzavano l’ordinamento monarchico preesistente.
Secondo l’articolo 1 della Costituzione il cittadino si qualifica all’interno della società non più attraverso quello che ha, ma attraverso quello che fa. Il lavoro quindi diventa da un lato ciò che qualifica la persona, nel contempo il lavoro è anche lo strumento attraverso cui la persona trova la sua collocazione all’interno della società.
Il lavoro diventa in forza dell’articolo 1 il collante tra cittadino e corpo sociale; senza l’esecuzione di una prestazione lavorativa il cittadino non può partecipare al corpo sociale, non può avere una collocazione nella società e non può neanche ricoprire una determinata posizione economica; rimane sostanzialmente emarginato; tagliato fuori dalla società. Quindi l’articolo 1 ha ancora un ruolo fondamentale all’interno della nostra Repubblica, tant’è che si è detto appunto che la Repubblica italiana è una Repubblica lavorista. Ma il principio da questo espresso va protetto perché i privilegi possono sempre, in altra forma, rinascere e, pertanto, bisogna stare sempre in guardia.
Lo sai, sono nato il 20 maggio 1971 ad un anno esatto dalla promulgazione dello Statuto dei Lavoratori. Qualcuno dice che sia stata profondamente scardinata dal Job Act di Matteo Renzi.
Cosa di buono mantiene questa intuizione di cui fu padre putativo Gino Giugni?
Il Jobs Act di Matteo Renzi ha colpito al cuore lo Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n.300 n.d.s.), perché ha abrogato una norma di civiltà e cioè l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che prevedeva, a certe condizioni, qualora il licenziamento fosse illegittimo la reintegrazione nel posto di lavoro, in altri termini, il ritorno nello stesso posto di lavoro come se il licenziamento non fosse mai stato intimato.
Con il decreto legislativo n. 23 del 2015 il Jobs Act ha sostanzialmente modificato la tutela prevista in caso di licenziamento illegittimo sostituendola con la tutela indennitaria: la reintegrazione è stata conservata soltanto in casi marginali, mentre nella maggior parte dei casi nelle ipotesi di licenziamento illegittimo al lavoratore verrà pagata un’indennità monetaria commisurata alla durata del rapporto.
La cancellazione della reintegrazione nel posto di lavoro come tutela generale rende la posizione del lavoratore nel rapporto di lavoro molto più debole.
Il Jobs Act di Renzi poi ha colpito un’altra norma molto importante che tutela la professionalità del lavoratore e cioè l’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori introduttivo del 2103 del codice civile sulle mansioni: ha previsto che è oggi possibile demansionare in ipotesi molto ampie tra cui anche per ragioni economiche legate alle esigenze dell’impresa. Anche questa norma che colpisce la professionalità e la progressione di carriera lede un’altro dei patrimoni del lavoratore e rende molto più debole la sua posizione; anche la norma sul divieto dei controlli sul posto di lavoro (art.4 dello Statuto dei lavoratori n.d.s.) è stata riformata nel senso di consentire controlli molto più pervasivi sul posto di lavoro.
Lo Statuto conserva ancora norme importanti soprattutto nella dimensione collettiva come gli articoli 19 e seguenti che introducono i diritti sindacali; l’articolo 28 sulla repressione della condotta antisindacale; l’articolo 15 sulla non discriminazione.
C’è quindi ancora molto nello Statuto di buono e di protettivo per il lavoratore ma certamente la cancellazione dell’articolo 18 ha creato un vulnus notevole perché ha sostanzialmente monetizzato il posto di lavoro: il datore di lavoro oggi può anche intimando un licenziamento illegittimo sapere che anche se perde in causa dovrà pagare solo una somma di denaro commisurata alla durata del rapporto di lavoro per togliersi dai piedi un lavoratore non più desiderato.
Spesso non si coniuga il diritto al lavoro con i doveri che scaturiscono dal lavoro stesso. A tuo avviso dove sta il punto di rottura tra queste due situazioni?
Il diritto al lavoro come anche il dovere di lavorare sono enunciati dall’art. 4 della Costituzione. Questi due principi sono tra loro complementari, perché la repubblica deve far sì che sia garantito il diritto al lavoro, d’altro canto il cittadino deve fare tutto il possibile per poter trovare un’occupazione.
L’articolo 4, però, è una norma programmatica cioè detta praticamente un programma, un progetto che deve essere realizzato attraverso leggi ordinarie e infatti abbiamo assistito nel corso degli anni all’introduzione una serie di leggi per realizzare il diritto al lavoro.
Dalla introduzione degli uffici di collocamento fino alla creazione delle agenzie accreditate per attuare concretamente il diritto al lavoro. Ma essendo l’art. 4 una norma programmatica il diritto al lavoro e’un principio tendenziale, anche perché non vi è una sanzione se il lavoro non è garantito a tutti tant’è che siamo in un’epoca nella quale la disoccupazione è molto elevata, nonostante gli sforzi che la Repubblica ha fatto, la piena occupazione non è stata mai raggiunta.
D’altro canto il dovere di lavorare è fondamentale perché si lega all’art. 1: il cittadino partecipa al corpo sociale e acquisisce una posizione sociale ed economica nella società soltanto se lavora. Indirettamente la Costituzione stessa sanziona colui che non vuole lavorare: l’articolo 38 prevede prestazioni previdenziali, quindi provvidenze economiche di sostegno al reddito o quando il lavoratore è inabile al lavoro oppure quando il lavoratore è disoccupato, quindi abbia già lavorato ma ha perso il lavoro oppure sia subentrato un evento che abbia reso impossibile lavorare. Quando invece non vuole lavorare il sistema previdenziale non lo supporta, essendo il reddito di cittadinanza una parentesi anomala nel nostro ordinamento, se non addirittura incostituzionale, e, infatti, è stato rapidamente espunto dall’ordinamento previdenziale.
È evidente però che se non è garantito il diritto al lavoro, il cittadino non potrà’ nonostante i suoi sforzi adempiere al dovere di lavorare.
Un’ultima domanda: quale è il futuro stesso dei diritti dei lavoratori ai giorni nostri?
A fronte della globalizzazione dei mercati e della competizione mondiale il futuro dei diritti dei lavoratori non mi pare roseo. Già negli ultimi anni abbiamo assistito, come accennato, ad una riduzione notevole dei diritti a tutela dei lavoratori e probabilmente nei prossimi anni assisteremo a un’ulteriore riduzione dai diritti. Oggi, oltretutto, il lavoro è minacciato dalla informatizzazione e dalla meccanizzazione dei processi produttivi. Il lavoro digitale è eseguito attraverso strumenti elettronici e sicuramente ridurrà ulteriormente le chance di trovare lavoro. Quindi le sfide future per i diritti dei lavoratori sono grandi e molto difficili, ma quale lavorista sono pronto ad affrontarle.
Ringraziamo il professor Alberto Lepore per la sua disponibilità e per averci fatto comprendere, con le sue parole, l’alto senso istituzionale della giornata di oggi Primo Maggio Festa del Lavoro e dei Lavoratori.
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27 Aprile 2024Tempo di lettura 4 minuti
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Prevenzione e contrasto dei crimini informatici: siglato accordo tra Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea
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25 Aprile 2024Tempo di lettura 2 minuti
La convenzione, firmata dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani e da Mauro Pastore, Direttore Generale di BCC Banca Iccrea, è finalizzata a sviluppare una collaborazione strutturata tra le parti, per l’adozione ed il potenziamento di strategie sempre più efficaci in materia di prevenzione e contrasto al cybercrime, considerato il delicato e strategico settore di intervento del Gruppo.
Il Gruppo BCC Iccrea è il maggiore gruppo bancario cooperativo, l’unico gruppo bancario nazionale a capitale interamente italiano e il quarto gruppo bancario in Italia per attivi. BCC Iccrea, in qualità di Capogruppo esercita le attività di direzione, coordinamento e controllo sulle Società del Perimetro di Direzione e Coordinamento e, in tale ambito, supporta l’operatività bancaria delle BCC, fornendo prodotti, servizi e consulenza al fine di soddisfare le esigenze dei loro Soci, clienti, famiglie e territorio di riferimento.
La tutela delle infrastrutture critiche informatizzate di istituzioni e aziende che erogano servizi essenziali è una delle mission specifiche della Polizia Postale, l’articolazione specialistica della Polizia di Stato deputata alla prevenzione e contrasto della criminalità. La Polizia di Stato assicura attraverso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, Organo del Ministero dell’Interno deputato alla sicurezza delle comunicazioni. In particolare, tale compito viene assolto attraverso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) che, con una sala operativa disponibile h24, rappresenta il punto di contatto per la gestione degli eventi critici delle infrastrutture di rilievo nazionale operanti in settori sensibili e di importanza strategica per il Paese.
Alla firma della convenzione erano presenti per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato, Prefetto Renato Cortese, il Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Dott. Ivano Gabrielli mentre per BCC Banca Iccrea erano presenti Renato Alessandroni,
Responsabile Sicurezza e Continuità Operativa, Chief Information Security Officer, Pasquale De Rinaldis, Responsabile Sicurezza delle Informazioni, Giuseppe Cardillo, Head of Architecture & Innovation e Raffaella Nani, Responsabile Comunicazione Istituzionale.
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