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Viterbo, resoconto del convegno “Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e la Tuscia: una scelta impossibile”

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VITERBO – Una sede istituzionale, la sala consiliare della Provincia di Viterbo, e tanti partecipanti tra amministratori, associazioni ed enti: la Tuscia si unisce per dimostrare che il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi è una scelta impossibile.

“Co-invitata di pietra” la Sogin, a cui sarà giunto un forte messaggio dal territorio, che sarà ribadito dal seminario nazionale del 9 novembre, dedicato alle controdeduzioni ufficiali, l’unica tappa in cui è possibile opporsi come privati ed associazioni. 

E’ la politica a dover dare le parole più ferme, e inizia il presidente Nocchi, padrone di casa: “Siamo tutti uniti per la tutela della nostra casa comune, il nostro territorio, che va tutelato”, seguito dai rappresentanti regionali, come l’assessore Lombardi, che parla anche a nome del collega Valeriani: “Ci siamo opposti sin da subito, noi ci siamo per dire che il Lazio non è un’area idonea”, e ancora il consigliere Panunzi: “Sono molto soddisfatto della risposta del territorio, unito per opporsi a questa possibile scelta”. Dal Parlamento, l’onorevole Rotelli: “Stiamo lavorando per dare la massima immagine alla Tuscia dal punto di vista turistico, e spesso il Mibact ha combattuto con noi contro il fotovoltaico Mi chiedo come lo Stato che si è opposto prima sia lo stesso Stato che propone un deposito della durata di centinaia di anni”, e il senatore Fusco: “Non è pensabile che tutto si debba concentrare in questo territorio. La Tuscia non ha bisogno di rifiuti, né tossici né normali, Abbiamo già dato”.

L’incontro, a cui purtroppo è mancata la presenza del sottosegretario al Ministero alle politiche agricole, sen. Francesco Battistoni, nonostante la precedente conferma, ha dimostrato che sono necessarie misure serie e concrete, altrimenti comincerà una vera battaglia, che potrebbe portare alla richiesta di ridisegnare interamente la Cnapi (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee) anziché commentarla.

Tante le voci di allarme, coordinate dal professor Angelo Di Giorgio (Comitato Montalto Futura) che avviando i lavori ha precisato: “La nostra posizione è chiara ed è di opposizione, non è pregiudiziale, viene da uno studio di tecnici di grande valore, che si sono confrontati e hanno fornito tutte le nozioni che hanno corroborato quanto pensavamo, ma con radici tecniche e scientifiche. Faremo presente al seminario nazionale le nostre motivazioni, e saremo accusatori della Sogin, che purtroppo sarà anche giudice di stesso. Per questo siamo qui, per combattere l’arroganza”.

Una ferma opposizione confermata dall’avv. Francesco Rosi (Comitato Maremma Viva), che facendo un excursus giuridico ha descritto tutte le falle che hanno portato all’unificazione dei rifiuti di bassa, media, ed alta intensità, portando le ultime due, inizialmente destinate ad un deposito geologico, ad essere stoccate in uno di superficie, con tutti i rischi del caso, senza sapere nulla del destino dei sistemi di protezione e di possibili deterioramento. Dal punto di vista legale anche per l’avvocato Xavier Santiapichi manca completamente nel processo decisionale la Vas, Valutazione ambientale strategica mentre Daniele Maras, funzionario archeologo della Soprintendenza ha ricordato le tutele previste dal Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e il Codice dei beni culturali, sottolineando uno studio in corso che, se dovesse presentare criticità, diventerebbe la base per un fermo no da parte del Mibact.
Tanti gli argomenti sollevanti, come la salute, fulcro di un secondo intervento del professor Di Giorgio, che ricorda gli unici tumori per cui la provincia di Viterbo è sopra la media nazionale, e i rischi per due tipi di contaminazioni, una per eventi acuti, come terremoti, inondazioni, attentati e incidenti, l’altra per dispersione cronica, legata a deterioramento delle strutture e i trasporti.

Il terremoto del 1971 che colpì Tuscania, 5.0 scala Ricther, diventa una discriminante per tutto il territorio etrusco, come per l’area interna, ‘Alta Tuscia antica città di Castro’, sostenuta dall’avvocato Angelo Annibali, dove insieme alla Regione sta nascendo una Via dei sentieri e dei briganti e un Geoparco degli Etruschi, tanto da chiedersi: “Non si comprende perché da un lato abbiamo lo Stato che finanzia, dall’altro lo stesso Stato pensa di mettere un deposito nucleare”. Sempre dal territorio è giunta la voce di Famiano Crucianelli (Biodistretto della Via Amerina e delle Forre) che sottolinea la pericolosità di un deposito “provvisorio”, non solo per l’eternità che il termine è solita assumere in Italia, ma anche per la pericolosità nel breve termine: “In caso di incidente, qualsiasi influenza sulle falde acquifere porterebbe l’inquinamento radioattivo direttamente a Roma”.

Un’analisi specifica sul mondo agricolo, specie under 35 è stata proposta da Giorgio Grani (Giovani Confagricoltura), pronto a lottare per difendere un settore in crescita, con percentuali di biologico altissime e decine di prodotti Dop e Igp, tra cui olio e nocciola romana, supportato da Remo Parenti (Confagricoltura Viterbo e Rieti), che ha ricordato: “La Tuscia è sempre stata tagliata fuori da scelte di crescita, recuperate da tanto sacrificio e investimenti per avere un’agricoltura sempre migliore, che produce qualità. Sogin ha eliminato interamente l’aspetto umano, parlando di criteri oggettivi, ma solo a Tuscania è presente una faglia non rassicurante, e non si capisce come non se ne sia tenuto conto. E’ assurdo non aver considerato fattori socio-antropologici, la scienza deve tenere conto del fattore umano, deve essere al suo servizio”. Agricultura che viaggia insieme al turismo, merito di una terra incontaminata, come spiega Luca Balletti (Federalberghi), precisando la fatica fatta per rialzarsi dopo le chiususe, uno sforzo che potrebbe rivelarsi vano con una decisione che di fatto sarebbe la condanna della Tuscia.

Tra gli amministratori la voce di Sgarbi (sindaco Sutri), pronto a condannare una scelta completamente senza senso; Marco Rossi (Gallese) che, pur riconoscendo la mancanza del fattore antropico, chiede di fare attenzione sulla procedura, in questo momento legata ad una visione per aree vaste; Fabio Menicacci (Soriano nel Cimino) che ricorda la vicinanza con la Faggeta vetusta, patrimonio Unesco, il Tevere e le coltivazioni di noccioleti e sollecita la Provincia a stilare un documento che sottolinei quanto sia sciocco fare un deposito del genere in aree culturali e turistiche, di cui molte protette. segnando la morte del territorio; Ridolfo Ridolfi (Corchiano) che torna alla politica: “Chiedo a Regione e Provincia di presentare osservazioni autorevoli, che seguano l’esempio di altri territori”, poi appoggiato da Mauro Pacifici (pres. Coldiretti Viterbo): “È la politica che deve intervenire, va portata avanti l’attenzione sul sito di scorie, ma soprattutto sollecitare le nostre autorità politiche a diventare ancora più forti, lasciando a parte la poetica e chiedendo di prendere concretezza” e da Raimondo Chiricozzi (Ass. Aics e Confesercenti): “La politica a dire no con atti concreti, specie la Regione Lazio che deve impegnarsi maggiormente”.


Di Giorgio conclude raccogliendo le proposte: “Torniamo con i piedi per terra, questo incontro serviva per informare. Ho letto le relazioni delle altre regioni, Piemonte, Sardegna, Puglia e rispetto a quelle del Lazio il paragone è impietoso, i comitati hanno sottolineato che le osservazioni della nostra Regione sono terribilmente deboli. Siamo soli, ci stiamo aiutando da soli, al momento la politica ha detto ‘siamo contrari’ e dove sono i fatti? Non ci resta che partecipare alla conferenza nazionale per dare le nostre motivazioni, rispettando i parametri previsti per legge e che la stessa Sogin indica. Sono certo che non avremo soddisfazione, la Sogin procederà per la sua strada e non ci resterà che quella giudiziaria. Attendo le azioni pratiche della politica, sia a livello regionale che governativo, che devono rimarcare gli errori fatti”.

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ANBI, trasparenza e sicurezza lavoratori: Consorzi di Bonifica bresciani primi firmatari protocollo con Prefettura

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Massimo Gargano: “E’ il nostro, fattivo contributo a far sì che il 1 Maggio non sia mera celebrazione della Festa dei Lavoratori, ma impegno quotidiano”
 
“E’ un impegno concreto non solo per la trasparenza nell’utilizzo di risorse pubbliche, ma anche per il controllo sull’osservanza rigorosa delle disposizioni in materia di collocamento, igiene, sicurezza sul lavoro, tutela dei lavoratori sia contrattualmente che sindacalmente: temi di drammatica attualità e su cui ribadiamo la nostra, massima attenzione in tutta Italia.”
 
Ad affermarlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), annunciando la  firma del Protocollo di Legalità per la Prevenzione dei Tentativi di Infiltrazione della Criminalità Organizzata negli Appalti Pubblici tra il Prefetto di Brescia, Maria Rosaria Laganà ed i Presidenti dei locali Consorzi di bonifica, Luigi Lecchi (Cdb Chiese) e Renato Facchinetti (Cdb Oglio Mella).
 
I due enti consortili sono impegnati nella realizzazione di importanti opere per la gestione dell’acqua, grazie alle risorse pubbliche, stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.), nonchè da fondi nazionali e regionali; da qui l’esigenza di salvaguardare la realizzazione delle opere da possibili tentativi di infiltrazione da parte di gruppi legati alla criminalità organizzata, in grado di condizionare le attività economiche.
 
Come strumento efficace, per conseguire gli obbiettivi di tutelare la trasparenza nelle procedure concorsuali di appalto, è stato esteso l’obbligo di acquisire le informazioni antimafia prima della sottoscrizione dei contratti, che vedranno l’inserimento di precise clausole nel merito.
 
“Mai come ora devono essere rafforzati gli strumenti di prevenzione antimafia ed anticorruzione salvaguardando, al contempo, l’esigenza di assicurare certezza e celerità nell’esecuzione dei lavori pubblici” dichiara il Prefetto, Laganà.
 
La sottoscrizione del Protocollo di Legalità nasce su iniziativa dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) e vede i Consorzi di bonifica bresciani tra i primi firmatari.
 
“L’atto sottoscritto a Brescia conferma l’impegno dei Consorzi di bonifica ed irrigazione per la trasparenza e la prevenzione dei tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata: ora sono ampliate le informazioni antimafia nei bandi di gara e viene rafforzata la vigilanza sulla sicurezza dei lavoratori. E’ il nostro, fattivo contributo a far sì che il 1 Maggio non sia mera celebrazione della Festa dei Lavoratori, ma impegno quotidiano” dichiara Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
 
Con il Prefetto, i Presidenti dei Consorzi di bonifica “Chiese” ed “Oglio Mella” hanno condiviso anche la necessità di proseguire gli investimenti dedicati alle infrastrutture idriche, indispensabili all’intera provincia sia per l’irrigazione, sia per la salvaguardia di un territorio idrogeologicamente fragile.
 
Privo di virus.www.avast.com



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Sicurezza idrogeologica, nasce “l’ANBI Air Force”

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E’ già stata simpaticamente definita l’ “ANBI Air Force” e sono le decine di droni, che quotidianamente si alzano sui comprensori italiani per controllarne la sicurezza idrogeologica, accompagnati anche da natanti radiocomandanti e sonde deputate ai controlli degli specchi d’acqua: è questa la novità più sorprendente, emersa nel meeting sulle innovazioni messe in atto dai Consorzi di bonifica ed irrigazione, dove anche la figura professionale del pilota di quadricotteri è ormai divenuta familiare negli organigrammi; l’evento è andato in scena a Vercelli, organizzato dall’Associazione Irrigazione Ovest Sesia nell’ambito della Planet Week, prologo al vertice G7 “Clima, Ambiente ed Energia” previsto a Torino a fine mese.
“Abbiamo voluto essere in questo contesto, perché siamo consapevoli di quanto facciamo a servizio del Paese e vogliamo proseguire, aumentando la capacità di fare sistema – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Nei Consorzi di bonifica c’è una grande capacità progettuale, promotrice di un modello irriguo sostenibile, che deve essere riconosciuto in un’Europa, da cui l’Italia è ancora troppo distante. La questione acqua è ormai un problema planetario.”
Se il miglior consiglio irriguo di Irriframe e la certificazione volontaria Goccia Verde, voluti da ANBI, sono il presente della sostenibilità nel settore primario, nuovi orizzonti stanno aprendosi dall’applicazione dell’Intelligenza Artificiale, i cui algoritmi vengono “addestrati” per dare risposte all’agricoltura di precisione ed alla salvaguardia idrogeologica, aumentando l’efficienza, riducendo tempi e costi.
La rete idraulica lungo la Penisola è ormai pressochè totalmente automatizzata e controllata da remoto, nonché luogo di costanti innovazioni: dai pannelli fotovoltaici galleggianti alle barriere per il recupero delle plastiche galleggianti; c’è inoltre una rinnovata concezione della manutenzione lungo i corsi d’acqua, rispettosa dei tempi della natura per favorire la conservazione degli ecosistemi.
I Consorzi di bonifica ed irrigazione sono però consapevoli dell’emergente complessità della gestione idrica di fronte alla crisi climatica: il problema di fondo è la ricerca del punto di equilibrio fra esigenze agricole ed ambientali, valorizzando le molteplici funzioni collegate alla gestione dell’acqua sui territori (dalla ricarica delle falde alla conservazione dei giardini storici); in questo quadro si chiede che l’utilizzo delle acque reflue per l’irrigazione debba essere accompagnato da una certificazione di salubrità, redatta da un ente terzo.
“C’è una profonda ingiustizia in questo Paese, che non percepisce la differenza fra il contributo ai Consorzi di bonifica, che non gravano di oneri il servizio irriguo a servizio dell’agricoltura che produce cibo e la tariffa, imposta dalle società del servizio idrico integrato, che invece legittimamente puntano anche ai dividendi per i soci – chiosa, concludendo, Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’Italia non ama la prevenzione, ma il futuro non può che essere legato ad un nuovo modello di sviluppo che abbia, al centro, la valorizzazione del territorio e la promozione della resilienza delle sue comunità.”



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Clima, osservatorio ANBI: “Dopo l’estate anticipata, l’inverno ritardato”. Ecco il quadro nazionale

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Assieme a raffreddori ed influenze, nonché al rischio di gelate per le colture, lo sbalzo termico verso il basso dei giorni scorsi ha portato una benefica discesa nelle temperature dei mari italiani, ricondotte a livelli più in linea con le medie del periodo. Secondo i dati del Programma europeo Copernicus e dell’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), a livello mondiale si registrano, da oltre un anno, le acque marine più calde di sempre, così come conferma il report “European State of the Climate 2023” per quelle, che bagnano i confini esterni del Vecchio Continente.

“Un aspetto della crisi climatica poco percepito dall’opinione pubblica è la sua complessità: la biosfera è unica e l’alterazione di un elemento influisce sull’equilibrio generale – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Per questo, confinare la siccità come un problema meramente agricolo è un gravissimo errore, perché molteplici sono i servizi ecosistemici apportati: dall’equilibrio ambientale all’attrattività turistica.”

Secondo il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, chi non pare beneficiare dell’instabilità climatica di questi giorni sono la Sicilia e la Calabria dove, ad esempio, il fiume Lao è al 43% della portata media di questo periodo e l’Ancinale tocca addirittura -95% (fonte: Centro Funzionale Regionale Protezione Civile Calabria); entrambe le regioni sono caratterizzate da enormi deficit idrici, a causa di molti mesi privi di significative precipitazioni.

In Puglia, nei giorni scorsi, si sono registrate piogge sull’Alto Salento (quasi 10 millimetri) e sul Leccese (fino a mm. 5), ma i bacini del Tavoliere trattengono il 37% di acqua in meno rispetto al 2023, cioè mancano oltre 112 milioni di metri cubi.

Non va meglio in Basilicata, dove è impietoso il confronto tra la quantità d’acqua invasata quest’anno e negli anni passati: nella seconda metà di Aprile 2023, rovesci torrenziali avevano fatto confluire ben 14 milioni di metri cubi d’acqua nei bacini della regione; attualmente le disponibilità idriche sono più che dimezzate (-54%) ed il deficit, nonostante un recente apporto di piogge (mln. mc. 2,74), si attesta a quasi 124 milioni di metri cubi (fonte: Autorità Bacino Distrettuale Appennino Meridionale).

Notizie preoccupanti arrivano anche dall’Abruzzo, dove il deficit pluviometrico registrato nei primi 4 mesi del 2024, unitamente alla poca neve caduta sull’Appennino, ha pressochè dimezzato la quantità d’acqua trattenuta nel bacino di Penne, il principale ad uso irriguo, dove mancano all’appello circa 3.600.000 metri cubi; fiducia si ripone nello scioglimento del manto nevoso ora presente a Campo Imperatore (cm. 34) e che potrebbe incrementare la portata del fiume Tavo, che alimenta l’invaso.

Nel Lazio il livello del lago di Bracciano rimane, come un anno fa, 1 metro al di sotto dello zero idrometrico, mentre continua a calare il piccolo lago di Nemi, ora 34 centimetri sotto il livello del 2023. Il fiume Tevere rimane largamente sotto media, così come decrescente è il livello dell’Aniene, mentre incrementi si registrano nei flussi della Fiora.

In Umbria crescono le portate dei fiumi Velino e Topino, mentre cala il Chiascio e l’altezza idrometrica del lago Trasimeno scende a -cm. 1,28.

“E’ la persistente condizione di allarme ecosistemico nel principale lago dell’Italia centrale, l’immagine di un Paese che, al di sotto degli Appennini, non riesce a recuperare il deficit idrico, dovuto a mesi di insufficienti apporti pluviali. E’ quantomai urgente prepararsi a gestire, in maniera condivisa e nel rispetto delle priorità di legge, una condizione d’emergenza che, seppur in maniera non uniforme, appare inevitabile nei mesi a venire” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

Restano modesti, nonostante gli incrementi registrati questa settimana, i livelli dei fiumi nelle Marche. A far da contrappeso rimangono i circa 53 milioni di metri cubi invasati nei bacini e che, pur essendo inferiori a quelli del 2023 caratterizzato da fenomeni meteorologici estremi nei primi 4 mesi dell’anno, rappresentano una garanzia d’approvvigionamento per i mesi più caldi e secchi.

Sull’Appennino di Toscana è apparsa tardivamente la neve, che era mancata in inverno: cm. 44 sull’Abetone, oltre 30 centimetri in Garfagnana, mentre sull’Amiata il manto è superiore ai 20 centimetri. Ricchi d’acqua sono i principali alvei con l’eccezione dei bacini più a Sud (Ombrone, Albegna, ecc.).

In Liguria tornano a crescere le portate dei fiumi Vara e Magra, mentre registrano un abbassamento quelle dell’Entella e dell’Argentina.

In Emilia Romagna, oltre mezzo metro di neve è ora presente sui monti bolognesi, reggiani e parmensi (cm. 63 a Lagdei), mentre su quelli romagnoli la cumulata si attesta tra i 15 ed i 30 centimetri.

In Veneto, il bilancio idrico resta ampiamente positivo, nonostante drastiche riduzioni di portata per i fiumi Adige, Piave, Livenza, mentre Bacchiglione, Brenta e Muson dei Sassi scendono addirittura sotto media.

Anche in Lombardia le riserve idriche restano largamente confortanti (+45% sulla media), seppur il fiume Adda cali, pur mantenendo una portata superiore a quella degli scorsi 7 anni.

Ad eccezione del lago di Como, i grandi bacini naturali del Nord restano vicini al colmo: Maggiore 97,7%; Sebino 93,6%; Benaco 98,6%.

I fiumi sono in calo anche in Piemonte ad iniziare dal Po, che resta comunque sopra la media, mentre Tanaro e Stura di Lanzo tornano sotto.

In Valle d’Aosta, infine, il manto nevoso supera i 2 metri e mezzo nelle stazioni sopra i m. 2200; terminati temporaneamente gli apporti dalla fusione nivale, dovuta all’anomalo anticipo d’estate della scorsa settimana, le portate dei corsi d’acqua hanno subìto una decisa contrazione: a Nus, la Dora Baltea in 7 giorni è passata da mc./s 29 a mc/s 6,50 (fonte: Centro Funzionale Regionale Valle d’Aosta)!

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