ACQUEDOLCI, GROTTA SAN TEODORO: È ALLARME ABBANDONO PER UN SITO DI 200MILA ANNI

 

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di Vincenzo Giardino
Acquedolci (ME)
– Ad Acquedolci, paesino tirrenico della provincia di Messina, attraverso un'anonima stradina con indicazioni poco visibili, si accede alla Grotta di San Teodoro, dal nome dall'eremita che l'avrebbe abitata, un sito archeologico di enorme interesse storico e scientifico. L'attuale stato di abbandono dimostra il disinteresse della Regione Sicilia e del Comune di  Acquedolci negli ultimi anni.

L'attuale amministrazione comunale è totalmente disinteressata, sostenendo di avere altre priorità, come il rifacimento del lungomare per l'incentivazione delle attività legate alla balneazione (meglio l'uovo oggi che la gallina domani?).

La grotta di epoca paleolitica, formatasi in seguito ad un fenomeno carsico verificatosi all’incirca otto-dieci milioni di anni fa, fu segnalata per la prima volta dal barone Francesco Anca nel 1859. Gli scavi successivi  furono condotti da Vaufray (1925), Graziosi e Maviglia (1942) e dalla dr.ssa Bonfiglio (dal 1982- al 2006).
Tra i vari fossili (elefante nano, iena, cervo, cinghiale, ippopotamo e asino nano), furono ritrovati i resti di uno scheletro appartenuto ad una donna di circa trent'anni alla quale fu dato il nome di Thea (dal latino Theodora) per collegarlo a quello della Grotta. Quasi tutti i fossili ritrovati furono trasferiti in vari musei (Palermo, Firenze, etc.), lo scheletro di Thea si trova nel Museo Geologico Gemmellaro di Palermo. Negli ultimi anni si fa accenno alla Grotta di San Teodoro solo in qualche programma televisivo di carattere scientifico e trova l'interesse di alcune scolaresche e di qualche studioso  straniero.

Degno di nota è l'impegno del gruppo di dipendenti dei Beni Culturali che, oltre ad accogliere i rari visitatori con gentilezza e disponibilità, si prodigano quotidianamente, con pochissime risorse e spesso a spese loro, per mantenere il sito in maniera accettabile.
Ognuna di queste persone conosce la storia della Grotta, in ognuno di loro è percepibile la passione che li lega a questo posto unico ed affascinante. Sono persone che anonimamente svolgono la loro attività oltre il dovere professionale. Conoscono tutte le fasi degli scavi che si sono succeduti nell'arco di quasi 150 anni,conoscono i nomi degli studiosi a cui va il merito dei vari ritrovamenti e dei pochi sindaci di Acquedolci che hanno sostenuto in qualche modo il sito (Terranova e Oriti).

In Alto Adige con il ritrovamento della Mummia del Similaun (1991), anche nota come Uomo del Similaun,
che non ha la stessa importanza storica e scientifica dello scheletro di Thea), è stata creata un'attrazione internazionale, promossa in tutte le riviste turistiche dell'Alto Adige.

In Sicilia sono molti a non conoscere l'esistenza di questa grotta,
nonostante gli sforzi della comunità scientifica di creare iniziative per darne visibilità. Purtroppo sono ancora pochi gli amministratori locali che credono che la storia e la cultura possono creare un indotto economico che potrebbe sollevare le sorti del territorio, dimenticandosi di quanto invece sia stata prodiga la colta nobiltà Borbonica per dare sostegno alla ricerca archeologica e scientifica in genere. Infatti, l'unico periodo in cui veniva dato lustro mondiale al patrimonio archeologico del Sud Italia è stato il periodo Borbonico.

In Francia un ammasso di ferraglia firmata Gustave Eiffel, riesce a portare soldi nelle casse dei francesi da più di 150 anni, in Sicilia, un sito di oltre 200mila anni di storia ha bisogno della sporadica generosità di qualche amante dell'archeologia per essere mantenuto in vita.