Emulsionanti alimentari sono aggiunti a molti alimenti trasformati a migliorare la struttura e prolungarne la durata. Chimicamente simile ai detergenti, essi hanno dimostrato di alterare la barriera di muco e microbi esso associati. Collettivamente noto come microbiota intestinale, questi batteri aiutano con il metabolismo e mantengono un sano sistema immunitario. Ogni modifica in questa comunità microbica può causare malattie croniche
di Cinzia Marchegiani
L’industria alimentare è la responsabile di molte patologie dell’uomo vittima inconsapevole di alcuni disastri sanitari, spesso ricerche e studi confermano quello che i consumatori purtroppo scoprono sulla propria pelle, con un danno a livello personale irreversibile e anche a carico del sistema sanitario nazionale. Gli additivi alimentari si trovano ovunque, sono utilizzati per rendere stabili e super conservabili gli alimenti ma scatenano importanti cambiamenti e reazioni all’interno del nostro organismo, fino a sviluppare malattie serie e soprattutto croniche. Un altro studio da poco pubblicato dal National Institute of Health ricorda questa realtà, gli “Additivi alimentari comuni chiamati emulsionanti promossi colite e sindrome metabolica nei topi modificando microbi intestinali. I risultati suggeriscono che alcuni additivi alimentari potrebbe svolgere un ruolo nella crescente incidenza di obesità e malattie infiammatorie croniche dell'intestino.”
MA PERCHÉ? Il tratto digestivo è la patria di 100 trilioni di batteri. Collettivamente noto come microbiota intestinale, questi batteri aiutano con il metabolismo e mantengono sano il sistema immunitario. Ogni modifica in questa comunità microbica può causare malattie croniche. Uno spesso strato di muco separa batteri intestinali dal rivestimento dell'intestino. Un gruppo di ricerca guidato dal dottor Andrew T. Gewirtz presso la Georgia State University si chiese se le sostanze chimiche che distruggono la barriera muco potrebbero alterare la flora intestinale e svolgere un ruolo in disturbi associati con l'infiammazione, tra cui la malattia infiammatoria intestinale e la sindrome metabolica. Emulsionanti alimentari sono aggiunti a molti alimenti trasformati a migliorare la struttura e prolungarne la durata. Chimicamente simile ai detergenti, essi hanno dimostrato di alterare la barriera di muco e microbi esso associati. Per determinare se questi potrebbero avere un ruolo nelle malattie croniche, il team nutrito topi bassi livelli di 2 emulsionanti comunemente utilizzati, carbossimetilcellulosa o polisorbato-80, in acqua potabile o nel cibo. La ricerca è stata finanziata in parte dal National Institute del NIH di diabete e Digestiva e Malattie renali (NIDDK). I risultati sono apparsi nella rivista scientifica Nature il 5 marzo 2015. I topi nutriti con gli emulsionanti per 12 settimane hanno sviluppato basso grado di infiammazione intestinale e sindrome metabolica, un insieme di condizioni che aumentano il rischio di diabete di tipo 2, malattie cardiache e ictus. I topi che sono stati geneticamente modificati per essere più inclini a infiammazione e cambiamenti intestinali microbo sviluppato colite se somministrate le emulsionanti.
INDUSTRIA ALIMENTARE E MALATTIE CRONICHE, ILLOGICITA' DELLE REGOLAMENTAZIONI Eppure non servono studi promossi con spese onerose per sapere come l’industria alimentare produce malattie croniche nella popolazione che utilizza prodotti alimentari elaborati,raffinati e a lunga conservazione. Forse i finanziamenti andrebbero utilizzati per fare campagna di informazione. Troppo spesso introduciamo nel nostro corpo alimenti che hanno perso sostanzialmente il loro valore nutrizionale, dove questi additivi creano squilibri talmente grandi che andrebbero tolti dalla circolazione e cercare di capire come si può affrontare il tema della produzione nella filiera industriale, altrimenti il sistema così congeniato crea malati che vanno ad arricchire il solito business farmaceutico.. Insomma se si sa, perché non si vieta? Le dipendenze legalizzate sono queste quelle idee che creano ricchezza ma non salute, l’importante è che il consumatore ne sia consapevole, è questa la strategia per rimanere indenni da qualsiasi risarcimentO. Sia Chiaro, gli additivi alimentari si trovano in tutti gli alimenti lavorati e sono autorizzati per legge. Dagli edulcoranti, coloro nati, emulsionanti, conservanti e ogni ben di Dio, anche nei prodotti per bambini. E allora buon appetito a tutti!
Terminator Resistance è uno shooter single player in prima
persona sviluppato da Teyon per Pc, Xbox One e Ps4. I diritti del gioco si
basano esclusivamente sui primi due capitoli cinematografici della serie,
proprio per tale motivo, almeno da un punto di vista “potenziale”, il titolo è
tra le opere meglio riuscite nel proporre cosa è accaduto dopo il famoso Giorno
del Giudizio. Il protagonista dell’avventura si chiama Jacob Rivers, un soldato
della divisione Resistance Pacific. Nonostante Jacob sia solo un modesto
soldato semplice, scoprirà presto di essere stato preso di mira specificamente
da SKYNET, l’intelligenza artificiale nel pieno del suo programma di sterminio
della razza umana. La trama di Terminator Resistance riesce a farsi
discretamente apprezzare con molte soluzioni tipicamente cinematografiche anche
per quanto riguarda il level design che invece in molti altri punti però
risulta davvero essere poco curato per un titolo di attuale generazione. Ma andiamo
ad esaminare la trama più da vicino. Come dicevamo: il mondo è finito, è stato
tutto inutile, le testate nucleari hanno devastato le grandi metropoli
riducendo la terra in un ammasso di rovine e di deserti desolati. Il povero
John Connor, Sarah Connor e tutti coloro che si sono succeduti dopo questi iconici
personaggi, non sono riusciti ad evitare la guerra tra uomini e macchine
ribelli e i pochi sopravvissuti sono costretti a nascondersi per evitare lo
sterminio totale. Anche in Terminator Resistance gli umani sono raggruppati in
piccoli nuclei di resistenza e portano avanti una guerra che è ambientata
esattamente trent’anni dopo Terminator 2: Il giorno del giudizio. Skynet sembra
ormai avere il dominio assoluto, ma i leader della resistenza non si arrendono,
e nelle loro fila abbiamo anche il protagonista Jacob Rivers. Proprio come in
un film di Hollywood, Rivers è la recluta di turno che segue il gruppo della
resistenza con un destino speciale tutto da scrivere. A rendere ancora più
misterioso il cammino dell’eroe c’è poi l’Estraneo, un uomo misterioso che guiderà
i giocaotori nella battaglia, rivelandosi uno scrigno di sapere su tutto ciò
che riguarda la guerra scatenata dalle macchine. Nel corso della storia, viene
data la possibilità di compiere delle scelte, che si limitano ad essere piccoli
bivi narrativi che non fanno altro che sbloccare alcune scene extra, ma che
fondamentalmente non cambiano l’evoluzione della storia. Uno degli aspetti
implementati e coinvolti da queste scelte sono i rapporti con i vari protagonisti
della storia e la conquista o meno della loro fiducia. Il grado di fiducia
crescerà grazie al compimento di una serie di missioni secondarie, quasi tutte
esonerate da specifici combattimenti, se non quelli emergenti con i vari ragni
robot, o HK volanti o di terra, e volte alla ricerca di rifornimento,
medicinali o informazioni sensibili.
A livello di gameplay Terminator: Resistance si presenta
come uno sparatutto in prima persona senza tanti fronzoli, ma le dinamiche
messe in opera dal team Teyon, lo fanno assomigliare per certi versi a un
action-stealth dalle dinamiche piuttosto scarne. Nonostante la guerra scatenata
da Skynet e lo scenario apocalittico costellato di macerie, infatti, sono rare
le scene particolarmente concitate degli scontri a fuoco. Soprattutto nelle
fasi iniziali, dove non avendo la disponibilità di armi sofisticate per
abbattere i robot, bisogna cercare di farsi notare il meno possibile. Per fare
ciò basterà nascondersi dietro i rottami delle autovetture, dietro dei muri,
insomma mettersi al riparo dietro a qualsiasi elemento presente nello scenario
per non farsi scoprire dai robot. Ovviamente, laddove si preferisca affrontare
le macchine in scontri diretti, è sempre possibile imbracciare il fucile e
sparare, ma optare per questo tipo di approccio risulta sempre essere
pericoloso e, a parere nostro, meno divertente. In Terminator Resistance
purtroppo è presente un gameplay davvero scarsamente calibrato in termini di
sfida: si passa da un approccio stealth praticamente obbligato delle prime tre
ore di gioco, a uno sparatutto quasi di natura arcade dove chi gioca è
praticamente invincibile grazie alla dotazione del fucile al plasma.
L’intelligenza artificiale dei Terminator, inoltre, non fa altro che rendere
tutto più facile, poiché oltre a non individuare il protagonista nelle
immediate vicinanze quando si nasconde, la loro offensiva è piuttosto bassa e
inconsistente rispetto a quella di Rivers. Tutto questo è molto divertente
all’inizio, ma andando avanti nella storia il livello di sfida è davvero molto
basso e purtroppo il titolo si riduce a un’avventura semplice e dalle dinamiche
piuttosto elementari. A rendere le cose ancora meno interessanti in questo Terminator
Resistance ci pensa lo schema ridondante delle missioni, che mette in scena un
percorso da seguire attraverso gli indicatori da raggiungere ingaggiando le
macchine che ostacolano il cammino dell’eroe. Le aree da esplorare sono anche
piuttosto limitate a dispetto dello scenario proposto in modo illusorio e
fortemente limitato da rottami che mascherano barriere invisibili e in
definitiva percorsi predeterminati. Il gioco prova a introdurre alcune
meccaniche vincenti come il crafting con i tessuti, le armi e i pezzi di
memoria di Skynet che si possono trovare nel corso dell’avventura. Questi
comp0onenti permettono di aumentare il livello di Jacob e aumentare anche le
capacità di scassinamento delle porte o di hacking dei dispositivi. Per quanto
riguarda il potenziamento delle armi, Rivers è protagonista di un ulteriore
minigioco, dove dovrà far combaciare una serie di chip per implementare la
potenza di fuoco o la precisione. Si tratta di espedienti sicuramente non
originali, ma che almeno riescono a donare un pizzico di varietà all’eccessiva
linearità delle missioni.
A livello grafico Terminator Resistance offre un comparto sicuramente
gradevole, ma comunque sotto la media, con scenari ben realizzati, ma con pochi
elementi e spesso troppo ripetuti. Inoltre, i modelli utilizzati sembrano
rifarsi almeno alla scorsa generazione, troppo scarni di particolari e
piuttosto rigidi nei movimenti. Inoltre i colpi sparati che non si capisce bene
dove vadano a segno e una scarsa varietà dei nemici, rendono l’esperienza di
gioco davvero poco soddisfacente. Dal punto di vista sonoro fortunatamente le
cose sono decisamente migliori grazie a un buon doppiaggio in italiano ed
effetti sonori per gli spari e le esplosioni di buon livello, ma a rendere il
comparto audio davvero notevole ci pensano i motivi musicali, che offrono alcuni
rimandi al tema originale del film. Tirando le somme, questo Terminator
Resistance si presenta come un titolo che può essere apprezzato solo dai veri
fan di Terminator o dai giocatori più giovani. Diciamo questo in quanto l’estrema
facilità di gioco, la povertà di dettagli e particolari, l’IS dei nemici veramente
ridicola e un gameplay davvero troppo elementare potrebbero far storcere il
naso a chi si aspetta qualcosa davvero in grado di stupire. A nostro avviso il
lavoro del team Teyon non rende giustizia al potenziale che il brand racchiude.
Tutto (musiche a parte) poteva esser fatto meglio, ma purtroppo il risultato
finale è un titolo poco coinvolgente e che sembra sviluppato in tutta fretta. Il
nostro consiglio? Se proprio volete acquistarlo provatelo o almeno
documentatevi su YouTube.
Volete sapere con chi chiacchierate di più su WhatsApp? Bene,
per chi non lo sapesse, l’app della popolarissima piattaforma di instant
messaging ha una funzione nascosta per mostrarlo, con tanto di dettagli
relativi all’esatto numero di messaggi scambiati con uno specifico contatto. La
funzionalità è molto semplice da trovare, ma non è ancora molto utilizzata in
quanto è ben nascosta nelle impostazioni dell’applicazione. Per visualizzarla è
necessario accedervi e selezionare la voce “Utilizzo dati e archivio”. Da lì,
scegliendo l’ultima opzione della lista, vale a dire “Utilizzo archivio”, si
aprirà una schermata contenente tutte le conversazioni dell’utente su WhatsApp
ordinate dall’alto verso il basso in base allo spazio da esse occupato. Se si
seleziona una specifica chat si potranno poi visualizzare tutti i dettagli
dell’interazione. Con ciò si intende il numero totale di messaggi scambiati
divisi in testi, gif, foto, video, registrazioni audio, sticker e documenti.
Per ogni categoria viene poi fornita anche l’esatta porzione di memoria che
occupa. Quest’ultima feature è molto utile in quanto grazie ad essa è possibile
gestire al meglio l’applicazione per eliminare tutti quei contenuti troppo
pesanti che occupano la memoria del dispositivo mobile. Va sottolineato inoltre
che il fatto che una chat di WhatsApp occupi tanto spazio non vuole
necessariamente dire che è quella con cui si hanno più interazioni. Se infatti
i media inviati sono foto e video, la pesantezza aumenta. Potrebbe dunque
accadere che una chat in cui si mandano molti messaggi di testo risulti in una
posizione più bassa nella classifica perché questi occupano meno spazio. Per lo
stesso motivo le conversazioni di gruppo peseranno di più perché contengono
messaggi inviati da più utenti. In ogni caso, da oggi grazie a questa
particolare funzione, gestire WhatsApp sarà sicuramente molto più semplice, ma
soprattutto riuscire ad avere la memoria di archiviazione del proprio
telefonino occupata in maniera non eccessiva è finalmente un sogno facilmente
realizzabile.
Just Dance 2020 (disponibile su PlayStation 4, Nintendo Switch, Wii, Xbox One, Google Stadia) è il decimo capitolo del franchise di Ubisoft, il cui primo capitolo debuttò nell’ormai lontano 2009. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, anche se a conti fatti negli ultimi cinque anni la produzione si è mostrata estremamente conservativa, e la software house sembra essere particolarmente restia nell’introduzione di novità sostanziali. In questa recensione cercheremo di capire sia come è strutturato Just Dance 2020, sia quanto c’è di nuovo nell’offerta principale per aiutarvi nella fatidica scelta se acquistarlo o meno. Una volta avviato il titolo, i fan della serie si troveranno subito a loro agio in quanto il menù iniziale è identico in tutto e per tutto a quello dello scorso capitolo: titoli di apertura, logo, si ricorda al giocatore che per i propri figli c’è Just Dance Kids con nuove proposte ecc… Fortunatamente però Just Dance 2020 individuerà i dati di salvataggio di Just Dance 2019 già presenti sulla console, dando così il bentornato ai players di vecchia data e portando con sé una minima parte dei contenuti già sbloccati a livello estetico. Il livello del giocatore ricomincia invece da 1, per non rovinare il sistema di progressione. Anche a livello di giocabilità Just Dance 2020 non offre sorprese, infatti avviando la riproduzione dei primi brani presenti, risulta evidente come il titolo non abbia modificato, neppure parzialmente, il solito gameplay. Al giocatore tocca quindi nuovamente mettersi a ballare imitando il più fedelmente possibile i buffi personaggi e manichini in movimento sullo sfondo, accumulando punti su punti e riempiendo così la barra sul lato sinistro dello schermo.
È possibile ottenere da una a cinque stelle, e in casi di
notevole bravura anche la dicitura Superstar, con il massimo dei punti
consentito. Ogni punteggio viene registrato in locale sulla console, così che
tra diversi profili di diversi giocatori si possa mantenere costante una sana
competizione. Insomma, la filosofia adottata da Ubisoft sembra proprio essere
quella della “squadra che vince non si cambia”.
Purtroppo il rischio che si corre optando per una scelta simile è che i
giocatori si trovino fra le mani un gioco troppo simile al passato e non siano
spinti all’acquisto. Certo, parliamo sempre di un prodotto destinato a un
pubblico di nicchia o a chi vuole utilizzare il titolo per animare una festa,
ma in ogni caso, a nostro avviso, un prodotto fotocopia (dal punto di vista del
gameplay) non è proprio il massimo. Per chi non lo sapesse, ci teniamo a
sottolineare che per giocare a Just Dance 2020 si possono utilizzare ancora una
volta più sistemi di controllo: i Joy-Con della vostra console Nintendo, oppure
scaricare l’App per dispositivi mobile Android e iOS. La Switch resta
probabilmente la piattaforma perfetta per questo tipo di esperienza, sia per la
responsività e l’accuratezza nella registrazione del movimento dei Joy-Con, sia
perché giocare con uno smartphone come controller dopo aver scaricato l’app, non
risulta particolarmente eccitante. Davvero poco da segnalare per quanto
riguarda il comparto grafico e tecnico di Just Dance 2020, anche in questo caso
sostanzialmente immutato rispetto a Just Dance 2019. Abbiamo notato tuttavia
una maggiore cura per i fondali e nei dettagli delle coreografie: osservando
attentamente gli sfondi, questi ultimi appaiono più nitidi e definitivi, e
generalmente soddisfano in modo maggiore il colpo d’occhio. Ma è davvero
l’unica annotazione degna di nota che sia possibile fornire.
Ovviamente la cosa
che cambia in Just Dance 2020 sono le canzoni offerte nel pacchetto. La
tracklist a disposizione è infatti notevole e piuttosto coraggiosa per varietà:
magari qualcuna delle tipiche “top 40” statunitensi è stata sacrificata, ma a
guadagnarne è la multi-culturalità dell’offerta: molti sono i pezzi che vengono
dagli altri continenti come Africa e Asia. Ovviamente non manca il Sud America
con numerose versioni di balli latini. Ogni brano gode di una personalità tutta
sua grazie alle coreografie studiate per ciascuno di esso, molto colorate e ben
studiate sia nei costumi che negli sfondi: viene voglia di guardarli anche
quando ormai si è sudati marci dopo essersi scatenati con cinque o sei canzoni.
L’acquisto di Just Dance 2020 fornisce per un mese l’abbonamento Unlimited che,
oltre alle 43 canzoni base, offre più di cinquecento altri brani tutti da
ballare da soli o in compagnia. Tirando le somme, grazie alla sua immediatezza
e alla grande carica di divertimento, Just Dance 2020 non aspetta altro che la
serata giusta con degli amici che hanno voglia di divertirsi. Pezzi divertenti,
coreografie coloratissime e sorprendenti, e fino a 6 giocatori in contemporanea
sono ingredienti che farebbero esplodere qualsiasi festa. Anche in singolo il
titolo di Ubisoft riesce a divertire, unico rischio, ed è bene che lo si
sappia, è che essendo un titolo dalla natura particolare, il gioco venga scelto
raramente o solo in determinate occasioni. Quindi alla luce di quanto detto, se
siete delle persone dall’anima festaiola o amanti del ballo, Just Dance 2020 fa
al caso vostro. In caso contrario però, se state cercando un party game dove
non sia necessario “sudare” o affaticarsi il nostro consiglio è quello di
guardare altrove.
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