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AEREO RUSSO CADUTO IN SINAI: SI È DISTRUTTO IN VOLO

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Tempo di lettura 5 minuti Jet britannico schivò missile su Sharm

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Redazione
 
"L'enorme disposizione dei detriti al suolo dell'aereo russo precipitato in Sinai dimostra che il velivolo si è distrutto quando era ancora in volo". Lo ha confermato la Commissione d'inchiesta egiziana. Vladimir Putin ordina lo stop ai voli russi in tutto l'Egitto, ma rassicura l'amico Abdel Fattah Sisi sul fatto che presto i turisti russi torneranno. La mossa del Cremlino di fermare i suoi aerei rilancia però di fatto l'ipotesi che l'Airbus 321 sia precipitato in Sinai per l'esplosione di una bomba a bordo. L'Egitto ancora non conferma l'ipotesi e accusa: da alcuni Paesi europei non c'è stato sufficiente aiuto. "Alcuni Paesi europei – ha detto il ministro degli Esteri egiziano Shoukry – non ci hanno fornito la cooperazione necessaria che noi avevamo chiesto per far fronte alla lotta al terrorismo e gli appelli che noi abbiamo inviato loro non sono stati accolti in modo serio". 
 
Sul disastro avvenuto nel Sinai ai danni di un aereo russo, emerge  con maggiore concretezza l’ipotesi della bomba avvalorata dagli inquirenti britannici. Intanto molti paesi hanno sospeso i voli in direzione Sharm el-Sheikh. Dunque è stato un evento "brutale e improvviso" a far cadere l'aereo russo precipitato sabato nel Sinai. A rivelarlo una fonte vicino all'inchiesta secondo cui le registrazioni della scatola nera farebbero quindi propendere più per la pista bomba. "Ogni cosa sembra procedere normale, assolutamente normale durante il volo. E improvvisamente niente" ha spiegato la fonte secondo quanto riportano media francesi. "Ciò va nella direzione di un evento improvviso e immediato". Sempre secondo questa fonte anche l'analisi delle foto di alcuni rottami, perforati dall'interno verso l'esterno, "accreditano la tesi di un congegno pirotecnico". I dati preliminari non permettono di identificare "la cause della disintegrazione dell'aereo" che però è avvenuta in fase di decollo, ovvero 23 minuti e 14 secondi dopo che il velivolo si era alzato in volo, quando ancora era inserito il pilota automatico. A precisarlo, come detto, è stato il capo della commissione d'inchiesta egiziana sul disastro aereo dell'Airbus della Metrojet, Ayman el-Mokkadem, il quale ha aggiunto che "si sente un rumore nell'ultimo secondo della registrazione della scatola nera". Tale rumore, tuttavia, dovrà essere sottoposto a un'analisi spettrometrica per poterne definire l'origine. L'investigatore capo ha spiegato inoltre che i frammenti del velivolo si sono dispersi in un'area di 13 kilometri, dinamica "consistente con una deflagrazione in volo". Gli inquirenti hanno comunque ribadito che al momento non è possibile tirare "alcuna conclusione" sulla causa del disastro.
 
Jet britannico schivò missile egiziano su Sharm Già oltre due mesi fa qualcuno provò ad abbattere un aereo di linea in fase di atterraggio all'aeroporto di Sharm el Sheikh. Il 23 agosto scorso solo la perizia del pilota e del primo ufficiale evitarono un altro attentato nei cieli del resort egiziano. Secondo quanto riferisce il Daily Mail e ha confermato il ministero dei Trasporti di Londa, un Boeing 737 della compagnia Thomson con 189 passeggeri a bordo venne sfiorato a soli 300 metri da un missile mentre era a bassa quota in avvicinamento, preparandosi ad atterrare a Sharm. Solo l'abilità del pilota, che vide il missile partire da terra e la traiettoria in volo, consentì di compiere una manovra 'evasiva' per schivare il razzo che passò appunto a soli 300 metri dall'aereo, in termini aeronautici un'inezia. In quel caso si tratto' con ogni probabilità di un missile "spalleggiabile" tipo lo statunitense Stinger o il russo Strela, che hanno gittate fino ad un massimo di 4 mila metri, ipotesi esclusa per l'Airbus A321 delle russa Metrojet, che volava a 9.400 metri di quota e per il quale sembra ormai accertata l'ipotesi di una bomba a bordo. L'aereo, decollato dallo scalo di Stanted a nord di Londra, atterrò senza problemi e ai passeggeri non venne rivelato che erano stati ad un passo dalla morte. Il ministero dei Trasporti britannico ha confermato la notizia dello scampato disastro per il jet della Thomson. Una fonte ha riferito "che ai comandi c'era il co-pilota ma è stato il comandante, sempre in cabina, ad avvistare il missile dirigersi verso l'aereo. Fu lui ad ordinare un'improvvisa virata a sinistra per evitare il razzo che passò a 300 metri di distanza. Solo i 5 membri dell'equipaggio furono informati del rischio corso. Al momento di ripartire, di notte, per precauzione il Boeing 737 decollò con tutte le luci spente.

Forze armate egiziane ammettono errore Fonti egiziane avrebbero riferito che non si sarebbe trattato di un attentato terroristico ma ad un errore durante un'esercitazione delle truppe del Cairo vicino all'aeroporo di Sharm. Elemento che aumenta le perplessità ed i dubbi sull'affidabilità delle forze armate egiziane, se loro stesse ammettono di aver rischiato di abbattere, seppur per errore, un aereo di linea britannico con 189 persone a bordo. In ogni caso se il comandante del volo della Thomson Airways non si fosse accorto del lancio e della traiettoria del missile, mentre il co-pilota era impegnato nell'avvicinamento finale alla pista per atterraggio, invece che passare ad appena 300 metri dal velivolo, il missile dell'esercito egiziano avrebbe potuto centrarlo in pieno. Il governo egiziano, sempre più in difficoltà, ha ammesso che il missile che già oltre due mesi fa aveva sfiorato ad appena 300 metri un aereo di linea in fase di atterraggio all'aeroporto di Sharm el Shei, era stato sparato per errore dai suoi soldati durante un'esercitazione. Elemento che aumenta le perplessità ed i dubbi sull'affidabilità delle forze armate egiziane, se loro stesse ammettono di aver rischiato di abbattere, seppur per errore, un aereo di linea britannico con 189 persone a bordo. Il 23 agosto scorso solo la perizia del pilota e del primo ufficiale evitarono un disastro ma non a questo punto, secondo il governo egiziano, un altro attentato nei cieli del resort egiziano, come quello che sabato scorso ha visto abbattere un Airbus A321 della russa Metrojet con 324 persone a bordo. Secondo quanto riferisce il Daily Mail e ha confermato il ministero dei Trasporti di Londa, un Boeing 737 della compagnia Thomson con 189 passeggeri a bordo venne sfiorato a soli 300 metri da un missile mentre era a bassa quota in avvicinamento, preparandosi ad atterrare a Sharm.

Turisti italiani in partenza Non rinunciano alla vacanza i 135 turisti italiani in partenza oggi, alle 14, da Roma Fiumicino con il primo volo per il mar Rosso, dopo il disastro dell'Airbus russo nel Sinai. Sessantanove di loro sono diretti a Sharm el-Sheikh, mentre 66 fanno sosta a Marsa Alam, sulla costa ovest del Mar Rosso. L'arrivo dell'aereo della compagnia Blue Panorama a Sharm el-Sheikh, dopo un primo scalo a Marsa Alam, è previsto per le 20.45 ora locale. Saranno le Forze Armate egiziane invece a farsi carico delle operazioni di rimpatrio delle decine di migliaia di cittadini russi bloccati nel Paese nordafricano. Dvorkovich ha definito adeguate le misure di sicurezza in vigore negli aeroporti di Mosca, verso i quali saranno indirizzati i rimpatriati. Frattanto la confederazione degli operatori turistici russi Ruti ha fatto sapere che saranno 13 le compagnie aeree coinvolte nelle operazioni di rimpatrio

Tensione in aeroporto Cresce la tensione all'aeroporto di Sharm El-Sheikh, in Egitto, dove i passeggeri stranieri in attesa di rientrare in patria devono fare i conti con i voli cancellati per motivi di sicurezza, ma anche con un inasprimento delle misure di sicurezza e di controllo. Un funzionario dello scalo racconta ad al-Ahram, a condizione di anonimato, che i controlli sui passeggeri e sui bagagli si sono fatti più accurati, dopo che l'intelligence britannica ha parlato della possibile esplosione di una bomba nella stiva dell'aereo russo precipitato sabato scorso a 23 minuti dal decollo e costato la vita a tutte le 224 persone a bordo. "I controlli sono diventati più rigorosi – ha detto il funzionario – È aumentato il numero degli impiegati per migliorare il processo di ricerca mentre le forze di sicurezza, polizia ed esercito, sono dispiegati in forza all'aeroporto per mantenere un alto livello di sicurezza". La tensione riguarda poi anche gli operatori del settore del turismo a Sharm El-Sheikh, dove si prevede un calo di arrivi, e quindi di introiti, per l'allarme sicurezza e per la decisione di molti Paesi, dalla Russia alla Turchia, dalla Gran Bretagna alla Francia, di sospendere i propri voli. "La preoccupazione principale è che l'incidente possa mettere a rischio il settore del turismo" ha detto ad al-Ahram il presidente del settore turismo della Camera di commercio del Cairo, Amary Abdel Aziz. "Speravamo che la stagione 2016 fosse migliore di quella del 205" ha aggiunto. Sono i turisti russi i più presenti in Egitto, il 60% degli stranieri che frequentano il Mar Rosso, ma ieri anche il presidente Vladimir Putin ha ordinato la sospensione dei voli dal suo Paese verso l'Egitto per motivi di sicurezza.

 
Aperta indagine su personale aeroporto E' stata aperta un'indagine su tutto il personale dell'aeroporto di Sharm el Sheikh che è entrato in contatto con l'aereo russo schiantatosi una settimana fa nei cieli del Sinai. Lo hanno annunciato funzionari dello scalo e della sicurezza egiziani all'Associated Press.
   

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Esteri

Scontri al confine Israeliano-Libanese: Hezbollah lancia razzi, Croce Rossa sotto attacco e rischio escalation

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Razzi lanciati da Hezbollah, violenze sui soccorritori e tentativi di infiltrazione militare respinti

L’escalation del conflitto tra Israele e Gaza ha visto un’ulteriore aggravamento nelle ultime ore, coinvolgendo anche la frontiera tra Israele e Libano. Hezbollah, il gruppo libanese sostenuto dall’Iran, ha rivendicato il lancio di razzi contro le truppe israeliane nel villaggio di Maroun al-Ras, vicino al confine tra i due paesi. Gli scontri tra Hezbollah e le forze israeliane si sono intensificati, con il gruppo libanese che ha dichiarato di aver combattuto contro soldati israeliani che cercavano di infiltrarsi vicino a un altro villaggio di confine.

Contemporaneamente, Israele ha annunciato di aver intercettato cinque razzi provenienti dal Libano, lanciati verso diverse regioni settentrionali tra cui l’Alta Galilea e la Baia di Haifa. Le forze israeliane hanno risposto agli attacchi, intensificando i bombardamenti nell’area.

La Croce Rossa libanese ha inoltre denunciato un grave incidente avvenuto nel sud del Libano, dove alcuni dei suoi soccorritori sono stati feriti durante un attacco a una casa bombardata due volte. La squadra era stata inviata in coordinamento con le Nazioni Unite per cercare di soccorrere le vittime, ma è stata colpita durante il raid, causando feriti tra i paramedici e danni a due ambulanze.

Hezbollah ha rivendicato diversi attacchi contro le forze israeliane nelle ultime 24 ore, affermando di aver fatto esplodere ordigni esplosivi contro i soldati israeliani nei pressi del villaggio di Ramia. I combattimenti sono durati circa un’ora, e il gruppo ha segnalato attacchi sia in Libano che all’interno del confine israeliano.

Parallelamente, le tensioni internazionali continuano a crescere. L’Iran e Hezbollah hanno smentito qualsiasi coinvolgimento diretto nell’attacco di Hamas del 7 ottobre, negando le accuse avanzate da documenti segreti israeliani. La missione iraniana presso le Nazioni Unite ha respinto le notizie che suggeriscono un coordinamento con Hamas per l’attacco, mentre Hezbollah ha ribadito di non essere a conoscenza dell’operazione.

Nel frattempo, emergono nuove rivelazioni sui piani di Hamas, secondo documenti sequestrati dall’esercito israeliano. Anni prima dell’attacco del 7 ottobre, Hamas avrebbe pianificato un’azione molto più devastante, simile all’11 settembre, con l’abbattimento di grattacieli a Tel Aviv e l’uso di attacchi coordinati da terra, mare e aria.

La situazione rimane estremamente volatile, con il rischio di un ulteriore allargamento del conflitto.

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Uragano Milton: la Florida di fronte alla peggior tempesta in 100 anni

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DeSantis: “Decidete ora per salvare voi stessi e le vostre famiglie”

L’uragano Milton potrebbe essere il più devastante a colpire la Florida nell’ultimo secolo. Il presidente Joe Biden ha avvertito che l’uragano potrebbe avere effetti “catastrofici”, chiedendo ai cittadini di rispettare gli ordini di evacuazione. Più di un milione di persone sono già state invitate a lasciare le loro case.

Il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha esortato i residenti a prendere decisioni immediate per garantire la propria sicurezza. Milton, inizialmente di categoria 5, è stato declassato a categoria 4, ma resta estremamente pericoloso.

Il Centro nazionale uragani (NHC) prevede che l’uragano toccherà terra mercoledì sera, lasciando poche ore per l’evacuazione. Le strade sono congestionate, con traffico intenso e code ai distributori di benzina. L’urgenza è alta.

Il presidente Biden, per gestire meglio la crisi, ha posticipato il suo viaggio in Germania e Angola. Ha anche dichiarato lo stato d’emergenza per facilitare l’invio di aiuti federali alla Florida.

Incalza il bilancio dell’uragano Helene

Nel frattempo, il sud-est degli Stati Uniti è già devastato dall’uragano Helene, che ha causato almeno 232 vittime, un bilancio che potrebbe ulteriormente crescere. Milton, che segue Helene a breve distanza, aggrava la situazione rendendo le operazioni di soccorso ancora più critiche.

Gli sforzi di preparazione e soccorso sono in pieno svolgimento, con l’obiettivo di limitare il più possibile le perdite e i danni.

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Esteri

Israele e Iran: rischio di escalation verso una guerra nucleare e nuove tensioni globali

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Israele valuta l’opzione militare contro l’Iran: rischio di coinvolgimento globale nel conflitto

L’attacco missilistico subito da Israele nei giorni scorsi ha suscitato una forte reazione da parte del governo israeliano, che ha già fatto sapere che prenderà le misure necessarie per proteggere la propria sicurezza nazionale. Storicamente, Israele ha dimostrato di non tollerare minacce dirette da parte dell’Iran, suo acerrimo rivale nella regione, e potrebbe optare per una risposta militare calibrata, come raid aerei contro infrastrutture strategiche iraniane, impianti nucleari o basi militari.

Possibili scenari di escalation

Un attacco di Israele all’Iran potrebbe scatenare diverse reazioni a catena:

  1. Risposta diretta dell’Iran: Se Israele colpisse l’Iran, Teheran potrebbe rispondere con attacchi missilistici o cyberattacchi contro infrastrutture civili o militari israeliane. L’Iran potrebbe anche attivare le sue milizie alleate, come Hezbollah in Libano o gruppi in Siria e Iraq, per intensificare la pressione su Israele attraverso attacchi via terra o missilistici.
  2. Conflitto regionale: Una rappresaglia iraniana potrebbe far precipitare l’intera regione mediorientale in una guerra su più fronti. Paesi come la Siria e l’Iraq, dove l’Iran ha una forte influenza, potrebbero diventare teatri di guerra. Hezbollah, che ha una forte presenza nel Libano meridionale, potrebbe lanciare migliaia di razzi contro Israele, come accaduto nel conflitto del 2006.
  3. Intervento internazionale: Un conflitto aperto tra Israele e Iran coinvolgerebbe inevitabilmente le grandi potenze mondiali. Gli Stati Uniti, storicamente alleati di Israele, potrebbero decidere di intervenire militarmente in sostegno di Tel Aviv, mentre Russia e Cina, con rapporti stretti con l’Iran, potrebbero schierarsi diplomaticamente e, in casi estremi, militarmente con Teheran. In questo contesto, la già fragile situazione geopolitica derivante dal conflitto tra Russia e Ucraina verrebbe ulteriormente aggravata, aumentando il rischio di un conflitto mondiale.

L’intervento delle grandi potenze potrebbe innescare un’escalation pericolosa. Il conflitto tra Russia e Ucraina, con il coinvolgimento indiretto della NATO, ha già portato il mondo in una fase di alta tensione. L’apertura di un nuovo fronte di guerra in Medio Oriente potrebbe creare le condizioni per una crisi internazionale su vasta scala, specialmente se coinvolgesse simultaneamente più potenze nucleari.

Un’escalation regionale tra Israele e Iran potrebbe trasformarsi in una crisi globale se altri attori statali, come la Turchia, la Russia o anche paesi europei, dovessero intervenire. Il rischio più grande è che una guerra convenzionale possa degenerare in un conflitto nucleare, data la potenza di fuoco disponibile sia a Israele sia agli Stati Uniti, e l’incertezza sul programma nucleare iraniano.

“Non tollereremo atti di aggressione contro il nostro territorio. – Ha affermato Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele – L’Iran è il maggiore sponsor del terrorismo mondiale, e agiremo per garantire la sicurezza dei nostri cittadini.”

Hossein Salami, comandante delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane, ha dichiarato: “Israele pagherà un prezzo pesante per ogni aggressione. Le nostre capacità difensive e di risposta sono pronte a neutralizzare ogni minaccia.”

Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha ribadito: “Sosteniamo il diritto di Israele a difendersi, ma invitiamo alla moderazione e al dialogo per evitare un’escalation irreversibile.”

Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha avvertito: “Un attacco contro l’Iran destabilizzerebbe ulteriormente la regione e avrebbe conseguenze imprevedibili per l’intero ordine mondiale.”

L’incertezza e il rischio di un conflitto aperto sono palpabili, e la situazione tra Israele e Iran rimane uno dei nodi più delicati della geopolitica internazionale. La diplomazia sarà cruciale per evitare che le tensioni sfocino in una guerra regionale con ripercussioni globali. Tuttavia, la storia recente ha mostrato che, senza una forte volontà politica per il dialogo, il rischio di un’escalation è sempre presente.

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