ALBANO LAZIALE: MANIFESTI FARNETICANTI E SOLDI PUBBLICI
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Tempo di lettura3minuti Come anche gli avvocati “più modesti” sanno, la causa in questione è penale, quindi riguarda le singole persone imputate, gli onorari andranno pagati dagli imputati e non dalle casse comunali
Albano Laziale (RM) – La disperazione è cattiva consigliera, così si può commentare “l’inverosimile, incredibile, paradossale, penoso e maldestro” manifesto affisso sui muri di Albano Laziale, che ricalca il comunicato pubblicato sul sito ufficiale del Comune.
Ho provato una gran pena per la mia città ed i miei concittadini governati da un “uomo solo” vittima dei suoi fantasmi, senza più ormai alcun senso della realtà.
“Il T.A.R. da ragione all’amministrazione comunale di Albano Laziale” Questo è il farneticante “titolo” del manifesto. Il TAR, infatti ha ritenuto “inammissibile” il ricorso presentato da 9 persone e non ha espresso alcuna valutazione di merito, non ha dato ragione o torto a nessuno, ha semplicemente ritenuto non ammissibile il ricorso. E fino a quando le motivazioni della non ammissibilità del ricorso non saranno pubblicate dal Tar nessuno ora può conoscerle, tantomeno l'amministrazione comunale.
“E’ stato rigettato il ricorso sulla regolarità delle ultime elezioni amministrative presentato da Nabil Cassabgi e Marco Risica”
Il ricorso riguardava una circostanza chiara, accertata e confermata dallo stesso Segretario Generale: Il Comune di Albano Laziale NON ha pubblicato, nei termini di legge. i manifesti che avrebbero dovuto avvisare i cittadini comunitari dei termini entro i quali iscriversi nelle liste elettorali qualora avessero voluto esercitare il loro diritto di voto. Dato che i cittadini in parola sono circa 3mila ci era sembrato che fosse stata commessa una grave irregolarità nei loro confronti. E nessuno saprà mai se avevamo ragione semplicemente perché la nostra richiesta di arbitrato al TAR non è stata presa in esame.
Per avere il pronunciamento del Tribunale Amministrativo Regionale, i presentatori del ricorso hanno sostenuto spese per 4mila euro pagati di propria tasca, mentre da quanto si apprende dal comunicato comunale l’amministrazione, la memoria difensiva presentata dal professionista scelto per sostenere l’opposizione al ricorso è costata alle casse comunali ben 17mila euro.
Tralasciando la qualità del documento, nel quale sono contenute per altro diverse inesattezze, il rappresentante del Comune di Albano Laziale che ha affidato l’incarico allo studio legale, il plurindagato sindaco Nicola Marini, dovrebbe spiegare ai cittadini ed alla Corte dei Conti su quali parametri ha basato la sua scelta di pagare una tale parcella, certamente non “economica”. “E’ solo l’ultimo dei numerosi esposti fatti da queste persone contro l’Amministrazione Comunale e sfociati in un nulla di fatto”
E poi con il livore della frustrazione, la rabbia dell’impotenza, ed uno stile “manzoniano”: “Sapete quanto sono costate al Comune queste cause? 150.037,97 euro”
Da uomo ironico quale mi ritengo essere, apprezzo i 37,97 euro tesi a rendere verosimile la cifra immaginaria esposta. Siamo veramente curiosi di avere il dettaglio delle cause legali “da noi intentate, conclusesi con un nulla di fatto” che hanno imposto al Comune di Albano Laziale di dover pagare onorari per difese per un importo di 150.000 euro (tralasciamo gli spicci).
Le denunce da noi presentate, al contrario, hanno portato alla richiesta di rinvio a giudizio del plurindagato Sindaco Pd Nicola Marini, della quasi totalità della sua Giunta e di due Dirigenti Comunali.
Come anche gli avvocati “più modesti” sanno, la causa in questione è penale, quindi riguarda le singole persone imputate, gli onorari andranno pagati dai rinviati a giudizio non dalle casse comunali!
Gli altri esposti da noi presentati, hanno riguardato la Corte dei Conti che sia nel 2012 sia nel 2013 ha riscontrato gravi irregolarità amministrative sui punti da noi portati alla loro attenzione. Le memorie fornite dal Comune di Albano Laziale alla Corte dei Conti sono state redatte dagli uffici comunali. A quali onorari legali pertanto si faccia riferimento nel farneticante manifesto, il plurindagato Sindaco Nicola Marini dovrà spiegarlo (manco a dirlo) al Pubblico Ministero al quale presenteremo ineluttabile denuncia per diffamazione e calunnia.
Non so se l’invito: a “ringraziarci” possa configurarsi come istigazione a commettere gesti “non amichevoli” o addirittura violenti verso di noi, anche questo lasceremo che sia il Ministero di Grazia e Giustizia a stabilirlo. Fin’ora i circa 300mila euro “elargiti” all’ATES inquilina del plurindagato Nicola Marini, sommati a quelli forniti alla FRAME, sommati ai 6,5 milioni di euro di debiti accesi per l’Albafor e garantiti proditoriamente dal plurindagato sindaco senza alcuna autorizzazione del Consiglio Comunale, sono gli unici soldi che i cittadini di Albano Laziale hanno dovuto pagare a causa di “comportamenti” per i quali la magistratura inquirente ha richiesto un processo.
Tutto il resto come dicevo è “disperazione”, “frustrazione”, “rancore sordo” e mancanza di ogni fattispecie di buon senso. In tempi non sospetti (come dicono i professionisti della politica), avvertii il sindaco che la giustizia in Italia è lenta ma alla fine arriva e che lui avrebbe pagato le conseguenze delle sue scelte scellerate quando la gente si sarebbe scordata che un giorno era stato Sindaco.
Fui facile profeta e pensare che siamo solo all’inizio, ci sono ancora molte altre domande che attendono risposta, molte altre cose da mettere a posto, prima di scrivere la parola fine su questo brutto libro.
Un drammatico incidente si è consumato nel pomeriggio di ieri ad Ariccia, in via dei Lecci. Un uomo di 74 anni, mentre faceva retromarcia con la propria auto, ha investito e ucciso accidentalmente la moglie, una donna di 66 anni. La tragedia si è verificata in un attimo: l’uomo non si è accorto della presenza della moglie dietro al veicolo, e il destino ha voluto che un semplice errore si trasformasse in una fatalità.
Subito dopo l’incidente, la donna è stata trasportata d’urgenza in ospedale, ma purtroppo è deceduta poco dopo a causa delle gravi lesioni riportate. Sul luogo dell’incidente sono prontamente intervenuti i carabinieri della stazione di Ariccia e la polizia locale per i primi rilievi.
Secondo le prime ricostruzioni fornite dagli inquirenti, l’uomo, in evidente stato di shock, non avrebbe avuto la minima consapevolezza che la moglie si trovasse così vicino all’auto. “Erano una coppia affiatata, sempre insieme,” racconta un vicino di casa che li conosceva da tempo. “Non posso immaginare il dolore che starà provando ora. È stato solo un tragico incidente, ma il peso di questa disgrazia lo porterà per tutta la vita.”
Le indagini Al momento, il veicolo è stato sequestrato e sono state avviate le indagini per omicidio stradale colposo, come previsto dalla legge in casi di incidenti mortali. La Procura di Velletri si sta occupando del caso e la salma della donna è stata messa a disposizione della magistratura per gli esami necessari.
Un amico di famiglia, visibilmente commosso, ha dichiarato: “Li ho visti crescere insieme, affrontare ogni momento con forza e affetto reciproco. Questa tragedia è come una pugnalata al cuore per tutti noi che li conoscevamo. Non ci sono parole per descrivere quanto siamo affranti.”
Il dolore è palpabile anche tra i residenti della zona, molti dei quali descrivono la coppia come un esempio di legame solido e affettuoso. “Si aiutavano sempre l’un l’altro,” riferisce una conoscente. “Non so come riuscirà ad andare avanti senza di lei.”
L’intera comunità di Ariccia si stringe attorno all’uomo, in un abbraccio silenzioso che cerca di colmare il vuoto lasciato da questa immane tragedia.
Da anni ormai, i cittadini di Monte Compatri stanno vivendo una situazione di disagio e pericolo a causa della mancanza di manutenzione del marciapiede in via San Silvestro. Tante le lettere e le segnalazioni ed ultima, solo in ordine temporale, ci è arrivata pochi giorni fa in redazione.
Un problema che risale addirittura al 2016, come si evince dalle “foto estratte dallo street view di google”, come ci scrive uno dei nostri lettori. A pochi passi dall’ospedale San Raffaele, una delle strutture sanitarie più importanti del territorio, il marciapiede si presenta in condizioni deplorevoli. Addirittura un tombino sfondato e transennato “rotto da 2 anni” e “NESSUNO interviene per la riparazione”. Le transenne, posizionate per segnalare il pericolo, non bastano a mettere al riparo i cittadini che quotidianamente transitano per questa via.
Il tombino rovinato, non solo rappresenta un possibile infortunio, ma è anche un serio ostacolo per le persone con mobilità ridotta, i genitori con passeggini e gli anziani.
Addirittura una transenna metallica posta sul marciapiede costringe i cittadini ad “avventurarsi” in mezzo alla strada e, ci scrive ancora il nostro lettore, “anche in questo caso foto aggiornate e risalenti al 2008 e al 2017”.
Negli ultimi anni, i residenti ed i cittadini hanno più volte richiamato l’attenzione delle autorità comunali sulla questione, ma gli appelli sono stati finora ignorati. La frustrazione cresce ogni giorno che passa, con molti che si chiedono quanto ancora dovranno attendere per vedere una soluzione.
“È inaccettabile che in una zona così importante non venga curata la sicurezza dei pedoni”, afferma uno dei commercianti del paese, che preferisce rimanere anonimo per timore di ritorsioni. Affrontare la situazione in modo tempestivo è diventato un imperativo. Non solo per garantire la sicurezza dei pedoni, ma anche per preservare l’immagine di Monte Compatri come comunità attenta e responsabile nei confronti dei propri cittadini. La manutenzione delle infrastrutture pubbliche è un dovere delle amministrazioni locali, e i cittadini non possono più tollerare tale abbandono.
La sicurezza dei cittadini deve essere una priorità assoluta e non un tema da rinviare ulteriormente. Ci auguriamo che questa situazione possa trovare una rapida soluzione, affinché i cittadini di Monte Compatri possano tornare a sentirsi al sicuro nel proprio territorio. La speranza è quella di vedere, finalmente, una risposta concreta da parte delle amministrazioni, affinché episodi simili non si ripetano in futuro.
Arrestato il compagno, grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri
In una realtà spesso attraversata da ombre invisibili, Roma si sveglia con l’ennesima storia di violenza domestica, un dramma che, questa volta, si è consumato tra le mura di un appartamento a Cinecittà. I Carabinieri della Stazione di Roma Cinecittà hanno arrestato un uomo di 42 anni, di origini cinesi, gravemente indiziato per i reati di violenza sessuale e sequestro di persona ai danni della sua compagna, una donna di 37 anni, anch’essa cinese. Un intervento provvidenziale che ha evitato conseguenze ancora peggiori.
Il 25 settembre, una chiamata al 112 ha dato il via alle operazioni di salvataggio. I Carabinieri sono giunti rapidamente in via Ponzio Comino, trovando la donna visibilmente scossa e ferita, in fuga dall’abitazione in cui aveva vissuto un incubo durato ore. La 37enne ha raccontato che, nella notte precedente, era stata brutalmente aggredita dal compagno, costretta a subire atti sessuali e trattenuta contro la sua volontà. Solo grazie al suo coraggio e a una passante che l’ha soccorsa, è riuscita a fuggire da quella prigione domestica e a chiedere aiuto.
I segni di aggressione sul corpo della vittima sono stati subito evidenti agli occhi dei Carabinieri, che hanno allertato i sanitari del 118. La donna è stata trasportata al Policlinico Casilino, dove le sono state prestate le cure necessarie. La diagnosi, accompagnata da una prognosi di 15 giorni, ha testimoniato la brutalità della violenza subita.
Nel frattempo, i militari si sono recati presso l’abitazione indicata dalla donna, dove hanno trovato il presunto aggressore.
Le prove raccolte sul posto si sono rivelate devastanti: il cellulare dell’uomo conteneva video registrati da una telecamera installata in casa, che immortalavano gli episodi di violenza, fornendo ulteriori conferme del calvario vissuto dalla vittima.
L’arresto del 42enne è stato convalidato dal GIP del Tribunale di Roma, che ha disposto per lui gli arresti domiciliari. Un provvedimento che solleva nuove domande su come affrontare e prevenire simili episodi di violenza, che troppo spesso emergono solo quando è ormai troppo tardi.
Questa vicenda mette in luce l’urgenza di rafforzare la rete di protezione per le vittime di abusi, che si trovano a vivere in una condizione di costante terrore all’interno delle proprie case. L’intervento delle forze dell’ordine è stato tempestivo, ma la domanda che rimane è: quante altre donne stanno vivendo lo stesso incubo in silenzio, invisibili agli occhi del mondo?
In un momento storico in cui si parla tanto di parità di genere e diritti, la realtà mostra quanto sia ancora lunga la strada da percorrere per garantire la sicurezza e la dignità delle donne, sia nelle mura domestiche che fuori.