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Roma

Albano Laziale, sottopasso Pavona: aggiudicazione comunale annullata dal Tar. Tutto da rifare

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Tempo di lettura 7 minuti Silvestroni (FdI-AN): "Albano, Pavona e Cecchina sono ridicolizzate da un’amministrazione incapace e inefficiente, in grado solo di finanziare festicciole e patrocini vari”

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Redazione


ALBANO LAZIALE (RM) – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Bis, ha accolto il ricorso proposto dalla società Dsba Srl  e ha annullato la determinazione di aggiudicazione definitiva del Comune di Albano Laziale  alla ATI Cr Costruzione Spa e Songeo Srl. per la realizzazione del sottopasso ferroviario in via dei Piani di Monte Savello in corrispondenza del passaggio a livello al km. 24+022 della linea ferroviaria Roma-Velletri


“La realizzazione del sottopasso di Pavona, nel territorio del Comune di Albano, è stata bocciata dal Tar”. E’ quanto dichiara Marco Silvestroni, capogruppo di Fratelli d’Italia al Consiglio della Città Metropolitana di Roma Capitale.
“A maggio 2013 – ricorda Silvestroni – l’amministrazione comunale di Albano a guida Pd affermava con certezza che entro la fine del 2015 il sottopasso ferroviario si sarebbe realizzato, enfatizzando l’importanza di quest’opera in quanto prevedeva l’eliminazione di uno dei passaggi a livello di Pavona, snellendo l’assetto viario anche di zone più periferiche della città. Successivamente, arrivati a novembre 2016, l’annuncio in pompa magna del Comune, che sanciva a inizio 2017 l’inizio dei lavori del sottopasso ferroviario di Via Piani di Monte Savello”. “Siamo arrivati quasi alla fine del 2017 – osserva Silvestroni – e il Tar ha definitivamente bocciato la realizzazione di quest’opera. Tradotto, il Pd basa la sua politica sugli annunci che regolarmente vengono smentiti da ritardi e sonore bocciature legali. Al pari di altre bugie, cito ad esempio i faraonici annunci sulla raccolta differenziata fatti dal Pd nell’ottobre 2014, per arrivare anche in questo caso al pronunciamento di un altro Tribunale, quello Fallimentare, che ha dichiarato fallita a giugno 2017 la società preposta, la Volsca ambiente spa, che da qualche anno aveva lasciato il posto alla sua discendente Volsca Ambiente e servizi spa”. “I fatti parlano chiaro – conclude Silvestroni – e sono inequivocabili. Fra società pubbliche fallite, opere bocciate, raccolta differenziata che pesa sulle tasche dei cittadini, Albano, Pavona e Cecchina sono ridicolizzate da un’amministrazione incapace e inefficiente, in grado solo di finanziare festicciole e patrocini vari”.

Fatto e Diritto

La società ricorrente – Dsba Srl Ndr. – aveva partecipato ad una gara per l’appalto dei “Lavori di realizzazione del sottopasso ferroviario in via dei Piani di Monte Savello in corrispondenza del passaggio a livello al km 24+022 della linea ferroviaria Roma – Velletri, classificandosi seconda alle spalle della controinteressata.Dopo la comunicazione dell’aggiudicazione, con istanza di accesso agli atti amministrativi, otteneva la documentazione di gara da cui ricavava elementi di illegittimità del provvedimento conclusivo della gara che evidenziava attraverso due motivi di ricorso.
Il primo denuncia la violazione degli artt. 46, comma 1-bis, 74, commi 1 e 2, 77 del d.lgs. 163/2006, del bando e del disciplinare di gara e l’omessa sottoscrizione dell’offerta economica.


La lex specialis, prevedeva che l’offerta economica: “deve essere sottoscritta dal legale rappresentante della ditta ovvero, nel caso di associazioni temporanee d’imprese, dai legali rappresentanti di tutte le imprese che costituiranno i raggruppamenti o i consorzi e contenere specificatamente, in tal caso, l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, le stesse imprese conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, indicata nell’offerta stessa e qualificata come capogruppo, che stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e delle mandanti”.
Al contrario dagli atti risultava che le imprese costituende l’ATI controinteressata non hanno sottoscritto l’offerta economica. Secondo il Disciplinare di gara a pag. 14 ciò costituiva motivo di esclusione con previsione sovrapponibile a quella dell’art. 46, comma 1-bis, del D.Lgs. 163/2006.
Dalla documentazione presentata dalla controinteressata in sede di gara emerge, in modo inequivocabile che l’offerta economica sia priva della sottoscrizione: nel secondo ed ultimo foglio della medesima offerta manca la firma dei rappresentanti legali delle imprese partecipanti all’ATI concorrente. Ciò determina un’incertezza assoluta della provenienza dell’offerta e una mancata dichiarazione e assunzione di altri impegni prescritti dalla gara.

La scrittura privata, contrariamente all’atto pubblico, è formata dal suo autore e, per acquisire efficacia probatoria, deve essere munita di sottoscrizione riconosciuta, autenticata o verificata.

L’art. 74, commi 1 e 2, D.Lgs. 163/2006 prevede:

“1. Le offerte hanno forma di documento cartaceo o elettronico e sono sottoscritte con firma manuale o digitale, secondo le norme di cui all’articolo 77.
2. Le offerte contengono gli elementi prescritti dal bando o dall’invito ovvero dal capitolato d’oneri, e, in ogni caso, gli elementi essenziali per identificare l’offerente e il suo indirizzo e la procedura cui si riferiscono, le caratteristiche e il prezzo della prestazione offerta, le dichiarazioni relative ai requisiti soggettivi di partecipazione. (…)”.

Nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici di appalto la sottoscrizione assolve la funzione di assicurare la provenienza, la serietà, l’affidabilità dell’offerta e costituisce elemento essenziale per la sua ammissibilità, sotto il profilo sia formale sia sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti propri della manifestazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto giuridico.La mancanza della firma, pertanto, non può considerarsi a guisa di mera irregolarità formale, sanabile nel corso del procedimento, ma inficia irrimediabilmente la validità e la ricevibilità dell’offerta, senza che sia necessaria una espressa previsione della lex specialis.

Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 73, commi 2 e 3, 74 d.lgs. 163/2006, 106, comma 2, d.p.r. n. 207 del 2010, nonché della legge di gara e l’irregolare presa visione del progetto posto a base di gara e effettuazione del sopralluogo nelle aree di esecuzione dei lavori. Delega inesistente in quanto non sottoscritta, delegato non inquadrato quale dipendente della delegante, carenza di delega per l’effettuazione del sopralluogo.
Nel bando era previsto che il partecipante alla gara o un suo delegato prendesse visione del progetto posto a base di gara e dei relativi atti di gara e che partecipasse al sopralluogo.
Dall’esame della documentazione acquisita in sede di accesso agli atti è risultato che l’ATI controinteressata ha ritirato il CD-Rom contenente i relativi elaborati tramite persona qualificata come “delegato” e non anche quale “delegato dipendente” come sarebbe dovuto essere secondo il dettame della lex specialis, con delega non sottoscritta dal rappresentante legale della CR Costruzioni SpA.
In relazione al sopralluogo è da evidenziare che la delega non riporta la facoltà di esperire anche il sopralluogo ma solo il ritiro del CD contenente il progetto e la documentazione relativa alla gara in argomento.

Si costituiva in giudizio il Comune di Albano Laziale che eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per aver nel 2016 la società ricorrente fatto accesso alla documentazione relativa agli atti di gara senza aver presentato nei trenta giorni il ricorso avverso l’ammissione ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. e concludeva nel merito per il rigetto.


Anche la controinteressata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. L’eccezione preliminare del Comune non può essere accolta. A prescindere dal fatto che la richiesta di documenti sia stata effettuata dalla ricorrente prima dell’entrata in vigore della nuovo codice degli appalti che ha inserito nell’art. 120 c.p.a. il comma 2 bis, non vi è la prova se e quando la ricorrente abbia ritirato i documenti richiesti, cosicchè non è possibile sapere se già nel 2016 fosse divenuta consapevole del supposto vizio nella sottoscrizione dell’offerta.


Venendo al primo motivo di ricorso, il Collegio non può tener conto delle segnalazioni provenienti dalle controparti delle ricorrenti circa la possibile sostituzione di un documento che avrebbe contenuto le firme richieste con altro che avrebbe consentito le eccezioni formulate dalla ricorrente.
Si prende atto che nella copia fatta nel 2016 su richiesta della ricorrente e mai ritirata le firme sarebbero apposte nella seconda pagina, ma non viene fornita alcuna spiegazione di come ciò possa essere avvenuto; ne consegue che il Collegio non può tenere conto della circostanza.
La mancanza della firma nell’ultima pagina dell’offerta equivale ad assenza della stessa non avendo rilievo le sigle apposte nella pagina precedente.
La fondatezza del rilievo si ricava da un unanime orientamento giurisprudenziale; si veda ad esempio Consiglio di Stato 5547/2008: “«la sottoscrizione dell'offerta, prescritta ai sensi dell'art. 74 d.lgs. n. 163 del 2006, si configura come lo strumento mediante il quale l'autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento, serve a renderne nota la paternità ed a vincolare l'autore alla manifestazione di volontà in esso contenuta. Essa assolve la funzione di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell'offerta e costituisce elemento essenziale per la sua ammissibilità, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti dell'offerta come dichiarazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto giuridico. La sua mancanza inficia, pertanto, la validità e la ricevibilità della manifestazione di volontà contenuta nell'offerta senza che sia necessaria, ai fini dell'esclusione, una espressa previsione della legge di gara “.


Nella sentenza 14451/2015 del TAR Lazio si legge: “ l’ammissione alla gara di partecipanti “che non hanno assunto alcun impegno giuridicamente vincolante, in relazione all’offerta praticata, nel termine previsto per la presentazione delle domande di partecipazione” violerebbe “i principi di efficacia e di parità di trattamento”: “consentire la sottoscrizione dell’offerta […] mediante soccorso istruttorio equivale a superare il termine ultimo di presentazione delle offerte, con compromissione del canone di par condicio e buon andamento nonché, circostanza ancora più grave, di violazione del principio di segretezza dell’offerta. Significa consentire ad un concorrente di esprimere la sua volontà di partecipazione alla gara in un momento nel quale tale possibilità è preclusa a tutti gli altri concorrenti e di incidere, con un ulteriore atto di volontà, sulle sorti della procedura”.
Inoltre, l’art. 46 comma 1-bis del d.lgs. n. 163/2006, relativo all'incertezza sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, va letto nel senso che può essere sanzionata con l'esclusione dalla gara l'offerta che presenti un margine di incertezza significativo, sia per il contenuto intrinseco della stessa, sia in relazione all'oggetto dell'appalto: analogamente, sono da ritenere essenziali quegli elementi dell'offerta atti ad incidere in maniera significativa sul contenuto della stessa, tanto che la loro mancanza renda l'offerta non soddisfacente rispetto alle richieste della stazione appaltante. Pertanto, va escluso il concorrente il quale abbia omesso la sottoscrizione dell'offerta tecnica o economica– la quale non è negozialmente imputabile ad alcuno – mentre la mancata esplicita previsione di tale carenza tra le cause di esclusione è irrilevante "trattandosi di mancanza di un elemento essenziale dell'offerta che anche nell'attuale assetto normativo disegnato dall'attuale art. 46, comma 1-bis, del Codice appalti, in cui è stato codificato il principio di tassatività delle cause di esclusione, rileva quale causa di estromissione del concorrente dalla gara d'appalto.
Nel caso di specie la causa di esclusione era presente anche nel bando di gara.


Il secondo motivo non è fondato in quanto la persona delegata al ritiro della documentazione Stefano Conte era dipendente della mandataria dell’ATI controinteressata anche se la qualifica non è stata precisata nella delega a lui conferita.
Quanto al sopralluogo era necessaria l’attestazione che esso fosse stato compiuto e non vi era necessità di indicare un soggetto particolare a tale scopo.Il ricorso va accolto in relazione al primo motivo di ricorso con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Metropoli

Bracciano, violenta aggressione all’ospedale: panico tra medici e pazienti

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BRACCIANO (RM) – Sono stati momenti di tensione quelli vissuti da medici e pazienti all’ospedale Padre Pio. I Carabinieri della Sezione Radiomobile della
Compagnia di Bracciano hanno arrestato un cittadino italiano di 52 anni, con precedenti,
gravemente indiziato del reato di resistenza a Pubblico Ufficiale. L’uomo, in visita a dei
parenti presso l’Ospedale Padre Pio di Bracciano, in evidente stato di alterazione, aveva
aggredito fisicamente e minacciato il personale sanitario, inveendo anche contro i visitatori
presenti. A seguito dell’evento è stato richiesto l’intervento del 112, appurando che lo
stesso soggetto, pochi minuti dopo si era allontanato per poi importunare il personale di un
vicino supermercato. A seguito delle immediate ricerche i Carabinieri della Compagnia di
Bracciano hanno individuato l’uomo che, restio al controllo, li ha aggrediti, minacciandoli.
All’esito dell’attività il 52enne è stato arrestato in flagranza di reato e condotto presso il
carcere di Civitavecchia. In data 10 aprile 2024 l’arresto è stato convalidato ed è stata
disposta da parte dell’Autorità giudiziaria la custodia cautelare in carcere.
Si comunica il tutto nel rispetto dei diritti dell’indagato (da ritenersi presunto innocente in
considerazione dell’attuale fase del procedimento, fino a un definitivo accertamento di
colpevolezza con sentenza irrevocabile) e al fine di garantire il diritto di cronaca
costituzionalmente garantito.

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Roma

Droga a Roma, shaboo nei biscotti iraniani

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ROMA – I Carabinieri della Compagnia di Roma Centro, a conclusione di una complessa attività d’indagine, durata circa sei mesi e diretta dalla Procura della Repubblica di Roma – Gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, stanno dando esecuzione a un’ordinanza che dispone l’applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese, perché gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di traffico internazionale, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo” ed oppio.
L’operazione, scattata alle prime ore di questa mattina, ha impegnato i Carabinieri nella provincia di Roma, dove sono stati localizzati i 6 indagati, 4 destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, due uomini, una donna iraniani e un uomo del Bangladesh; una donna filippina agli arresti domiciliari; una donna iraniana destinataria della misura del divieto di dimora in Roma.
Le attività investigative, condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro sono scaturite a seguito dell’arresto operato a giugno 2021 nei confronti di un cittadino bengalese, trovato in possesso di 530 g di shaboo; da qui sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine alla presenza di un gruppo criminale per conto del quale l’arrestato deteneva la sostanza. Le indagini eseguite mediante attività tecniche e telematiche, associate come sempre ai servizi tradizionali di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di mettere insieme gravi indizi di colpevolezza  a carico di colui che viene considerato il capo e coordinatore unico del gruppo, un cittadino Iraniano, in Italia da circa 25 anni, già agli arresti domiciliari per analogo reato il quale, sfruttando anche i permessi lavorativi come panettiere, dirigeva da remoto ed avvalendosi di gregari e collaboratori ai vari livelli, i rapporti sia con gli acquirenti che con i “galoppini” ed i fornitori di shaboo di stanza in Iran.
Proprio nei confronti di colui che viene considerato il capo e della moglie – anche lei membro del gruppo con compiti logistici ed operativi – i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito a dicembre 2021 una perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica che ha permesso di rinvenire e sequestrare all’interno di un appartamento 2,3 kg di shaboo e 1,4 kg di oppio, abilmente occultati nel doppio fondo di confezioni, completamente integre, di dolci tipici dell’Iran, comportando l’arresto della coppia.
La successiva analisi degli apparati telefonici sequestrati alla coppia ha poi permesso di ricostruire il canale di approvvigionamento dello stupefacente sintetico che veniva prodotto in Iran ed inviato in Italia, grazie alla collaborazione in terra persiana di un sodale non compiutamente identificato, che avvalendosi dell’inconsapevole apporto di alcuni turisti iraniani diretti a Roma, che mettevano a disposizione una porzione del proprio bagaglio, convinti di aiutare dei connazionali a portare in Italia “i sapori” della loro terra (i biscotti appunto), importavano in Italia lo stupefacente rischiando inoltre, se arrestati in Iran, la pena capitale. Una volta in Italia, lo stupefacente sotto forma di prodotti dolciari, veniva ritirato dalla madre o dalla moglie del capo dell’organizzazione e stoccato in depositi prima di essere immesso sul mercato capitolino sfruttando la manodopera a basso costo offerta da cittadini filippini e bengalesi.
È stata dunque ricostruita l’importazione di ben 21 kg di shaboo e 3 kg di oppio nel periodo ricompreso tra aprile e novembre 2021, e la successiva commercializzazione anche al dettaglio, e cristallizzata la posizione di 13 indagati a vario titolo per i reati di spaccio, detenzione ed importazione dall’estero di sostanze stupefacenti.
Nel corso dell’attività, a riscontro delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito 6 arresti in flagranza di reato, convalidati, sequestrate sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo”, per un peso complessivo di oltre 3 kg, del tipo oppio per un peso complessivo di kg. 1,5 nonché la somma in contanti di 25.000 euro ritenuta provento dell’attività di spaccio.
Si precisa che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.

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Cronaca

Roma, blitz all’alba di Carabinieri e Polizia: in manette 11 persone:

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I reati contestati sono di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti
 
 
Dalle prime luci dell’alba, nelle province Roma, Viterbo e Frosinone, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma e gli agenti della Polizia di Stato del I Distretto Trevi Campo Marzio stanno dando esecuzione a un’ordinanza, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, che dispone misure cautelari nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti.
 
L’attività di indagine, nata nell’ottobre 2022, trae origine dalle denunce di un soggetto, consumatore di sostanze stupefacenti, che aveva maturato con i propri spacciatori un debito che non era riuscito più a onorare, generando le violente reazioni di questi ultimi. In particolare, l’attività d’indagine, durata oltre un anno, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un gruppo criminale, operante nel quartiere romano di Cinecittà, di cui farebbero parte gli indagati e di documentare come questi ultimi fossero soliti operare delle violente ritorsioni nei riguardi degli acquirenti di droga morosi.
 
Sono stati raccolti elementi indiziari per cui in alcuni episodi le vittime venivano trasportate all’interno delle abitazioni di alcuni sodali ove venivano percosse e minacciate con una pistola puntata alla tempia al fine di obbligarle a effettuare i pagamenti, anche attraverso bonifici bancari. Talvolta, poiché si era esaurito il “plafond” giornaliero presso la banca, venivano sequestrati e malmenati tutta la notte, in attesa di poter effettuare altri bonifici il mattino seguente. Nei casi in cui non riuscivano a ottenere il denaro preteso, le minacce venivano estese anche ai familiari dei malcapitati.
 
L’analisi del flusso di denaro estorto (oltre 300.000 euro) ha permesso di identificare tutti i beneficiari dei bonifici bancari in soggetti ritenuti vicini al soggetto più autorevole del gruppo criminale, Daniele Salvatori e di documentare le attività finalizzate al reimpiego e al riciclaggio del denaro che dai vari conti correnti veniva, tramite ulteriori bonifici o attraverso il prelievo in contanti, trasferito ad altri beneficiari.
 
A Daniele Salvatori, classe 1977, già noto alle forze dell’ordine, il 12 giugno 2023, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma avevano già notificato un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, per l’estorsione ai danni di un trentaseienne residente nella provincia di Frosinone e dei suoi familiari. A conferma della pericolosità e della spregiudicatezza del destinatario del provvedimento restrittivo, in data 03.10.2022, il Salvatori era stato arrestato in flagranza di reato dai Carabinieri della Sezione Radiomobile di Cassino (FR), poiché sorpreso nei pressi dell’abitazione delle vittime in possesso di un’arma clandestina.
 
Privo di virus.www.avast.com



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