Alfano, Cardinale inflessibile

In questi giorni, sia in Vaticano che nelle istituzioni della Repubblica, c’è un argomento che vede un’accesa discussione: il riconoscimento delle unioni omosessuali.
Il Sinodo sulla Famiglia, che da due settimane vede riuniti 191 padri sinodali, provenienti dai cinque continenti, e altri sessantadue partecipanti, tra cui quattordici coppie, ha affrontato una serie di argomenti, tra cui la condanna alla violenza sulle donne e sui minori, la possibilità per i divorziati risposati di accostarsi ai sacramenti, e appunto il riconoscimento delle unioni omosessuali.
Era ampiamente preventivato il dibattito sulle unioni gay, in particolare dopo che, lo scorso anno, fu proprio papa Francesco, al ritorno dal viaggio pastorale in Brasile, pronunciò la frase, divenuta celebre, (spesso semplificata) “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte”.
Non è stata quindi una semplice dichiarazione d’apertura, dovuta a un mutamento dei costumi. Il ragionamento del papa pone un interrogativo di tipo strettamente dottrinale, una ricerca di un rapporto più vicino con quanto previsto dai dettami divini.
Ovviamente l’apertura ha rappresentato per le gerarchie ecclesiastiche un problema. Non tutti hanno accolto favorevolmente la dichiarazione di Bergoglio, e durante i lavori sinodali sono emerse chiaramente le due posizioni diverse, che al voto sull’argomento ha visto 118 favorevoli e 62 contrari.
Anche dall’altra sponda del Tevere si è affrontato l’argomento, ma a differenza di quanto è avvenuto in Vaticano, non c’è stato un dibattito, una mediazione. Ognuno ha deliberato atti favorevoli alla propria posizione, chiuso nelle proprie stanze, sfidando la controparte a suon di registrazioni e cancellazioni.
Succede così che, proprio il giorno in cui si chiudeva l’incontro sinodale, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha registrato sedici coppie omosessuali che si erano sposate all’estero, così come in precedenza avevano fatto i suoi colleghi Pisapia e Merola, a Milano e Bologna. La guerra dei sindaci non rappresenta una battaglia di schieramento, anche a Fano, dove il sindaco Stefano Aguzzi è di centrodestra, ha trascritto il matrimonio tra due uomini celebrato in Olanda.
A queste decisioni dei primi cittadini di alcune delle maggiori città italiane, ha risposto il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ha ordinato ai prefetti di annullare gli atti prodotti dai sindaci “disobbedienti”, in quanto contrari alle leggi italiane.
Eppure fu proprio un tribunale, a Grosseto, che impose lo scorso aprile al sindaco Emilio Bonifazi di trascrivere nel registro di stato civile il matrimonio celebrato all’estero, in quanto non contrario all’ordine pubblico, e non esiste nella legislazione nazionale una norma che lo vieti.
Alla luce della sentenza grossetana, quindi, la reprimenda del ministro ai primi cittadini non appare supportata dall’ordinamento, e appare come lo scontro tra alcuni vescovi più aperti ai diritti delle persone, contro il “Cardinale Alfano”, che ha adottato lo stesso atteggiamento dei sessantadue sinodali che hanno negato l’accoglimento degli omosessuali nella Chiesa.