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Cronaca

ALFREDINO RAMPI: QUELLA TRAGEDIA NEGLI ANNI '80 CHE L'ITALIA NON DIMENTICA

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Tempo di lettura 3 minuti Sin da subito il recupero del piccolo Alfredino si rivelò difficoltoso

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di Angelo Barraco
 
Roma – La cronaca nera ci ha insegnato, negli anni, ad entrare nelle case di chi vive il dolore, a conoscere il lutto di chi ha perso un figlio, un padre o una madre, a capire le dinamiche che si celano dietro una scomparsa e spesso a formulare ipotesi. Un tempo la tv era puro intrattenimento, piena di spazi e programmi che avevano lo scopo di  far riposare la mente dei tanti lavoratori che, tornavano stanchi da una giornata in fabbrica, cantiere o ufficio e preferivano staccare la spina e riposare la mente. Non vi erano programmi  dedicati esclusivamente alla cronaca, non vi erano i grandi salotti in cui si riunivano esperti del settore che perdevano giornate intere a discutere del colpevole da mettere al patibolo, non vi era un’assuefazione lenta e perenne della tematica delittuosa. L’informazione veniva data dai telegiornali e giornali, tutto aveva un peso e tutto aveva un’altra forma. Siamo nel 1981, in tv andava in onda Portobello condotto dal grande Enzo Tortora, la Rai trasmetteva “Il Sistemone”, il grande Mike Bongiorno andava in onda con un programma mattutino chiamato “Bis”  e Supergulp era il programma per ragazzi di maggior successo. 
 
La cronaca di quegli anni riportava che il 6 giugno del 1981 il Mostro di Firenze aveva colpito per la terza volta. Una lunga scia di sangue che avrebbe macchiato le campagne toscane in modo indelebile. Le vittime sono: Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio e il luogo il cui si è consumato il duplice delitto è Scandicci. Mentre l’Italia è sconcertata per l’incubo del mostro che colpisce le coppiette in Toscana, a Roma vi è la famiglia Rampi che sta trascorrendo le vacanze nelle seconda residenza in via del Vermicino, a Finocchio (Roma). C’è Ferdinando Rampi, Francesca Bizzarri, la nonna Veja e i piccoli Alfredo, di 6 anni e Riccardo di 2 anni. Mercoledì 10 giugno, Papà Ferdinando, due amici e il piccolo Alfredo “Alfredino” uscirono a fare una passeggiata, al momento del rientro però il piccolo Alfredo chiese al papà di poter proseguire tornare da solo a casa, il padre disse di si. L’episodio avvenne alle 19.00 circa, ma quando Ferdinando giunse a casa –ore 20.00 circa- Alfredino non era tornato a casa. Immediatamente i genitori lo cercarono ma non riuscirono a trovarlo, allora decisero di chiamare le forze dell’ordine alle 21.30. Immediatamente partono le ricerche con l’ausilio delle unità cinofile e viene individuato il piccolo all’interno di un pozzo artesiano in via Sant’Ireneo. Sin da subito il recupero del piccolo Alfredino si rivelò difficoltoso. In un primo momento si pronosticò una lunghezza del pozzo pari a 36 metri, ma la profondità complessiva era di 80 metri. Venne inizialmente calata una tavoletta di legata con una corda, ma tale oggetto si ruppe a metà percorso e ostruii l’imboccatura. Numerosi i tentativi di salvataggio, si prestarono ai soccorsi anche nani, circensi, contorsionisti con la speranza che le loro abilità nel muovere il corpo potesse salvare il piccolo. Fu calato un microfono all’interno del cunicolo, per comunicare con il piccolo. Le urla strazianti e i pianti hanno commosso un’Italia che era abituata ad altra tv; la RAI trasmise una diretta no stop di 18 ore sulla vicenda. L’uomo che più di tutti si avvicinò ad Alfredino nel momento in cui si introdusse nel pozzo fu Angelo Licheri, un tipografo di 37 anni che tentò in tutti i modi di salvarlo ma non ci riuscì e salito in superficie scoppiò in un pianto ininterrotto. Si fa di tutto per salvare Alfredo, viene scavato anche un pozzo parallelo ma il tentativo risulta fallimentare poiché tale scavo provoca un’ulteriore discesa del piccolo. Sul posto giunge anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 13 giugno l’Italia, dopo 60 ore di atroci sofferenze e svariati tentativi, il Tg1 trasmette la notizia della morte di Alfredino Rampi, con il conduttore Massimo Valentini in lacrime. 

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Ambiente

Tragedia sul Monte Bianco: Ritrovati i corpi di quattro alpinisti

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Due italiani e due coreani vittime della montagna. L’ultimo sogno realizzato sul Cervino prima del fatale destino

Un silenzio carico di dolore avvolge le pendici del Monte Bianco, dove ieri sono stati ritrovati i corpi senza vita di quattro alpinisti: due italiani e due coreani. Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, i due connazionali di cui si erano perse le tracce dal 7 settembre, hanno trovato il loro ultimo riposo tra i ghiacci eterni della montagna che amavano.

Il tragico epilogo è giunto dopo giorni di angosciosa attesa e speranza. Le condizioni meteorologiche avverse avevano impedito per tre interminabili giorni il decollo degli elicotteri di soccorso. Solo ieri, con una schiarita, un elicottero del soccorso alpino francese è riuscito a levarsi in volo, portando alla luce la drammatica verità.

Etienne Rolland, comandante del Pghm di Chamonix, ha confermato che le due cordate sono state “rapidamente localizzate”, grazie alle informazioni sul loro probabile percorso e altitudine. Una conferma che rende ancora più straziante l’idea che i soccorritori sapessero dove cercare, ma fossero stati ostacolati dalle forze della natura.

La notizia ha scosso profondamente la comunità alpinistica e non solo. Sulla pagina Facebook di Andrea Galimberti, una cascata di messaggi di cordoglio ha sostituito le precedenti speranze di un lieto fine. Amici e conoscenti piangono ora la perdita di un appassionato alpinista e della sua compagna d’avventure, Sara.

Le ultime immagini condivise sui social dai due mostrano momenti di pura gioia sul Cervino, appena pochi giorni prima della tragedia. Scatti che ora assumono un significato quasi profetico, immortalando l’ultimo grande sogno realizzato insieme. Andrea descriveva con entusiasmo l’ascesa al Cervino compiuta il 3 settembre: “Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio”.

Queste parole, cariche di orgoglio e affetto, risuonano ora come un addio involontario, un testamento della passione che li univa e che li ha portati a sfidare le vette più impervie.

La tragedia sul Monte Bianco non ha risparmiato nemmeno i due alpinisti coreani, il cui destino si è intrecciato fatalmente con quello degli italiani. Quattro vite spezzate, quattro storie di passione per la montagna interrotte bruscamente.

Mentre la comunità alpinistica si stringe nel dolore, questa tragedia riaccende il dibattito sulla sicurezza in montagna e sui rischi che anche i più esperti corrono nell’affrontare le sfide delle alte quote. Il Monte Bianco, maestoso e implacabile, si conferma ancora una volta una bellezza tanto affascinante quanto pericolosa, capace di regalare emozioni uniche ma anche di reclamare un tributo altissimo.

Le indagini sulle cause precise dell’incidente sono ancora in corso, ma già si leva un coro unanime: quello della prevenzione e della prudenza, anche per i più esperti. Perché la montagna, nella sua immensa bellezza, resta sempre un ambiente che richiede il massimo rispetto e un’infinita cautela.

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Castelli Romani

Frascati: “Crolla” la pavimentazione in piazza San Rocco

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Spaventano le immagini che ci sono arrivate oggi in redazione di piazza San Rocco a Frascati.
“Frascati crolla” è il grido che ci giunge.

la foto mostra nel dettaglio la “voragine” creatasi su piazza San Rocco

I lavori che imperversano in città mostrano la fragilità del territorio dove si sviluppa Frascati.
Anni di mancate manutenzioni e di lavori, a quanto ci dicono numerosi altri cittadini, eseguiti con poca accuratezza hanno minato la stabilità del terreno e le piogge torrenziali di questi giorni sono il “colpo di grazia”.

immagini giunte in redazione

Quello che traspare è la necessità di porre in essere un accurata ricognizione della città stessa, specie nella zona più storica ed antica.
La necessità di riqualificare, in special modo, tutto il centro storico diventa sempre di più necessaria ed urgente proprio per evitare ulteriori danni a quello che resta il fragile territorio della città tuscolana.

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Cronaca

Tragedia familiare a Perugia: tre corpi trovati senza vita in un casolare isolato

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Un agghiacciante ritrovamento ha sconvolto la comunità di Perugia: tre persone sono state scoperte morte all’interno di un casolare abbandonato, situato nelle campagne remote di Fratticiola Selvatica. Gli inquirenti parlano di una scena drammatica, che sembra indicare un brutale omicidio-suicidio.

Secondo le prime informazioni fornite dagli investigatori, si tratterebbe di un gesto estremo avvenuto in ambito familiare, un atto di violenza che ha spezzato tragicamente tre vite. Le vittime sono un uomo, sua moglie e la loro figlia, tutti uccisi da colpi di fucile sparati a bruciapelo. Il silenzio che circonda questo macabro episodio lascia spazio a molte domande, ma una delle poche certezze è che si tratta di un dramma che ha avuto come sfondo una tranquilla e isolata zona rurale.

Non è ancora chiaro chi abbia lanciato l’allarme, ma l’intervento dei soccorritori del 118, giunti sul posto con un’ambulanza e un’auto medica, è stato purtroppo inutile: i tre erano già deceduti all’arrivo.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Perugia, sono ancora in corso per fare chiarezza su chi abbia premuto il grilletto e ricostruire con precisione la dinamica degli eventi. Sul luogo della tragedia sono intervenute la squadra mobile e la scientifica, impegnate a raccogliere ogni elemento utile per risolvere questo inquietante caso. Il casolare, ubicato in una zona di campagna difficile da raggiungere, è accessibile solo attraverso una stretta strada sterrata, aumentando la sensazione di isolamento e mistero che circonda l’intera vicenda.

Le indagini proseguono senza sosta, ma il paese è già sconvolto da un dramma che lascia una scia di dolore e interrogativi.

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