anche l'economist contro renzi

ANCHE L’ECONOMIST CONTRO RENZI E LA SUA RIFORMA
DI ROBERTO RAGONE
Siamo abituati a leggere, tranne pochi, i soliti quotidiani asserviti al potere renziano, che ci mostrano quanto meritevole sia la sua opera politica per la nostra nazione. Ma non sappiamo come ci vedono gli altri, dall'esterno. L'autorevole quotidiano britannico Economist fa oggi una obiettiva analisi della nostra situazione vista dall'esterno, e in particolare di quello che lo stesso giornale chiama 'Renzerendum'. <<Il Paese ha bisogno di riforme di vasta portata, non di quelle proposte>>, dice l'Economist, chiedendosi perchè mai gli Italiani dovrebbero votare questa riforma, spiegando perchè, invece, gli Italiani dovrebbero votare NO. << Nella nostra situazione, >>continua il giornale,<< l'Italia è stata a lungo la più grande minaccia per la moneta unica e per la sopravvivenza dell'Unione, mentre il PIL procapite è bloccato a livello di quello del 1990, il mercato è sclerotico, le banche sono piene di titoli tossici, lo Stato è gravato del debito pubblico più alto di tutta l'Unione, al 133% del PIL. Se l'Italia continua ad andare così, il default sarà inevitabile. Ecco perchè tanti hanno sperato in Renzi, che continua a promettere che con la nuova Costituzione l'Italia avrà più governabilità, meno poteri alle regioni, una sola Camera decisionale, quella dei Deputati, insomma, la possibilità di operare quelle riforme che, secondo lui, sono necessarie. Nonostante gli investitori internazionali pensino che se fallisce il voto, e Renzi si dimette, l'Italia si trasformerà nella terza tessera del domino, dopo la Brexit e l'elezione di Donald Trump, pure l'Economist non ritiene che questa riforma debba passare. Renzi non riesce ad affrontare il problema principale, che è la non volontà dell'Italia di adottare questa riforma. I benefici secondari sono bilanciati dal fatto che questa operazione, nel tentativo di fermare l'instabilità che ha dato alla nazione, dal 1945 ad oggi, ben 45 governi, crea un premierato troppo forte, ciò che ha prodotto una forte corrente populista, con Benito Mussolini e Silvio Berlusconi. Certamente il sistema di due camere in cui ambedue i rami del parlamento hanno gli stessi poteri, è la ricetta giusta per la paralisi. Le leggi possono rimbalzare avanti e indietro per anni. La riforma dovrebbe ridurre il Senato ad organo consultivo, come in Germania, Gran Bretagna e Spagna, il che dovrebbe sembrare ragionevole. Ma questo sarebbe un vulnus per la democrazia, dato che i membri del Senato non sarebbero eletti, ma prelevati dai sindaci e dai consiglieri regionali, la classe politica più corrotta, e sarebbe una posizone di vantaggio per coloro che volessero ottenere l'immunità parlamentare. Nello stesso momento, la legge elettorale assegnerebbe un premio di maggioranza troppo grande al partito di maggioranza relativa, garantendo al primo ministro un periodo di governo di cinque anni. Così Renzi rischia di aprire la porta ai Cinquestelle e a Beppe Grillo. La vittoria del NO rafforzerebbe la convinzione che l'Italia non ha la capacità di affrontare i suoi molti problemi. Ma la colpa è di Renzi, che ha creato la crisi puntando il futuro del suo governo sul successo del referendum. Agli Italiani non piace essere ricattati. Sarebbe stato meglio per Renzi approntare delle riforme strutturali, dalla riforma della Magistratura troppo lenta, al miglioramento del sistema di scuola secondaria. Renzi ha già perso quasi due anni sulla riforma costituzionale. Quanto prima l'Italia torna ad una vera riforma, tanto meglio è per l'Europa. Quale sarebbe allora il rischio, se il referendum dovesse fallire? Le dimissioni di Renzi non sono il maggior timore in Europa, dato che l'italia potrebbe vavare un governo tecnico, come in passato. Se poi un referendum perduto dovesse innescare davvero il crollo dell'euro, sarebbe segno che la moneta unica era così fragile, che la sua distruzione era solo questione di tempo. >>