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Anguillara Sabazia, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso della Wind contro il Comune: si all’impianto a via Colle Biadaro

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ANGUILLARA SABAZIA (RM) – Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Wind contro il Comune di Anguillara Sabazia per la realizzazione di un impianto di telefonia in via Colle Biadaro, 19.

La vicenda

La Wind Tre s.p.a., a seguito dalla fusione delle due società H3G s.p.a. e Wind Telecomunicazioni s.p.a, è subentrata nella titolarità delle pratiche amministrative precedentemente in capo a Wind Telecomunicazioni S.p.A., tra cui quella che era stata presentata al Comune di Anguillara Sabazia a luglio del 2012, per realizzare un impianto di telefonia su una porzione di terreno, situato in via Colle Biadaro, 19

A suo tempo, Wind Telecomunicazioni S.p.A., dopo aver inserito il sito in questione tra le aree di ricerca individuate nel Piano di Rete, presentato al Comune di Anguillara Sabazia nel 2010, aveva inoltrato la relativa istanza.

Sul progetto l’ARPA Lazio esprimeva parere favorevole di conformità ai limiti di emissione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità.

Gli amministratori comunali esprimevano invece “parere contrario” all’installazione dell’impianto progettato, diffidando la società di telecomunicazioni dall’iniziare i lavori, motivando con la mancata presentazione di alcuni documenti e con il contrasto dell’infrastruttura progettata con il regolamento antenne comunale.

Avverso tale atto e contro il regolamento comunale invocato Wind proponeva ricorso al TAR del Lazio che, accordava la tutela cautelare richiesta, a seguito della quale il Comune di Anguillara Sabazia, nel 2013, sospendeva l’efficacia della nota 18858 del 10 agosto 2012 impugnata avanti il TAR.

In forza di questa ultima determinazione, Wind, con nota del 3 marzo 2014, comunicava l’inizio dei lavori d’istallazione dell’impianto progettato in via Colle Biadaro 19

A distanza di circa due mesi dall’apertura del cantiere il Comune di Anguillara ordinava la sospensione dei lavori “in attuazione delle ordinanze n.4709/2012 e 2793/2013 del T.A.R. Lazio”
Con una successiva nota il Comune di Anguillara respingeva l’istanza di autorizzazione presentata da Wind il 19.7.2012, assumendone il contrasto con l’art.8 lett. b del regolamento antenne, che aveva imposto “divieto di installazione in prossimità (raggio di 300 mt.) e sopra edifici scolatici a destinazione sanitaria – residenziale, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, asili nido parchi gioco, impianti sportivi adiacenti alle scuole, strutture che accolgono minori nonché edifici vincolati ai sensi della normativa vigente classificati di interesse storico architettonico e monumentale, di pregio storico e di valore testimoniale”. A questo punto con la sentenza n. 2772/2017, il TAR Lazio, ritenendo legittima la disposizione regolamentare dell’art.8 lett. b), rigettava i ricorsi proposti dalla società nei confronti dei provvedimenti comunali.

La Wind proponeva quindi ricorso al secondo grado della giustizia amministrativa

Il Consiglio di Stato ha dunque accolto il ricorso della società di telecomunicazioni per i seguenti motivi:
In particolare, con il terzo e il quarto motivo di appello, l’appellante censura la sentenza impugnata nel punto in cui ha ritenuto legittimo l’art.8 lett. b) e c) del c.d. regolamento antenne, approvato con delibera del consiglio comunale n.3 del 24.1.2006. Al riguardo, ricorda che i provvedimenti gravati in prime cure, ed in particolare la nota prot. 12207 del 28.7.2014, con cui veniva negata l’autorizzazione richiesta da Wind, poggiano sull’applicazione di detta disposizione regolamentare.
In riferimento a tali motivi di appello, deve in primo luogo essere disattesa l’eccezione della difesa comunale circa l’inammissibilità della censura, in quanto non contenuta nei motivi di ricorso in primo grado. Deve, infatti, osservarsi che l’appellante, già in primo grado, aveva evidenziato l’illegittimità derivata della nota di diniego in considerazione dell’irragionevole divieto distanziale introdotto con il regolamento antenne del Comune di Anguillara. Ne è conferma il fatto che la sentenza impugnata, non a caso, si sofferma a lungo ad esaminare la disposizione regolamentare oggetto di censura.

Tornando al merito della censura, il CdS osserva che sul punto il TAR ha ritenuto che il Comune non abbia “introdotto un divieto generalizzato all’installazione di impianti di telefonia mobile bensì si è limitato a dettare prescrizioni regolamentari atte ad individuare siti sensibili in stretta aderenza alla facoltà attribuita dal già citato art.8 comma 6 della legge 22 febbraio 2001 n.36”.
L’appellante contesta tale assunto, rilevando che i più recenti orientamenti della giurisprudenza hanno affermato la potestà dell’ente comunale di imporre legittime preclusioni, ma a condizione che esse si fondino su criteri di localizzazione “concreti, omogenei e specifici” e che comunque sia sempre garantita, anche attraverso la sempre possibile deroga a detti criteri, la copertura radioelettrica e non determinino “l’impossibilità della localizzazione”.

Secondo la società appellante, nel caso in esame, la preclusione imposta dal Comune di Anguillara Sabazia sarebbe del tutto generica e non dettagliata, assoggettando alla disciplina dei divieti, ad esempio, anche gli edifici “a destinazione sanitaria – residenziale”, con ciò lasciando intendere l’assoluta irrazionalità di un divieto che come tale sarebbe esteso a tutti gli edifici abitati del comune.

Motivo è fondato per le ragioni di seguito esposte

Al riguardo, è utile ricordare che la diposizione regolamentare contestata impone il divieto “di installazioni in prossimità (raggio di 300 mt.) e sopra edifici scolatici, a destinazione sanitaria – residenziale, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, asili nido parchi gioco, impianti sportivi adiacenti alle scuole, strutture che accolgono minori nonché edifici vincolati ai sensi della normativa vigente classificati di interesse storico architettonico e monumentale, di pregio storico e di valore testimoniale ….”.

E’ altresì utile ricordare il pertinente quadro legislativo nel quale si colloca la materia in questione, onde valutare la legittimità della disposizione innanzi richiamata. A questo proposito, si osserva che, ex art. 4 co. 1 lett. a), l. n. 36/2001: “Lo Stato esercita le funzioni relative: a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera d), numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all’articolo 12”.

L’art. 8, co. 1 lett. a) della cit. legge n. 36 dispone che: “Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, e nel rispetto del decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), e dei principi stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 5”.

Giova, altresì, richiamare quanto sancito dall’art. 8, co. 6, l. 36/2001, alla cui stregua: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

Le ricordate disposizioni sono già state oggetto di valutazione da parte della giurisprudenza. In particolare, il Consiglio (Sez. III, sent. del 30 settembre 2015, n. 4577), in ordine ad una fattispecie analoga, ha così argomentato: “La disciplina generale della localizzazione degli impianti di telefonia mobile (id est: la introduzione di prescrizioni generali relative alle distanze minime da rispettare nel caso di installazione di impianti di tal fatta, nonché la fissazione dei limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici), è riservata allo Stato. E ciò sia in quanto espressione del generale e pervasivo potere – ad Esso attribuito – di introdurre nell’Ordinamento “principii fondamentali” atti a vincolare l’attività legislativa regionale e l’attività normativa locale (ai sensi dell’art.117, ultimo comma, della Costituzione), sia in quanto intrinsecamente connessa alla c.d. determinazione dei ‘livelli essenziali delle prestazioni’ che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale, nell’erogazione dei servizi pubblici relativi (anche) alla tutela della salute (in forza dell’art. 117, comma 2°, lett. ‘m’, della Costituzione), sia – ancora – in quanto concernente la salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema (ai sensi dell’art.117, comma 2°, lett. ‘s’, della Costituzione), sia – infine – in quanto attività connessa alla fornitura di reti di comunicazione elettronica; ‘materie’ – tutte – di preminente interesse generale, siccome coinvolgenti l’interesse nazionale (Corte Cost. n.307/2003). In aderenza a tale principio, in precedenti analoghi è stato già affermato: – che “alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (… omissis …) quali, ad esempio, il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura etc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizioni di distanze minime da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni e/o a luoghi di lavoro, di ospedali, di case di cura …)” (C.S., VI^, n.3452/2006; Id., n.2371/2010; Id. n.44/2013); – e che “va dichiarata la illegittimità dei regolamenti che prevedono una zonizzazione indipendente dalle esigenze dei gestori del servizio di telefonia mobile e che, cioè, circoscrivono gli impianti a specifiche aree, appositamente individuate, senza subordinare le relative scelte alla previa e puntuale verifica della coerenza della disciplina pianificatoria con la necessità che venga in concreto assicurata sull’intero territorio comunale l’intera copertura del servizio” (C.S., IV, n.1431/2007). E poiché nella fattispecie il Comune ha spinto le proprie competenze ben oltre i limiti imposti dalla Costituzione e dalla menzionata legislazione statale d’interesse nazionale, esercitando – mediante il suo potere regolamentare – attribuzioni riservate allo Stato (nella specie: ha introdotto una prescrizione generale avente ad oggetto l’indicazione della distanza minima degli impianti da realizzare rispetto ad alcuni ‘tipi’ o ‘categorie’ di immobili, senza – però – individuarli specificamente), correttamente il Giudice di primo grado ne ha stigmatizzato negativamente la condotta, statuendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati innanzi ad esso e la disapplicazione della norma regolamentare confliggente con il corretto riparto delle funzioni”.

In linea con quanto appena rammentato, sempre il Consiglio di Stato (Sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 44) ha ribadito che:

“Alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi). Ne deriva che la scelta di individuare, come nel caso di specie, un’area ove collocare gli impianti in base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato non può ritenersi condivisibile, costituendo un limite alla localizzazione (non consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito). A ciò deve aggiungersi che la potestà attribuita all’amministrazione comunale di individuare aree dove collocare gli impianti è condizionata dal fatto che l’esercizio di tale facoltà deve essere rivolto alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare, come ritenuto dalla giurisprudenza, l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio” (cfr. Cons. St., Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6961).

E sempre sulla illegittimità di una scelta amministrativa preclusiva condizionata dalla mera distanza da un sito si è pronunciata la stessa Corte costituzionale (Corte cost., 7 novembre 2003, n. 331), la quale, nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 3 comma 12 lett. a), l. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, ha ritenuto che: “tale disposizione, stabilendo un generale divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, costituisce non già un criterio di localizzazione, la cui individuazione è rimessa dall’art. 3 lett. d) n. 1, l. 22 febbraio 2001 n. 36 alla legislazione regionale, ma un divieto che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, e quindi in una limitazione alla localizzazione, non consentita dalla legge quadro, in considerazione dell’evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione, attivi e passivi. Né la disposizione regionale può trovare giustificazione nel generale principio di derogabilità in melius (rispetto alla tutela dei valori ambientali), da parte delle regioni, degli standard posti dallo Stato, in quanto in presenza di una legge quadro statale che detta una disciplina esaustiva della materia, attraverso la quale si persegue un equilibrio tra esigenze plurime, necessariamente correlate le une alle altre, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, interventi regionali di tipo aggiuntivo devono ritenersi, a differenza che in passato, incostituzionali, perché l’aggiunta si traduce in una alterazione e quindi in una violazione, dell’equilibrio tracciato dalla legge statale di principio (cfr. C. cost. n. 382 del 1999, 307 del 2003)”.

Alla luce delle coordinante ermeneutiche innanzi delineate, la valutazione del TAR non può essere confermata laddove considera legittima la previsione regolamentare in esame, che prevede un indiscriminato limite di trecento metri. Invero, tale limite appare assolutamente generico, risolvendosi nell’illogicità dello stesso, conformemente ai precedenti di questo Consiglio innanzi ricordati.
Non è infatti condivisibile l’assunto della sentenza impugnata, secondo la quale le limitazioni comunali in discorso “non risultano avere carattere generalizzato, bensì puntuale e circoscritto a un numero limitato di siti sensibili”, in quanto la previsione regolamentare impugnata reca una generale limitazione alla localizzazione. Invero, nel caso di specie il comune ha classificato come sensibili: gli edifici scolatici e quelli a destinazione sanitaria – residenziale; le strutture di accoglienza socio assistenziali, asili nido, parchi gioco, impianti sportivi adiacenti alle scuole, strutture che accolgono minori; gli edifici vincolati ai sensi della normativa vigente, classificati di interesse storico architettonico e monumentale, di pregio storico e di valore testimoniale. Ne discende che ad ogni edificio che rientri in dette categorie e per ogni area destinata a parco gioco o ad impianto sportivo, corrisponderà una area nel raggio di trecento metri nella quale è inibita l’installazione.
La disposizione travalica dunque i limiti individuati dalla giurisprudenza innanzi citata, posto che, da un lato, generalizza il divieto, considerando sensibili praticamente tutti gli edifici abitabili, dal momento che, tra l’altro, vi include tutti quelli residenziali; dall’altro assimila siti tra loro assolutamente differenti, quali, a mero titolo esemplificativo, le scuole e gli immobili di pregio storico, così concretizzando nei fatti un illegittimo divieto di installazione delle antenne in una considerevole parte del territorio comunale, pari all’area ricompresa nei distanza di 300 mt. di distanza da tutti gli edifici innanzi menzionati.
In altre parole, le prescrizioni comunali in esame integrano delle limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei – ovvero, prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di una pluralità eterogena di edifici – già reputate illegittime dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, VI, 9.1.2013, n.44).
Da un altro punto di vista, ciò implica che il comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, ha predisposto misure che nella sostanza costituiscono una deroga ai limiti di esposizione fissati dallo Stato.
Al riguardo, oltretutto, non piò trascurarsi che, nel caso di specie, la valutazione del contrapposto interesse a non essere esposti ai campi elettrici generati dalle antenne, è stata effettuata dall’ARPA, unico organo ex lege preposto e legittimato a verificare la conformità delle emissioni agli inderogabili limiti dettati dallo Stato, ed alle cui prescrizioni contenute del relativo provvedimento la società appellante è tenuta ad ottemperare.
In considerazione dell’accoglimento per ragioni sostanziali ed assorbenti dell’appello, non è necessario esaminare le ulteriori censure svolte dall’appellante, attinenti alla formazione o meno del silenzio assenso ed alle dedotte violazioni procedimentali circa la necessaria partecipazione della società al procedimento relativo alle disposizioni che regolano l’apposizione delle antenne entro il territorio comunale.

Per tutte le considerazioni esposte, l’appello della Wind ha trovato accoglimento e, in riforma della sentenza impugnata, è stato accolto il ricorso proposto dalla Wind con i secondi motivi aggiunti.

Cronaca

Colleferro, alcol e droga: Carabinieri passano al setaccio il territorio

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Prosegue senza sosta l’azione dei Carabinieri della Compagnia di Colleferro impegnati in una sistematica e capillare attività di controllo del territorio tesa a garantire sicurezza e rispetto della legalità, soprattutto nel fine settimana, sia nei luoghi di maggiore aggregazione, frequentati dai giovani, che sulle strade per garantire anche una circolazione sicura.
La mirata attività preventiva è stata attuata con un massiccio numero di pattuglie del pronto intervento “112” dell’Aliquota Radiomobile ed ha consentito di denunciare alla Procura della Repubblica di Velletri un 33enne e un 60enne, entrambi di Valmontone, per guida in stato di ebrezza alcolica e di segnalare all’autorità prefettizia un 18enne di Paliano e un 59enne di Colleferro per detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale non terapeutico.
I Carabinieri hanno poi elevato contravvenzioni ai sensi del Codice della Strada nei confronti di automobilisti indisciplinati. Nello specifico, sono stati sequestrati due veicoli senza l’assicurazione obbligatoria e sanzionati complessivamente 5 utenti della strada. In totale sono state ritirate 2 patenti di guida, decurtati 20 punti, e comminate sanzioni amministrative per circa 1.000 euro.
L’operazione dei carabinieri di Colleferro si inserisce in una più ampia attività di prevenzione disposta dal Comando Provinciale Carabinieri di Roma tesa sia al contrasto dell’illegalità diffusa in tutta la provincia che per mostrare ai cittadini la presenza visibile dello Stato.

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Colleferro, “Se mi lasci non vale”: perseguita e picchia l’ex fidanzata

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Divieto di avvicinamento alla sua ex fidanzata. Questo il provvedimento adottato dal GIP di Velletri che ha preso atto dell’attività d’indagine portata avanti dai Carabinieri di Colleferro coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri nei confronti di un 28enne gravemente indiziato di atti persecutori.

La vittima si è rivolta ai militari della Stazione raccontando che il fidanzato, non accettando la fine della relazione con lei, avrebbe dapprima iniziato a pedinarla e controllarla negli spostamenti a propria insaputa (mediante applicativo sul telefono cellulare), poi in diverse occasioni l’avrebbe aggredita fisicamente cagionandole lividi e graffi al volto.

Tali condotte persecutorie si inasprivano nel fine settimana poiché il fidanzato manifestava stati di alterazione psicofisica, a suo dire, per il consumo di alcol e droga.

A supporto del quadro indiziario, sono risultati decisivi i certificati medici attestanti le lesioni riportate dalla vittima, i messaggi estrapolati dal telefono della vittima, il racconto dei testimoni che erano a conoscenza della sua relazione malata vedendola, in più occasioni, con evidenti segni di percosse ai quali venivano attribuite cause fortuite pur di non accusare il 28enne.

Ancora una volta la storia si è conclusa con l’emanazione del provvedimento da parte del Tribunale di Velletri che ha posto fine alle condotte denunciate dalla vittima che ha ritrovato la sua serenità.

Resta comunque alta l’attenzione dei Carabinieri sui casi di violenza di genere che hanno, come comune denominatore, episodi sentinella di pregresse liti o aggressioni fisiche a cui non segue, nell’immediatezza, nessuna denuncia da parte delle vittime.

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Fiano Romano e Palombara Sabina: stretta sullo spaccio di droga

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MONTEROTONDO (RM) – I Carabinieri della Compagnia di Monterotondo, nottetempo, hanno svolto un’ampia attività di controllo straordinario volto alla prevenzione e alla repressione dell’illegalità nei comuni di Palombara Sabina e Fiano Romano. Nel corso delle attività, i Carabinieri hanno rintracciato e arrestato un cittadino della provincia di Roma sottoponendolo agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, in esecuzione ad un decreto di carcerazione emesso dalla Procura di Roma. Hanno inoltre denunciato due cittadini albanesi, un 36enne trovato in possesso di alcune dosi di cocaina, materiali da confezionamento e oltre 1800 euro in banconote ritenute provento di attività illecita e un 30enne trovato in possesso di oltre 8 dosi di cocaina e 1.300 euro in contanti. Sempre gli stessi Carabinieri hanno denunciato per appropriazione indebita un cittadino colombiano di 22 anni, trovato alla guida di un’autovettura presa in prestito da un conoscente che non aveva mai più restituito. Poco più tardi, i Carabinieri hanno intercettato un furgone che era stato rubato qualche ora prima a Roma e lo hanno riaffidato al proprietario. Altre 5 persone infine, sono state sanzionate e segnalate alla Prefettura per il possesso di modica quantità di sostanze stupefacenti.
Nel corso delle mirate verifiche, i Carabinieri della Compagnia di Monterotondo hanno identificato 200 persone e controllato 140 veicoli, accertando violazioni amministrative al codice della strada di oltre 4.000 euro e ritirate 3 patenti di guida.

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