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di D'Onofrio Simonetta
Apple ha frodato il fisco. Questo è quanto afferma la Procura di Milano, per bocca del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. L’inchiesta, partita circa due anni fa, mette sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti le attività commerciali della filiale italiana dell’azienda di Cupertino. A quanto affermano i procuratori, gli operatori commerciali italiani operano per conto di società irlandesi, ma con potere decisionale, e con un’autonomia amministrativa tale da poter identificare i redditi derivati dall’attività di compravendita come prodotti nel nostro paese, quindi soggetti alla tassazione italiana, e non a quella irlandese, che per quest’attività prevede percentuali d’imposizione molto più basse di quelle nazionali.
In pratica, se la produzione e la distribuzione internazionale dei prodotti Apple sono attività che devono pagare le imposte nei paesi dove le fabbriche del colosso informatico operano, una volta che i prodotti giungono in Italia, la società Apple Italia S.r.l., che si occupa di formulare i contratti con la grande distribuzione, oltre a firmare contratti per conto delle compagnie telefoniche, dichiarava di operare per conto di società che nel loro paese (l’Irlanda) hanno una tassazione inferiore all’uno per cento, contro il 27,50% italiano. Con questo stratagemma la Apple Italia ha eluso quasi un miliardo di euro dal 2008 allo scorso anno.
Il procuratore aggiunto Francesco Greco, coadiuvato dai PM Adriano Scudieri e Carlo Nocerino, ha condotto le indagini, anche con una perquisizione nella sede milanese della società, identificando come responsabili dei presunti reati l'amministratore delegato di Apple Italia Enzo Biagini e il direttore finanziario Mauro Cardaio. Nell’inchiesta è coinvolto anche il manager dell’irlandese Apple Sales International, Michael Thomas O' Sullivan. I tre sono accusati di aver omesso di dichiarare i redditi prodotti in Italia dalla Apple Italia S.r.l.