Arte e tecnologia: la nuova logica dei poli museali per arrivare al grande pubblico

Qualsiasi espressione artistica è sensibile ai cambiamenti del proprio periodo storico, ed inevitabilmente ne diventa lo specchio, gli artisti con le infinite tecniche che hanno a disposizione lasciano una testimonianza delle nuove frontiere come le scoperte scientifiche e tecnologiche, con dipinti, sculture o con la Street art, oppure di usare la tecnologia stessa come medium come la Digital Art. Ai cambiamenti anche i musei di arte antica, contemporanea, moderna e anche i siti archeologici si adeguano ai cambiamenti tecnologici per dare “nuova vita” alle opere esposte all’interno di essi.

I musei sono i “portali del tempo” dell’umanità

Sempre più spesso polifunzionali e al passo con i tempi. Fra le notizie più eclatanti, di fusion tra arte e tecnologia, negli ultimi mesi riportata da tutti i media, è stata la vendita online di un’opera di Picasso dal titolo “Il Moschettiere”, tutta l’intera operazione ha usato il motto di Alexandre Dumas “Tutti per uno, uno per tutti” del romanzo “I tre moschettieri”, rispecchiandone appieno tutta la vicenda. Questa vendita è avvenuta in Svizzera da una società dal nome QaQa nel dicembre del 2018, l’opera è stata acquistata da ben 25mila persone, proposto a 40mila quote da 41,15 euro l’uno, dal valore di ben 1,67 milioni di euro, tutta l’operazione è avvenuta online e si conclusa in soli 3 giorni con una forma di crowdfunding.

E’ stata un evento quasi unico del suo genere, rendendo felice chi ha comprato le azioni di questo bene e soprattutto di diventare proprietari di un’opera del genio andaluso, un tempo riservato a ben poche persone. Gli “azionisti” dell’opera hanno ora la facoltà di decidere dove far esporre il dipinto, attualmente in mostra al Museo d’Arte Contemporanea e Moderna di Ginevra. Essere proprietari di questo bene seppur in minima quota ha dato la possibilità agli “azionisti” di avere una carta numerata che attesta la proprietà del “Moschettiere” permettendo di entrare in un apposito tornello quando è in esposizione nei luoghi scelti da loro stessi.

Internet come mezzo per arrivare al grande pubblico

Internet è ormai da tempo un modo per arrivare al grande pubblico in maniera diretta e partecipativa e se l’intento degli organizzatori della vendita online dell’opera di Picasso è stato di fare “buzz”, ossia rumore anche il direttore degli scavi Ercolano nel febbraio del 2018 ha aperto le porte al popolo degli internauti chiedendo a loro di scattare foto al sito e di condividerle su Instragram. E’ stato un evento particolare ed è stato un nuovo modo di far conoscere il sito in maniera esponenziale, di far conoscere angoli nascosti di tutto il patrimonio del Parco archeologico. L’intento dell’evento è stato di rigenerare le bellezze custodite negli scavi antichi grazie alla rete e gli scatti proposti. L’instameet così è chiamato l’evento che ha dato la possibilità ai visitatori di essere promotori del sito con i propri scatti e anche di far girare foto sui social di scorci suggestivi della città antica romana che normalmente le foto ufficiali non fanno vedere.

La nuova logica della rete al servizio dei musei

Un nuovo modo di fruire le opere perché dà ai “viaggiatori” la possibilità di agire in maniera democratica all’interno del museo, di poter decidere nei concorsi artistici l’opera preferita e dire la propria opinione sulle opere in concorso e di essere proprietari di opere milionarie. Fra gli esempi al Museo di Capodimonte di Napoli nel dicembre 2017 con la mostra “carta bianca” l’esibizione di 10 opere scelte da curatori d’eccezione, come ad esempio Riccardo Muti e Vittorio Sgarbi, che avevano a disposizione una sala del museo e la facoltà di scegliere da 1 a 10 opere appartenenti all’intera collezione del museo. L’intento dell’Exibithion era di dare ulteriori “storie alle opere”, ma anche di poter dare la possibilità ai visitatori di vedere le motivazioni della scelte dell’opere dai curatori in una video intervista, di poter interagire sui social e proporre “l’undicesima sala”, quindi di essere l’undicesimo curatore della mostra.
Il pubblico poteva fotografare dieci opere dell’intera collezione del Museo e Real Bosco di Capodimonte e anche di partecipare al contest #lamiaCartaBianca sulle pagine social del museo, l’intento dell’intera mostra era dunque un coinvolgimento attivo e diretto del pubblico.

Altri esempi di fusion tra arte e tecnologia ed anche molto originali è il Museo dedicato al grande fenomeno dei selfie

A Los Angeles è stato aperto il primo museo dedicato interamente all’autoscatto chiamato “Selfie Museum”, è un tributo ud una delle massime espressioni più narcisistiche della cultura popolare contemporanea, dando al visitatore la possibilità di interagire e di mostrare i propri autoscatti e anche di divertirsi.

La nuova filosofia dei musei non è solo di far “dialogare” i visitatori con la struttura, ma anche di decidere e non più come in passato “vivere” in maniera passiva l’arte, di viverle e di entrare “dentro” l’opera ad esempio di le esibizioni dal nome “Exeperience” dei grandi maestri del passato di Caravaggio, Van Gogh oppure Klimt, molto in voga in quasi tutte le città, questo tipo di eventi danno la possibilità di fruire appieno l’interiorità dell’artista. Victor Vaselary è stato il fondatore del movimento artistico dell’OP art sviluppatosi negli anni ’60 e ’70, e molto spesso gli veniva chiesto cosa ne pensasse dell’intromissione della tecnologia nel mondo dell’arte, ed egli risposi cosi quasi profetico:” L’arte astratta del futuro tende all’universalità totale dello spirito, la sua tecnica è destinata a svilupparsi in direzione di un generale progresso tecnologico, la sua fattura sarà impersonale se non addirittura codificabile[…] Sin dalla sua nascita l’arte è di possesso dell’intera umanità […] Mi figuro che intere mostre saranno semplicemente proiettate su parete. Avendo a disposizione delle principali opere d’arte, potremmo organizzare ovunque senza grande fatica e dispendio di denaro gigantesche esposizioni. Sarebbero sufficienti pochi giorni per inviare tutta una retrospettiva in un pacchetto postale in qualunque punto del globo”.

Giuseppina Ercole