ARTENA, NO BIOMETANO: PARTE LA MOBILITAZIONE GENERALE

Redazione

Artena (RM) – Il 5 settembre alle 17.30 si terrà un'assemblea pubblica indetta dal Comitato No Biometano Artena dove la cittadinanza è invitata a partecipare oltre che a fare quadrato verso la notizia relativa la realizzazione di un impianto per la produzione di biometano nella zona agricola del Colubro ad Artena.

Il Comitato NO Biometano Artena, animato da Michele Bianchi alla notizia, non ha perso tempo e si è subito impegnato per informare i residenti e soprattutto per allertare una rete di sostegno con i Comuni vicini.

Sull'argomento interviene Ina Camilli rappresentante del Comitato residenti Colleferro.

Aderiamo e sosteniamo la protesta del Comitato NO Biometano Artena , contrario alla realizzazione di un impianto per la produzione di biometano, nella zona agricola del Colubro (Artena), da parte della GREEN PARK AMBIENTE SRL, con sede in contrada Spinacceto. Siamo contrari, per tre fondamentali ragioni: la prima riguarda il suo insediamento in un territorio ad alta densità abitativa, che verrebbe irrimediabilmente compromesso, sotto l’aspetto socio-ambientale. Una ricca e prospera zona verde, a prevalente vocazione agricola, dove è molto praticata ogni forma di grande e piccola economia, compresa nel Piano paesaggistico regionale del 2007.
Artena rientra nel territorio del bacino del fiume Sacco in quanto sito di interesse nazionale (SIN) da bonificare e non può “sopportare” altre forme di inquinamento, oltre a quelle che si sono accumulate in oltre un secolo. La seconda, non meno importante, concerne l’alta probabilità che il procedimento amministrativo, la realizzazione e la gestione dell’impianto non avvengano nel puntuale rispetto delle direttive europee e nazionali. E’ormai prassi che anche obblighi europei chiari, precisi e incondizionati vengano disattesi.
Il biometano è un settore produttivo in forte espansione, finanziato e incentivato come fonte rinnovabile, ma la normativa di riferimento è frammentata e inadeguata, caratterizzata da difformità autorizzative, difficili da governare e applicare con certezza.
Vogliamo anche capire meglio, per esempio, chi e come si provvederebbe alla distribuzione del gas prodotto.

Inoltre, a nessuno sfugge che ancora una volta si agisce furbescamente, perché scopriamo che il progetto viene pubblico nel sito della regione Lazio il 5 agosto 2015. Quando si arriva alla VIA (valutazione di impatto ambientale) vuol dire che il progetto ha già completato tutto il procedimento istruttorio ed è in fase di autorizzazione. Come è stato possibile che si arrivi a sottoporre a VIA un progetto che insiste in un’area protetta e non venga invece dichiarato improcedibile?

Ciò è avvenuto all’insaputa dei residenti di Artena, dei loro comitati e associazioni, in aperta violazione delle più elementari disposizioni nazionali ed europee, che prevedono l’informazione il coinvolgimento della cittadinanza. Siamo in presenza della violazione degli obblighi informativi che la normativa pone a carico dei proponenti il progetto e delle Autorità competenti (Convenzione di Aarhus, L. 16.3.2001, n. 108), poiché “ogni attività suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente deve essere preceduta, nell’iter iniziale del processo decisionale, da una fase di informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato.” Quindi informazione preventiva, non successiva!
Questo tipo di impianto genera un importante impatto ambientale, tenuto conto delle sue dimensioni e caratteristiche, del “cumulo” con l’inquinamento preesistente nella valle del Sacco (in cui rientra il territorio di Artena), della sua localizzazione, ecc. Quindi, costi sociali per la collettività troppo alti rispetto al vantaggio del rendimento per un singolo imprenditore.
La terza ragione riguarda le garanzie del proponente: si tratta di una società a responsabilità limitata, il cui capitale sociale (E 10.000 il minimo per la costituzione di una srl) non è una garanzia ai fini del pagamento di un eventuale danno ambientale, che non può essere escluso. La legge infatti prevede che “chi inquina paga” e in questo una srl non offre sufficienti garanzie.