WWDC19, tutte le novità di Apple

Tante novità per gli amanti della “Mela” sono in arrivo.
Durante la conferenza degli sviluppatori di Apple, a San Josè in California che
si terrà fino al 7 giugno, il Ceo Tim Cook, ha parlato di tutte le novità che
aspettano i dispositivi del colosso di Cupertino. In apertura Tim Cook ha
mostrato il trailer dello show tv di Ron Moore, dal titolo For All Man Kind,
che sarà disponibile su Apple Tv+ a partire da quest’autunno. Sottolineando
così l’importanza per la Mela della produzione di contenuti e dei servizi in
abbonamento che passa anche per Apple News+ per l’editoria, Apple Arcade per i
videogiochi e Apple Card la carta di credito che arriverà in estate. Tutti già
annunciati negli scorsi mesi. E il sistema operativo tvOS ora supporta più
utenti ognuno con il suo profilo, migliora l’integrazione con Apple Music e
introduce il supporto ai controller di Xbox e PlayStation 4. Sui dispositivi
Apple arriva il così detto “dark mode”, una modalità per visualizzare
applicazioni e interfaccia in modo da non affaticare gli occhi e consumare meno
batteria. La nuova modalità arriverà con iOS13, il nuovo sistema per iPhone e
iPad atteso in autunno. Diverse applicazioni dai Messaggi alle Note, dalle Foto
alle Mappe, si tingeranno di nero.

https://www.youtube.com/watch?v=E5Jg4Wm9b7o

 L’iOS 13 prenderà il
posto dell’attuale versione iOS12 che ha riscosso un tasso record di
soddisfazione degli utenti, al 97%. Con il nuovo sistema operativo, lo sblocco
col riconoscimento facciale (Face ID) sarà del 30% più rapido, come più veloce
sarà il download e l’apertura delle app. Tra le altre novità
dell’aggiornamento, l’assistente vocale Siri annuncerà i messaggi in arrivo.
Apple mette mano anche alle Mappe, l’app rivale di Google Maps. Tra le novità
c’è “Look Around”, una funzione simile a Google Street View. La condivisione
della posizione sarà nel totale rispetto della privacy. Le nuove mappe della
Mela arriveranno in tutti gli Stati Uniti entro la fine dell’anno, e in altri
Paesi dal 2020. Su iPhone arrivano anche nuove Memoji, le emoji animate che
possiamo creare, far muovere e parlare a nostra immagine e somiglianza. Le
nuove Memoji si fanno “modaiole”, indossano rossetti, ombretti, piercing e
accessori, dai cappelli agli orecchini, fino agli AirPods. Le Memoji diventano
anche sticker, adesivi che entrano nella tastiera e possono essere usati in
altre app. In tema di tutela dei dati personali e privacy le app non potranno
usare Wi-fi e Bluetooth per localizzare l’utente. Per loggarsi, accanto ai noti
tasti “registrati con Facebook” o con Google, è disponibile il “registrati con
Apple”, che è “un modo semplice per registrarsi senza tracciamenti”; usando il
Face ID e senza fornire nessuna informazione personale.

https://www.youtube.com/watch?v=3x7_w9Oz8lQ

Grandi novità anche per quanto riguarda l’app iTunes che
dopo tanti anni di onorato servizio va in pensione. iTunes fu lanciata nel 2003
per vendere canzoni e ora conta 50 milioni di brani e circa 100mila tra film e
serie tv. Ora si divide in 3: Apple Music, Apple Podcast e Apple TV. La novità
arriverà con l’aggiornamento del sistema operativo MacOs che si chiamerà
Catalina. L’applicazione, che fu presentata in pompa magna da Steve Jobs come
modo semplice per comprare e possedere legalmente le canzoni, ha avuto un
grande successo e ha contribuito a legalizzare il mercato della musica
digitale, fino a quel momento vissuto nell’illegalità dello scambio di brani
via Napster. Il mercato della musica digitale è però cambiato negli ultimi
anni, con i servizi di streaming in abbonamento come Spotify e Apple Music che
hanno cambiato le modalità di fruizione.  Novità in arrivo anche per quanto riguarda Siri,
Foto e CarPlay. L’assistente vocale Siri sta imparando a parlare in modo meno
meccanico e più naturale, ora legge i messaggi negli AirPods e consente di
rispondere senza dover più dire “Hey Siri”. Siri ovviamente parla anche
dall’HomePod, lo smart speaker targato Apple, che ora può essere personalizzato
da ogni membro della famiglia. Siri è poi presente in auto con CarPlay, che è
disponibile sul 90% della uto vendute in Usa e il 75% su scala globale. Novità
anche nella Galleria Foto, con effetti luce nella modalità ritratto, autoplay
automatico per i video e finalmente la rotazione degli stessi. Rivoluzione
anche sul fronte tablet dove l’iPad si emancipa dall’iPhone e ottiene un suo
sistema operativo, l’iPad OS, che sui tablet della male sostituirà l’iOS. Una
mossa che arriva ad accreditare l’iPad come strumento di lavoro, grazie a
tastiera, su cui arrivano 30 scorciatoie, e al pennino, l’Apple Pencil, con la
latenza che scende da 20 a 9 millisecondi. Nell’ottica di lavoro c’è la
possibilità di fare lo split dello schermo con una visione multi-finestra, ad
esempio per affiancare due documenti. iPad OS porta con se’ una grande novità,
attesa da tempo: il supporto Usb, particolarmente utile per importare foto.

https://www.youtube.com/watch?v=wl4Hg23RQHQ

Confermando le indiscrezioni, Apple lancia il Mac Pro, il
computer desktop professionale. Macchina potente e costosa con nuovo processore
Intel Xeon fino a 28 core, e memoria fino a un terabyte e mezzo. Il
raffreddamento è affidato a tre ventilatori che – assicura Apple – sono
silenziosi e consentono al computer di “lavorare a pieno ritmo in ogni
momento”. Al Mac Pro, nella sua torretta di metallo dall’aspetto “a
groviera”, si affianca un monitor Lcd da 32 pollici, con display Retina 6K
dalla risoluzione di 6016 x 3284, polarizzato, con rivestimento anti-riflesso e
più ampio del 40% rispetto al display 5K di iMac. Arriva in autunno, il prezzo
parte da 5.999 dollari, mentre il Pro Display da 4.999 dollari, con lo stand
5.999. Infine, novità anche per l’Apple Watch, a cui l’aggiornamento del
sistema operativo concede maggiore autonomia dall’iPhone. L’orologio della Mela
avrà un suo negozio di applicazioni, che funzioneranno in modo indipendente
dallo smartphone. Sull’Apple Watch arrivano poi gli audiolibri e i memo vocali,
insieme a nuove “watchfaces”. Per gli sportivi ci sono gli “activity trends”,
che danno più informazioni per monitorare l’attività fisica. L’attenzione è
anche alla salute delle orecchie: lo smartwatch ci avviserà se siamo in un
luogo troppo rumoroso. Per il gentil sesso arriva il Cicle Tracking, per tenere
nota del ciclo mestruale. Insomma, con questa conferenza il colosso di
Cupertino ha illustrato tutta una serie di interessantissime novità che
renderanno ancora una volta migliori i prodotti della Mela morsicata.

F.P.L.




Caso Huawei-Google, concessa una proroga di tre mesi al colosso cinese

Caso Huawei-Google, gli U.S.A. concedono una proroga di 90 giorni al colosso cinese dell’informatica dopo la rottura.

Nel corso di questi tre mesi, la società asiatica potrà beneficiare di una sorta di tregua da parte degli Stati Uniti, così da poter trovare una strategia di uscita più morbida. Durante questo lasso di tempo non è da escludere che Huawei possa trovare una mediazione con Google e col governo statunitense. La decisione è stata comunicata dal ministero del Commercio americano, e di fatto fa slittare la stretta legale, che ricordiamo comportava l’addio immediato ad Android per i nuovi smartphone del brand asiatico, al prossimo 19 agosto. Per quella data, in ogni caso, non è esclusa una nuova proroga. Anche se questa ipotesi al momento rimane abbastanza remota. Nel frattempo, però, grazie a questa proroga, i possessori di smartphone Huawei possono tirare un primo respiro di sollievo. Chi temeva che a partire da ieri qualsiasi aggiornamento venisse bloccato, oggi sa che almeno fino al 19 agosto questo non accadrà. Quello che succederà dopo è un enigma, anche se c’è la volontà di Google di non abbandonare i suoi utenti. L’impressione, dunque, è che se questa bomba tecnologica è destinata a detonare, farà malissimo a Huawei ma a partire dai prossimi modelli in uscita, e non da quelli già esistenti. Come ha spiegato il Segretario al Commercio, Wilbur Ross, quella concessa a Huawei è una Licenza Temporanea Generale che “concede agli operatori il tempo di prendere altre misure” e autorizza alcune attività necessarie per il funzionamento delle reti e per supportare i servizi mobili esistenti, inclusa la ricerca sulla cybersicurezza “fondamentale per il mantenimento dell’integrità e dell’affidabilità delle reti e delle apparecchiature esistenti e pienamente operative”. Questa tregua, ovviamente, riguarda anche le aziende di microchip come Qualcomm, Broadcom e Intel che ieri – in contemporanea alla decisione di Google – avevano fatto sapere di interrompere le partnership con il colosso di Shenzhen. Relativamente alla componentistica, però, Huawei potrà fare scorta di semiconduttori per prodotti già sviluppati. Mentre per l’acquisizione di microprocessori da destinare a device in fase di progettazione, servirà un’autorizzazione del ministero Usa che appare molto difficile. Perché il documento del governo Usa è abbastanza chiaro: la sospensione riguarda solamente tecnologie già in commercio, mentre rimane in vigore sui nuovi prodotti in fase di sviluppo. Intanto in molti si aspettavano una risposta da Pechino. Invece per ora il governo cinese ha preferito la strada del silenzio. C’è solo una dichiarazione sibillina del portavoce del ministero degli Esteri, Lu Kang: “Il governo sostiene le imprese cinesi che ricorreranno agli strumenti legali per difendere i propri interessi legittimi”. Al momento c’è chi sostiene che la tregua fino al 19 agosto prossimo sia un segnale della Casa Bianca. Una sorta di porta aperta, lasciata da Trump, per trovare un accordo commerciale con la Cina. Ipotesi che potrebbe riportare Huawei fuori dalla blacklist. Altri analisti sono invece più scettici. In ogni caso per saperne di più sul futuro del binomio Huawei-Google, bisognerà attendere il mese di agosto.

F.P.L.




Rage 2, caos e follia in un mondo post-apocalittico

Amanti degli shooter open world, Rage 2 è arrivato e porta su Pc, Xbox One, e PS4 tutto il carico di follia e di caos necessario per passare ore ed ore di divertimento. Il gioco è frutto della stretta collaborazione tra id Software, autore del primo Rage del 2011, e Avalanche Studios, che negli anni si è fatta un nome principalmente grazie alla serie Just Cause e a Mad Max. Le due realtà hanno riversato in Rage 2 tutto il loro sapere e quello che è arrivato sugli scaffali degli store di tutto il mondo è un titolo che attinge a piene mani dalle opere più apprezzate dei due studi. Sulla carta Rage 2 si presenta con una formula pressoché invariata rispetto al primo capitolo, cioè quella di uno sparatutto supportato da un ampio open world post-apocalittico, ma ci sono tantissimi nuovi elementi che rendono la produzione davvero molto interessante. Oltre a questo c’è da sottolineare che gli sviluppatori hanno poi alle spalle il sostegno di un publisher importante come Bethesda Softworks, quindi dietro Rage 2 ci sono dei veri e propri colossi del settore che sono una vera e propria garanzia. Ma veniamo alla trama: la storia ha inizio a circa 30 anni di distanza dalle vicende di Nicholas Raine, il protagonista del precedente capitolo che era riuscito almeno apparentemente a sconfiggere le forze dell’Autorità riattivando le Arche, gli strumenti con cui l’umanità aveva pianificato di ripopolare la terra in seguito all’impatto dell’asteroide 99942 Apophis. La Zona devastata, proprio grazie all’intervento di Raine, sta lentamente assistendo alla rinascita della vita, e l’arido territorio che faceva da sfondo in Rage è ora irriconoscibile, mostrando i connotati di ben quattro aree ben distinte fra loro come zone desertiche, paludose e altre aree completamente invase dalla giungla. Nonostante gang di banditi e mutanti popolino ancora gli angoli bui della Wasteland, i sopravvissuti vivono in un clima di fragile benessere, almeno fin quando l’Autorità non torna a manifestarsi invocando l’ascesa di un nuovo protagonista. I giocatori in Rage 2 volta vestiranno i panni di Walker, un abitante di Vineland personalizzabile solo esclusivamente in base al sesso, costretto ad assumere il ruolo di ultimo Ranger in seguito alla distruzione della sua città natale. Ormai sull’orlo dell’estinzione, i Ranger sono un gruppo di supersoldati che sfruttano come Raine la tecnologia dei nanotriti, particelle robotiche presenti nel sangue in grado di garantire al loro utilizzatore poteri sovraumani. Walker si incammina verso l’entroterra della Zona devastata per mettersi in contatto con tre vecchie conoscenze dei fan di Rage, il Dottor Kvasir, John Marshall e Loosum Hagar, che assegneranno al giocatore una serie di compiti volti ad attuare il progetto Daga, il piano finale per la definitiva sconfitta dell’Autorità e del Generale Cross.

Per quanto riguarda il gameplay, una volta preso familiarità con i comandi e affrontato le prime missioni introduttive la generosa mappa di gioco inizia a popolarsi di icone colorate: fucsia, blu e arancioni. Un colore per ciascun alleato, un colore per indicare se si tratta di attività incentrate sulle uccisioni e la distruzione, la conquista e il controllo, l’esplorazione e il recupero di oggetti. Sono più di una decina le differenti attività che si possono incontrare e spaziano dalla caccia e distruzione dei Convogli, alla rimozione dei posti di blocco fino alla ricerca delle Arche e dei Ranger uccisi. Una volta ottenuta la giusta influenza, completando incarichi di ogni genere e missioni più o meno difficili, i giocatori verranno ricompensati con punti progetto da spendere ed è qui che Rage 2 inizia a mostrare i modi in cui è possibile influenzare il gameplay per plasmarlo come più lo si desidera. L’aspetto interessante, ma che in prima battuta appare un po’ confusionario a causa della presenza di tante voci all’interno dei menu, è che praticamente ogni componente di Rage 2 può essere potenziata e personalizzata: dalle abilità nanotritiche alle armi, senza scordarsi del proprio veicolo. L’importante è ottenere la giusta risorsa, anche comprandola. Può essere destabilizzante non avere un indicatore chiaro di progressione come i classici livelli o i punti esperienza, in particolare se poi ogni ramo di crescita si va ulteriormente a specializzare, ma nel gioco è tutto spiegato e riassunto in comode schede, quindi con un po’ di pazienza tutto si capisce e diventa chiaro.

La Feltrite, ossia i cristalli provenienti dai frammenti
arrivati sulla Terra con l’impatto dell’asteroide Apophis 99942, rappresentano
la risorsa chiave per eccellenza che non andrà più venduta ma conservata
gelosamente perché rappresenta la chiave per aumentare il livello delle abilità
a nanotriti e delle armi. Oltre ai livelli si possono attivare anche dei bonus
come l’aumento del raggio d’azione di un’abilità o la riduzione del suo tempo
di recupero utilizzando dei Potenziamenti Nanotritici, o si possono migliorare
le capacità offensive della propria arma pagando il quantitativo richiesto di
mod arma. Si può scegliere una sola modifica per livello, perciò è meglio che
si adatti al proprio stile di gioco. Detto ciò, è importante sottolineare che
la struttura open world è piuttosto classica con varie tipologie di attività
che costellano la mappa. Rispetto al primo Rage è indubbiamente evidente il
passo in avanti sotto questo profilo, ma dove Rage 2 si differenzia è soprattutto
nella varietà di biomi. Come abbiamo già accennato sono ancora presenti le
grandi zone desertiche che inghiottono i resti dei palazzi e della vita
precedente. Alla desolazione del vecchio mondo si contrappone la fitta
vegetazione delle Terre Selvagge, luogo talmente incontaminato e inesplorato
che districarsi tra la natura è una sfida talmente grande che riuscire ad
orientarsi senza problemi sarà davvero molto difficile. Le Paludi di Sekreto
invece sono un putrido e squallido collage di acquitrini e fango dove nelle
zone più solide proliferano discariche a cielo aperto, mentre nelle Piane
Lacerate svettano imperiose formazioni rocciose sfiancate da crepacci. Insomma,
per quello che concerne l’ambientazione, in Rage 2 quello che viene posto
dinanzi gli occhi di chi gioca è davvero molto bello da vedere.

Man mano che si esplorerà una più vasta sezione dell’open
world a disposizione in Rage 2 si avrà accesso ad armi ben più potenti e meno
convenzionali come il divertentissimo revolver Firestorm, che spara munizioni
incendiarie che possono essere detonate con lo schiocco delle dita, o il
cannone a impulsi, i cui danni aumentano con il surriscaldamento e con cui si
potrà facilmente distruggere ogni minaccia che si para davanti al protagonista.
Tutte le armi hanno inoltre un fuoco secondario che spesso rivoluziona il loro
funzionamento, e ciascuna può addirittura godere di una terza modalità
d’utilizzo se il protagonista si trova in status “Sovraccarico”. A completare
la dotazione ci sono un immancabile set di strumenti che potranno fare la
differenza in più di una occasione. Il Ranger ha a disposizione delle granate
standard ma anche gli immancabili Wingstick, i famosi boomerang dotati di lame
presenti anche in Rage 1. Oltre a loro, si potranno utilizzare le infusioni
curative, le infusioni abilità e quelle sovraccarico, che come si comprende dal
nome vanno a ricaricare le statistiche del protagonista. A dispetto della cura
di cui godono le fasi shooting, esse sono solo una parte dell’esperienza
offerta dal titolo. L’altra importante componenteche rende il titolo davvero degno
di essere giocato è la possibilità di esplorare il vastissimo open world di
Rage 2 a bordo di uno dei 16 veicoli inclusi al lancio. Tutti i mezzi di
trasporto sembrano usciti direttamente da un film in stile Mad Max, e l’intero
sistema delle attività presenti sulla mappa di gioco ricalca quello apparso
nella trasposizione pubblicata nel 2015. L’estesa porzione della Zona devastata
esplorabile in questo capitolo include alcune ambientazioni viste in precedenza
nell’originale Rage come le città di Gunbarrel e Wellspring, anche se la
maggior parte del territorio è controllata da alcune fazioni nemiche come i
Bulli, i Cinghiali, i Sudari Immortali e i Mutanti di Abadon, che bisognerà
necessariamente affrontare per completare le numerose attività che punteggiano
il mondo di Rage 2. A spezzare la monotonia degli avamposti nemici sono
presenti sulla mappa il Derby di Chazcar e la Mutant Bash TV, rispettivamente
un sistema di gare automobilistiche su tracciato e un paio di arene in cui è
possibile combattere i mutanti in cambio di gettoni con cui acquistare skin per
le armi e potenziamenti. Insomma, in questo Rage 2 di cose da fare ce ne sono a
bizzeffe.

Detto ciò è però bene sottolineare che la produzione porta con
sé alcune (fortunatamente poche) criticità, ad esempio: le missioni secondarie a
volte sembrano dei riempitivi e non sono mai corredate da valide motivazioni o
brevi frasi di raccordo che ne giustifichino la presenza, come ormai accade in
tutti gli open world moderni. La mappa, sebbene risulti essere piuttosto densa
e con pochi punti morti, è di dimensioni tutto sommato modeste, e dopo aver
visto i titoli di coda non tutti saranno disposti a completare ciò che manca
senza avere degli stimoli narrativi. La modellazione poligonale dei volti e
l’espressività dei personaggi secondari sono ridotte ai minimi termini, qualche
imperfezione tecnica è presente e il frame rate non è sempre stabilissimo,
nonostante si attesti sui 60 fps anche con configurazioni non all’ultimo grido.
Fortunatamente bug e glitch che fanno talvolta capolino in RAGE 2 e sono
involontariamente divertenti, ma fortunatamente non inficiano mai in modo
importante la conduzione di gioco. In attesa dei contenuti gratuiti post-lancio
e dei DLC già segnalati dalla roadmap mostrata da Bethesda, Rage 2 è un titolo
che seppur non perfetto riesce a divertire senza alcuna ombra di dubbio,
soprattutto se si apprezzano gli sparatutto fuori dagli schemi, dove è sempre
possibile improvvisare in modo creativo ogni conflitto a fuoco. La sua natura volutamente
scanzonata e folle poi rappresenta un modo divertente di affrontare un simile
universo. Quindi, tirando le somme, se si vuole uno shooter totalmente folle ambientato
in un universo open world in stile post-apocalittico, Rage 2 è senza dubbio il
titolo che fa per voi. Caos, creatività e tante cose da fare sono gli
ingredienti segreti di questo titolo, e vi assicuriamo che sono stati dosati in
maniera sapiente per offrire sul piatto un prodotto davvero goloso.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




World War Z, un esaltante shooter a tema zombi

Siete alla ricerca di un videogame pieno zeppo di zombi,
veloce da giocare, ma che offra anche un tasso di sfida alto, divertimento di
gruppo e con possibilità di giocare sia in modalità cooperative che
competitive? Bene, allora il titolo che state cercando è World War Z. Uscito da
qualche giorno su PC, Xbox One e PS4, il gioco è ambientato nell’universo dell’omonimo
film con Brad Pitt di qualche anno fa e dà la possibilità di vivere l’apocalisse
zombi vestendo i panni di uno dei 16 sopravvissuti disponibili. Ma veniamo al
dunque, World War Z fa breccia nel cuore dei videogiocatori online, ispirandosi
alla lontana a produzioni ben più blasonate, come Left 4 Dead, ma le
arricchisce di contenuti e modalità per vivere al meglio il gameplay di gruppo.
Vi diciamo questo in quanto il titolo è valido se giocato in solitaria, ma dà
il meglio di se quando si affronta in compagnia di altri tre amici. World War Z
è uno sparatutto in terza persona che racconta gli apocalittici scenari
post-pandemici delle principali capitali mondiali attraverso gli occhi di
persone comuni che cercano di sopravvivere all’epidemia. Nei loro panni, i
giocatori devono superare ostacoli, imprevisti e un fiume inarrestabile di
zombi per avere finalmente salva la pelle. Tralasciando la parte puramente narrativa,
che in questo caso funge puramente da contorno, il giocatore viene coinvolto in
una serie di scontri adrenalinici enfatizzati dall’epicità di una battaglia
impari contro quelle stesse orde di infetti inferociti che caratterizzano la
pellicola cinematografica. Il focus della produzione è indubbiamente questo, e
lo si nota maggiormente spulciando tutti gli aspetti articolati di un gameplay
poco pretenzioso, che mette davanti a ogni cosa l’azione e il divertimento.

Ogni capitolo presenta degli scenari più o meno grandi
divisi per micro-aree in cui si respingono le ondate di zombi, giungendo infine
alla parte dove bisogna difendere per qualche minuto una zona di interesse così
da poter accedere, finalmente, al rifugio sicuro successivo o alla via di fuga.
A rendere ancora più complessa l’avventura dei survivors ci sono alcune creature
potenziate, pensate per costituire una minaccia maggiore da non prendere
assolutamente sottogamba: i corpulenti poliziotti in tenuta antisommossa, chiamati
tori, fanno una caricano il giocatore per poi sbstterlo ripetutamente a terra
fino a ucciderlo, gli screamer sono letteralmente degli urlatori che attirano
l’attenzione degli altri zombi generando ondate più numerose, mentre i lurker
spuntano da dietro gli angoli mirando direttamente alla giugulare. Queste
figure sono un modo pensato presumibilmente per scoraggiare il gioco
individuale e per favorire il gioco di squadra. Da un lato, infatti, queste
presenze riescono a rendere il gameplay più variegato e dall’altro rappresentano
un fastidiosissimo ostacolo verso la libertà. A variare questa struttura che,
alla lunga, potrebbe risultare troppo ripetitiva ci sono diversi livelli di
difficoltà che aumentano il livello di sfida al fine di rigiocare gli scenari
in cooperativa. Fuoco amico, munizioni e cure inferiori, potenza degli infetti
maggiorata e l’assenza del radar infatti rendono il completare ogni capitolo,
ai massimi livelli, un vero e proprio incubo. Solo un team di giocatori davvero
organizzati e molto coeso può riuscire a completare World War Z al livello più
difficile.

Uno degli aspetti meglio riusciti della produzione riguarda
la caratterizzazione dei personaggi. Essa è stata pensata seguendo un semplice
schema di suddivisione per skin e background narrativo. Ognuno dei sedici
personaggi presenti nel gioco può essere selezionato secondo l’ambientazione di
appartenenza e non inficia, in alcun modo, sulla selezione della classe da
giocare nello scenario designato. La parte interessante emerge proprio grazie a
quest’ultimo elemento, se non altro perché ognuna delle classi disponibili nel
gioco, per un totale di sei, ha una discreta utilità se adoperata in simbiosi
coi membri del team. Avere un medico in squadra garantisce un maggior indice di
sopravvivenza, specialmente perché a un determinato livello può sbloccare
interessanti abilità per la cura del party, finanche dimezzare i tempi di
recupero con cui quest’ultimo può rianimare i compagni. Il macellaio, invece, è
ottimo per le uccisioni corpo a corpo, ma non disdegna l’utilizzo di gadget
utilissimi contro i nemici speciali, dato che in dotazione vanta un particolare
taser capace di immobilizzare anche una piccola orda di zombi. Nei momenti più
“affollati” l’utilizzo di uno tra i tanti gadget disponibili, utilizzabili a
seconda della classe scelta, garantisce un buon livello di sopravvivenza, a
patto che come al solito funzioni prima di tutto la comunicazione nel gruppo di
gioco. Il titolo offre anche la possibilità di “livellare” le singole armi e
sbloccare interessanti potenziamenti che si renderanno indispensabili ai
livelli di difficoltà maggiori. Il level up dei personaggi segue il solito
sistema reiterato per questo genere di giochi e concede, al raggiungimento del
nuovo livello, la possibilità di sbloccare un’abilità spendendo la valuta in
game guadagnata alla fine dello scenario. Chiaramente all’inizio è bene
scegliere una classe preferita da implementare, se non altro perché potrebbe
risultare molto più utile potenziare prima un’arma al massimo piuttosto che
sbloccare dei talenti utili in una fase successiva. Potenziare più classi
regala al giocatore un discreto divertimento in qualunque scenario, se non
altro perché magari ha più senso giocare un medico nelle retrovie, così da
curare i compagni quando necessario, mentre demolitori e macellai possono
divertirsi a rompere le fila degli zombi. Da notare che oltre alle armi base,
suddivise per livelli di danno, ci sono anche delle armi speciali che possono
compiere delle vere stragi in massa di zombi, chiaramente per un lasso di tempo
molto breve dato che i colpi non possono essere ricaricati nelle stazioni
dedicate alle armi standard. Quando ci si trova per le vie di uno dei 4 scenari
disponibili, uno dei punti di forza di World War Z è il comportamento dello
sciame di zombi. Centinaia di singoli non morti si lanceranno a capofitto verso
la posizione del giocatore e in determinati frangenti si accatasteranno
furiosamente uno sull’altro per scavalcare muri e ostacoli. In queste occasioni
il giocatore dovrà organizzare una strenua difesa trovando equipaggiamento
difensivo particolare come filo spinato, pavimento elettrificato e torrette
automatiche. Gli sciami non possiedono alcun istinto di autoconservazione,
nessun ostacolo sarà mai di troppo fra loro e chi gioca, perciò si assisterà
spesso a scene inquietanti dove a centinaia cadono a cascata dalla cima di un
edificio o si calpestano l’un l’altro nel formare la fantomatica piramide
tramite cui possono scalare altezze impressionanti. Insieme alla campagna
cooperativa, la modalità principale, World War Z offre anche la possibilità ai
giocatori di competere gli uni contro gli altri a squadre in una modalità dal
ritmo differente e piuttosto profonda. L’idea di inserire gli zombi nel bel
mezzo dello scontro è senza dubbio interessante perché offre opportunità
strategiche interessanti come ad esempio farli rivoltare contro gli avversari e
sfruttare la furia degli infetti a proprio vantaggio.

Per quanto riguarda la modalità competitiva online, World War Z offre oltre al classico Deathmatch anche Re della Collina, Dominazione Orda, Approvvigionamento e Caccia al Vaccino. Queste sono tutte modalità pensate per giocare in squadre 4vs4 dove, come appena accennato, a svolgere il ruolo di variabile imprevedibile sono gli zombi, che possono comparire all’improvviso creando scompiglio e disagio. La parte online garantisce un sistema di progressione separato dalla campagna, oltre ad avere dieci classi tra cui scegliere, ma è comunque doveroso sottolineare come gli sviluppatori abbiano prodigato un discreto impegno nel confezionare un prodotto completo e pensato per intrattenere i giocatori che cercano diverse tipologie di svago. Tecnicamente il gioco si difende bene, anche se nelle fasi più movimentate mostra qualche imperfezione a livello di texture. Pur facendo un buon lavoro soprattutto grazie ai miglioramenti dal punto di vista grafico nell’ultimo decennio, World War Z non raggiunge un livello grafico da lasciare a bocca aperta, ma fortunatamente, vista la frenesia del gioco, difficilmente si bada al panorama o agli scorci caratteristici. Durante la fuga infatti fermarsi in un luogo per più del necessario equivale a morte certa in quanto gli infetti inizieranno ad arrivare sempre più numerosi fino a quando la situazione non diventa insostenibile. Il gioco supporta il 4K ma è ottimizzato anche per chi non ha la possibilità di sfruttarlo. A livello sonoro World War Z ha una colonna sonora ben realizzata, inoltre la musica del menù è il tema del film, quindi una vera goduria per gli appassionati. Tirando le somme, il titolo sviluppato da Saber Interactive non brilla per originalità, rimane comunque un prodotto derivativo che riprende le buone idee sviluppate per il genere cercando di difendersi come può sia per quanto riguarda la campagna, che per la modalità competitiva. Il prezzo accessibile decreta da una parte la sua piccola vittoria personale sul mercato, anche se alcune incertezze tecniche sono visibili e penalizzano lievemente l’avanzamento insieme a una campagna emozionante a tratti. Nel complesso però l’atmosfera di gioco offerta da World War Z, specialmente se giocata in gruppo, può garantire un buon numero di ore di divertimento. Inoltre gli appassionati di obbiettivi prima di poterli sbloccare tutti dovranno passare veramente molto tempo a uccidere non morti inferociti. A nostro avviso il gioco vale la candela e lasciarselo sfuggire sarebbe un errore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Cortana parlerà come noi, parola di Microsoft

L’assistente vocale di Microsoft, l’ormai nota Cortana, in futuro arriverà a parlare come noi offrendo così un’esperienza di dialogo naturale. Tutto questo sarà possibile grazie alla tecnologia sviluppata da Semantic Machines, una startup acquisita dalla compagnia statunitense. Ad aprire una finestra sul domani è la Build 2019, la conferenza di Microsoft per gli sviluppatori, dove il colosso di Redmond ha presentato nuovi servizi cloud e strumenti per gli sviluppatori. Nel parlare degli agenti intelligenti, Microsoft ha descritto un nuovo approccio incentrato sulla creazione di interfacce conversazionali basate su dati e machine learning. L’azienda immagina un mondo in cui ogni organizzazione possiede un agente, proprio come oggi ha un sito web. La creazione del team Semantic Machines contribuisce ad accelerare il lavoro nell’ambito del linguaggio naturale. In futuro, questa tecnologia verrà integrata nelle esperienze conversazionali di Microsoft, inclusa Cortana, e sarà resa disponibile agli sviluppatori.  Tra le altre novità della Buid 2019, Microsoft ha presentato i nuovi servizi di collaborazione e produttività su app e web, nonché funzionalità di intelligenza artificiale (AI) su Microsoft 365, insieme a nuove tecnologie open source e nuovi strumenti di sviluppo per Azure e Windows. Spazio è stato dedicato alle funzioni della prossima versione del browser Microsoft Edge, basato su Chromium OS.  “Con la crescente integrazione della tecnologia in ogni aspetto della nostra vita, saranno le scelte degli sviluppatori a plasmare il mondo che ci circonda”, ha dichiarato il Ceo di Microsoft, Satya Nadella, nel discorso d’apertura. “Microsoft si impegna a dotare gli sviluppatori di piattaforme e strumenti affidabili per costruire esperienze “magiche” che creino nuove opportunità per tutti”. Insomma, nel futuro che immagina Microsoft l’interazione uomo-macchina sarà sempre più un elemento chiave per rendere la vita di tutti i giorni ancora più semplice e sempre più veloce sia nelle comunicazioni che nello scambio d’informazioni.

F.P.L.




Single Secret Party, la nuova frontiera del dating è a Roma e Milano

Addio speed dating, la nuova frontiera per fare nuove conoscenze in totale spensieratezza sono i Single Secret Party.

Già solo il nome è intrigante: ci si incontra direttamente a casa di un “host” che mette a disposizione la sua dimora, ma in pochi e in un’atmosfera intima e sicura. Se a questo aggiungiamo dell’ottima musica dal vivo e qualche buon drink, il gioco è fatto.

Il bello è che l’evento è gratuito e le location sono segrete, i single che riescono ad accaparrarsi i 50 posti a disposizione (per 25 donne e 25 uomini tra i 20 e i 40 anni) scoprono l’indirizzo il giorno stesso dell’evento. Due al momento gli imperdibili appuntamenti, entrambi alle h 21.30: a Roma venerdì 26 e a Milano sabato 27 aprile.

Vista la particolarità e l’unicità dell’iniziativa, il sold out è praticamente certo! L’idea è tutta di Meetic, il servizio di dating più affidabile ed efficace in assoluto, tanto che solo in Italia ha già fatto incontrare più di 1 Milione di coppie**.

Grazie alla collaborazione con ComeHome, l’innovativa applicazione per organizzare feste a casa che vanta una community composta al 95% da single, i Single Secret Party sono diventati realtà e sicuramente si trasformeranno in un appuntamento fisso a cui decine e decine di single non mancheranno assolutamente: l’atmosfera casalinga è ideale per approcciare un potenziale nuovo partner, a maggior ragione se la colonna sonora è azzeccata proprio come in questo caso.

Perché si sa, l’apice del romanticismo in una coppia appena nata è trovare la propria canzone, la colonna sonora di una vita, il brano che sarà per sempre un modo per ricordare quel particolare momento condiviso con una persona speciale.

La musica è un ottimo strumento per imparare a conoscere l’altro e creare momenti unici e irripetibili, assistere a un concerto insieme poi, può creare davvero ricordi indelebili! Ed è per questo che l’elemento centrale dei primi due Single Secret Party è proprio la musica, con due house concert a tutti gli effetti.

I 100 single romani e milanesi che riusciranno ad accaparrarsi un posto, verranno accolti direttamente dai padroni di casa, che daranno un caloroso benvenuto nelle loro dimore per creare da subito quell’atmosfera serena e divertente tipica delle feste casalinghe. Da lì in poi, complice anche l’open bar e l’ottima musica, sarà puro divertimento e condivisione, risate e relax per tutti, condizione perfetta per fare nuove conoscenze.

Ed è così che Meetic coccola i suoi carissimi single, rimanendo al loro fianco non solo online, ma anche nella vita reale: l’obiettivo, in fondo, è dare inizio a qualcosa di vero.

Non è un caso se, ad oggi, gli eventi targati Meetic hanno superato di gran lunga quota 600, con un totale di almeno 18mila single coinvolti in tutta la Penisola. Tra appassionanti viaggi, ottime cene e aperitivi di ogni tipo, corsi di cucina e show cooking, eventi culturali, mostre, concerti, quiz game e spettacoli di cabaret, trovare il partner ideale sarà un gioco da ragazzi! Data l’esclusività dell’evento e il conseguente numero chiuso per i partecipanti, occorre registrarsi al più presto, prima dell’annunciato sold out.

Per farlo basta seguire tutte le istruzioni sul sito ufficiale Meetic o inviare una simpatica mail a eventimeetic@meetic-corp.com dimostrando di essere la persona giusta per partecipare al primo Single Secret Party della Penisola.

F.P.L.




Assassin’s Creed III Remastered, Connor si rifà il look

Assassin’s Creed III, titolo della serie lanciato nel 2012 e vero e proprio punto di rottura all’interno della decennale saga che vede spostare le sue vicende dall’europa in America, torna su Pc, Xbox One e Ps4 in versione rimasterizzata.

Il gioco, infatti è il primo capitolo a introdurre il concetto di genealogia espansa, espediente narrativo attraverso il quale Ubisoft si divincolerà dal racconto legato al binomio Altair-Ezio, permettendo alla software house francese di introdurre da quel momento nuovi protagonisti per nuove avventure allontanandosi definitivamente dal fulcro da dove fino ad allora la serie orbitava.

Assassin’s Creed III, inoltre, fu il primo capitolo a introdurre un nuovo motore grafico, l’Anvil Next, implementazione che ha permesso di rielaborare ogni aspetto degli elementi portanti del titolo, dalle animazioni al parkour, dal sistema di combattimento al numero di elementi in movimento a schermo. Insomma, questo titolo ha rappresentato per la saga un vero e proprio punto di svolta anche per quanto riguarda le meccaniche di gioco. Per chi non lo sapesse, Assassin’s Creed III racconta la storia di Connor Kenway, Assassino dalle origini “pellerossa” che nel bel mezzo dei moti che furono destinati a culminare nella Rivoluzione Americana combatte per fermare il diffondersi dell’organizzazione Templare tra le Colonie del Nuovo Mondo.

Parallelamente nel mondo moderno Desmond Miles, il protagonista della saga che vive nei giorni nostri, corre contro il tempo per fermare le terribili conseguenze dell’imminente tempesta solare, che minaccia di spazzare via la vita sulla Terra nella fantomatica data del 21 12 2012. Se da una parte il titolo ha offerto una dei racconti più maturi per un Assassino, con Connor a rappresentare l’incarnazione dell’ideale logorato ma persistente, dall’altra il titolo congeda in modo tragico il predestinato signor Miles.

Questa disparità di trattamento si percepirà per tutta l’avventura, con i fasti del turismo storico celebrato con tutti gli onori che si contrappone a un’avventura nel moderno a fare da legante con il minimo indispensabile.

In quest’edizione rimasterizzata di Assassin’s Creed III, Ubisoft ha inserito alcune piacevolissime aggiunte, a livello di gameplay, in modo tale da rendere l’intera esperienza migliore rispetto a quanto visto anni fa. Gli sviluppatori hanno reso più comprensibile e utile la minimappa sullo schermo, adesso finalmente si capisce dove sono rivolti i nemici e ha introdotto alcune aggiunte alle fasi stealth, come ad esempio la possibilità di fischiare in mezzo all’erba alta per distrarre i nemici e l’uccisione alle spalle di due nemici contemporaneamente, con tanto di lama celata utilizzata di default anche se al momento si sta impugnando un’altra arma.

A differenza di prima, ora è anche più immediato mirare e alcune armi, prima disponibili solo tramite acquisto, le quali possono essere “craftate” trovando le ricette giuste e i relativi materiali. E’ importante sottolineare però che Assassin’s Creed III è pur sempre un titolo alcuni anni fa, quindi se si è abituati alla sfrenata agilità degli ultimi capitoli della serie, molto probabilmente questa versione remastered potrà sembrare decisamente più lenta.

I movimenti legnosi e “impacciati” in fase di arrampicata sono una caratteristica che infatti si discosta molto dalla fluidità vista in Origins od Odissey, ma d’altronde mettere mano anche a questo elemento del gioco avrebbe significato in primis snaturare il gioco e in secondo luogo una mole di lavoro decisamente notevole.

E’ opportuno segnalare però che in quest’edizione rivisitata di Assassin’s Creed III permangono tutti i difetti storici della serie, in primis un’intelligenza artificiale scarsa e per nulla in grado di offrire un buon livello di sfida.

Gran parte dei combattimenti, poi, sono sempre risolti con la pressione selvaggia del tasto relativo all’attacco, inoltre, la corsa acrobatica, oltre a richiedere di tenere premuto il tasto dorsale, è molto meno precisa rispetto ai capitoli più moderni. In ogni caso, specialmente per chi ha avuto la possibilità di giocare l’avventura originale, rivestire i panni di Connor sarà un vero piacere. Quest’edizione del gioco, oltre ad offrire quanto detto ha un importantissimo elemento a disposizione dei giocatori, ossia: la mole di contenuti.

Acquistandola infatti si potrà giocare anche ai DLC Benedict Arnold, Segreti Nascosti e La Tirannia di Re Washington, che introduce un’intera nuova campagna da affrontare sempre nei panni di Connor. Oltre a ciò, la Remastered comprende perfino lo spin-off Assassin’s Creed Liberation HD, in cui si vestono i panni dell’Assassina Aveline, la prima protagonista femminile della saga. Insomma, come vi dicevamo, il pacchetto offerto è davvero ampio e succulento.

Per quanto riguarda l’aspetto grafico e tecnico, le novità più interessanti e d’impatto sono sicuramente il supporto all’HDR e il 4K su PlayStation 4 Pro, Xbox One X e PC.

Per chi invece deve accontentarsi delle console “base” i cambiamenti sono comunque avvertibili anche se ovviamente inferiori. Le persone che si muovono in città sono state notevolmente incrementate di numero, la distanza di rendering arriva più lontano, l’illuminazione generale è più credibile e l’originale palette cromatica biancastra è stata abbandonata in favore di una più calda e tendente al giallo dall’effetto più realistico. La resa degli ambienti è quindi davvero un piacere da ammirare e non solo per la maggiore risoluzione delle texture ma anche grazie alla nebbia volumetrica, ai veri riflessi sulla superficie dell’acqua, alle ombre più nette e ai modelli dei personaggi principali maggiormente dettagliati.

Il risultato finale, quindi, è più che discreto. Ovviamente sono presenti alcuni glitch grafici, come ad esempio: candele, torce e lampade che continuano a non proiettare ombre dinamiche, riducendo la qualità generale dell’interno degli edifici, le ombreggiature non sono mostrate oltre una certa distanza e i modelli tridimensionali più lontani sono curati poco. Inoltre, i visi durante le cutscene sembrano quasi dei manichini e appaiono fin troppo scuri a seconda della direzione della luce.

Sono presenti inoltre anche alcuni errori nella proiezione delle ombre sul corpo e la neve a volte scompare e ricompare al passaggio di Connor. Ovviamente parliamo di piccolezze, ma forse si sarebbe potuto osare di più con questo Assassin’s Creed III Remastered. Di sicuro i fan storici lo avrebbero apprezzato.

Tirando le somme, quest’edizione rimasterizzata del primo capitolo ambientato oltreoceano non è una rimasterizzazione pigra e assolutamente inutile, ma anzi è un lavoro ben svolto e che sicuramente farà apprezzare meglio le avventure dell’assassino pellerossa ai neofiti della saga, ma anche ai fan più datati. Anche se purtroppo il multigiocatore online è stato rimosso, il titolo vale la pena di essere acquistato e senza dubbio è ancora in grado di garantire, complice anche la presenza dei Dlc e di Liberation HD, moltissime ore di divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Microsoft presenta Surface Hub 2S

Microsoft ha annunciato il nuovo Surface Hub 2S, il dispositivo all-in-one pensato per la collaborazione, che riunisce il meglio delle soluzioni Microsoft per la produttività, come Windows 10, Microsoft Teams, Office 365, Microsoft Whiteboard e la potenza dell’Intelligent Cloud. Il nuovo membro della famiglia Surface racchiude performance migliorate in un design ancora più sottile, leggero e versatile.

Con un peso inferiore del 40% rispetto alla versione precedente e un display più sottile del 60%, Surface Hub 2S è perfetto per ogni ambiente, dalle sale riunioni tradizionali alle compatte Huddle Room.

Il vivido schermo multi-touch 4K+ da 50’’ offre un’ampia tela per la collaborazione e la migliore esperienza touch ad alta risoluzione della categoria. In risposta alle esigenze di team sempre più estesi, globali e mobili, Surface Hub 2S intende offrire la flessibilità necessaria per riunirsi ovunque ci si trovi, collaborare e realizzare il proprio potenziale.

Il suo design compatto e la cornice più sottile della categoria, insieme alla videocamera 4K, all’eccellente qualità sonora e alla tecnologia far-field del microfono, garantiscono un’esperienza di collaborazione fluida e offrono ai partecipanti l’impressione di trovarsi nella stessa stanza.

In combinazione con il Roam Mobile Stand ideato dal partner Steelcase e grazie alla APC Charge Mobile Battery, Surface Hub 2S può essere comodamente spostato da una stanza all’altra, permettendo di proseguire la propria attività in mobilità senza soluzione di continuità. Con l’obiettivo di rispondere a ogni esigenza di collaborazione, Microsoft ha inoltre annunciato lo sviluppo di due nuovi dispositivi della linea Surface Hub. Nel corso dell’anno, l’azienda introdurrà, infatti, Surface Hub 2 Display, dedicato agli spazi che hanno bisogno di schermi che garantiscano un’eccellente interazione touch e via penna, senza necessità di capacità computazionali.

Inoltre, sarà offerta una nuova possibilità di configurazione che permette ai clienti Surface Hub 2S di avere Windows 10 Desktop sui dispositivi, modalità particolarmente adatta per scenari Win 32 specifici. Microsoft ha infine annunciato di essere al lavoro su una nuova versione di Surface Hub 2S con schermo da 85’’, la cui fase ti test partirà con una selezione di clienti all’inizio del 2020.

“Il mondo del business, sempre più interessato negli ultimi anni da processi di digital transformation che ne rivoluzionano gli assetti, ha bisogno di spazi e soluzioni innovativi per consentire ai team di collaborare e dare il meglio di sé nella progettazione di idee vincenti.

Come dimostrato da una ricerca di Steelcase, l’80% dei dipendenti considera il lavoro di squadra essenziale per svolgere al meglio le proprie attività. Tuttavia, con la diffusione dello smart working e la proliferazione di team globali, è sempre più difficile trovarsi fisicamente nella stessa stanza. Basti pensare che il 70% dei professionisti ha dichiarato di lavorare da remoto almeno una volta alla settimana e il 53% lo fa almeno metà dei giorni della settimana.Con Surface Hub 2S, intendiamo offrire alle aziende uno strumento tecnologico all’avanguardia, in grado di ottimizzare il lavoro di squadra, in qualunque contesto, sia fisico sia virtuale”, ha commentato Elvira Carzaniga, Business Group Lead Surface di Microsoft Italia.

Surface Hub 2S sarà inizialmente in vendita negli Stati Uniti a partire da giugno 2019. Il suo arrivo in Italia è previsto sempre nell’estate 2019 e dal 1° maggio sarà già possibile prenotare i dispositivi. Per maggiori informazioni è possibile contattare i rivenditori autorizzati Ayno e Insight.

F.P.L.




Tutti avvocati con Phoenix Wright Ace Attorney Trilogy

Phoenix Wright Ace Attorney Trilogy è pronto a diventare in maniera definitiva una serie multipiattaforma.

La collection incentrata sulle gesta dell’ormai noto avvocato di casa Capcom ha infatti già visto la luce diversi anni orsono, in due momenti separati: nel 2014 sui due modelli di Nintendo 3DS e nel 2012 su dispositivi mobile, in una smagliante forma in HD.

Oggi, invece, la raccolta fa capolino tra i titoli presenti nei principali store digitali per mettere tre grandi classici dell’adventure investigativo (Phoenix Wright: Ace Attorney, Justice for All e Trials and Tribulations) anche a disposizione di chi, utente PC o Xbox One, Ps4 o Switch, ne sia rimasto finora a totale digiuno. Ma cos’è Phoenix Wright? Che tipo di videogame è?

Ve lo spieghiamo noi: la saga si costituisce di un gameplay semplice ma dannatamente efficace, un incrocio assolutamente perfetto tra una visual-novel, genere tipicamente giapponese che non sempre prevede un’interazione decisa da parte del giocatore, e un’avventura grafica con un originale approccio a puzzle ed enigmi.

Nei panni dell’avvocato difensore Phoenix Wright, il giocatore deve dapprima raccogliere le prove necessarie parlando con persone ed esaminando gli scenari messi a disposizione da ogni caso, per poi utilizzarle contro l’accusa per smontarne le tesi.

Solitamente, ogni caso viene suddiviso in tre lunghi giorni in cui la parte investigativa si alternerà a quella in tribunale. Naturalmente non si tratta di un simulatore, e la legge viene qui applicata con delle regole semplificate rispetto a quelle reali, ma l’effetto finale è in ogni caso veramente sorprendente.

Le parti investigative permettono di muoversi liberamente tra gli scenari che a volte riveleranno ulteriori particolari se visitati in momenti diversi; qui il gioco è una vera e propria avventura grafica con un cursore usato per cercare dettagli e indizi e personaggi con cui dialogare e interagire anche in base agli elementi che saranno disponibili nell’inventario delle prove. La parte in tribunale invece è quasi tutta giocata sulle parole, ed entra nel vivo una volta che saliranno alla sbarra i diversi testimoni. Ognuno di questi racconta la sua versione senza fermarsi, una volta finito il giocatore può utilizzare ogni frase detta nella dichiarazione per fare ulteriori domande o mostrare le prove che contraddicono quanto detto dall’interrogato dinanzi al giudice.

I diversi casi, circa cinque per ognuno dei tre episodi inclusi in questa edizione, prevedono però tantissime varianti e altrettanti colpi di scena che rendono ogni deposizione una continua sorpresa, nonché una battaglia psicologica che nei ritmi, nelle musiche e negli effetti grafici sono incredibilmente emozionanti. Phoenix Wright è una serie molto amata, che viene riproposta ciclicamente e stavolta è il turno delle attuali console e del Pc. È un caposaldo del genere investigativo, grazie alla sua scrittura accesa, capace di alternare momenti comici a momenti di grande tragedia e umanità. I misteri presentati non hanno nulla da invidiare ai delitti visti nei romanzi di Agata Christie o Conan Doyle. Ogni caso è infatti un giallo classico, deduttivo, che chiede d’essere risolto per mostrare il suo finale: un romanzo attivo, e a momenti persino impegnativo. Spesso, pur conoscendo già l’identità dell’assassino, la sorpresa sta nelle modalità dell’esecuzione in quanto riuscire a sbrogliare la matassa ri rileverà essere un compito spesso molto arduo. Chi cerca questo genere di intrigo, in un contesto non troppo realistico, è di fronte a un grande esempio di scrittura tanto logica quanto sopra le righe, una combinazione che funziona sorprendentemente bene. Chi fosse dunque incuriosito dal gioco in sé, e non dai cambiamenti relativi al porting, sappia già che vale l’acquisto. Lo scheletro del gioco non è stato toccato per niente, e se la resa grafica è meno affascinante di quella vista nei titoli originali, il comparto sonoro è migliore che in passato.

Ovviamente, è proprio il caso di dire, qualche obiezione da fare sul titolo c’è. A partire dalla totale assenza di novità sostanziali, infatti, un extra di qualsiasi tipo, anche una semplice raccolta di artwork, avrebbe fatto apparire questa trilogia più appetibile per chi ha già giocato ai titoli. Al momento infatti Phoenix Wright Ace Attorney Trilogy è una riproposizione di quanto già visto su iOS/3DS, senza alcuna differenza sostanziale. Inoltre un altro neo di questa produzione è la scarsa localizzazione, infatti al momento, le lingue a disposizione sono soltanto inglese e giapponese. Ufficialmente sono in arrivo francese e tedesco, oltre a coreano e cinese. Ma in ogni caso, se non si mastica bene una di queste lingue, giocare e cercare di finire un caso è assolutamente impossibile, quindi prima di procedere all’acquisto è bene avere ben chiaro quest’aspetto. Tirando le somme, Phoenix Wright Ace Attorney Trilogy è una raccolta che rende giustizia alle prime imprese dell’avvocato di casa Capcom e a tutta la sua “strampalata” compagnia, con situazioni comiche e altre tragiche che sicuramente sono fatte per restare nel cuore come poche altre. A patto di conoscere l’inglese, il gioco farà passare diverse ore di grande divertimento e di emozioni, proprio per questo, a nostro avviso, chi non ha mai giocato a questa fantastica saga, adesso potrà scoprirla nel migliore dei modi. Un gioco diverso, unico nel suo genere, non adatto a tutti, ma la trilogia di Phoenix Wright è un titolo assolutamente da non lasciarsi sfuggire, in fondo, ricordiamo, stiamo parlando di un grande classico.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 9

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Sekiro: Shadows Die Twice, un’impresa titanica

Sekiro: Shadows Die Twice, l’ultimo videogame sviluppato da From Software per Pc, Xbox One e PS4, non delude le aspettative e si presenta come un titolo estremamente difficile, fatto per chi ha pazienza e soprattutto voglia di imparare dai propri errori. In un mix esplosivo fra dinamiche simili alla saga di Dark Souls insieme a componenti presenti nel primo originale Tenchu per Psx (sviluppato anche da From Software nel 1998). In questa nuova avventura la software house in partnership con Activision abbandona il mondo medioevale/fantasy dei Souls per abbracciare il Giappone feudale. Il titolo infatti è ambientato nel periodo Sengoku, un’epoca di crisi e molteplici conflitti interni che caratterizzarono il paese del Sol Levante tra la metà del XV secolo e l’inizio del XVII secolo. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore impersona il Lupo, uno shinobi dotato di straordinarie capacità al quale è stato affidato l’onere, e l’onore, di proteggere l’Erede Divino, un giovane dal retaggio nobile nel cui sangue scorre un potere immenso capace, almeno così si dice, di sconfiggere addirittura la morte. Quando i comandanti del clan Ashina, una delle famiglie più influenti del periodo, iniziano a intravedere la possibilità che il loro dominio, ottenuto pochi anni prima attraverso un sanguinoso conflitto, venga messo in discussione dall’autorità del governo centrale, decidono di rapire l’Erede Divino per tentare di sfruttare il suo potere a loro vantaggio. Il protagonista, nel prologo-tutorial del gioco, tenta invano di salvarlo, finendo per perdere il proprio braccio sinistro. In suo soccorso arriva però un misterioso scultore, il quale non solo gli salva la vita, ma installa una protesi meccanica al posto dell’arto mozzato consentendo al Lupo, anche conosciuto come Sekiro, di tornare a combattere e di rimettersi sulle tracce del suo giovane Signore. Da questi eventi ha inizio l’avventura del Lupo, un’avventura difficile, che richiederà impegno e pazienza, che farà perdere le staffe per via della sua accentuata difficoltà, ma che sa anche regalare grandissime emozioni quando si riesce a superare un boss che sembrava impossibile da battere. La formula utilizzata da Sekiro è crudele ma in realtà non è nulla di nuovo. Il titolo di From Software e Activision infatti rispolvera la formula con cui, nei lontani anni 80 e 90 si giocava ai videogame, ossia: muori e riprova finché non ci riesci. Non ci sono scorciatoie o trucchetti che tengano, se si vuole arrivare alla fine del gioco servirà infatti pazienza, sangue freddo, nervi d’acciaio e soprattutto una grande, anzi grandissima dose di buona volontà. Insomma, in Sekiro chi si ferma è perduto. La produzione, visto l’altissimo livello di sfida e soprattutto visto il tipo di gioco, non è un titolo adatto a tutti, è molto probabile infatti che i casual gamer si arrendano quasi subito. Questo videogame, invece, è una vera e propria sfida per giocatori “duri”, per chi si vuole mettere in gioco e soprattutto per chi vuole riscoprire la bellezza di giocare in single player per portare a compimento un’impresa titanica, ma assolutamente non impossibile. La nostra esperienza con Sekiro, per ottenere il finale migliore ci ha tenuto impegnati per una sessantina di ore, ma se si vuole scoprire ognuno dei 4 epiloghi, ogni volta che si porterà a termine il gioco verrà proposta un’avventura nuovo +, dove potenziamenti e bonus ottenuti rimarranno attivi, ma i nemici saranno molto più forti e in alcuni casi introdurranno delle novità. Insomma, se si vuole completare Sekiro al cento per cento sono necessarie (per un giocatore medio) una gran dose di pazienza e moltissime ore di gioco.

Il nuovo gioiello di From Software è un titolo action in
terza persona, e come tale lascia dietro di sé praticamente tutta la componente
ruolistica che caratterizzava i vari Dark Souls e Bloodborne, prima su tutte
quella riguardante la creazione e lo sviluppo del personaggio tramite numerose
caratteristiche. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore controlla un
protagonista ben definito, dotato di una propria personalità e di due sole
caratteristiche base, ovvero Vitalità e Forza d’Attacco. Dalla prima dipendono
la salute del protagonista e la postura, ovvero la capacità di mantenere
l’equilibrio nonostante i colpi avversari, mentre la seconda ha, come
facilmente intuibile, un impatto sulla quantità di danni inferta dal
protagonista con la sua katana, unica arma principale presente nel gioco. A
questa si affiancano poi gli “Strumenti Prostetici”, ossia alcuni speciali
gadget che possono essere installati dallo scultore nel braccio meccanico del
protagonista dopo essere stati raccolti nel mondo gioco, e che gli conferiscono
la capacità di usare un rampino, di lanciare shuriken, di colpire i nemici con
una potente ascia a molla, di sfruttare una lancia per trafiggere i nemici o
per eliminare le armature più rudimentali, di lanciare getti infuocati e molto
altro ancora. In totale nel gioco sono presenti 10 strumenti prostetici
differenti, alternabili liberamente e che possono essere potenziati consumando
risorse e Sen, la valuta presente nel gioco. Andando avanti nella storia il
giocatore ha poi la possibilità di utilizzare svariate abilità, utili sia in
fase difensiva che in fase offensiva, il cui sviluppo e utilizzo è in questo
caso leggermente più articolato. Nel gioco esistono diversi tipi di arti di
combattimento, di arti marziali shinobi, di abilità latenti e di tecniche
Ninjustu, che si differenziano tra loro per modalità di utilizzo e metodo di
apprendimento. In generale tutte le capacità possono essere sbloccate in due
modi: o superando punti specifici della trama o consumando i punti abilità
accumulati raccogliendo esperienza fino a quel momento, a patto di aver già
raccolto il tomo relativo alla quella specifica tipologia di arte. Le abilità
latenti e le arti marziali shinobi, una volta apprese, entrano subito a far
parte del ventaglio di capacità in possesso del protagonista, offrendogli dei
vantaggi passivi o la possibilità di eseguire mosse in specifiche situazioni.
Le arti di combattimento e le tecniche Ninjutsu, che permettono al giocatore di
eseguire attacchi speciali o di perfezionare le sue doti stealth, invece devono
essere inserite nello slot dedicato presente nel menù ed è possibile tenerne
attiva solo una per volta. Insomma, come gli appassionati dei Souls avranno
notato, il tipo di gioco è leggermente diverso da quanto visto negli altri
titoli di From Software. Strumenti e abilità rivestono un ruolo fondamentale
all’interno di quelli che sono, di fatto, i veri tratti distintivi di Sekiro:
Shadows die Twice, ovvero il sistema di movimento e il combattimento. Il
protagonista infatti è dotato di capacità atletiche particolari che gli
permettono di saltare, di scivolare, di appendersi alle sporgenze e di
raggiungere punti apparentemente fuori dalla sua portata sfruttando il rampino
installato nella sua protesi shinobi. Lupo però essendo un ninja ha la capacità
di nascondere la sua presenza agli avversari muovendosi in posizione
accucciata, usando ripari, camminando sotto il pavimento delle tipiche case
giapponesi o scomparendo nell’erba alta e nell’acqua. Sfruttando tutte queste
tecniche il protagonista può facilmente evitare gli scontri, ridurre le
distanze che lo separano dai suoi obiettivi o coglierli di sorpresa con un
colpo mortale. Il lupo può sfruttare le sue abilità anche per tendere
imboscate, attirare i nemici in determinate zone e colpirli dove non desta sospetto,
e proprio in questo (assieme alla pioggia di sangue in stile Tenchu quando si
elimina un nemico) sta la genialità del titolo. In ogni caso, è bene
sottolineare che finire il gioco senza dover combattere è impossibile, in
Sekiro: Shadows die Twice si deve ricorrere alla katana tanto, sia contro i nemici
semplici che pattugliano le aree di gioco, sia contro nemici speciali e boss. A
caratterizzare le diverse tipologie di avversari, oltre al livello di
difficoltà degli scontri, spicca la gestione delle caratteristiche principali
degli stessi, che ricalcano quelle del protagonista. Ogni personaggio è infatti
dotato di una certa quantità di salute e di postura. La prima può essere
danneggiata portando a segno i colpi mentre la seconda diminuisce ogni volta
che il personaggio para, vede un suo attacco che viene deviato o subisce una
contromossa. Quando la postura, la cui velocità di recupero dipende anche dalla
salute e dalla capacità del giocatore di rimanere in guardia, arriva a zero, il
personaggio può essere sbilanciato, esponendosi ad un colpo mortale capace di
causare la morte istantanea dello stesso, almeno quando si tratta di nemici
base. Generali, boss intermedi e boss principali invece dispongono di più barre
della vitalità, il che richiede al giocatore di mettere al tappeto più volte
questi specifici avversari, i quali però spesso lo ricompensano con oggetti
fondamentali per proseguire, come nuove tecniche o con “Grani di Rosario” utili
per aumentare la vitalità e “Ricordi” che fanno crescere la forza di attacco
del Lupo. In Sekiro: Shadows Die Twice viene inserita la meccanica del Colpo
Mortale (presente anch’essa in Tenchu) per eliminare gli avversari in un colpo
solo. C’è la possibilità di sorprendere i nemici alle spalle o da dietro ed
eliminarli facilmente, ma per quanto riguarda gli avversari più forti e nei combattimenti
sarà possibile sferrare un colpo mortale a patto di rompere la postura del
nemico. Questo comporta non dare tregua al nemico, poiché l’indicatore si
svuota a velocità variabile a seconda di chi si ha di fronte, e al tempo stesso
giocare d’astuzia perché la postura è strettamente legata alla salute: meno se
ne ha, più lento sarà il suo ripristino. Ecco quindi che torna quel concetto di
pazienza e dedizione alla base non solo del gioco ma dell’intera filosofia su
cui è costruito. Il problema è che la ferocia con cui sono stati programmati
questi boss secondari li rende a volte al pari dei boss primari e soprattutto
una prova alla quale non ci si sente mai pronti, persino quando si pensa di
essere progrediti a sufficienza.

Per quanto riguarda il sistema di controllo base nel corso
dei combattimenti prevede l’utilizzo del tasto dorsale destro per sferrare gli
attacchi, di quello sinistro per parare o deflettere con il giusto tempismo i
fendenti dei nemici e l’utilizzo simultaneo dei due tasti per attivare l’arte
di combattimento equipaggiata. A questo vanno aggiunte poi la possibilità di
effettuare schivate e saltare sfruttando i tasti frontali, due mosse
indispensabili per evitare le 3 tipologie di colpi speciali in possesso dei
nemici che vengono preannunciate a schermo dalla comparsa di specifici kanji
(ideogrammi giapponesi), la capacità di utilizzare gli strumenti prostetici
equipaggiati o il rampino, delegati ai due grilletti posteriori, e la
possibilità di combinare insieme tutti questi effetti. L’utilizzo di questi
strumenti, rampino a parte, non è però illimitato e prevede il consumo di “Emblemi
Spiritici”, che possono essere raccolti esplorando, uccidendo nemici o possono
essere acquistati pregando presso gli idoli dello scultore, ossia l’equivalente
dei falò visti in Dark Souls. Per chi non lo sapesse quando ci si ferma a
pregare (a riposare nella saga di Dark Souls) sarà possibile recuperare
vitalità, recuperare oggetti curativi e potenziare il personaggio. Inoltre gli
idoli fungono da checkpoint e consentono al giocatore di viaggiare da un’area
all’altra di quelle scoperte nel mondo di gioco. In Sekiro: Shadows die Twice,
come è abitudine nei titoli targati From Software, viene permesso giocatore di
utilizzare una vasta gamma di oggetti, equipaggiabili in uno specifico menù
rapido che può essere passato in rassegna in qualunque momento tramite la croce
direzionale. Tra questi, oltre ai classici consumabili curativi o che
incrementano specifiche caratteristiche, sono presenti una borraccia, che nel
titolo prende il posto della famosa fiaschetta Estus, che consente al giocatore
di recuperare un po’ di salute. Una volta terminati gli usi, come già detto, il
giocatore non può fare altro che recarsi presso uno degli idoli dello scultore e
ricaricarne il potere, consentendo però ai nemici eliminati nelle varie zone di
tornare in vita, proprio come accadeva nei precedenti titoli di From Software. Quando
diciamo che Sekiro è un titolo difficile, punitivo e a volte tremendamente
irritante, lo diciamo con cognizione di causa. Durante l’avventura, infatti,
dopo esser morti non esiste la possibilità di tornare a raccogliere i propri
resti in caso di sconfitta. Quando muore, il giocatore perde irrimediabilmente
metà dei punti esperienza accumulati fino a quel momento, che però si azzerano
ogni volta che si sblocca un punto abilità, e metà dei Sen raccolti. Una
punizione severa, ma che si accompagna ad una caratteristica inedita. Come
conseguenza dei suoi servigi all’Erede Divino, Lupo ha ottenuto la capacità di
risorgere dalla morte, il che significa che non sempre cadere in battaglia
equivale al dover ripartire dall’ultimo checkpoint visitato. Sekiro ha infatti
la possibilità di sfruttare il potere del Drago che risiede nel suo sangue per
rinascere e continuare a combattere, seppur con delle precise limitazioni.
Innanzitutto non può risorgere a suo piacimento, ma solo una volta, almeno
nelle fasi iniziali. Dopo aver esaurito questo “bonus” la morte è definitiva e
si riparte dall’ultimo checkpoint, con tutto ciò che ne consegue. Per
ripristinare il potere dopo l’utilizzo è ovviamente sufficiente riposare presso
uno degli idoli, ma questa non è l’unica via. Abbattendo nemici e mandando a
segno colpi mortali, il protagonista può infatti ripristinare il potere del suo
sangue senza dover riposare. Il “rovescio della medaglia” è però rappresentato
dal Mal del Drago, un morbo che si diffonde nel mondo di gioco quando il sangue
del protagonista entra in “stagnazione” in seguito alle troppe morti
consecutive ed egli inizia ad attingere a quello dei vari personaggi o vendor
per tornare in vita. Un evento fortunatamente reversibile, ma che ha effetti
tangibili sullo sviluppo del gioco, primo su tutti la possibilità di ottenere
il cosiddetto “Aiuto Divino”. Il protagonista in caso di morte può infatti
ricevere una sorta di “grazia”, che gli consente di rinascere senza alcuna
penalità. La possibilità di ottenere questo favore parte da un limite massimo
del 30% e diminuisce gradualmente al diffondersi del Mal del Drago, esponendo
il giocatore a conseguenze più durature per ogni sconfitta subita. Ovviamente,
essendo un titolo single player, differentemente da Dark Souls, il giocatore
non potrà ricevere nessuna mano da un amico facendolo entrare nella propria
partita. Qui si combatte da soli, si muore da soli e si vince da soli. Inoltre,
tale regola è a nostro avviso assolutamente coerente in quanto se si fosse in
due contro un boss, danneggiare vita e postura sarebbe un gioco da ragazzi in
quanto un giocatore si limiterebbe ad attirare il nemico mentre l’altro lo
colpirebbe ripetutamente alle spalle. In Sekiro si è volutamente soli, ma ciò è
un bene in quanto da ogni sconfitta si impara qualcosa e a ogni vittoria ci si
sente estremamente emozionati e orgogliosi di se stessi.

Come ogni produzione From Software che si rispetti, anche in
questo caso il level design è un aspetto che è stato curato parecchio. In
Sekiro ci sono paesaggi mozzafiato, mappe stupende, visivamente evocative
grazie al loro fascino orientale espresso nel miglior modo possibile. Grazie
alla mobilità del protagonista, data dall’utilissimo rampino, le aree di gioco
acquistano un’ulteriore dimensione, quella verticale, aspetto che le rende
ancora più complesse che in passato. Le classiche scorciatoie che collegano le
diverse mappe sono sempre presenti, anche se meno d’impatto rispetto ai Dark
Souls. Ciò che invece non cambia è la bellezza delle fasi d’esplorazione,
durante le quali si apre la caccia dei segreti di ogni mappa: oggetti e altri
misteri nascosti in angoli impensabili. Parte del background narrativo è poi tutto
da scovare osservando le ambientazioni, che offrono scorci evocativi e pregni
del fascino nipponico che qui si unisce al gusto della corruzione palpabile
tipica delle produzioni From. Tecnicamente parlando Sekiro si presenta con
un’ottima qualità grafica, che però non fa gridare al miracolo se paragonata ad
altri titoli recenti. D’altronde il dettaglio grafico non è mai stato il punto
di forza della software house e lo si vede in modelli poligonali mai troppo
particolareggiati e in alcuni difetti ricorrenti come la telecamera a volte
problematica nelle fasi più concitate della battaglia, compenetrazioni
poligonali con cui è possibile colpire o essere colpiti attraverso i muri e
texture non di altissima qualità. Questi difetti sono comunque sopperiti
dall’elevata qualità artistica delle ambientazioni, di cui vi abbiamo appena parlato,
e dalle animazioni rese in maniera perfetta. Aspetto, quest’ultimo,
fondamentale in un titolo in cui il combattimento è basato principalmente sulla
lettura delle mosse del nemico. Ultimo ma non per questo meno importante
elemento è il comparto audio. Sekiro riesce a stupire anche per quanto riguarda
questo aspetto, infatti, le musiche sono evocative e sempre coerenti con ciò
che succede sullo schermo, gli effetti sonoro sono altrettanto incredibili e
sentire il clangore delle spade che si colpiscono l’un l’altra durante un
duello o il vento che soffia tra gli alberi è davvero da brivido. Il titolo
poi, differentemente da quanto visto nelle vecchie produzioni di From Software,
è doppiato interamente in un ottimo italiano. Grazie a questa importantissima
aggiunta sarà possibile per tutti capire meglio la trama e avere un quadro
globale ancora più preciso. Ovviamente il titolo può essere giocato in molte
altre lingue come l’inglese e anche in giapponese. Tirando le somme, Activision
e From Software con Sekiro: Shadows Die Twice hanno aggiunto alla bellezza di
un gameplay e un combat system del tutto rinnovato, la durezza e la difficoltà che
hanno da sempre caratterizzato la serie Souls. Lo ripetiamo ancora una volta,
questa produzione non è assolutamente adatta a qualsiasi tipo di giocatore in
quanto richiede impegno, pazienza, costanza e nervi saldi. Morire, morie e
ancora morire non piace a nessuno, proprio per questo motivo è facile scoraggiarsi
presto. Se invece si è alla ricerca di una sfida straordinaria, di un titolo
appagante, di un videogame che mette alla prova le proprie capacità, Sekiro
rappresenta tutto ciò di cui avete bisogno. A nostro avviso un titolo del
genere non può mancare in casa di ogni buon giocatore, ma se avete la
possibilità di poterlo provare perché siete indecisi sul doverlo acquistare o
meno, fatelo, in quanto portare a termine l’avventura del Lupo è una vera e
propria impresa.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Dal videogioco alla realtà, milionario organizza vera Battle Royale: in palio 100mila sterline per chi vince

Milionario cerca 100 persone per una Battle Royale dal vivo. In palio 100mila sterline per chi vince. Nelle ultime ore il web sta letteralmente impazzendo per questa notizia. Ma cos’è una Battle Royale? Questo fenomeno nasce da un libro di Koshun Takami che ha spopolato in Giappone.

In pratica un certo numero di persone su di un’isola devono uccidersi a vicenda e resistere il più possibile

Chi sopravvive al massacro vince. A quest’idea si sono ispirate diverse pellicole cinematografiche, e sono stati sviluppati diversi videogames sia per console che per smartphone, i cui più famosi sono Pubg e Fortnite. Ovviamente quest’ultima forma di media ha fatto si che il fenomeno si espandesse a macchia d’olio e diventasse uno dei generi più apprezzati e giocati dagli appassionati di gaming. Evidentemente influenzato da questa passione, il milionario anonimo ha pubblicato un annuncio sul sito di e-commerce di lusso HushHush, per trovare chi è interessato ad andare sulla sua isola privata e giocare dal vivo alla Battle Royale, che in genere è online.

Ovviamente non ci saranno armi vere, ma armamenti e protezioni da softair, però il risultato potrebbe essere un vero e proprio successo nel campo dei giochi di ruolo dal vivo.

Nello specifico, l’uomo sta cercando un Game Maker in grado di un’arena adatta a 100 persone. È disposto a pagarlo 45.000 sterline per sei settimane di lavoro, ovvero una cifra che si aggira intorno alle 1.500 sterline al giorno. Che tradotto in euro fa più di 1.700. Questa persona deve essere in grado di creare grandi eventi e campi da gioco.

L’obiettivo è rendere questa Battle Royale la più realistica possibile

La competizione durerà 3 giorni, per 12 ore al giorno, e i partecipanti avranno in dotazione tutto il necessario per divertirsi. Il primo classificato si aggiudicherà un premio di 100.000 sterline. Se l’esperimento dovesse andare a buon fine il milionario è intenzionato anche a ripeterlo. Laddove ci fossero interessati, online è possibile trovare il link per iscriversi alla competizione.

F. P. L.