“And love finds a voice of some sort”, il nuovo libro di Michele Stanco: l’intervista

È uscito il nuovo libro di Michele Stanco dal titolo: “And love finds a voice of some sort”, omosessualità e (auto) censura nella letteratura inglese e francese tra il 1870 e il 1930. Michele Stanco è professore di Letteratura inglese all’Università di Napoli Federico II ed ha concesso a noi de L’Osservatore d’Italia un’intervista in merito al suo nuovo libro.

Com’è nata l’idea del libro?
L’idea del libro è nata da un seminario sulla Censura nella Letteratura inglese e francese tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento rivolto agli studenti del corso di laurea in Lingue dell’Università di Napoli “Federico II”. Abbiamo poi constatato che tutti gli studiosi invitati a proporre una relazione (Tiziano Mario Pellicanò, Paola Di Gennaro, Raffaella Antinucci, Aureliana Natale) si erano interessati, in particolare, di scrittori omosessuali: da Wilde a E.M. Forster, ai poeti uraniani, a Marcel Proust. Abbiamo quindi stabilito in un secondo momento di circoscrivere ulteriormente il campo d’indagine al rapporto tra letteratura e omosessualità. L’omosessualità è stata sempre considerata un peccatum mutum e gli omosessuali definiti innominabili. Dunque, tra omosessualità e censura c’è sempre stato un legame fortissimo, legame che è così diventato lo specifico oggetto d’indagine del nostro libro.

Il titolo è già un programma, viviamo in una società libera da ogni discriminazione?
Il titolo del libro nasce da una frase di J.A. Symonds, autore tardovittoriano: “I am sure that I love […] and love finds a voice of some sort” (Letters, 1892). La frase mi è piaciuta subito perché esprimeva, consapevolmente, la necessità di superare qualsiasi forma di censura. Symonds rivendicava, con forza, la necessità di dar voce a quell’amore che i suoi contemporanei ritenevano innominabile. Fu anche il primo, o uno dei primi, a usare il termine “homosexual” in ambito inglese (termine che, ricordiamo, cominciò a diffondersi solo nel tardo Ottocento, all’interno di studi medici e legali). Cionostante, lo stesso Symonds non poté mai esprimersi liberamente: la sua volontà di dar voce a un amore innominabile si scontrò inevitabilmente con la legislazione del tempo, in base alla quale il reato di “gross indecency” era severamente punito. Per tale motivo, i suoi Memoirs hanno potuto vedere la luce, dopo complicate vicissitudini, solo nel 2016, in un’edizione critica curata da Amber K. Regis (editore Palgrave). Per quanto riguarda il presente, la nostra società ha superato solo parzialmente, e dopo molte lotte, le discriminazioni dell’età vittoriana. A noi oggi può sembrare incredibile, ma fu solo nel 1967 che l’Inghilterra depenalizzò il reato di omosessualità. Il cammino, però, è ancora lungo perché – in Inghilterra come altrove – la depenalizzazione del reato non ha totalmente annullato lo stigma sociale. E, come dimostra la presenza di partiti di estrema destra non solo in Inghilterra, ma in tutto l’Occidente (si veda, per esempio il caso della Polonia), sui diritti conquistati occorre mantenere una vigilanza continua. Perché i diritti sono fragili e ciò che è stato conquistato può essere perso di nuovo.

Lei è uno scrittore ed è anche Professore all’u Università ed è molto presente sui social, ma con discrezione, come vede questo medium?
Facebook, come altri media, se bene usato, può essere una risorsa valida. Thomas Mann, nel parlare del nazismo, usò l’espressione “arcaismo dell’anima”. Il punto è proprio questo: la tecnologia può essere un ottimo supporto, ma se finisce nelle mani sbagliate, se viene usata da chi ha un’anima arcaica può produrre effetti devastanti – come fu per il nazismo, appunto. Attualmente il libro è disponibile nella versione cartacea.




Nasce Sound Bunker Experience: una vetrina per tutti gli artisti che vogliono esibirsi

Arriva Sound Bunker Experience la piattaforma che mantiene vivo il contatto tra i Dj e il proprio pubblico. L’idea è nata nei primissimi giorni di Lockdown, da Manuele Pompili, da Dj Bismark, Dj Nino Scarico, Dj Gabry Venus e tanti altri artisti conosciuti a livello internazionale, con l’intento di creare una discoteca virtuale, una unione tra social, tv e VR.

Il Talk show offre la possibilità a tutti gli artisti di potersi esibire, infatti in pochi mesi è diventata un’ottima vetrina per performar, vocalist, musicisti, ballerini, Bar Tender ecc, ma anche per artisti di arti applicate possono esibire le proprie creazioni come pittori, scultori, grafici e tutti i linguaggi artisti, stando comodamente da casa (House to House).

Il format ha l’intento di voler calamitare l’attenzione dei media e le istituzioni, per mettere in risalto la crisi di milioni di i lavoratori dei Club, Festival, Concerti ecc dagli artisti in prima linea come i Dj fino ai lavoratori che lavorano dietro le quinte, come operatori di pubblica sicurezza, steward e tantissime figure professionali rimasti disoccupati a causa dell’emergenza CoViD-19 e pronti a “scendere in piazza”.

Il settimanale è diventato un movimento culturale per un pubblico generalista, ma che offre ampio spazio ai problemi dei giovanissimi.

L’appuntamento da non perdere è un ambiente alternativo ideale in un momento storico che l’intero pianeta sta vivendo, ma allo stesso tempo che risponde alle esigenze di volersi aggregare, di divertirsi e fare festa a tutte le età.

La piattaforma conteggia già 300 artisti ed è seguita da ben 150mila follower ed ha attirato l’attenzione anche dall’estero, come Messico, Perù e Colombia e paesi d’Europa.




Tony Esposito, un’artista figurativo e sperimentale: l’intervista

Tony Esposito, un’artista partenopeo che nella sua carriera da compositore e percussionista ha venduto ben 10 milioni di copie in tutto il mondo con il notissimo brano “Kalimba de luna” ricevendo tantissimi premi, tra questi “Il disco per l’estate” nella metà degli anni ‘80.

Il brano “Kalimba de luna” è tutt’ora ancora ascoltato e amato dalle persone ed è ancora in continua vendita, perché ci sono molti gruppi che la propongono nei loro concerti.

Le “opere musicali” dell’artista campano regalano agli ascoltatori “viaggi” in epoche antiche, nelle stratificazioni primordiali facendo fluttuare le persone in culture diverse, tutte le sue creazioni sono con una nota sempre presente della sua terra natia.

Il brano “Kalimba de luna” è frutto di una sua continua ricerca e curiosità verso l’arte e culture non occidentalizzate, sincere e generose. Le sue composizioni suggeriscono all’immaginazione dei fruitori scene dai toni caldi e freddi, melodie istintive, ancestrali e allo stesso tempo razionali, con la stessa impronta crea anche le sue opere pittoriche, essendo anche un artista di arti applicate.

Tony Esposito è un’artista figurativo e sperimentale, ha frequentato l’Accademia di Belle arti di Napoli, ed è anche inventore di strumenti musicali come il tamborder che viene usato durante nelle sue performance.

L’artista partenopeo vive a Roma da tanti anni ed è consapevole del ruolo sociale dell’artista ha nella società, è molto presente sui social,sempre in prima persona ad esporsi su  qualsiasi tematica dei nostri tempi e a questo proposito a lasciato a noi de L’Osservatore d’Italia un’intervista esclusiva.

Stai scrivendo qualche altro capolavoro?

Sto lavorando ad un nuovo progetto musicale… naturalmente questo periodo ha influito sulle mie composizioni. Le tematiche  principali sono centrate sull’ambiente, sull’operato e lo scempio attuato dall’uomo sul pianeta terra e non possono essere ignorate nemmeno dall’arte.

Sei sempre presente contro la violenza sugli animali, vuoi lasciare una tua considerazione? Cosa bisognerebbe fare?

Sono un accanito sostenitore sui diritti degli animali, vivo con essi e mi rendo conto che anche l’Italia ha un bassa coscienza animalista, sono sempre più frequenti casi di violenza sugli animali. Tutta questa violenza, così gratuita, sembrerebbe una proiezione del proprio stato di malessere e violenza repressa che si manifesta verso chi non può reagire…va detto che manca in realtà un’organizzazione molto valida e con iniziative decise. A questo va ricordato che tranne il grande coraggio di Greenpeace sulle stragi degli animali marini e sulle foche da pelliccia, ma che purtroppo non riescono ad evitare ogni anno.

Vivi a Roma?

Vivo a Roma dal ’79, mi trasferì con Alan Sorrenti (napoletano anche lui) in cerca di fortuna perché al quel tempo la città eterna con  le sue case discografiche e le televisioni era il luogo ideale per realizzare i propri sogni.

Daresti un consiglio a chi vuole fare il musicista per professione?

 Se dovessi dare un consiglio a chi vuole fare la professione del musicista e non del cantante sicuramente non lo dissuaderei, anche se i tempi non sono molto favorevoli, ma credo che l’arte, quella nobile e fatta con amore, passione e cultura.. prima o poi ripaga…le mode passano e lasciano nel vuoto gli illusi che vivono solo nel vento favorevole del momento…e non hanno la capacità di adattarsi ai tempi che cambiano.  Io penso che un vero artista sa cogliere la magia nelle forme che cambiano arricchendo il nuovo con la forza e la conoscenza della storia.




Napoli, nell’area archeologica dei Campi Flegrei va in scena “Il parco in maschera”: lo spettacolo incontra la cultura nel post lockdown

NAPOLI – Al via la rassegna estiva “Il parco in maschera” nell’area archeologica dei Campi Flegrei che si terrà a partire dal 31 luglio fino al 27 settembre.

La rassegna “Il parco in maschera”, di cui l’ideatore è il Direttore del Parco flegreo, Fabio Pagano, è stata realizzata attraverso un avviso pubblico ed avranno come fil rouge l’accessorio protagonista che ha tanto caratterizzato la vita di tutti noi negli ultimi tempi, ovvero la maschera.

La rassegna flegrea è stata organizzata subito dopo il lockdown con l’intento di valorizzare il contesto storico, artistico e culturale di tutta l’area attraverso le perfomance di spettacolo e di cultura.

Le exhibition si svolgeranno quasi sempre al tramonto e in orario serale e avranno protagonisti linguaggi artistici tradizionali, ma anche sperimentali ed interattivi con gli spettatori.

Gli spettacoli, che accompagneranno i visitatori di quest’estate 2020, saranno teatrali, di musica, di danza, di reading letterati ed anche di incontri filosofici.

Sono sei i luoghi di interesse culturale protagonisti scelti per la rassegna e sono: il Museo archeologico dei Campi Flegrei nel suggestivo Castello di Baia, l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, il Parco archeologico delle terme di Baia, il parco archeologico di Cuma, il Tempio di Apollo sul Lago di Averno ed infine la Necrolopoli di Cappella – Monte di Procida.

Ad aprire la rassegna è il cantante e attore teatrale Peppe Barra il 31 luglio nel Castello aragonese di Baia con lo spettacolo dal titolo “Tiempo”. Un’offerta di eventi eccezionale che caratterizzeranno tutta la rassegna.

La prenotazione di tutti gli spettacoli è obbligatoria sul sito del Parco flegreo www.pafleg.it




Monte di Procida, riflettori accesi su “Sine Sole Sileo” il nuovo spettacolo del Maestro Antonio Colandrea

“Sine Sole Sileo” è il titolo del nuovo spettacolo del Maestro Antonio Colandrea che si terrà nei Campi Flegrei a Monte di Procida il 1 agosto 2020 alle 21.30 nella località della marina di Acquamorta.

L’idea dello spettacolo Sine Sole Sileo (Senza sole taccio) è del Maestro di danza Antonio Colandrea che ne ha firmato i testi, la regia e le coreografie. Lo spettacolo si svolgerà nell’ambito della rassegna “Musica e Arte nella Terra del Mito”, la direzione artistica è di Fiorenza Calogero, con i danzatori di HumanBodies e Art Garage, diretta da Emma Cianci.

 Per il Maestro Antonio Colandrea “Sine Sole Sileo” lo spettacolo è un abbraccio alla sua terra, quell’abbraccio che durante il lockdown non ha potuto fare e avere. L’exhibition è una proiezione del suo Io e alle infinite capacità del sole e della luce, come suggerisce il titolo dell’opera teatrale, ma anche del suo aspetto opposto, ossia il buio.

Il Maestro Colandrea è un artista di fama internazionale e nella sua lunga carriera ha “calcato le scene” dei maggiori teatri, accumulando negli anni una significativa esperienza lavorando con i maggiori tersicorei che tanto hanno caratterizzato il nostro tempo, fra questi l’etoile sovietico, Rudol’f Nureev.

Antonio Colandrea è stato ballerino in giovanissima età al Teatro San Carlo di Napoli per diversi anni, ed attualmente è l’unico, in tutta l’area partenopea, ad avere avuto fino ad adesso la borsa di studio al Teatro Bol’soj di Mosca. Adesso è ritornato nella terra natia e vuole ”farsi baciare dal sole” e vivere appieno la sua passione con l’arte e condividere la sua esperienza artistica nella terra dove è nato e dove vive con la sua famiglia.

 “Sine sole Sileo” è un omaggio alle sue radici e al paese, ed è la rappresentazione dell’amore, del sole e della luce e alle sue infinite sfaccettature. Lo spettacolo è un messaggio d’amore attraverso gli infiniti linguaggi dell’arte grazie alla generosità degli artisti di voler donare, attraverso le loro performance, la propria maestria e la loro esperienza artistica.

 L’exhibition è un’operazione gratuita di tutti gli artisti partecipanti ed è un excursus musicale di brani partenopei classici e contemporanei magistralmente eseguiti Raimondo Ponìticelli, tenore del Maggio Fiorentino, la voce e la chitarra di Dino di Dio (collaboratore di Battiato, De Andrè , Ramazzotti e tanti altri artisti.

L’Osservatore D’Italia ha voluto incontrare il Maestro Antonio Colandrea per  farci raccontare di “Sine Sole Silei” e la sua esperienza artistica.

Maestro Colandrea come è nato lo spettacolo?

 “L’idea nasce dalla proposta di Teresa Coppola, Vicesindaco di Monte di Procida e Dina Stella Assessore del Comune flegreo durante un caffè l’anno scorso. Parlammo di uno spettacolo itinerante che si doveva realizzare quest’inverno…adesso che siamo nella terza fase, ovvero di convivenza con il CoViD-19, abbiamo deciso di metterlo in scena con le dovute precauzioni anti contagio, infatti chi vuole vedere lo spettacolo deve assolutamente prenotarsi”.

Gli spettatori che tipo di esperienza faranno con Sine Sole Sileo?

“Gli spettatori si troveranno di fronte un’opera…la danza ha bisogno ha bisogno di essere sentita …i fruitori devono essere pronti per farsi attraversare dalla bellezza, dalla creatività, bisogna saper aspettare..

Che ruolo ha sulla scena il Maestro Colandrea?

Clotilde del vaglio recita me durante lo spettacolo…perché sono un narcisa sano …non ho bisogno.. perché ho avuto una carriera internazionale….

Che cosa è l’arte per te?

L’arte è bellezza, è armonia…perfezione…l’arte è matematica pura….l’arte è scienza…l’anima delle persone…l’arte è comunicazione, generosità

Quando hai deciso di voler seguire la strada artistica?

Sono figlio della terra “ardente” ho passione per la danza fin dai primi anni della mia vita quando vidi per la prima volta le performance circense degli acrobati, da allora ho capito che sarebbe stata la mia strada voler stare sulle scene

Come ti caratterizzi, in genere, come artista sulla scena, sia come ballerino e sia come coreografo?

Seppur ho una una formazione classica “grammaticalmente pulita” mi muovo sulla scena quando ballo e anche quando coreografo con un’enfasi legata alla mia terra uso le mimica del viso e le mani rendendo molto contemporaneo e molto personale le mie esibizioni. E che non mi piace raccontare bensì aprirò ad evocare una vera e prorpia fioritura emozionale.




Parco Archeologico di Paestum e Velia, iniziative post lockdown: l’intervista al direttore Zuchtriegel

Johannes Gabriel Zuchtriegel, uno dei super direttori nominati nel 2015 dall’allora Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, a soli 34 anni, Direttore responsabile del Museo Archeologico Nazionale di Paestum e nel gennaio 2020 Direttore di Elea-Velia ha rilasciato un’intervista esclusiva a L’Osservatore d’Italia in merito ai nuovi progetti del Parco Archeologico di Paestum e Velia.

Il Parco è stato tra i primi luoghi d’interesse culturale d’Italia ad aprire dopo il lockdown, quali iniziative future per i fruitori?

Lavoriamo per rendere fruibili altre zone sia del sito di Paestum sia di quello di Velia, per il quale abbiamo sviluppato anche un ambizioso progetto di accessibilità, che vorremmo candidare per un finanziamento. Inoltre procedono ricerche e scavi, speriamo che presto anche le università potranno riprendere le loro attività sul campo. Paestum e Velia sono un grande laboratorio di archeologia e arte, e l’obietto nostro è di rendere i visitatori partecipi di questo processo, anche attraverso i social e la digitalizzazione.

Il Parco (secondo i dati del Mibact) e per due anni è risultato 16esimo nella classifica dei trenta musei più visitati d’Italia, nel 2018 con 427 339 utenti e nel 2019 con 443 451 di presenze. Lei ha dichiarato, ad un noto giornale, che gia prevede il calo del 70 % di “viaggiatori”, con la differenza di 5mila visitatori, con la media attuale di  700 presenze al giorno, ed inoltre  il Parco ha perso già 100mila presenze, come vede dal punto di vista economico? quali misure prenderà? Ci saranno altri eventi (parlo di rilevanza mediatica e anche di bellezza) come “Le via dell’amicizia”?

Per fortuna, grazie a finanziamenti del Ministero dei beni culturali e anche da alcuni sostenitori privati, riusciamo quest’anno a portare avanti la gestione ordinaria, la manutenzione, restauri e attività di indagine archeologica. Anche i servizi ai visitatori e la fruizione dei siti in sicurezza sono garantiti. Il concerto di Riccardo Muti, sostenuto dalla Regione Campania e dalla Camera di Commercio di Salerno, che ringraziamo, è stato un momento eccezionale e non può essere ripetuto, andrà in onda su RAI5 il 23 luglio. Ma stiamo lavorando su varie ipotesi per offrire qualcosa al pubblico durante l’estate, anche se ovviamente i programmi pre-Covid sono saltati e la disponibilità finanziaria è quella che è al momento. Ritengo tuttavia importante contribuire, nei limiti del possibile, al rilancio della attività di spettacolo, concerti e cinema, che sono stati colpiti duramente dalla pandemia.

È stato nominato Socio onorario archeologia friulana, c’è qualcuno in particolare che dedica questo onorificenza?

E’ un gesto che mi ha sorpreso, positivamente ovviamente, e onorato. Sono molto felice di questa onorificenza perché la considero espressione dei rapporti proficui tra società civile e beni culturali. Negli anni scorsi, gli amici del Friuli hanno dato un grande contributo alla manutenzione del sito, ma anche alla sensibilizzazione dei giovani per la tutela del patrimonio, la storia e l’archeologia. Un’esperienza virtuosa.

Vive ancora con la sua famiglia nel centro storico di Napoli? Cosa le piace del capoluogo partenopeo? (se può raccontare la sua esperienza di vissuto nella città di Partenope)

Qualche tempo fa ci siamo trasferiti in campagna, non lontano da Paestum. Ma Napoli, che è una città unica al mondo, la porterò sempre nel cuore. Non sarei in grado di descrivere Napoli, né di raccontare a qualcuno che non la conosce cosa significhi. Ma oggettivamente è una delle città d’arte dove il centro storico è ancora pieno di vita, di famiglie e di quotidianità, mentre in altri casi ci sono rimasti solo alberghi, ristoranti e uffici.




“Napoli la città nobile e il suo Regno”: al Maschio Angioino una mostra da non perdere

NAPOLI – Inaugurata nell’imponente Castel Nuovo – Maschio Angioino la mostra “Napoli la città nobile e il suo Regno” visitabile fino al 19 luglio. 

L’exhibition offre ai “viaggiatori” un’importante testimonianza dell’evoluzione della città partenopea attraverso la raccolta di 40 antiche carte geografiche, di mappe e vedute di Napoli messe a disposizione da importanti collezionisti.

Tra le carte in esposizione del Regno di Napoli ci sono anche le prime immagini a stampa del Regno, ossia le piccole  rappresentazioni del Munster risalente al 1550 e la carta risalente sempre alla metà del cinquecento del Gueroult, prima rappresentazione del capoluogo campano ripresa dal vivo.

Nel girovagare all’interno della Sala della Corte i visitatori possono ammirare anche 4 carte dell’ITALIA, di cui la carta di Rosselli – conosciuta in tre esemplari – risalente al 1492 e la carta del Grisaldi del 1561.   

Ad arricchire le antiche Sale del maestoso Castel Nuovo, simbolo per eccellenza di Napoli, c’è anche la prima piccolissima pianta del capoluogo partenopeo contenuta nella carta di Salamanca risalente a nel 1540 che seppur rappresentata in ridottissime misure, è curata con maestria in tutti i suoi particolari.

L’exhibition è stata presentata il 3 luglio ’20 dall’assessore alla Cultura e al Turismo, Eleonora de Majo e dell’assessore all’Urbanistica Carmine Piscopo.




Napoli, al museo Archeologico Nazionale oltre 600 reperti per la mostra sugli Etruschi

Da non perdere la bellissima esposizione “Gli Etruschi e il MANN” al Museo Archeologico Nazionale di Napoli visitabile fino al 31 maggio 2021, a cura del Direttore, Paolo Giulierini e Valentina Nizzo.

L’esposizione è una mostra eccezionale, che narra, in maniera approfondita le origini di questo popolo e delle nostre origini.

L’exhibit è un percorso d’indagine di cui i viaggiatori possono fruire di ben 600 reperti di inestimabile valore, di cui 200 sono visibili per la prima volta al pubblico.

La mostra, dal punto di vista temporale, è un viaggio di sei secoli (dal X al IV a.C.) che i visitatori faranno attraverso il vasellame, lastre di rivestimento, tra questi affibbiagli proveniente dal Museo Etrusco di Villa Giulia, fibule e tantissimi manufatti di cui spicca la grande maestrìa nell’artigianato degli Etruschi.

Un viaggio nel tempo della nostra storia attraverso un popolo di cui la grandezza deriva anche dal controllo delle risorse delle due fertilissime pianure: quella padana del Nord e quella campana del Sud. A tal proposito nel II secolo a.C. lo storico e celebre greco Polibio ricordava: “Chi vuol conoscere la storia della potenza degli Etruschi non deve riferirsi al territorio che essi possiedono al presente, ma alle pianure” da loro controllate.

I “Rasenna” denominazione di cui gli etruschi chiamavano sé stessi secondo lo storico e retore greco Dionisio di Alicarnasso, hanno lasciato tacce di una significativa importanza sia storica e sia di grande bellezza. La mostra al MANN è un’opportunità per i “viaggiatori” e agli addetti ai lavori da non perdere, sia per la bellezza dell’esposizione, per i reperti e anche perché  sono “una connessione diretta” sul nostro passato.

I 600 reperti dell’exibhition sono  in massima, provenienti dalle raccolte e dai depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, oltre da prestiti eccezionali, tra questi della ricchissima tomba Bernardini di Palestrina messa a disposizione dal Museo Etrusco di Villa Giulia e per la prima volta accostata al fasto dei “principi” della Campania.




Ferrara, palazzo dei Diamanti: le 100 opere di Bansky conquistano la città del Rinascimento

Bellissima la mostra al Palazzo dei Diamanti a Ferrara dal titolo: ‘Un artista chiamato Bansky’, un exposition di ben 100 opere e oggetti dell’artista britannico.

Bansky, con molta probabilità è inglese originario di Bristol, attualmente non ha ancora svelato la sua vera identità, ed è diventato celebre grazie ai suoi “interventi” e alle opere che ha lasciato sparse nel mondo.

L’exhibit è un viaggio attraverso gli occhi dell’artista famoso in tutto il mondo degli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi decenni a livello globale.

Bansky spesso ha usato lo spazio urbano per i suoi messaggi, oppure location “informali”, per l’artista sono il medium ideale per manifestare e immortalare.

Le opere sono di grande potenza etica, evocativa e tematica, in esposizione più di trenta serigrafie originali, tra queste le opere iconiche dell’artista famoso a livello planetario come la serigrafia “Girl with Ballon” risultata da un sondaggio come l’opera più amata dai britannici e la popolarissima “Love is in the Air”.

Bansky, nato nei primi anni ’70, rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art originaria di Andy Warhol, la cultura della hip hop, il graffitismo degli anni Ottanta e  che percorre anche l’era del digitale.

La mostra sta avendo un gran successo, basti pensare che ai primi dieci giorni dalla sua apertura ha avuto un’utenza di ben 4.513 di visitatori, tenendo presente le misure anti CoViD-19, le visite infatti sono contingentate (15 visitatori ogni 15 minuti per un massimo di 600 persone a giornata).

 La curatela dell’exhibit ‘Un artista chiamato Bansky’ è di Stefano Antonelli, Gianluca marziani e Acoris Antipa, ideata e prodotta da metamorfosi Associazione Culturale, in collaborazione con Ferrara Arte.

Il  monumentale Palazzo dei Diamanti, di cui i lavori cominciarono nel 1442 progettato da Biagio Rossetti per conto di Sigismondo d’Este è uno dei simboli della città per eccellenza del Rinascimento del Bel Paese ed è stata riconosciuta dal Unesco, nel 1992 come Patrimonio dell’Umanità come città del Rinascimento.




“Notte Nera” il nuovo libro di Giuseppe Petrarca: l’intervista all’autore

Giuseppe Petrarca scrittore partenopeo autore di molti libri tra questi “Inchiostro Rosso” pubblicato nel 2013, il medical Thriller nel 2016 dal titolo “Corpi senza storie”, nel 2018 il noir “L’Avvoltoio”  racconta a L’Osservatore d’Italia del suo nuovo libro dal titolo “Notte Nera” e del suo personaggio Cosimo Lombardo.

Com’è nato il personaggio del commissario Cosimo Lombardo?

All’inizio doveva essere funzionale alle mie storie, ai drammi sociali che racconto con la tecnica narrativa del “noir”. Poi, pian piano, è diventato protagonista perché, la storia prendi pieghe impreviste. Chi scrive attinge da mondi lontani, arcaici e così avviene una straordinaria scoperta: i personaggi e le vicende prenderanno strade diverse e misteriose

Tu e lui cosa avete in comune?

La sete di verità che va conquistata a qualsiasi costo. Sento vicino Cosimo Lombardo anche per la sua innata predisposizione verso le fasce sociale più deboli e indifese. Non ultimo le sue tumultuose vicende umane hanno diverse analogie con le mie esperienze di vita

Quando hai scritto Notte Nera?

Ho iniziato la stesura del libro nei primi mesi del 2019. Dopo il successo de “L’Avvoltoio” (vincitore di numerosi e prestigiosi riconoscimenti) volevo cercare una storia con temi altrettanto scabrosi, soffermandomi soprattutto sul concetto del “fine vita”

Si parla di crisi dell’editoria, cosa ti spinge a scrivere nonostante sia un periodo non florido? e adesso ancor di più che siamo in fase 2 post lockdown e non è ancora finita…

Scrivere ci rende liberi e per questo, soprattutto per un autore lontano da logiche di mercato non esistono strategie di vendite. E così si finisce per pubblicare, con grande coraggio e un pizzico di incoscienza, proprio in un periodo difficile come quello che stiamo, drammaticamente vivendo. Un momento storico che ha incapsulato le nostre esistenze

Tu come hai e stai affrontando questo momento così surreale?

Cercando di riflettere sugli errori commessi da un’intera umanità. Eravamo su una polveriera pronta a esplodere. Questa pandemia è una “nemesi” per tutti noi colpevoli di aver dissipato il patrimonio culturale, sociale e ambientale del nostro pianeta. Avevamo paura dell’altro, il virus ci ha accontentati facendoci rintanare ancora di più in noi stessi

Come ti trovi in un momento dove l’offerta delle informazioni e delle immagini non sempre (dovuta alla velocità perché tutto avviene sul web) e a misura d’uomo?

Sono a disagio in un mondo così superficiale, dove conta apparire. Ecco perché il male, anche nei miei libri, è rappresentato sovente da persone che indossano maschere di falso perbenismo sotto le quali celano il loro vero volto. Il male è mediocre e per questo fa ancora più paura

A che età hai deciso di fare lo scrittore e cosa ti ha spinto a proseguire?

Quando ho scoperto, “nel mezzo del cammin di nostra vita” che leggere e scrivere non erano due esperienze similari, due atti di intima solitudine ma la scrittura poteva avere un ruolo dirompente, rivoluzionario. Mettersi a nudo davanti agli altri per comunicare le proprie idee, per parlare agli altri con passione per tentare una riflessione comune. Scrivere non è come leggere perché la scrittura ti attraversa la vita e te la cambia, scrivere ci rende liberi. Così non riesci più a farne a meno

Un consiglio a chi vuole scrivere e quindi (sia volontariamente che involontariamente)

Bisogna scrivere non per autocelebrarsi, per cercare successo e visibilità. Bisogna scrivere per necessità dell’anima; un processo non sempre facile, talvolta è difficile, tormentato e dolente. Non riesco a consigliare una ricetta in particolare perché ognuno in noi potrà sviluppare un’esperienza diversa e personale

Dalì aspirava all’immortalità attraverso le sue opere, un artista (pittore o scrittore. O altro) che ne pensi?

Sicuramente un libro resta per sempre, attraversa la storia. Può essere un testimone della vita di un uomo, di una donna anche dopo centinaia di anni dopo essere stato pubblicato. Per quanto mi riguarda, l’immortalità è come un sogno che si forma nella mente del lettore ogni volta che legge le pagine che hai scritto. Affido alle mie pagine la capacità di far sognare il lettore. Questo per me è “entrare nell’eternità” di un attimo che diventa immortale




Roma, al via la riapertura del Bioparco

ROMA – Al via la riapertura del Bioparco di Roma venerdì 29 maggio all’interno dello storico parco di Villa Borghese. Il noto Bioparco offrirà ai visitatori un percorso in sicurezza come prevedono le norme anti-contagio da coronavirus. Il Bioparco è un luogo storico, infatti venne inaugurato il 5 gennaio del 1911 ed è uno dei giardini zoologici più antichi d’Europa. Una struttura suggestiva dedita alla conservazione e alla ricerca e che ogni anno accoglie ben 500mila utenti.

I visitatori nel percorso vivono un’esperienza davvero unica immersi tra le meraviglie della natura. I “viaggiatori” faranno un Grand Tour tra 1200 animali appartenenti ad oltre 200 specie tra mammiferi, rettili, uccelli e anfibi in un contesto botanico davvero interessante, infatti all’interno vi sono piante rare e di oltre cento anni.

Il Bioparco è restato chiuso al pubblico come prevedeva il DPCM dell’8 marzo scorso, ma sempre attivo, ed è pronto con le sue exhibition ad accogliere gli oltre 20 mila studenti che ogni anno fanno visita al Bioparco.

Fra le “Star” che accoglie i bambini, ma anche adulti, c’è l’elefantessa asiatica Sophia, ed insieme alla Tigre bianca del Bengala dal nome Gladio – a seguito di un sequestro del sequestro dei Carabinieri Forestali per ipotesi di reato di maltrattamento – garantiranno ai “viaggiatori” di vivere un’esperienza davvero unica del suo genere. 

Il Bioparco è in linea con la strategia mondiale degli zoo per la conservazione,  e si è trasformato in un moderno zoo, attivo nella conservazione delle specie minacciate di estinzione.

Il biologo Francesco Pedretti, Presidente del Vioparco è un volto noto dello storico programma “Geo&Geo” ed è pronto a far vivere ai visitatori, appassionati della natura un’esperienza immersiva e maggiore consapevolezza sul rispetto della natura e il rispetto della biodiversità.