L’ex pm Ingroia indagato per peculato: la segnalazione è partita dalla Ragioneria generale della Regione Siciliana

Bufera giudiziaria per Antonio Ingroia che si ritrova indagato per peculato. Dopo l’inchiesta dello scorso marzo, ancora in corso anche davanti alla Corte dei conti, l’ex pm – che dal 2013 a capo di Sicilia e-servizi, poi rinominata Sicilia digitale spa, società che gestisce la piattaforma informatica dell’amministrazione regionale – è accusato dello stesso reato in un altro filone d’indagine aperto in seguito a una segnalazione partita dalla Ragioneria generale della Regione Siciliana. Sul caso indaga la Guardia di finanza, coordinata dai sostituti procuratori Enrico Bologna e Pierangelo Padova.  La nuova contestazione riguarda il 2017, mentre quella precedente si riferisce al triennio 2014-2016. A marzo, interrogato sul primo fascicolo, l’ex magistrato (che ora svolge la professione di avvocato), si era difeso sostenendo che i suoi compensi rientravano nei limiti previsti dalla legge

A indagare sull’ex procuratore aggiunto del processo sulla trattativa Stato-mafia sono i suoi ex colleghi della Procura di Palermo. Ingroia, nominato da Rosario Crocetta manager della società regionale, erede di Sicilia e-Servizi e delegata a gestire la piattaforma informatica della Regione, è accusato di peculato: secondo il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, nella liquidazione dei compensi, avrebbe fatto riferimento a una legge nazionale, a lui più favorevole, piuttosto che a quella regionale, che prevede un tetto massimo che, secondo alcune interpretazioni restrittive, non potrebbe superare i 30 mila euro.

Gli investigatori nei giorni scorsi hanno acquisito materiale alla Ragioneria generale della Regione. L’ordine di esibizione è degli stessi pm Pierangelo Padova e Enrico Bologna, già titolari del primo fascicolo, in cui, nel marzo scorso, a Ingroia e Antonio Chisari, revisore della società, venivano contestati i compensi ritenuti eccessivi percepiti dall’ex magistrato, per un importo di 147 mila euro complessivi. Per quel che riguarda la nuova indagine, Ingroia sostiene che alla base di tutto c’è una divergenza interpretativa operata da un funzionario della Ragioneria della Regione, “ma chiariremo tutto”.

 




Unioni civili: su permessi e congedi valgono come il matrimonio

Le unioni civili valgono come i matrimoni su permessi, congedi e non solo. La novità è contenuta nella prima bozza del nuovo contratto per gli statali in senso stretto, proposta dall’Aran ai sindacati, al fine di “assicurare l’effettiva tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone delle stesso sesso”, come previsto dalla legge del 2016. I conviventi potranno così godere, tra l’altro, dei 15 giorni di stop retribuito riconosciuti per le nozze.

Di “norma” i permessi previsti dalla legge 104 del 1992 sulla disabilità vanno inseriti in una “programmazione mensile”, è un altro punto della bozza di rinnovo contrattuale per gli statali proposta dall’Aran ai sindacati, che precisa come in caso di “documentata necessità” la domanda possa anche essere “presentata nelle 24 ore precedenti”. In ogni caso, si specifica, la richiesta di permesso non può arrivare “oltre l’inizio dell’orario di lavoro”.

Le tutele previste per le terapie salvavita in fatto di assenze – viene ancora previsto – (retribuzione piena ed esclusione dal periodo di tolleranza dopo il quale termina il rapporto di lavoro) vengono estese anche ai “giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali” di questi trattamenti.

“Le ferie sono sospese da malattie adeguatamente e debitamente documentate che si siano protratte per più di tre giorni o abbiamo dato luogo a ricovero ospedaliero”.




Separazioni e divorzi, assegnazione casa familiare: sfatiamo un luogo comune

Quando i coniugi si separano a chi va la casa familiare? Si ritiene comunemente che quando i coniugi si separano la casa familiare spetti sempre alla moglie. Le cose non stanno così. La casa familiare, che è l’abitazione nella quale i coniugi e i figli hanno vissuto fino al momento della separazione, viene infatti assegnata per legge al coniuge con il quale i figli restano a vivere. Pertanto se il giudice stabilisce che i figli debbano restare con la madre la casa familiare verrà assegnata a quest’ultima, se invece verranno collocati presso il padre sarà questi a ottenere la casa.

L’abitazione familiare viene quindi assegnata nell’esclusivo interesse dei figli che hanno diritto a restare nella casa in cui sono cresciuti, dove hanno le loro abitudini di vita e i loro affetti. Nessuna rilevanza assume la responsabilità di uno o dell’altro coniuge nella separazione, né rileva la capacità economica o la disponibilità di altri immobili dei coniugi. Si prospettano infatti spesso situazioni in cui la casa viene assegnata al genitore che tiene i figli a vivere con se anche se possiede altri immobili. Proprio perché l’assegnazione della casa familiare si ottiene nell’esclusivo interesse dei figli tale diritto si perde quando i figli vanno a vivere altrove, quando diventano economicamente autonomi, se il coniuge che ha avuto l’abitazione in assegnazione va a vivere altrove o se inizia una convivenza stabile con un nuovo compagno.

Se i coniugi non hanno figli nessuno di loro avrà diritto all’assegnazione della casa che tornerà nell’esclusiva disponibilità del proprietario, mentre nei casi di comproprietà dell’immobile non resterà altra soluzione che mettere in vendita il bene.

Susanna Donatella Campione 

   L’avvocato Susanna Donatella Campione durante la trasmissione Officina Stampa affronta l’argomento dell’assegnazione della casa familiare