AUTUNNO DI FUOCO: E' DUELLO TRA GOVERNO E SINDACATI

di Daniele Rizzo

Il 28 giugno 2012 la riforma del lavoro firmata Elsa Fornero diventava legge. Dopo più di due anni lo Statuto dei lavoratori è ancora sulla bocca di tutti e continua a far litigare sindacati e governo. Nel mirino di entrambi c’è l’articolo 18 dello statuto, cioè quello che affronta il problema delle “norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Fino alla riforma Fornero lo statuto salvaguardava in ogni caso i lavoratori licenziati senza giusta causa da aziende con più di 15 dipendenti, obbligando i datori di lavoro al reintegro in caso di appello ad un giudice. Con la riforma Fornero l’obbligo di reintegro era rimasto solamente per i casi di licenziamento discriminatorio o per rappresaglia sindacale; nel caso di licenziamento per motivi soggettivi o disciplinari al giudice sarebbe spettato decidere sul reintegro o su un eventuale indennizzo, indennizzo che nel caso di licenziamento per motivi oggettivi o economici sarebbe invece stato automatico. Con il ddl delega denominato “Jobs act” e promosso dall’esecutivo Renzi cambiano invece i termini dell’articolo 18. Innanzitutto non si applica solo alle aziende con più di 15 dipendenti ma a tutti i lavoratori neoassunti; dopodiché l’obbligo di reintegro è previsto solo nel caso di licenziamento discriminatorio o per rappresaglia sindacale, come succedeva con la riforma Fornero. Negli altri due casi il reintegro non è previsto, ed in base all’anzianità aziendale si procederebbe con un indennizzo economico-monetario.
Il Jobs act dunque, nell’ottica di Matteo Renzi, servirebbe a favorire la mobilità nel mondo del lavoro, dal momento che il lavoratore licenziato potrà ottenere un sostegno economico temporaneo mentre ricomincia la ricerca di un nuovo lavoro. Nel fare ciò il lavoratore sarebbe adeguatamente supportato da una nuova Agenzia Nazionale per l’Occupazione, organismo che avrebbe il compito di ricollocare il capitale umano sul mercato del lavoro.
Ma la revisione, che di fatto sarebbe l’abolizione dell’articolo 18, non è andata giù ai sindacati, e in particolare al segretario generale della Cigl Susanna Camusso. La sindacalista ha parlato di attentato alle libertà dei lavoratori, e ha poi paragonato le politiche liberiste estreme del premier Renzi a quelle di Margaret Thatcher, asserendo che non è “la riduzione dei diritti dei lavoratori lo strumento che permette di competere”.
Pronta è arrivata la risposta del Presidente del Consiglio, che per allontanarsi dal paragone con la “Iron lady” ha utilizzato un video apparso sul suo canale youtube. “Quando si parla del lavoro” ha chiarito il premier, “non siamo impegnati in uno scontro ideologico, non siamo preoccupati di Margaret Thatcher, ma di Marta, 28 anni, che sta aspettando un bambino ma a differenza delle sue amiche che sono dipendenti pubbliche non ha nessuna garanzia, perché in questi anni si sono fatti cittadini di serie A e di serie B”. Renzi ha poi affermato che il precariato è colpa dei sindacati, che fino ad oggi si sono preoccupati dei diritti di alcuni e non di tutti. Parole forti che non sono passate inosservate dalla leader Cigl che proprio ieri, a margine di un incontro all’università di Firenze, ha annunciato che darà il via alla mobilitazione generale e che auspica che anche gli altri sindacati partecipino unitariamente alla Cigl. I toni tra le parti sono dunque già alti, ma la sensazione è che sarà un autunno davvero infuocato.