Connect with us

Editoriali

Basilicata, i Basilischi: l’ombra della ‘ndrangheta sulle ceneri della quinta mafia italiana

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 6 minuti
image_pdfimage_print

Le rocce del Pollino rappresentano un punto d’osservazione perfetto, tutto è a portata di sguardo, salendo dal lato che sprofonda nello Ionio si può notare in maniera nitida dove comincia la Calabria e dove la Basilicata diventa Puglia. Attorno alla seconda metà degli anni 90 , era facile trovare degli uomini, a parlottare e compiere strani riti sulle montagne attorno a Policoro, a metà strada tra Taranto e Sibari, alla sorgente del fiume Sinni. In quel luogo era possibile che il “Novizio”, scortato dalle “tre sentinelle di omertà”, avrebbe potuto incontrare gli “uomini d’onore” e il boss, il quale era consueto porre la domanda: “Conoscete la Famiglia Basilischi?” I “Basilischi,” oltre a essere il titolo di un film del 1963 diretto da Lina Wertmüller, sono un’organizzazione di stampo mafioso riconosciuta ufficialmente solo nel 2007 grazie alla sentenza di un maxi-processo antimafia, poi confermata in appello nel 2012.

 

Ma il loro operato come “Quinta Mafia italiana” si estende soltanto dal 1994 a 1999. È in quell’anno infatti che, Santo Bevilacqua (pentito di mafia), durante gli interrogatori condotti dalla questura, conferma che il boss del clan calabrese dei Morabito concede a Giovanni Luigi Cosentino, noto col nome di “faccia d’angelo”, l’indipendenza del suo clan lucano, costituendo così la “Famiglia dei Basilischi”. I due si incontrano nel carcere di San Gimignano, in Toscana; il luogo in cui sia il boss lucano, sia altri personaggi della malavita calabrese, scontavano le loro pene. Proprio lì, Giovanni Luigi Cosentino avrebbe ricevuto dai calabresi l’investitura del Crimine, ovvero la carica di capo dell’organizzazione mafiosa, nello stesso carcere in questione “Faccia D’angelo” darà vita alla sua opera di proselitismo, a tessere le strategie finalizzate ad allargare la famiglia e i suoi interessi, fino a coprire l’intero territorio regionale. Sarà la nascita della prima struttura mafiosa lucana.

 

La Basilicata veniva ritenuta inspiegabilmente immune alle mafie malgrado fosse geograficamente accerchiata dalla camorra campana, dalla Sacra Corona Unita pugliese, e dalla ‘ndrangheta a sud. In realtà, sin dagli anni Ottanta , ossia subito dopo il terremoto dell’Irpinia, si ha un crollo del controllo da parte delle Forze dell’Ordine, impegnate nel trarre in salvo i superstiti dalle macerie, e si ha un incremento della piccola criminalità che effettuava sciacallaggio e rapine ai danni del popolo stremato, proprio qui entrano in ballo i Basilischi. L’organizzazione non solo risolve i problemi della piccola criminalità ma comincia a gestire gli investimenti e i fondi derivanti dalla ricostruzione post-sismica. Stranamente, forse a causa del periodo di forte trambusto generale, in regione, il processo di espansione delle strutture criminali locali viene ignorato.

Durante gli anni Novanta però la situazione viene definita “preoccupante,” ma ancora limitata territorialmente, disunita. Ma soprattutto, legata a doppio filo ai clan calabresi. Sarà proprio la ‘ndrangheta ad “allenare” la criminalità locale, che a essa si ispirerà e che da essa sarà condizionata, da tutti i punti di vista. Si può dire che fino al 1995, in sostanza, la mafia lucana esisteva, in un qualche modo, ma non se ne avevano due riprove: quella giudiziaria, e il fatto che l’organizzazione fosse grosso modo autonoma.

 

La voglia dei Basilischi di emergere come mafia del territorio era molto forte, la Nuova Famiglia Lucana, creata sul modello delle mafie calabresi e pugliesi, si autodenunciò per un tentato omicidio telefonando all’agenzia ANSA di Potenza. Come a dire: Noi ci siamo, siamo arrivati. I Basilischi erano così bisognosi di affermarsi come nuovo crimine locale da uccidere un agente di polizia, Francesco Tammone. Secondo la Procura Nazionale Antimafia, le zone colpite dal fenomeno sarebbero state quelle di Policoro, Montalbano Jonico, Pisticci, Scanzano Jonico, Melfi, soprattutto la Val d’Agri, luogo in cui sono concentrate le risorse petrolifere della regione. Alla Famiglia si affilieranno alcuni membri del clan della zona di Matera e del melfese, boss del salernitano, il gruppo di Potenza e ciò che restava del gruppo criminale antecedente ai Basilischi. Il clan era specializzato nel traffico di droga, esplosivi e armi, rapine, usura, gioco d’azzardo, e l’estorsione sistematica nei confronti dei commercianti e delle imprese. Una vere e propria ‘ndrangheta Lucana. Anna Sergi nel documento La perduta Lucania Felix, afferma che i Basilischi “praticavano l’usura, ricettavano i titoli di credito di provenienza delittuosa, riciclavano i proventi sporchi e affermavano un controllo egemonico del territorio e al proprio interno, attraverso vincoli di comparaggio, rigide gerarchie e pagamento delle spese processuali per gli arrestati.” Le cose cambiarono presto, la svolta si ha con la scoperta dall’inchiesta Iena 2, in cui finiscono coinvolti anche i deputati Antonio Potenza, la cui posizione verrà poi archiviata.

 

Il p.m. di Potenza Vincenzo Montemurro definisce questo punto come un “cambio di assetto”: la famiglia riesce a mettere le mani sull’appalto di costruzione dell’Ospedale San Carlo, dimostrando quanto fosse ormai capace di lavorare ad alti livelli, e di trattare alla pari con le altre mafie, essendo coinvolto, nell’appalto, anche l’interesse della malavita campana. Ma erano proprio i calabresi, secondo quanto riportato da inchieste, racconti di pentiti e cronache, a rifornire la famiglia lucana di armi e droga. Un legame a doppio filo dal quale Cosentino ha cercato di liberarsi col loro benestare, in un rapporto che sempre Anna Sergi definisce esperimento di “outsourcing,” l’esternalizzazione da parte dei calabresi delle risorse da lasciar controllare ai clan locali della Basilicata, per goderne i vantaggi col minimo sforzo. La fortissima voglia di affermarsi come Mafia li porta a dare grossissima importanza alla tematica dei rituali mafiosi, alcuni dei quali si ritiene siano stati in un certo modo “spiegati” in carcere dai calabresi allo stesso Cosentino. Per rinsaldare un gruppo ancora privo di forti alleanze come invece se ne hanno nelle altre organizzazioni, si aveva bisogno dei riti, che puntavano spesso a sottolineare il senso di appartenenza alla Famiglia, con giuramenti simili a quelli dei clan della Calabria, dalle venature esoteriche e massoniche.

La formula per divenire “uomo d’onore” (come affermano le prove in possesso degli inquirenti), era la seguente:
“Sul monte Pollino, sapevo che il mio cuore freddo avrebbe potuto essere curato,”
“Conoscete la Famiglia Basilischi?”
“Certo che la conosco,” rispondeva l’aspirante affiliato. “La tengo nel cuore, la servo e mi servo.”
“Qual è il tuo desiderio?”, gli veniva chiesto.
“La stima, l’orgoglio della mia terra e una lunga fratellanza.”
I luoghi erano tanto importanti quanto le parole.

Il monte Pollino è la sommità “da dove tutto si vede e non si è visti,” il fiume Sinni era il cuore d’acqua che batteva nella regione ed era ciò che avrebbe accolto il corpo freddo dell’adepto in caso di tradimento.Facevano parte del rituale tagli sulle braccia, incisioni, carte da gioco napoletane, tatuaggi e il particolare del santo protettore, San Michele Arcangelo, contemporaneamente protettore della ‘ndrangheta e della polizia, paradossalmente ma con una sostanziale differenza: Mentre per la polizia il santo è raffigurato con la bilancia della giustizia, per i clan calabresi ha una catena in mano.Il capo infine, abbracciava il nuovo adepto, che doveva rispondere : “Sono felice di abbracciare un altro fratello, che sapevo di avere ma non conoscevo.”
Internamente la struttura di questa criminalità era del tutto simile alla ‘ndrangheta. Sono stati proprio i calabresi rinchiusi a San Gimignano a spiegare a “faccia d’angelo” come doveva essere organizzata la cosca, secondo la classica divisione calabrese in crimine.

Cosentino, collaboratore di giustizia, ha spiegato che la stessa struttura a “albero,” tipica della mafia, era la stessa sulla quale si reggeva quella dei Basilischi: Le cinque parti della pianta rappresentavano il “capobastone” (il tronco), i “mastri di giornata” e i “camorristi di sangue, di sgarro e di seta” (i rami), i “picciotti” (ramoscelli) e i “giovani d’onore” (i fiori), le giovani leve. Il tutto, percorso e tenuto in vita dalla “linfa” dell’omertà e del silenzio. Sotto l’albero, il fango di traditori e polizia.

Ad aprile del 1999 una maxioperazione ha portato all’arresto di praticamente tutti i capi dell’organizzazione. Da allora, secondo varie indagini, il territorio sarebbe finito sotto il controllo delle famiglie di Rosarno, che attorno al 2003 avrebbero diviso il territorio in sei o sette cosche comandate direttamente dai calabresi. Successivamente il cognato di “faccia d’angelo” si pentì e lui perse credibilità, venne estromesso da un accordo fra gli altri boss e le mafie limitrofe. Il nuovo boss Antonio Cossidente, nominato dallo stesso Cosentino una volta uscito dal carcere, non riuscì a tenere unito il gruppo, che nel 2004 si frantumò in frazioni autonome e che in buona parte venne cannibalizzato da organizzazioni più potenti di mafie esterne alla reglione.

 

Sarà questa la morte sostanziale della Famiglia Basilischi, sebbene nella Relazione annuale del 2011 della Direzione Nazionale Antimafia si parli di “seconda linea di forze emergenti, di nuovi candidati,” che starebbero cercando di emergere in un contesto privo di leader. A confermarlo è lo stesso Cossidente, ormai collaboratore di giustizia, nel 2013. “Sono già sulla buona strada, cioè la cattiva.”

Ad oggi la mano nera della malavita lucana risulta essere ancora operativa sul territorio, in maniera incontrovertibile e spesso silenziosa. L’evoluzione dei settori di interesse ha portato anche i clan e la vecchia famiglia dei “Basilischi” ad adeguarsi, entrando negli strati sottili dell’economia pulita distorcendo le logiche del libero mercato. L’utilizzo di un parallelo e ossequioso sistema clientelare va a facilitare i giochi di un fenomeno ignorato e tutt’ora sottovalutato, che sta erodendo quello che resta di una regione, che vede ancora una volta la propria popolazione fuggire via, alla ricerca di un posto migliore, lontano dalle macerie di una terra troppo spesso abbandonata a sé.

Giulia Ventura

Editoriali

Da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni: 80 anni di percorso tra continuità e cambiamenti della destra italiana

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

La politica italiana ha sempre ospitato una serie di correnti e movimenti, con la destra che ha attraversato varie fasi e trasformazioni nel corso del tempo. Da Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI), a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia (FdI), la destra italiana ha attraversato un percorso complesso, caratterizzato da cambiamenti ideologici, sociali e politici.

L’eredità di Giorgio Almirante e il Movimento Sociale Italiano (MSI)

Giorgio Almirante è stato una figura di spicco della destra italiana nel secondo dopoguerra. Come fondatore e leader del MSI, Almirante incarnava un nazionalismo conservatore e anti-comunista. Il MSI, nato nel 1946, era erede del Partito Fascista di Benito Mussolini e rappresentava un’ala estrema della politica italiana. Tuttavia, negli anni ’70 e ’80, sotto la guida di Almirante, il MSI cercò di rinnovare la sua immagine, cercando di allontanarsi dall’etichetta di “fascista” e di inserirsi nel panorama politico mainstream.

Il passaggio dall’MSI a Alleanza Nazionale

Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo, la destra italiana subì un cambiamento significativo. Nel 1995, il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale (AN), sotto la leadership di Gianfranco Fini. Fini cercò di allontanare il partito dagli elementi più estremisti e fascisti, adottando una retorica più moderata e democratica. AN divenne parte integrante del sistema politico italiano, entrando a far parte di coalizioni di governo e accettando i principi della democrazia pluralista.

La rinascita della destra con Fratelli d’Italia

Tuttavia, il vento della destra italiana ha continuato a soffiare, e nel 2012 è stato fondato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (Fdl-AN), guidato da Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa. Il partito si è posizionato come l’erede ideologico dell’AN e ha abbracciato un nazionalismo conservatore e identitario. Meloni, in particolare, ha portato una ventata di freschezza alla destra italiana, attrattiva soprattutto per i giovani e per coloro che si sentono trascurati dalle élite politiche tradizionali.

L’ascesa di Giorgia Meloni e la nuova destra italiana

Giorgia Meloni, nata nel 1977, rappresenta una nuova generazione di leader della destra italiana. Con una retorica forte e decisa, Meloni ha saputo capitalizzare sul malcontento verso l’establishment politico e sulle preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale. Fratelli d’Italia ha ottenuto risultati significativi nelle elezioni politiche, consolidando la sua posizione come uno dei principali partiti di destra in Italia.

La destra italiana nel contesto europeo

Il percorso della destra italiana, da Almirante a Meloni, riflette anche le tendenze più ampie all’interno della destra europea. La crescente preoccupazione per l’immigrazione, l’identità nazionale e la sovranità statale ha alimentato la salita di partiti di destra in molti paesi europei. Tuttavia, ciascun paese ha le sue specificità e la sua storia politica unica, che influenzano il modo in cui la destra si presenta e agisce.

La Frammentazione della Destra Italiana: Un’Analisi Politica

La politica italiana è stata da sempre caratterizzata da una molteplicità di partiti e movimenti, ognuno con la propria ideologia e visione politica. Tra questi, la destra italiana non è stata immune dalla frammentazione, che ha avuto un impatto significativo sul paesaggio politico del Paese.

Origini della Frammentazione

Per comprendere appieno la frammentazione della destra italiana, è necessario analizzare le sue origini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha visto la nascita di una serie di partiti politici di destra, che spaziavano dall’estrema destra nazionalista a movimenti conservatori più moderati.

Tuttavia, nel corso degli anni, la destra italiana ha subito numerose scissioni e divisioni interne, spesso dovute a conflitti personali, divergenze ideologiche e lotte di potere. Questi fattori hanno contribuito alla creazione di una serie di partiti e movimenti di destra, ognuno con il proprio leader carismatico e seguaci devoti.

Le Principali Fazioni

La frammentazione della destra italiana ha portato alla creazione di diverse fazioni e gruppi politici, ciascuno con le proprie caratteristiche e obiettivi. Tra i principali vi sono:

  1. Forza Italia: Fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia è stato uno dei principali partiti di centro-destra in Italia per diversi decenni. Tuttavia, nel corso degli anni, il partito ha subito diverse scissioni e ha visto la nascita di nuove formazioni politiche.
  2. Lega Nord: Originariamente un movimento separatista del Nord Italia, la Lega Nord si è trasformata in un partito nazionale di destra sotto la leadership di Matteo Salvini. La Lega Nord è nota per le sue posizioni anti-immigrazione e euroscettiche.
  3. Fratelli d’Italia: Un partito di destra nazionalista fondato da Giorgia Meloni nel 2012, Fratelli d’Italia è diventato uno dei principali attori della destra italiana. Il partito si basa su un nazionalismo conservatore.
  4. Movimento Sociale Italiano (MSI): Originariamente un partito neofascista fondato nel dopoguerra, il MSI è stato successivamente trasformato in Alleanza Nazionale e infine assorbito da Forza Italia. Tuttavia, una parte dei suoi ex membri ha continuato a operare all’interno di movimenti di estrema destra.

Impatto sulla Politica Italiana

La frammentazione della destra italiana ha avuto un impatto significativo sulla politica del Paese. Innanzitutto, ha reso difficile per la destra italiana presentare un fronte unito e coeso, spesso conducendo a coalizioni fragili e instabili.

Inoltre, la frammentazione ha alimentato la polarizzazione politica in Italia, con i vari partiti di destra che competono per attirare l’elettorato con discorsi populisti e promesse di cambiamento. Questo ha contribuito a una maggiore instabilità politica e ha reso difficile per il Paese affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.

Prospettive Future

Il futuro della destra italiana rimane incerto, con molte domande sulla sua capacità di unirsi e presentare un fronte coeso. Tuttavia, con l’aumento del nazionalismo e del populismo in Europa, è probabile che la destra italiana continui a giocare un ruolo significativo nella politica del Paese. In conclusione, la frammentazione della destra italiana è stata una caratteristica persistente della politica italiana, con profonde implicazioni per il Paese nel suo complesso. Mentre la politica italiana continua a evolversi, sarà interessante osservare come la destra italiana si adatterà e influenzerà il futuro del Paese.

Conclusioni

Il percorso della destra italiana da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni è stato caratterizzato da continuità e cambiamento. Mentre alcuni principi fondamentali, come il nazionalismo e il conservatorismo, sono rimasti costanti, il modo in cui questi principi sono stati interpretati e presentati è cambiato nel corso degli anni. Con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la destra italiana si trova oggi in una fase di rinnovato vigore e ambizione, giocando un ruolo sempre più centrale nel panorama politico nazionale.

Continua a leggere

Costume e Società

Famiglie allargate si o no?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Le ricerche sociologiche, oggi, vedono un forte cambiamento nell’assetto familiare. Tale condizione ha origine sia da un mutamento nel concetto di genitorialità che nel ruolo della famiglia all’interno della società: cambiano le persone, si modificano le strutture familiari, mutano le coppie, si spostano gli interessi di ogni singolo individuo, passando dalla condivisione all’individualizzazione.

Molti aspetti legati alla natura psicologica del singolo soggetto subiscono un cambio repentino: si pensa più a sé stessi che agli altri. In questo scenario, siamo di fronte a molte trasformazioni che vanno ad incidere, inevitabilmente, sulla composizione della famiglia stessa.

Quello che cambia oggi rispetto a circa 50 anni fa è legato alle cause della nascita delle nuove famiglie “allargate”, “ricomposte” o “ricostituite. Mentre un tempo le famiglie ricostituite si formavano dopo la morte di un coniuge, dagli anni ‘70, invece, con la possibilità anche in Italia di ricorrere a separazione e divorzio, si sono verificati cambiamenti sociali e culturali che hanno portato ad una nuova struttura di queste famiglie.

Le famiglie “allargate”, ovvero le famiglie composte da due partners che hanno vissuto l’esperienza della fine di un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro, hanno la caratteristica di avere confini più labili e incerti rispetto alla famiglia “tradizionale”, sia in termini biologici che legali. I processi relazionali sono sicuramente più complessi, sia nella comprensione che nella gestione, sono flessibili e hanno un inizio e un’evoluzione molto rapida.

Le famiglie ricostituite sono state definite “cespugli genealogici”, per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale. Mentre alcuni studiosi non appoggiano totalmente questi cambiamenti, altri fanno fronte alle nuove forme familiari che non possono essere ignorate, ma devono essere comprese e sostenute.

Le famiglie ricostituite vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare dei compromessi per affrontare insieme nuove situazioni.
Gli studi affermano che i precedenti rapporti coniugali e la loro chiusura siano stati rielaborati, con una buona definizione delle attuali relazioni e con confini chiari, in modo che i partner possano iniziare un nuovo rapporto senza rancori passati. È importante che i figli non abbiano un atteggiamento oppositivo verso il nuovo partner, sperando in una riappacificazione tra i suoi genitori. Questo sarà direttamente proporzionale ai livelli di chiarezza e definizione raggiunti.

L’età dei figli è importante: i bambini in età prescolare potrebbero manifestare regressioni, nascondendo il desiderio di farsi accudire. Per i ragazzi la necessità di conferme da parte del genitore biologico potrebbe invece lasciare il posto alla rabbia verso il genitore acquisito, soprattutto nella fase adolescenziale, all’interno della quale avviene il processo di costruzione della loro identità e questo totale mutamento potrebbe essere percepito come un ostacolo.
In questa fase, per i figli, il formarsi di una famiglia allargata, sancisce definitivamente la fine della relazione tra i genitori biologici, e spesso questo può portare alla paura inconscia che affezionandosi al genitore acquisito, in qualche modo si “tradisca” quello biologico. La causa che ne consegue è che ciò potrebbe portare i figli ad allearsi con quest’ultimo e sviluppare un senso di protezione morboso.

In ogni caso la genitorialità è ancora più difficile poiché i genitori dovranno imparare a gestire eventuali conflitti e gelosie tra i fratelli acquisiti. Nelle famiglie allargate è opportuno costruire nuove identità familiari, nuove stabilità ed equilibri.
A tale proposito, non si può dare una risposta definitiva alla domanda “Le famiglie allargate sì o no?”, poiché essendo in continua espansione necessitano di sostegno e di supporto. Sicuramente nelle famiglie ricostituite possono innescarsi situazioni particolari, ma dare una “valutazione” negativa o positiva non è certo il modo migliore per andare verso un processo di accettazione.

Di concerto, le famiglie ricostituite possono racchiudere al loro interno grandi risorse ed elementi di ricchezza per tutti i componenti, i quali si troveranno a contatto con abitudini, tradizioni, modelli e storie diverse dalle proprie.

Tutto questo, se integrato con nuovi “ingredienti” e abitudini comuni diviene un elemento fondamentale per la crescita e il benessere di tutti, portando alla costruzione di nuovi equilibri.

Continua a leggere

Editoriali

Riforma tributaria e abrogazione legge Pittella: l’Avvocato Lucarella presenta petizione alla Camera dei Deputati

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La legge Pittella da ormai due anni ha cambiato le carte in tavola per migliaia di contribuenti italiani: da un giorno all’altro anni di sacrifici economici e investimenti legali andati in fumo per effetto della legge 215/2021 (partorita dal Parlamento a seguito dell’emendamento che prese il nome dal suo proponente).
La questione, molto dibattuta in ambito giuridico, ha scatenato molti effetti sul piano umano e di vita reale per singoli cittadini ed imprese soprattutto medio-piccole: in pratica la legge, prevedendo la non impugnabilità dei famosi estratti di ruolo (rilasciati dalla ex Equitalia), comporta il non potersi più difendere da atti dell’amministrazione esattoriale ritenuti illegittimi se non quando una intimazione di pagamento, un pignoramento, una istanza di fallimento dovessero essere notificati.
L’Avv. Angelo Lucarella, già vice presidente coord. Commissione Giustizia del Ministero dello Sviluppo Economico, docente a.c. in Diritto processuale tributario – Università degli studi di Napoli Federico II e tra gli esperti giuristi italiani invitati dal World Justice Project 2023 (sostenuto dalla Commissione Europea), ha depositato il 30 dicembre 2023 una petizione per la riforma legislativa secondo quanto previsto dall’art. 50 della Costituzione italiana.
“Si tratta di un atto doveroso: bisogna rimettere i cittadini, che avevano promosso contenziosi per cartelle esattoriali ritenute illegittime, in condizione di difendersi.
Il fatto che una legge dello Stato, di punto in bianco, faccia blocco al diritto di difesa con un effetto retroattivo implicito è contro la Costituzione italiana perché crea disparità di trattamento e violazione del diritto di difesa. Principi e diritti, quest’ultimi, anche tutelati a livello europeo e internazionale.
Con la petizione, per quanto anzitutto fatto ed atto simbolico, si istruisce un procedimento legislativo che vedrà interessarsi della questione una Commissione parlamentare apposita.
La speranza è che si giunga alla abrogazione della legge Pittella o quantomeno ad una norma c.d. di interpretazione autentica affinché si dichiari, una volta per tutte, che non è possibile alcun effetto retroattivo implicito. Sulla scorta di questa ipotetica soluzione legiferare per la riapertura dei termini contenziosi per i contribuenti che vogliono continuare le cause all’epoca avviate o quantomeno consentire loro di conciliare con l’erario allo stato del giudizio prima della legge Pittella.
Inoltre è la stessa Corte Costituzionale con la recente decisone 190/2023 ad invitare il legislatore ad intervenire quanto prima sulla questione.
Quindi ne va dello stato di diritto e della credibilità del sistema delle leggi democratiche”.
È quanto commenta l’avv. Lucarella.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti