Bologna, quello strano traffico all'Università: l'intervista shock ad una studentessa


di Andrea Barbi


BOLOGNA –  Giovedì scorso, al numero civico 36 di via Zamboni, nel centro storico del capoluogo emiliano e in piena zona universitaria ha avuto luogo una di quelle scene che mai si vorrebbero né dovrebbero vedere, specialmente nel luogo, per eccellenza, deputato alla cultura, l'Ateneo. Una delle biblioteche, con annessa aula studio, della facoltà di Lettere e Beni culturali è stata messa a soqquadro durante gli scontri tra alcuni studenti del Collettivo Universitario Autonomo e le forze dell'ordine della Polizia in assetto antisommossa. Diversi filmati, uno in particolare, che è stato caricato, in tempo reale su YouTube, mostrano la suddetta aula studio sottosopra, libri a terra, tavoli e sedie scaraventati un po' ovunque; immagini che fanno rabbrividire chiunque abbia un minimo di sensibilità nei confronti della cultura. Tutti i quotidiani nazionali si sono già ampiamente occupati delle dinamiche di questi fatti e il mondo della politica, come sempre, si è diviso su fronti opposti di giudizio riguardo questa vicenda. Sono stati intervistati i massimi rappresentanti del rettorato del più antico ateneo al mondo, l'Alma Mater Studiorum di Bologna, ma quello di cui quasi nessuno si è curato è il parere degli stessi studenti riguardo l'accaduto. Senza lo volontà di provare a ricostruire una dinamica dello scontro, con lo scopo di scaricare tutte le colpe su qualcuno o a puntare il dito su una categoria di persone etichettandole come violente e sovversive nel caso degli studenti, o reazionarie e dispotiche nel caso delle forze dell'ordine. Perché non solo non sarebbe utile ma, in questo caso, si continuerebbe a gettare benzina sul fuoco di una polemica che  fin dall'inizio ha mostrando i toni demagogici e populisti della becera strumentalizzazione politica. Quello che risulterebbe interessante e anche utile al fine di permettere, anche a chi è estraneo agli ambienti universitari e non risiede a Bologna, di potersi fare una idea obiettiva su quanto stia capitando nel capoluogo emiliano, sarebbe sentire il parere di una persona super partes che sia informata sulla vicenda e viva in prima persona quell'ambiente universitario.
 
A tal proposito L'Osservatore d'Italia ha deciso di intervistare una studentessa che non fa parte di alcun movimento politico e quel giorno si trovava, per pura casualità, a passare per via Zamboni. Si chiama S. A Bologna si trova benissimo ed è entusiasta di poter assaporare quel fermento culturale e quell'apertura mentale tipica delle grandi città e in particolare del capoluogo emiliano, che scarseggia nelle piccole realtà di provincia, come quella dalla quale proviene lei.
 
Quel giorno Sara, poco dopo le 18, stava uscendo da una delle aule studio, frequentatissime dagli studenti dei vari corsi della facoltà di lettere con sede in via Zamboni, sita al numero civico 33, cioè a pochi metri dalla biblioteca ove si erano asserragliati gli studenti del collettivo in segno di protesta. Stava per andare a recuperare la sua bicicletta, come sempre, che usa per i suoi spostamenti in città, quando si è trovata di fronte alla fase finale degli scontri tra le forze dell'ordine e gli studenti. Afferma di non conoscere le esatte dinamiche della situazione che si era creata, ma sostiene il fatto che da entrambe le parti la situazione sia sfuggita di mano. Come spesso accade, durante questo tipo di manifestazioni, tutti sono stati presi alla sprovvista: gli studenti non si aspettavano l'arrivo di uno schieramento così grande di poliziotti in assetto antisommossa e probabilmente le forze dell'ordine non avevano previsto una forte resistenza da parte degli stessi studenti. Fatta questa premessa abbiamo chiesto alla nostra intervistata di spiegarci come si sia arrivati a questa situazione, culminata in un sgombero forzato, e quale sia il suo parere di giovane ragazza estranea ai fatti, ma con un grande senso civico e personalmente molto interessata ed impegnata per le cause inerenti la tutela diritti civili per cui non esita a spendersi e mettersi in gioco.

 
Sara come e quando è nata la questione?
 
“Lo scorso 25 gennaio l'università ha fatto montare i tornelli all'entrata del civico 36 di via Zamboni in previsione di tenere aperta quell'aula studio fino a mezza notte, per dare la possibilità, agli studenti che ne hanno bisogno, di studiare fino a quell'ora. Da quel momento, i toni del malcontento, che già aleggiava nell'aria da un po', si sono concretizzati e alcuni studenti del collettivo hanno iniziato a fare volantinaggio tra gli studenti di lettere per diffondere la loro contrarietà a questo a provvedimento preso dall'alto, senza consultare i frequentatori della stessa aula studio.”
 
 
In cosa consistono questi tornelli?
 
“Sono come quelli presenti anche nei supermercati, o altri luoghi come gli aeroporti ecc… Servono per controllare l'afflusso di persone che entra in un determinato luogo. In questo caso bisogna inserire il proprio badge, quello di cui tutti gli studenti sono provvisti, nell'apposito spazio collegato ad un sistema elettronico che riconosce i tuoi dati anagrafici, in modo tale da riservare l'ingresso ai soli studenti e controllare le affluenze.”
 
 
Sono presenti anche in altre aule studio?
 
“Certo, in quasi tutte le aule studio a Bologna si usa questo sistema e dove non c'è, comunque ti viene richiesto, dagli addetti, un documento di identità. Quella era l'unica aula studio ad ingresso completamente libero e non controllato.”

 
Qual è la situazione di quella aula studio, chi la frequenta?
 
“Chiunque può frequentarla, anche io ci sono andata diverse volte, ma preferisco recarmi in altri posti per studiare come al civico 33, dov'ero giovedì pomeriggio.”
 
Perché?
 
“Per diversi motivi. Primo perché la stessa struttura di quel luogo spesso mi impedisce di concentrarmi. Ad esempio il fatto che sia dislocata su due piani collegati fra loro da una vecchia scala in legno che fa molto rumore al passaggio di chiunque, scricchiola e il rumore dei passi rimbomba in tutto il piano terra. Questo mi disturba. Poi c'è un costante via vai di persone che si recano nella zona nella quale ci sono le macchinette del caffè. E' l'unica posto nella facoltà dove oltre a studiare ci si può anche prendere una pausa sorseggiando un caffè e fumando un caffè in compagnia, in quanto c'è anche una panchina all'aperto alla quale si accede proprio dalla stanza delle macchinette per il caffè.”

Riguardo al fatto che sia mal frequentata è stato detto di tutto. Qual è la verità?
 
“Bé la maggioranza di chi la frequenta è iscritta all'università e ci va per studiare, poi purtroppo è vero, talvolta gli spacciatori del centro vanno in quei locali, specialmente nei mesi invernali, perché possono stare al caldo e nessuno li controlla. Questo significa che anche i loro acquirenti si rechino lì per fare i loro acquisti che avvengono principalmente nei bagni maschili. Questo è innegabile, ma non significa che chi la frequenti sia un drogato o un criminale, ripeto la maggioranza sono studenti normalissimi.”
 
 
Ma tu come giovane donna non hai paura di frequentare un luogo dove avvengono questi traffici?
 
“A me non è mai capitato alcunché da quando sono a Bologna e io non ho mai paura di andare in giro sola per la città anche la sera, ma se devo essere sincera quando mi capita di studiare fino a tardi preferisco evitare quell'aula studio proprio perché so che non è controllata e potrebbe esserci  qualche persona poco raccomandabile.”
 
Quindi ti senti più sicura quando studi in un luogo controllato?
 
Certo, mi sembra ovvio. Specialmente se devo rimanerci fino a tardi.

 
Allora qual è il motivo che ha spinto il collettivo studentesco ad opporsi in modo così estremo a quei tornelli che sarebbe utili per la sicurezza degli stessi studenti?
 
“Personalmente credo che il significato della protesta non derivi tanto dal non volere i tornelli in sé, ma dall'opporsi ad una totale mancanza di dialogo da parte delle autorità nei confronti degli studenti che per questo non si sentono considerati. Questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, i tornelli sono solo il simbolo di una continua imposizione da parte del rettorato di decisioni prese in modo univoco. Da quando sono qui alcuni rappresentanti degli studenti si battono e protestano contro il continuo aumento di alcuni servizi come quello della mensa che ora costa molto, per non parlare del continuo aumento delle stesse tasse di iscrizione ad una università che diventa sempre più chiusa e proibitiva per chi non ha grandi capacità economiche. Limitare l'ingresso a quel luogo che da molti è vissuto anche come un ruolo di aggregazione oltre che di studio è stata vista come una ulteriore privazione da parte del collettivo che inizialmente ha cercato di manifestare il proprio dissenso in modo pacifico, poi quando nessuno dei rappresentanti dell'Ateneo li ha ascoltati come provocazione hanno staccato i tornelli e li hanno portati davanti al rettorato, sperando così di riuscire a farsi ascoltare. Il rettorato ha invece deciso di chiudere quell'aula studio e così gli studenti del collettivo l'hanno considerato un affronto al quale hanno risposto occupandola. A quel punto è stata chiamata la polizia per effettuare uno sgombero forzato.”
 
 
Qual è la tua opinione a riguardo?
 
“Io credo che tutti abbiano sbagliato e la situazione sia stata gestita nel peggiore dei modi. Innanzitutto io mi dissocio da ogni tipo di violenza, perché la violenza genera solo altra violenza e non risolve i problemi. Tuttavia se un atteggiamento sbagliato da parte di certi studenti lo posso anche perdonare proprio in virtù dell'inesperienza e dell'esuberanza che caratterizza noi giovani che veniamo all'università proprio per imparare, non riesco a tollerarlo da parte dei rappresentanti delle istituzioni. Sono loro ad avere la responsabilità di dare il buon esempio alle nuove generazioni, se loro sono i primi a mancarci di rispetto, come possono pretendere che noi lo abbiamo nei loro confronti? Se l'università non fosse completamente indifferente ai bisogni dei propri studenti che pagano per frequentarla, non si sarebbe mai verificata questa situazione spiacevole. Quello che il collettivo ha fatto è stato un gesto sbagliato dettato dall'esasperazione di chi si batte per tutelare i diritti della propria categoria senza ottenere la minima considerazione.”
 
 
Gli altri studenti che ne pensano?
 
“Riguardo la questione dei tornelli molti erano perplessi, non avevano una opinione precisa in merito, alcuni erano favorevoli, ma tutti come me sono scossi da quanto è successo, anche perché come spesso capita in queste situazioni sono state coinvolte persone che non avevano nulla a che vedere con la protesta del collettivo. Ci sarei potuta capitare in mezzo anche io agli scontri con la polizia e non mi sarebbe piaciuto prendermi una manganellata in testa solo perchè passavo di fronte alla mia facoltà. Spero che almeno quanto è successo farà capire, a chi di dovere, che bisogna iniziare ad ascoltare gli studenti, specialmente quelli pacifici, perché l'università siamo noi.”