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Esteri

Bombe negli Usa, Ahmadi Rahadi inneggiava al "fratello Osama Bin Laden"

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Tempo di lettura 4 minuti Gli inquirenti hanno individuato un account eBay con il nome “Ahmad Rahimi”:da quel contatto era stato acquistato materiale esplosivo

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di Angelo Barraco

New York – Ahmadi Rahami è il 28enne di origine afghana su cui pende l’accusa di tentato omicidio in relazione a quanto accaduto a New York e in New Jersey. L’uomo è stato arrestato a seguito di una sparatoria con la Polizia in cui è rimasto ferito, allo stato attuale però non starebbe collaborando con gli inquirenti e si trova in ospedale. Le indagini in merito al piano criminale messo in atto dall’uomo proseguono senza sosta e dal diario trovato addosso a Rahami emergono frasi che inneggiano al “fratello Osama Bin Laden” o che fanno riferimento a quelle che poi sarebbero state le esplosioni “il boato delle bombe sarà sentito nelle strade”. Vi sono riferimenti a Anwar al-Awlaki, l’imam nato negli USA ma tornato poi nello Yemen dove è divenuto un leader di al Qaeda prima di morire in un raid nel 2011. Riferimenti anche a Nidal Hasan, un medico militare americano di origine palestinese che ha compiuto una strage in Texas, presso la base Fort Hood. Tra le pagine si legge “Inshallah (Se Dio vuole), il boato delle bombe sarà sentito nelle strade, la pistola colpisce la vostra polizia, morte alla vostra oppressione”. Sono emersi ulteriori dettagli in merito al modus operandi di Rahami, in particolar modo sui due cellulari che sono stati utilizzati per innescare i due ordigni a Chelsea, inoltre gli inquirenti hanno individuato un account eBay con il nome “ahmad rahimi” e, a seguito di ulteriori approfondimenti, hanno appurato che da quel contatto era stato acquistato materiale per la costruzione di ordigni esplosivi da un negozio di Perth Amboy in New Jersey e  si ritiene inoltre che l’uomo vi abbia lavorato fino al 12 settembre. Gli ordigni sono stati costruiti con l’ausilio di pentole a pressione piene di esplosivo e con all’interno metallo e palline per rendere letale la deflagrazione. Sulla pentola inesplosa sono state individuate 12 impronte digitali che appartengono a Rahami. Intanto i familiari dell’arrestato hanno rilasciato delle interviste alle tv e giornali americani. La madre della figlia dell’uomo ha riferito a FoxNews che “Odiava l'America e i gay”, altri conoscenti hanno parlato di “un cambiamento nei comportamenti e nelle sue abitudini religiose, avvenuti dopo un presunto viaggio in Afghanistan, suol Paese natale”. Il New York Times riferisce inoltre che nel 2014 era stato denunciato dal padre poiché accusato di essere un terrorista. L’FBI aveva aperto un fascicolo in merito a questa vicenda e l’informazione venne inoltrata alla Joint Terrorism Task Force che avviò un procedimento con il fine di accertare quanto segnalato e interrogò il padre di Rahami che in quella sede però ha ritrattato le precedenti accuse mosse contro il figlio. Andrew Cuomo, governatore di New York, ha riferito alla Cnn che l’uomo “e' andato piu' volte in Afghanistan e in Pakistan, dove si trovava sua moglie, ma al momento non abbiamo prove di legami con l'Isis, i talebani, che possano spiegare il suo comportamento” e che “non ci sono indicazioni della presenza di una cellula terroristica operativa in citta' o nell'area” come detto invece in una prima fase. Il Sindaco di News York ha precisato che non vi sono altri soggetti ricercati per le bombe nel quartiere Chelsea. Chris Bollwage, Sindaco di Elizabeth ha invece riferito che Rahami “non era noto alla polizia”. 
 
Gli avvenimenti. Pochi giorni fa è stato rinvenuto un pacco sospetto nella stazione ferroviaria di Elizabeth in New Jersey. l pacco, rivelatosi poi uno zaino, conteneva cinque ordigni ed era abbandonato in un cestino dei rifiuti nei pressi dei binari del treno. A trovare lo zaino sono stati due uomini che avevano visto fuoriuscire dei fili e un tubo, erano le 21.30 (ora locale), e hanno chiamato immediatamente le forze la polizia. Non sono stati rinvenuti telefoni cellulari ne tantomeno dispositivi utili per il cronometraggio. Sul posto sono giunti gli agenti di Polizia e l’FBI che hanno provveduto nell’esaminare l’ordigno e successivamente lo hanno fatto esplodere. E’ stato compiuto un attento controllo nei cestini dei rifiuti della zona, per verificare l’eventuale presenza di ulteriori ordigni ma non è stato rinvenuto nulla. Il Sindaco Chris Bollwage ha dichiarato “Chiunque lo abbia lasciato nel cestino stava probabilmente cercando di disfarsene. Non e' un'area troppo congesta. A giudicare dalla potenza dell'esplosione, penso che la gente sarebbe stata gravemente colpita o ferita se fosse stata nelle vicinanze” ha aggiunto inoltre “. Si apprende inoltre che gli inquirenti hanno rinvenuto altre tre bombe collegate con dei fili. La notizia è stata riportata dalla Cnn che ha spiegato inoltre che tale ordigno è di tipo “pipe-bomb” ovvero tubo bomba. Il  18 settembre, i ritmi frenetici e dinamici di New York sono stati interrotti da una forte esplosione verificatasi alle 20.30, ora locale, che ha colpito il quartiere Chelsea a Manhattan, davanti al civico 131 West, tra la 23ma strada e la 7ma avenue. Una bomba è esplosa all’interno di un cassonetto, cagionando il ferimento di 29 persone, di cui uno grave. Testimoni raccontano che l’esplosione è stata talmente forte che è stata sentita anche dall’altra sponda del fiume Hudson, ad Hoboken. Secondo quanto riporta Ny Times,si trattava di un ordigno costituito da una pentola a pressione contenente schegge metalliche, fatta appositamente per uccidere. Qualche isolato più avanti, tra la sesta e la settima avenue, è stato rinvenuto un ordigno inesploso simile al primo, con dei fili collegati ad un cellulare. Gli inquirenti hanno rinvenuto anche un terzo pacco sospetto ma successivamente si è rivelato un falso allarme. Indagano gli inquirenti sulla matrice degli attentati e non si esclude al momento nessuna pista. Il Sindaco di New York ha fatto sapere che “non vi sono prove di una connessione terroristica” precisando però che si è trattato comunque di “un atto intenzionale”. Emerge inoltre che l’ordigno inesploso è uguale a quello utilizzato nel 2013 per l’attentato alla maratona di Boston, sarebbero stati inoltre ritrovai due fogli di carta di cui uno bianco e l’altro con delle scritte. Andrew Cuomo, governatore di New York, ha dichiarato che “Le indagini sono ancora ad una prima fase, ma non c'e' alcuna prova al momento che ci sia una connessione con il terrorismo internazionale” aggiungendo inoltre che “come precauzione saranno schierati un migliaio di uomini della polizia e della Guardia Nazionale”.

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Crisi in Medio Oriente: 180 missili dall’Iran colpiscono Israele, Netanyahu risponde con minacce

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Israele risponde con raid in Libano, Hezbollah contrattacca. Due esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca

In un drammatico escalation di violenza, 180 missili sono stati lanciati dall’Iran verso Gerusalemme e Tel Aviv. L’attacco, che ha colpito aree civili e provocato danni significativi, ha spinto Israele a reagire con forza. Un palestinese è rimasto ucciso durante gli scontri, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato un duro monito all’Iran, dichiarando che “questo è stato un grave errore, la pagherete”.

Le tensioni si sono intensificate anche al confine libanese, con l’esercito israeliano che ha lanciato raid nel sud di Beirut, contro obiettivi di Hezbollah. L’organizzazione libanese ha prontamente risposto, affermando di aver respinto l’attacco israeliano. “Le nostre forze hanno reagito con fermezza, non ci faremo intimidire”, ha dichiarato un portavoce di Hezbollah.

Nel frattempo, la situazione è diventata ancora più instabile a livello internazionale. Due esplosioni si sono verificate vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca, facendo temere un ampliamento del conflitto oltre i confini del Medio Oriente. Le autorità danesi stanno indagando sugli eventi, che non hanno ancora causato vittime, ma l’allerta è alta in tutta Europa.

Una crisi che potrebbe degenerare

La comunità internazionale osserva con apprensione. Gli attacchi coordinati e la risposta immediata di Israele rischiano di trascinare la regione in un conflitto ancora più ampio. Le Nazioni Unite hanno lanciato appelli per la moderazione, ma finora gli inviti alla calma sembrano essere caduti nel vuoto.

Netanyahu ha chiarito che Israele non tollererà ulteriori provocazioni e ha indicato che l’opzione militare rimane sul tavolo. “L’Iran e i suoi alleati non devono sottovalutare la nostra determinazione a difendere il nostro popolo”, ha aggiunto il premier, in una dichiarazione che lascia presagire ulteriori atti di guerra se la situazione non dovesse stabilizzarsi.

L’escalation al confine libanese

Il fronte libanese rappresenta uno dei punti più caldi. L’attacco israeliano a sud di Beirut segna una nuova fase del conflitto, con Hezbollah che si sta dimostrando un avversario risoluto. Le incursioni aeree e i combattimenti a terra mettono a rischio la già fragile stabilità del Libano, un Paese che ancora fatica a riprendersi dalle recenti crisi economiche e politiche.

Le esplosioni in Europa: un nuovo fronte di tensione?

L’inquietante notizia delle esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca aggiunge un ulteriore strato di incertezza. Mentre non è ancora chiaro chi sia responsabile degli attacchi, il timore di atti di terrorismo collegati alle tensioni in Medio Oriente sta crescendo in tutta Europa. I governi europei sono ora in stato di allerta, temendo che la violenza possa estendersi oltre i confini della regione.

Il mondo sull’orlo di una nuova crisi?

Mentre la situazione evolve rapidamente, gli occhi del mondo sono puntati su Israele, Iran e i loro alleati. L’equilibrio geopolitico è fragile, e una mossa sbagliata potrebbe scatenare una guerra più ampia, coinvolgendo altre potenze regionali e internazionali. La speranza di una mediazione diplomatica sembra lontana, e il rischio di un conflitto che si estenda oltre il Medio Oriente è più reale che mai.

La domanda che molti si pongono ora è: chi riuscirà a fermare questa spirale di violenza prima che sia troppo tardi?

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Israele intensifica le operazioni oltre confine: incursioni in Libano e Siria

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Tel Aviv afferma di condurre “attacchi mirati e limitati”, mentre cresce la preoccupazione internazionale per un’escalation del conflitto

In un’escalation delle tensioni regionali, le forze israeliane hanno condotto operazioni militari oltre i propri confini, entrando in territorio libanese e lanciando raid aerei in Siria. Questi sviluppi segnano un’intensificazione significativa del conflitto in corso, sollevando timori di un allargamento del teatro di guerra.

Incursione in Libano

Secondo fonti militari israeliane, l’operazione in Libano è stata descritta come “mirata e limitata”. L’obiettivo dichiarato era colpire infrastrutture di Hezbollah, il gruppo militante sciita libanese considerato da Israele una minaccia alla sua sicurezza nazionale. Tuttavia, media locali libanesi riportano che un grande campo profughi palestinese è stato colpito durante l’operazione, sollevando preoccupazioni per potenziali vittime civili.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato: “Le nostre operazioni sono strettamente finalizzate a neutralizzare minacce immediate alla sicurezza di Israele. Non abbiamo intenzione di espandere il conflitto, ma agiremo con determinazione per proteggere i nostri cittadini.”

Fonti dell’intelligence israeliana suggeriscono che uno degli obiettivi principali dell’operazione fosse il comandante del braccio armato di Fatah in Libano, anche se non è chiaro se questo obiettivo sia stato raggiunto.

Raid in Siria

Contemporaneamente, Israele ha condotto raid aerei in Siria, colpendo obiettivi che, secondo Tel Aviv, sarebbero legati a gruppi militanti sostenuti dall’Iran. Il Ministero della Difesa siriano ha confermato gli attacchi, denunciandoli come una “flagrante violazione della sovranità siriana”.

Reazioni internazionali

Gli Stati Uniti, principale alleato di Israele, hanno espresso sostegno alle operazioni. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato: “Le azioni di Israele sono in linea con il suo diritto all’autodifesa. Tuttavia, esortiamo tutte le parti a esercitare la massima cautela per evitare un’escalation incontrollata.”

L’Unione Europea ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation, invitando tutte le parti a mostrare moderazione. Il Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha dichiarato: “Ogni azione militare oltre i confini rischia di innescare una spirale di violenza che potrebbe destabilizzare l’intera regione.”

Posizione del governo italiano

Il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha rilasciato una dichiarazione urgente sulla situazione: “L’Italia segue con estrema attenzione gli sviluppi in Medio Oriente. Comprendiamo le preoccupazioni di sicurezza di Israele, ma esortiamo tutte le parti a esercitare la massima moderazione. È fondamentale evitare un’escalation che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per l’intera regione.”

Tajani ha aggiunto: “Stiamo lavorando attivamente con i nostri partner europei e internazionali per promuovere una de-escalation immediata. L’unica via d’uscita da questa crisi è il dialogo e la ripresa dei negoziati di pace.”

Giorgia Meloni ha convocato una riunione d’emergenza del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR) per valutare la situazione e coordinare la risposta italiana.

L’escalation delle operazioni militari israeliane oltre i propri confini rischia di innescare una reazione a catena in una regione già altamente volatile. L’ONU ha espresso “grave preoccupazione” per la situazione, con il Segretario Generale António Guterres che ha richiesto “un immediato cessate il fuoco e il ritorno al tavolo dei negoziati”.

Analisti internazionali avvertono che un’ulteriore escalation potrebbe portare a un conflitto regionale più ampio, coinvolgendo potenzialmente Iran, Siria e altri attori regionali.

Mentre Israele afferma di agire in legittima difesa contro minacce immediate, la comunità internazionale guarda con crescente apprensione all’evolversi della situazione. La sfida nei prossimi giorni sarà quella di trovare un equilibrio tra le esigenze di sicurezza di Israele e la necessità di evitare un’escalation che potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intera regione mediorientale.

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Putin: “Armi Nucleari pronte in caso di aggressione” – Rischio escalation con l’Ucraina

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La nuova dottrina russa minaccia una risposta nucleare anche contro attacchi convenzionali sostenuti da Stati nucleari come gli USA. L’Occidente reagisce con fermezza

Vladimir Putin ha nuovamente alzato il livello della tensione nel conflitto tra Russia e Ucraina, minacciando il possibile utilizzo di armi nucleari. Durante un incontro con il Consiglio di sicurezza russo, Putin ha dichiarato che la Russia si riserva il diritto di ricorrere al nucleare in caso di aggressione contro la Federazione Russa o la Bielorussia, anche se l’attacco fosse condotto con armi convenzionali. Il messaggio non è rivolto solo a Kiev e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma anche agli Stati Uniti e al presidente Joe Biden, principali sostenitori dell’Ucraina nella guerra.

Putin ha inoltre esplicitato che anche un’aggressione compiuta da uno Stato non nucleare, ma con il sostegno di una potenza nucleare, sarà considerata un attacco congiunto contro la Russia. Questo è un chiaro riferimento agli Stati Uniti, che continuano a inviare massicci aiuti militari all’Ucraina, come il nuovo pacchetto da 375 milioni di dollari recentemente approvato.

La nuova dottrina nucleare di Mosca

La modifica della dottrina nucleare russa include anche un’ulteriore ipotesi che potrebbe portare al ricorso alle armi atomiche: se la Russia rilevasse un attacco massiccio di missili, aerei o droni contro il proprio territorio. Questa è una diretta allusione alla crescente capacità militare dell’Ucraina, che negli ultimi mesi ha guadagnato terreno, controllando porzioni della regione russa di Kursk e potendo lanciare attacchi in profondità sul territorio russo, danneggiando infrastrutture militari cruciali.

Messaggio agli Stati Uniti e all’Occidente

La minaccia di Putin è anche indirizzata a Washington, che finora non ha dato l’ok all’Ucraina per l’uso dei missili a lungo raggio Atacms contro la Russia. “La situazione politico-militare sta cambiando rapidamente e dobbiamo adattarci. Nuove minacce emergono contro la Russia e i suoi alleati”, ha dichiarato Putin, nel tentativo di scoraggiare un’escalation del sostegno militare occidentale a Kiev.

Negli ultimi mesi, Mosca ha ripetutamente sottolineato la superiorità del suo arsenale nucleare tattico rispetto a quello presente in Europa, sostenendo che l’Europa sarebbe vulnerabile in caso di conflitto nucleare. Il messaggio di Putin giunge a meno di tre mesi dalle sue precedenti dichiarazioni, in cui aveva ricordato la capacità russa di sopraffare qualsiasi difesa europea.

Reazioni internazionali

Le minacce nucleari del Cremlino non hanno mancato di scatenare reazioni da parte della comunità internazionale. Il presidente ucraino Zelensky, che si trova a New York per presentare il suo piano per la vittoria, ha ricevuto il sostegno del capo del suo staff, Andriy Yermak, il quale ha dichiarato: “La Russia non ha più i mezzi per intimidire il mondo, se non attraverso il ricatto nucleare. Ma questi strumenti non funzioneranno”.

Dall’altra parte dell’Atlantico, l’amministrazione Biden mantiene una posizione ferma. Bill Burns, direttore della CIA, ha recentemente ridimensionato le minacce nucleari di Putin, invitando i Paesi occidentali a non cedere al ricatto: “Non possiamo permetterci di farci intimidire da questo rumore di sciabole”, ha dichiarato Burns.

Anche in Europa, i toni sono stati duri. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha commentato: “Le minacce nucleari di Putin sono irresponsabili e pericolose. Non ci lasceremo intimidire. La comunità internazionale deve rimanere unita nel condannare qualsiasi uso di armi di distruzione di massa”. In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha ribadito l’impegno della NATO e dell’Unione Europea a sostenere l’Ucraina: “Non permetteremo che la sicurezza europea sia minata dalle minacce di Putin. La risposta a qualsiasi attacco sarà ferma e collettiva”.

Nel frattempo, la diplomazia statunitense e europea sta cercando di evitare che la situazione degeneri ulteriormente, ma il clima di tensione resta altissimo. Con il conflitto che si intensifica e l’Ucraina che continua a guadagnare terreno, il rischio di un’escalation nucleare diventa una minaccia sempre più concreta, rendendo ancora più cruciale il ruolo delle istituzioni internazionali e dei leader mondiali nella ricerca di una soluzione diplomatica che scongiuri scenari catastrofici.

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