BOSSETTI E LISSI: I PROFILI PSICOLOGICI DEGLI ASSASSINI

di Christian Montagna

Bergamo – Una nazione in preda al terrore e sconvolta dagli avvenimenti di cronaca. Dopo quattro anni pare essere giunti all’epilogo della triste vicenda della tredicenne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio, scomparsa nel novembre duemiladieci e ritrovata senza vita mesi dopo.

Ignoto uno, il cui dna era stato riscontrato sugli slip della giovane ginnasta ha un volto e un nome: Massimo Giuseppe Bossetti.

Sempre in questi giorni, la follia pervade un’altra mente: Carlo Lissi, vicino Milano, uccide moglie e due figli prima di andare a vedere l’esordio degli azzurri ai mondiali e al rientro in casa mette in scena un triste teatrino.

Cosa sta accadendo? E’ la domanda che tutti noi ci poniamo. Queste notizie che hanno sconvolto la nazione fanno pensare. Padri di famiglia, premurosi e protettivi, insospettabili, uomini di chiesa, benvoluti da conoscenti e amici, con stili di vita irreprensibili ma turbati da fantasie aberranti: è questo il profilo psicologico degli assassini. Stavolta è proprio la semplicità degli stili di vita che spaventa. Siamo sempre stati abituati ad accusare chi per qualche motivo è diverso da noi, identificando gli stereotipi del male ad esempio negli stranieri, negli immigrati o nei rom. Ricordo i mesi successivi alla scomparsa di Yara, era stato arrestato il marocchino Mohamed Fikri. Ebbene, l’opinione pubblica non aveva perso un secondo a scagliarsi contro. E’ facile farlo. Ma ora che la giustizia ha fatto il suo corso, resta lo sgomento. L’assassino è un italiano, con tratti mediterranei, pelle chiara e assiduo frequentatore dell’oratorio. Uno di noi, uno come noi, il classico vicino di casa. Eppure dietro quella apparente normalità, si è celato per anni un predatore sessuale disposto ad uccidere per ottenere la sua “preda”. Altra città, storia affine. A Milano, Carlo Lissi compie un atto distruttivo nei confronti della famiglia sintomo indubbio di una forma di depressione grave. Che si tratti di malattia grave o disturbo di personalità, spaventa in entrambi i casi. Il tentativo di azzerare la propria vita per tornare ad essere libero e poter corteggiare una donna è un concetto che non si forma in una mente normale. Eppure, anche in questo caso, è uno di noi. Un padre agli occhi di tutti esemplare ma spinto da un senso di inadeguatezza e di sottomissione nei confronti della sua donna. Stiamo assistendo alla crisi della figura maschile nella società, il non saper accettare un rifiuto può portare la mente a compiere azioni nefande.

Psicologi e psichiatri si stanno interrogando sulle psicologie turbate di questi uomini. Ma l’opinione pubblica si domanda: bisogna veramente cominciare ad aver paura di chiunque? Esistono dei segnali che possano permettere di correre ai ripari in tempo? Purtroppo no. Bisogna prendere atto del fatto che tali istinti omicidi possono scattare anche nelle menti dei più insospettabili. Basta con i luoghi comuni, in Italia, ad uccidere, oggi, non sono solo i disperati e gli immigrati che fuggono dai paesi in guerra ma sono uomini come noi, che, in una società che di umano ha ben poco, si abbandonano a tragici raptus di pazzia.

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