CACCIA ALLA CAPE RAY CHE STA TRATTANDO CON L'IDROLISI I VELENI DI ASSAD IN LOCALITA' SEGRETA DEL MEDITERRANEO

 

Sulle tracce della nave fantasma son partiti 32 attivisti di cui giornalisti e politici della Grecia, sulle navi Thomas 2 e Thomas 3 dal vecchio porto di San Nicola di Paleochora (Creta), con loro anche due rappresentanti di SOS Mediterraneo Italia, a renderlo noto il comunicato del Coordinamento open di Chiana. La Commissione Pancreatese all'appello rivolto agli ambasciatori russi e americani denuncia  la violazione degli tabella V e VI del regolamento dell’OPCW che oppone il trasferimento di armi chimiche da un paese ad un altro paese, valido solo per motivi di ricerca medica medici o scientifici: ”E ‘ovvio che non vi è alcun trasferimento di armi chimiche dal paese in acque internazionali e la loro idrolisi è a bordo. Sono stati violati anche altri tabella del regolamento OPCW che prevedono come durante il trasporto si debba tener conto della tutela della salute pubblica e dell’ambiente”

 

di Cinzia Marchegiani

Sembra la trama di un film di guerra e fantascienza, ma la realtà, come spesso avviene, è ancor più articolata e densa di intrecci politici, militari ed economici internazionali, che ne conferiscono un’originalità da premio oscar. L’Osservatore d’Italia già aveva informato del trasferimento dell’arsenale delle armi chimiche della Siria sulla Nave Ark Futura che in direzione porto di Gioia Tauro era diretta per poi conferire i micidiali e potenti veleni sulla Cape Ray, nave battente bandiera statunitense.

L’Unione Europea ha finanziato, con 12 milioni di euro, la neutralizzazione di questo arsenale chimico smantellato al regime di Assad. L’accordo firmato, il 17 febbraio 2013 con il direttore Generale dell’OPCW Ahmet Üzümcü e il Commissario Piebalgs, è un concordato straordinario se si pensa che l’alternativa sarebbe stata una risoluzione armata in Siria mentre grazie alla risoluzione è stato imposto al governo siriano di garantire al personale OPCW un accesso al territorio immediato e senza restrizioni per svolgere ispezioni illimitate sui siti designati. Un’operazione colossale con un costo altrettanto oneroso ma dovuto, che viaggia intorno ai 30 milioni di euro, dove l’UE oltre ai 12 milioni di euro, si è impegnata mettendo a disposizione i mezzi di supporto tecnico e logistico, un ulteriore impresa quotata 4,5 milioni di euro (quest’ultima dovrebbe essere sostenuta dai fondi siriani congelati per finanziare parte di questo programma).

Il mistero sta avvolgendo come una nebbia persistente queste manovre internazionali militari che riguardano la neutralizzazione delle armi chimiche trasbordate sulla Cape Ray. La nave è stata scortata al largo del Mar Mediterraneo, in una località segreta tra l’Italia, Grecia e Malta, e attualmente sta trattando tonnellate di gas e veleni micidiali con il processo di idrolisi, in via esclusivamente sperimentale poiché questo procedimento non è stato mai effettuato in mare aperto, dove l’altezza delle onde e le raffiche di vento possono mettere a serio rischio l’intera procedura oltre quello concreto di essere bersaglio appetitoso di attentati terroristici. Scenari inquietanti, dove il vero assente primario è la trasparenza e il motivo di tale operazione che ad oggi è inspiegabile. Era il 16 gennaio 2014 quando l’ambasciatore Ahmet Üzümcü, Direttore Generale dell’OPCW confermava che il governo italiano aveva accettato di consentire al porto di Gioia Tauro al trasbordo delle sostanze chimiche prioritarie siriane dall’Ark Futura alla Capo Ray dotata di due unità di idrolisi capaci di neutralizzare circa 560 tonnellate di sostanze chimiche prioritarie mentre è in navigazione in acque internazionali. Il direttore generale aveva fatto l'annuncio a Roma a seguito di una udienza speciale al Parlamento italiano e durante un briefing rivolgendosi ai giornalisti sottolineava:"A nome della OPCW desidero ringraziare l'Italia per il suo generoso contributo nel rendere un porto italiano disponibile per il trans-carico di sostanze chimiche siriane. Questo avviene sulla cima di un contributo € 3.000.000 per l'Italia alla Siria Trust Fund della OPCW, e la fornitura di un aereo militare per trasportare la prima squadra di ispettori dell'OPCW in Siria. Questi contributi esemplificano lo spirito di collaborazione alla base della vitale importanza sforzo internazionale per eliminare la Siria di armi chimiche ". Il resto ormai è storia.La nave Cape Ray, dopo il trasbordo tra l’altro molto contestato per l’assenza di una vera strategia di sicurezza in caso di pericolo imminente in un porto italiano ormai utilizzato per scopi militari, ha preso il largo in un località segreta, scortata da diverse navi della marina militare americane in missione nel mediterraneo. Tutte le operazioni che coinvolgono la Cape Ray sono sotto il controllo del Military Sealift Command del dipartimento della Difesa americana, ma l’equipaggio sembra composto da civili. Le armi di istruzione di massa in questo preciso momento sono neutralizzate al largo del mare con la tecnica di recentissimo sviluppo (giugno 2013) del Field Deployable Hydrolysis System FDHS, studiato dalla Defence Threat Reduction Agency (braccio di supporto del Pentagono nel contrasto alle armi di distruzione di massa, in partnership con l'Edgewood Chemical Biological Center Ecbc dell'esercito statunitense) che ha lasciato troppi interrogativi. La tecnica FDSH capace di distruggere dalle 5 alle 25 tonnellate di composti chimici al giorno non è stata mai utilizzata in fase operativa diretta, difatti il sistema è stato studiato per operare in terra ferma e non all’interno di una nave. Il FDSH neutralizza le sostanze altamente micidiali tramite l’idrolisi all’interno di un reattore chimico di titanio, il processo permette la scissione delle molecole di un determinato composto in due o più parti utilizzando l'acqua. Nel caso specifico, per ottenere la scissione verranno utilizzati dei composti catalizzatori: si tratta una base forte come l'idrossido di sodio (NaOH), oppure del sale di sodio dell'acido ipoclorso, l'ipoclorito di sodio (NaClO), da tutti conosciuto come "candeggina". La catalizzazione della reazione d'idrolisi avverrà anche attraverso l'innalzamento della temperatura della soluzione. La ventilazione viene gestita da appositi filtri, che forniscono ricambio d'aria – e ossigeno – e bloccano eventuali emissioni pericolose. Nella struttura opereranno 15 elementi, che procederanno al riconoscimento in laboratorio delle sostanze, prima dell'inizio dell'idrolisi, connesso al FDSH e dotato di apparecchiature per la cromatografia-spettrometria di massa. Le sostanze chimiche da armamenti si dividono in due categorie: il gruppo G-type, che comprende gli agenti nervini, Sarin, Soman, Tabun e VX, e le tipologie degli agenti vescicanti e gas mostarda. Il preventivo riconoscimento è una parte fondamentale per definire le reazioni da applicare, ad esempio, i gas mostarda richiedono acqua a 90° per la neutralizzazione mentre gli agenti nervini no. Nel sistema è compresa anche una camera di detonazione T-30, che può essere utilizzata in combinazione con Fdhs, ed è prevista una stazione di decontaminazione del personale.
Tutta la procedura della neutralizzazione della armi siriane è dominata da troppe lacune e assenza di procedure di sicurezza. La popolazione greca ha immediatamente attivato forme di protesta e sensibilizzazione in merito a ciò che è stato calato dall’alto, anche l’Italia, soprattutto i cittadini che direttamente sono stati investiti da queste scelte nelle loro terre hanno cominciato a approfondire le tematiche degli eventuali scenari disastrosi che non sono esclusivamente a carico dell’ecosistema marino, ma dell’intera popolazione. In Calabria, il 10 e il 12 giugno 2014 l’arrivo del professore Vaggelis Pissias e del consigliere delle Isole Ioniche Theodoros Boukas ha permesso realizzare incontri con cittadini, comitati, giornalisti per informare sui reali pericoli dell’operazione di trasbordo delle armi chimiche nel porto di Gioia Tauro e della successiva idrolisi delle stesse nel mare al largo di Creta. Pissias e Theodoros si sono incontrati con attivisti del territorio davanti all’entrata del Porto di Gioia Tauro. All’incontro era presente anche il deputato Sebastiano Barbanti, col quale i due ospiti greci hanno avuto un momento di confronto. Alla conferenza stampa, presso la sala consiliare del comune di San Ferdinando, moderata dal Coordinamento SOS Mediterraneo, il professor Pissias ha illustrato gli enormi pericoli connessi al procedimento di idrolisi in mare aperto e sull’importanza di una mobilitazione anche nel territorio italiano, in modo da potere condurre un’attività sinergica con le mobilitazioni greche volte a ostacolare l’operazione di idrolisi mediante l’occupazione dello spazio marittimo designato, che sembrerebbe a largo di Creta. A Reggio Calabria, nella serata dell’11 giugno 2014 il flah mob ha ulteriormente impreziosito il dibattito pubblico, dove il mutismo e la poca trasparenza di queste manovre militari pongono quesiti senza risposte esaustive, come dimostra la risposta scritta alla seguente interrogazione di Andrea Zanoni alla Commissione Europea, che in merito esponeva i profondi dubbi sul trasbordo delle armi chimiche:” Tali sostanze, transiteranno per il porto di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, nella regione Calabria. Si parla di circa 500 tonnellate di aggressivi chimici catalogati, secondo la Convenzione sulle armi chimiche, come agenti di classi 1 e 2 trasferimento dei container (una sessantina) nel porto avverrà senza stoccaggio a terra, nell'arco di 36-48 ore e nella massima sicurezza. Secondo il Sindacato unitario dei lavoratori portuali, invece, l'operazione potrebbe comportare notevoli rischi legati al fatto che il porto di Gioia Tauro non sarebbe preparato a gestire eventuali imprevisti. Sempre dalla stampa, inoltre, si apprende che le armi chimiche saranno poi inertizzate nel Mar Mediterraneo, in un'area compresa tra Italia, Grecia e Malta mediante idrolisi, una reazione chimica di scissione prodotta dall'acqua. Si tratterebbe della prima operazione di tal genere nella storia dell'ONU e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ma che le autorità non ritengono comportare rischio alcuno. Tanto il coinvolgimento di un porto italiano, quanto il trattamento in mare di tali sostanze destano grande preoccupazione nell'opinione pubblica italiana, che ricorda quanto accaduto nel corso della Seconda Guerra mondiale nel porto di Bari, quando un attacco militare ha comportato l'affondamento di pericolosi quantitativi di iprite, con contagio di civili e militari per i decenni successivi”. Zanoni formalmente chiedeva alla Commissione due punti precisi: 1. Non ritiene l'operazione incompatibile con gli obiettivi comuni per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino di qui al 2020, sanciti con la direttiva 2008/56/CE?2. Può riferire quali siano i rischi dell'idrolisi di tali sostanze per il Mar Mediterraneo? La risposta dell’Alta Rappresentante/Vicepresidente Catherine Ashton a nome della Commissione con poche righe non spiegava nulla che non si poteva apprendere anche dalla stampa che ne avevano già approfondito le tematiche.
Le risposte senza trasparenza, dove non si conoscono i particolari e le responsabilità delle operazioni, hanno messo in seria agitazione il popolo di Creta e dell’intera Grecia, difatti il 12 luglio 2014, la commissione pancreatese, ha inviato un appello oltre all’OPCW e a tutti gli ambasciatori del mondo, rivolgendosi in particolare agli ambasciatori americani e russi:”I vostri Paesi – secondo i dati ufficiali dell’OPAC – sono ancora in possesso di grandi quantità di armi chimiche non ancora distrutte, in particolare gli Stati Uniti 10% (circa 2.600 tonnellate) e Russia il 26% (circa 10.000 tonnellate) dell’arsenale originale. I vostri Paesi, hanno concordato con l’OPAC nel settembre 2013 di fermare il disastro della fornitura di armi chimiche alla Syria. Siamo sostenitori di tale accordo, poiché sosteniamo pienamente il divieto di produzione di armi chimiche, la necessità di distruggere i luoghi in cui sono situate le loro scorte e la criminalizzazione di tali gravi violazioni. L’assegnazione all’OPAC (OPCW) della fase di neutralizzazione dei gas Sarin, VX, Iprite (gas mostarda) e altre sostanze attive con il metodo dell’idrolisi (FDHS) è stata recentemente conferita alla nave da guerra americana Cape Ray, utilizzando il suo pericoloso scafo sul Mar Mediterraneo, in un esperimento estremamente pericoloso per un volume di acqua piccolo, limitato, quasi chiuso; un mare rinnovabile molto lentamente. Un eventuale incidente durante le operazioni di idrolisi coinvolgerà la fuoriuscita di sostanze altamente tossiche in forma gassosa o liquida portando ad impatti irreversibili sull’ecosistema marino del Mediterraneo. Causerà gravi rischi, immediati ed a lungo termine per la salute delle popolazioni costiere e la stessa sopravvivenza economica e sociale." L’appello inoltre specifica che sono stati violati: gli tabella V e VI del regolamento dell’OPAC che oppone il trasferimento di armi chimiche da un paese ad un altro paese, valido solo per motivi di ricerca medica medici o scientifici:"E ‘ovvio che non vi è alcun trasferimento di armi chimiche dal paese in acque internazionali e la loro idrolisi a bordo. Sono stati violati anche altri tabella del regolamento OPAC che prevedono come durante il trasporto si debba tener conto della tutela della salute pubblica e dell’ambiente; la lunga esperienza della stessa Organizzazione (OPAC) da cui consegue che, “qualora non venisse offerta la distruzione delle armi chimiche in loco, come è ora nel caso della Siria, con la trasformazione con idrolisi in unità mobili (Cape Ray), la scelta di un ambiente marino, è la scelta più controversa che va a sfidare incidenti e scarichi incontrollati con processi attivi irreversibili e tossici”e ricorda che la Corte Federale Suprema degli Stati Uniti può ritirare l’esercito americano se constata che l’azione viola le regole del diritto internazionale o espone il suo paese alle sue azioni. Altre leggi statali e federali vietano il traffico in America e la neutralizzazione armi chimiche di categoria di rischio 1 in unità mobili per evitare un disastro e vietano il trasferimento da Stato a Stato su strade o altri mezzi di trasporto. Lo stesso vale per la Russia. Il 2 marzo 2014 è stata inviata una lettera aperta ai ministri degli Esteri e della Difesa signori John Kerry e Chuk Hagel da parte di personale diplomatico, politici, esponenti ambientali e culturali in diversi paesi del mondo che indicano chiaramente la necessità di trasparenza e di allarme per i residenti del Mediterraneo, che purtroppo non ebbe mai luogo. Tuttavia, ciò di cui non ci rendiamo conto è la ragione per cui i Paesi coinvolti non calcolano i rischi connessi con l’eventuale fallimento di questo progetto pericoloso e distruttivo e non capiscono il valore che noi diamo al nostro mare, ricco di storia e cultura, lo splendido mare Mediterraneo.”
Sulle tracce della nave fantasma son partiti 32 attivisti di cui giornalisti e politici della Grecia, sulle navi Thomas 2 e Thomas 3 dal vecchio porto di San Nicola di Paleochora (Creta), con loro anche due rappresentanti di SOS Mediterraneo Italia. La protesta contro l’idrolisi delle armi chimiche siriane è stata decisa lo scorso martedì 22 Luglio 2014 presso la sede della Camera del Lavoro di Chania dove si sono riuniti il “Coordinamento aperto di Chania contro l'operazione di l’idrolisi delle armi chimiche Siriane”, il Coordinamento “ Una nave per Gaza”, giornalisti, istituzionali , attivisti, concittadini e diversi residenti di Chania. Dalle news greche si apprende che il viaggio è avvenuto in condizioni davvero critiche e pericolose dovute dal maltempo e dopo 36 ore sono ritornate al Porto. Le due barche a vela sono state seguite da una nave costiera il primo giorno e poi da un drone e un elicottero..ma della Cape Ray nessuna traccia…E il dubbio amletico rimane: perché è stato scelto il Mar mediterraneo per questo esperimento mai avvenuto al largo, le popolazioni che si affacciano sono stati realmente informati sulle procedure di sicurezza in merito ad un eventuale disastro? Non c’erano altre soluzioni?
Il mistero di una nave battente bandiera statunitense che non si trova, come le risposte rimaste appese alle responsabilità di nessuno.