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Editoriali

campagne al veleno e legittimi impedimenti

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CAMPAGNE AL VELENO E LEGITTIMI IMPEDIMENTI

IL DEGRADO DELLA POLITICA E LA PREVARICAZIONE DELLA VOLONTA’ POPOLARE

DI ROBERTO RAGONE


Il lodo Alfano sul ‘legittimo impedimento’ fu una delle leggi ‘ad personam’ approvata da Napolitano e destinata, sotto un diluvio di proteste del PD e di tutta l’opposizione, a trarre d’impaccio il Berlusca di fronte ad una convocazione in tribunale. Oggi Renzi, uno dei primi censori di questo comportamento, ne approfitta per sé. Non sarà, infatti, in tribunale a rispondere alle domande dell’avvocato Taormina, difensore del famigerato ex-impiegato del Comune di Firenze Maiorano, gola profonda relativamente a ciò che riguarda i comportamenti di don Matteo, già da sindaco di Firenze. Glielo impediscono non ancora precisati ‘impegni istituzionali’. Per chi ancora pensasse che la politica è cosa da uomini della strada,  – anche in America, definita culla della democrazia, e dove si dice che anche chi è di umili origini può diventare Presidente,-  è evidente che con l’avvento dei social network essa ha cambiato completamente fisionomia ai nostri occhi. Infatti non dobbiamo più accontentarci di ciò che i media, più o meno tutti –  tranne pochi, che fanno del giornalismo la ricerca della verità – asserviti al carrettino a cui più conviene attaccarsi,  ci propinano quotidianamente. E così abbiamo potuto osservare non solo la trama, ma a volte anche l’ordito di disegni politici mascherati in maniera varia a e diversa. Come, ad esempio, le elezioni americane. A memoria d’uomo non s’è mai vista una campagna elettorale al calor bianco come quella di quest’anno, fra Clinton e Trump, nella quale è evidente anche ad un cieco che dietro la Clinton ci sono quelli del Nuovo Ordine Mondiale – lei infatti figura nelle liste della Bilderberg. I segreti e le nefandezze di ambedue i concorrenti sono state messe in piazza senza ritegno e senza risparmio, travalicando ogni limite di correttezza e di decenza. Corollario della faccenda, i sondaggi che seguono ogni frase ad effetto pronunciata sia da Trump che dalla Clinton, con un andirivieni di percentuali degne di una quotazione borsistica. Questa non è più politica, ed è pur vero che questo comportamento denota la debolezza di ambedue i candidati. Qualcosa di simile si sta verificando in Italia, sotto i nostri occhi. Da mesi assistiamo ad un indegno teatrino di parlamentari, i cui vantaggi sono trasparenti, assicurarci sulla validità del SI’ ad un referendum che approverebbe una riforma della quale non sanno ripetere altro che le solite bugie, come un disco rotto, senza entrare nel merito delle modifiche e negando ogni contestazione così, semplicemente. Secondo la propaganda governativa, la riforma porterebbe riisparmio delle spese statali, eliminazione del bicameralismo – che una volta è ‘paritario’, in’altra ‘perfetto’ – snellimento delle procedure di approvazione delle leggi,  – quando è dimostrato che alcune leggi si sono approvate in pochi giorni – uno stato più ‘snello’ – sembra la pubblicità di una cura dimagrante – meno burocratico, meno spendaccione; infatti viene eliminato anche il CNEL – e questa è una trovata da spin doctor, perché del CNEL nessuno sentiva parlare da decenni – improvvisamente scoperto come Ente inutile, che farebbe risparmiare – udite udite – ben 20 milioni di euro all’anno, mentre solo l’aereo di Renzi ne costa tanto. Non crediamo che gli Enti inutili si riducano al solo CNEL: e allora sarebbe stato il caso di mettere le mani anche sugli altri, se in buona fede. Ma siccome la buona fede è roba d’altri tempi, quando la politica la facevano i galantuomini a vantaggio del Paese, questo non avverrà mai. Intanto la cosiddetta ‘riforma’ funziona da cavallo di Troia a vantaggio dei soliti noti e delle lobby. Abbiamo già parlato del trasferimento delle ‘utilities’ al governo, togliendole alle Regioni, ciò che consentirà una compravendita con incassi miliardari a spese degli utenti: acqua, luce, gas, telefono, eccetera. Un altro Ulisse nascosto nel ventre del cavallo di legno è il ripristino degli emolumenti, – tagliati ad agosto del 2013 per ‘dare un segnale’ –  a vantaggio dei dipendenti del Parlamento – i cui stipendi sono scandalosamente alti. Un provvedimento che ‘Il Fatto Quotidiano’ descrive come ‘blindato’, dovendo passare per la sua eventuale abrogazione da Camera e nuovo Senato, comprensibilmente formato da piddini nominati e quindi invalicabile. Pensate che i dipendenti del Parlamento voteranno NO al referendum? Offri un osso al cane, e ti seguirà dovunque. Gli aumenti previsti sono in contrasto evidente con il risparmio che si proclama dalle tribune mediatiche, arrivando fino a 1.600 euro al mese per il segretario generale di Montecitorio e del suo omologo al Senato, comunque non meno di 350 euro al mese per i commessi. Quando le pensioni minime sono poco più alte, aggiungiamo noi. Mentre Renzi, oltre a sfuggire il tribunale, fugge anche ad alcuni confronti, per i quali pretende di scegliersi gli antagonisti, vedi il No a Di Maio e alla Meloni (Fatto Quotidiano). Mentre la sentenza al tribunale di Milano sul ricorso Onida sulla regolarità del referendum slitta sine die. La dimostrazione del fatto che dietro l’approvazione della riforma costituzionale c’è ben altro, è evidente quando consideriamo gli interventi a suo favore sia da Barack Obama – portavoce della grandi banche d’affari americane – sia da parte della Merkel, che di Scheuble. Sia guardando alla Brexit, che provocherebbe la fuga delle grandi banche d’investimento dall’UK, non più protette dal grande ombrello della cospirazione dell’Unione Europea. In proporzione, leggiamo sui quotidiani che anche il MPS è in stand-by, a rischio di fallimento, mentre gli investitori istituzionali aspettano di vedere l’esito del referendum. Sotto il quale, dunque, non c’è solo ciò che vogliono farci vedere, ma una serie di manovre di sapore internazionale per consentire ai ‘poteri forti’ di fare i loro comodi. Non è forse vero che la JP Morgan, in un suo pamphlet, già nel 2013, si lamentava del fatto che la nostra Costituzione Repubblicana dava troppi diritti ai cittadini? E allora perché dovremmo peggiorarla noi, che non apparteniamo al Gotha della finanza mondiale, ma siamo solo limoni che qualcuno vorrebbe spremere ancora di più, togliendoci anche il diritto di protestare? Un’ultima cosa, sulle tecniche consigliate a don Matteo dal suo personale spin doctor – per chi non conoscesse questo termine, si tratta di una persona che è al di là di un semplice consigliere politico, e che riesce ad ‘avvelenare’ la comunicazione in modo assolutamente scorretto – : si chiamano ‘tecniche di manipolazione’, quelle a cui siamo sottoposti da quando Renzi è al potere, e che si possono riassumere così:


·         Negare


·         Se non è possibile negare, minimizzare


·         Se non è possibile minimizzare, screditare


·         Se non è possibile screditare, distrarre

 

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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