CASERME DA DISMETTERE, RAZIONALIZZAZZIONE E CHIACCHIERE

Chiara Rai

Che le caserme siano da dismettere per riutilizzarle, abbattere costi e risolvere i problemi di emergenza abitativa e “morosità involontarie” se ne parla ad ogni campagna elettorale e quando nascono organismi e commissioni che hanno il compito di progettarne le sorti. Ma di queste ultime conosciamo solo i lanci iniziali senza sapere se dopo il decollo si è trovata una pista d’atterraggio che tamponi l’eterna emergenza e agevoli l’housing sociale.

Adesso si torna a cavalcare l’ipotesi che un pezzo delle caserme che lo Stato vorrebbe vendere per abbattere il debito pubblico potrebbe essere ristrutturato e poi affittato a canone calmierato o anche venduto ad un prezzo sostenibile alle fasce sociali più deboli. Con un intervento che coinvolgerebbe non solo il settore pubblico ma anche il privato. L’housing sociale è l’àncora che potrebbe frenare la mole di politica fallimentare nella rivalutazione del patrimonio pubblico italiano.

Il modello della Francia ci ha insegnato qualcosa soltanto sulla carta. Loro hanno rubato con gli occhi da noi ma la differenza è che hanno messo in pratica una politica giusta, mentre noi siamo ancora alla teoria e perdiamo pezzi. Ci sono anche altre due misure che propone l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili e sulle quali il governo ragionerà: il mutuo a tasso zero per le giovani coppie al di sotto di un certo livello di Isee e appunto una deduzione fiscale a chi compra una casa nuova o del tutto ristrutturata da destinare all’affitto.

Quest’ultima, per l’appunto,  è il cosiddetto dispositivo «Scellier», che in Francia ha dato ottimi risultati e per questo, pur adottato dal governo Sarkozy, è stato confermato da quello Hollande. Le banche dovranno adeguarsi, ragionare a tasso zero e far respirare le famiglie.Gli investimenti per la realizzazione di nuove case nel 2013 sono in calo del 14,3% rispetto all’anno scorso. Speriamo che il discorso delle caserme, riaperto con decisione in questo momento storico abbia un seguito perché anche nel ’96 si parlò in maniera incisiva della cessione degli immobili del Ministero della Difesa non più necessari per uso militare. Si parlò del progetto Valore Paese. Poi, successivamente, di programmi unitari di valorizzazione a cui potevano aderire enti locali, quali la Regione e la Provincia, o enti pubblici come le Camere di commercio e le aziende sanitarie, attraverso l’apporto di altri beni immobili.

Sappiamo com’è andata a finire? Non c’è un elenco degli aderenti ai famosi Puv del 2007? I Puv erano stati pensati per razionalizzare e valorizzare i patrimoni pubblici presenti in un determinato contesto territoriale attraverso operazioni di permuta, trasferimento e concessione d’uso e rendere disponibili immobili dello Stato, principalmente in concessione d’uso. Gli immobili della Difesa sono almeno mille: caserme, arsenali, bunker e poligoni non più necessari per uso militare. Vendiamo, affittiamo, ma facciamo. Di chiacchiere se ne sono fatte abbastanza.