Caso Bruno Contrada, Giuseppe Crimi: “Se avesse giudicato Falcone l’esito sarebbe stato diverso”
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Tempo di lettura 4minutiOltre alle dichiarazioni di Crimi c’è anche una lettera firmata dal giudice istruttore Giovanni Falcone che elogia le doti di Bruno Contrada e lo segnala al questore di Palermo
“Se il Giudice Giovanni Falcone fosse stato coinvolto come Magistrato nel processo a Bruno Contrada, non solo il processo contro Contrada non ci sarebbe stato ma non avrebbe mai potuto avere quell’andamento che ha avuto e soprattutto l’esito che ha avuto, perché senza riscontro alle dichiarazioni dei pentiti e al “sentito dire” non si sarebbe mai mosso processualmente.
“Giovanni Falcone era un uomo serio e un magistrato competente”. Parole lapidarie e pronunciate con cognizione di causa dal Dottor Giuseppe Crimi, già dirigente della Squadra Antimafia della Mobile di Palermo che per dieci anni ha lavorato al fianco di Bruno Contrada, Boris Giuliano e ha conosciuto da vicino quelli che ormai rappresentano le icone dell’antimafia per eccellenza: i giudici Falcone e Borsellino.
Con questa dichiarazione, Crimi, capovolge il fiume di informazione “spazzatura” che ha gettato discredito sul poliziotto Contrada, sull’uomo Contrada. Notizie di terza mano che raccontano di pseudo “cattivi” rapporti che intercorrevano tra Falcone e Contrada e di pseudo mancanza di stima del Giudice rispetto all’allora capo della Squadra Mobile di Palermo e poi e capo della sezione siciliana della Criminalpol.
Oltre alle dichiarazioni di Crimi c’è anche una lettera firmata dal giudice istruttore Giovanni Falcone che elogia le doti di Bruno Contrada e lo segnala al questore di Palermo.
Crimi sottolinea, durante il suo intervento alla trasmissione giornalistica Web TV Officina Stampa, che se Giovanni Falcone fosse stato investito di un tipo di caso del genere che ha visto accusato un funzionario di polizia di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe fatto onestamente le indagini, pur conoscendo la persona che aveva davanti, ma avrebbe fatto i giusti e dovuti approfondimenti per capire se le dichiarazioni dei criminali cosiddetti pentiti avessero un barlume di riscontro con prove reali e non si fermassero soltanto a fumosi “sentito dire”: “Falcone avrebbe agito con professionalità – ribadisce Giuseppe Crimi – mentre i signori che hanno polemizzato sulla sentenza della Corte Europea e parlano hanno preso per oro colato quello che hanno detto dei pentiti, questo perché probabilmente conveniva portare avanti queste accuse. Non c’è giustizia, non è giustizia questa e non sono giudici coloro che non cercano di trovare elementi probatori rispetto a delle accuse riportate da mafiosi pentiti”.
Il dottor Giuseppe Crimi ha tenuto a fare presente che la stessa sorte è toccata a un altro funzionario dello Stato accusato anch’esso di concorso esterno in associazione mafiosa senza che si siano operati gli opportuni riscontri. Anche questo funzionario ha subito un processo che ricorda i tempi della Santa Inquisizione: “Parlo di Ignazio D’Antone – dice Crimi – un collega che dirigeva la Catturandi per poi diventare dirigente della Criminalpol.
D’Antone, che aveva anche ricoperto l’incarico di capo della squadra mobile di Palermo, secondo l’accusa avrebbe favorito con il suo comportamento le cosche e avrebbe protetto alcuni boss mafiosi. Quest’uomo è stato condannato con quella protervia che contraddistingue un certo tipo di giustizia. Si tratta di un male che ha investito la Magistratura anche se tengo a sottolineare che non tutti i Magistrati sono ingiusti o deviati. Per fortuna che la maggior parte di essi rispettano il mandato che gli è stato assegnato ma purtroppo dobbiamo assistere a fenomeni devastanti che hanno cercato di demolire, ma non ci sono riusciti, uomini che non si sono mai piegati a certe infamanti accuse e che hanno sempre lavorato con onestà e impegno. Ora anche il collega D’Antone dovrà tirare fuori dei soldi e impegnarsi nelle dovute sedi per avere un minimo di giustizia”.
Emozionante dunque la prima puntata di Officina Stampa dedicata al caso Contrada che ha inteso focalizzare l’attenzione su un uomo dello Stato, per l’appunto Bruno Contrada. Ora che l’ex numero 3 del Sisde ha avuto giustizia l’impegno dei media dovrebbe essere quello di cercare la verità sostanziale dei fatti, spulciare tra le carte e cercare davvero di trovare i riscontri ad accuse così infamanti.
La Corte di Cassazione ha finalmente revocato la condanna a 10 anni inflitta all’ex capo della Mobile di Palermo Bruno Contrada, accusato di concorso in associazione mafiosa. I giudici romani hanno accolto il ricorso del legale di Contrada, Stefano Giordano, che aveva impugnato il provvedimento con cui la Corte d’appello di Palermo aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta di incidente di esecuzione. La Cassazione ha così dichiarato “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna”.
Commoventi alcuni passaggi del primo tratto d’intervista a Bruno Contrada: “La giustizia italiana voleva che il processo si svolgesse con l’imputato in stato di carcerazione – racconta Contrada – e non a piede libero. Io dovevo essere presentato come una persona che addirittura era un pericolo per le istituzioni dello Stato secondo i principi dei vecchi processi stalinisti in epoca storica remota a carico di quelli che erano stati gli eroi della rivoluzione bolscevica. Ma quegli eroi dovevano essere presentati all’opinione pubblica come dei grossi malfattori pericolosissimi per l’ordine costituito, affinché l’opinione pubblica digerisse le condanne a morte o lunghi anni di esilio nella Siberia. Io, Bruno Contrada, dovevo essere demolito nella mia considerazione di poliziotto che ha ben operato a Palermo e con maggiori successi. La gente doveva pensare di me: “Se lo tengono carcerato e riaprono un carcere militare dismesso vuol dire che qualcosa di pericoloso ha fatto”. Eppure testimonianze e carte dimostrano tutto il contrario. E siamo soltanto all’inizio.
Sono fermamente convinto della integrità morale e professionale del dottor Contrada.
Lei è solo da ammirare.
Grande poliziotto e vittima del sistema infame.
Domenico
30 Settembre 2017 at 15:49
Sono fermamente convinto della integrità morale e professionale del dottor Contrada.
Lei è solo da ammirare.
Grande poliziotto e vittima del sistema infame.