Cassazione: no agli psicologi in classe senza l’ok dei genitori

AREZZO – Su richiesta di due insegnanti di una scuola elementare di Arezzo, il direttore aveva autorizzato la psicologa a stare in classe con gli allievi per esaminarne il comportamento e scrivere una relazione clinica, in particolare su un ragazzino ‘vivace’. Il tutto senza che i genitori fossero informati e acconsentissero. Accogliendo il ricorso di padre e madre del minore, la Cassazione ha annullato l’archiviazione del gup, per violenza privata, nei confronti di tutta l’equipe scolastica e stabilito che il consenso è imprescindibile.

Uno dei contesti in cui il contributo dello psicologo è sempre più necessario e prezioso è indubbiamente la scuola: luogo affettivo e sociale in cui i ragazzi crescono e vivono oltre che “imparare” e in cui il loro disagio può quindi prendere forma e spazio, ma anche sistema con le proprie regole, obiettivi e organizzazione al cui interno devono trovare collocazione – alla ricerca di un sano e complesso equilibrio – i diversi membri di cui è composta e che le gravitano attorno (alunni, docenti, dirigenti, personale ata, genitori, etc.), nonché istituzione profondamente colpita da anni di politiche disattente.

A fronte di un bisogno crescente dello psicologo a scuola, la sua presenza è lasciata per lo più alla sensibilità e disponibilità dei dirigenti scolastici (che possono attivarsi per finanziarne progetti e iniziative con i fondi per l’autonomia o partecipando a qualche bando regionale, europeo, etc.): in altre parole la figura dello Psicologo Scolastico – diversamente da altri Paesi – in Italia non è prevista come obbligatoria e questo fa sì che la sua presenza sia spesso spot e quindi meno efficace, oppure legata a un’urgenza. E’ facile che in questi casi ci sia una totale “delega all’esperto”, chiamato per risolvere (quasi miracolosamente!) specifiche problematiche: lo psicologo deve analizzare e trasformare tale richiesta per far uscire i committenti (docenti, dirigenti, genitori) dalla posizione passiva in cui si trovano. In altre parole, un cambiamento è possibile solo se c’è una reale disponibilità a mettersi in moto, riprendere potere e responsabilità, rivedere i propri modelli organizzativi e comunicativi lasciandosi guidare dall’”esperto”, il cui ruolo è quello di catalizzatore e non di attore protagonista