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Cronaca

Castel d’Azzano sotto choc: tre carabinieri uccisi in un’esplosione, terzo sospettato ancora ricercato

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Una normale operazione di sfratto e sgombero si è trasformata in tragedia in un casolare di Castel d’Azzano, in provincia di Verona. Tre carabinieri hanno perso la vita e circa 13 tra militari e agenti di polizia sono rimasti feriti in seguito a un’esplosione che ha provocato il crollo di un edificio. Nuovi arresti e accertamenti delle indagini gettano ombre sulle dinamiche dell’accaduto.

L’esplosione è avvenuta intorno alle 3.15 del mattino in un casolare agricolo di via San Martino. Carabinieri e agenti della polizia di Stato, supportati da reparti speciali, erano intervenuti per eseguire lo sgombero di un immobile occupato da anni. L’edificio di due piani è crollato all’improvviso, travolgendo i militari all’ingresso. Secondo le prime ricostruzioni investigative, l’esplosione sarebbe stata provocata intenzionalmente: l’immobile era saturato di gas e il dispersore dell’innesco è presumibilmente partito all’apertura della porta, pochi istanti prima dell’ingresso delle forze dell’ordine. Testimoni riferiscono di aver percepito un forte odore di gas poco prima della deflagrazione. L’intero casolare è andato distrutto e avvolto dalle fiamme, complicando le operazioni di soccorso e di estrazione dei corpi dalle macerie.

Tre carabinieri non ce l’hanno fatta: i loro corpi sono stati recuperati dalle macerie, alcuni anche mezz’ora dopo il crollo. Circa 13 tra militari e agenti delle forze dell’ordine hanno riportato ferite, alcune gravi. Tra gli occupanti dell’abitazione, una donna è rimasta ferita e si sospetta possa aver attivato l’ordigno o la bombola di gas. Le condizioni degli altri feriti sono ancora in corso di accertamento negli ospedali della zona.

La Procura di Verona, guidata dal procuratore capo Raffaele Tito, ha aperto un’inchiesta per chiarire responsabilità e modalità dell’operazione. Due fratelli, un uomo e una donna di circa 60 anni, sono stati fermati nelle ore successive all’esplosione, mentre un terzo familiare è tuttora ricercato. L’immobile, già utilizzato da braccianti agricoli in occupazione abusiva, era presidiato con la volontà di non lasciarlo. Alcuni investigatori ipotizzano che le bombole di gas fossero stivate nel sottotetto e collegate in modo da saturare l’ambiente. Il fermo della donna, sospettata di aver attivato l’innesco, è considerato centrale per ricostruire dinamiche e moventi.

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Secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’operazione era stata pianificata da giorni e si temeva un’escalation di pericolo: erano state predisposte misure di sicurezza straordinarie e l’intervento di reparti antiterrorismo era previsto fin dall’inizio. L’Arma dei Carabinieri, tramite il sindacato SIM, ha espresso “profondo cordoglio” e solidarietà alle famiglie dei militari caduti, sottolineando il dolore per l’intera comunità militare. A livello istituzionale, l’episodio ha sollevato interrogativi sulle modalità operative degli sgomberi, sul livello di rischio e sui protocolli adottati in casi di resistenza armata o minaccia di esplosione.

Resta aperta la questione se l’innesco sia stato un atto premeditato o una reazione autonoma all’intervento delle forze dell’ordine. La presenza di bombole accumulate, la saturazione di gas e il momento scelto dell’apertura della porta inducono a ipotesi di preparazione. Il fatto potrebbe spingere a rivedere le regole operative per gli sgomberi ad alto rischio, con l’adozione di misure preventive come droni, rilevatori di gas o sensori di detonazione, e l’utilizzo obbligatorio di reparti speciali anche nelle operazioni “ordinarie”. Le indagini dovranno stabilire la responsabilità penale, valutando eventuali accuse di omicidio, strage o attentato, così come l’eventuale responsabilità della catena di comando che ha pianificato l’operazione.

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