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Roma

CASTELLI ROMANI, DISCARICA RONCIGLIANO: SINDACI DISINTERESSATI, SOLO GABBARINI A MANIFESTARE CON I CITTADINI

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Tempo di lettura 9 minuti Flavio Gabbarini: Da parte mia proporrò alla mia Giunta di costituirci parte civile e lo proporremo anche agli altri comuni”.

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di Maria Lanciotti

Castelli Romani / Albano Laziale (RM) – Sabato scorso, 22 febbraio, ennesimo sit-in ad Albano Laziale presso la discarica di Roncigliano organizzato dal Coordinamento contro l’inceneritore di Albano. E mentre qualche cittadino si chiedeva se ciò avesse ancora un senso, dopo che il “Sistema Cerroni” sembrava aver vacillato sotto i colpi della Magistratura romana, e pareva allontanarsi il rischio della costruzione del nuovo inceneritore, qualcosa di molto grave era già accaduto fornendo indirettamente la risposta. Il “Sistema Cerroni”, di cui non si conosce né la testa né la coda né la dimensione del corpus tanto è vasto, continua a dibattersi e ad assestare i suoi colpi micidiali in un rimpallo senza soluzione.

L’ordinanza “urgente” firmata dal Sindaco di Roma Ignazio Marino, che riapre in pratica i due impianti di Malagrotta e Rocca Cencia, entrambi della Colari e dunque di Cerroni, la dice lunga – per chi voglia intendere – in che tipo di acque si sta affondando senza che si prospetti il minimo appiglio per arrestare il collasso totale. “Emergenza” la parola chiave per spalancare pure la porta dell’inferno pur di non mollare la presa su un sistema collaudato di lauto profitto, non importa a spese di chi e di che cosa.

Tornando al sit-in. Sabato mattina, sotto un cielo gonfio d’acqua e con il “profumo” largamente dispensato dal settimo invaso, si è voluto fare ancora una volta il punto della situazione, al momento in apparente fase di stallo.

La cronaca è presto fatta, non andremo nel dettaglio. Pensiamo sia ora che i cittadini con una coscienza civica facciano il loro piccolo/grande sforzo per entrare nelle dinamiche di una vicenda che da sette anni sta precipitando, solo rallentata dai tanti bastoni messi fra le ruote dell’ingranaggio malefico da un Comitato cittadino non sostenuto, ahimè, né dalla popolazione né tantomeno dalle istituzioni. Sembra incredibile come si tenti di rifuggire da qualsiasi presa d’atto, manco la vita non stesse più a cuore alla maggioranza della gente. Ma anche questo tipo d’inerzia probabilmente fa parte del pacchetto siglato “Sistema Cerroni”, abbinato ad altri comparati di simile levatura. Ciò non scagiona e non giustifica tuttavia l’ignavia generale che molto si accosta alla complicità, seppure involontaria. 

Ha ancora un senso per gli organizzatori del presidio chiamarsi Coordinamento contro l’inceneritore di Albano? È la domanda che poniamo ad alcuni cittadini intervenuti al presidio, per una risposta secca: “Il rischio dell’inceneritore non è ancora sventato”, dice Gabriele di Marino, 27 anni. “Gli avvenimenti lasciano ben sperare, ma mi sembra che nulla si muova per una soluzione moderna, nessuna misura da parte del comune di Albano in proposito”. “C’è tutta la questione GSE che non è stata ancora formalmente chiusa e il rischio dell’inceneritore non è fugato del tutto” dice Simone di Albano, 34 anni. “Il Movimento ha ancora senso se si aggiunge alla parola inceneritore la parola biogas anaerobico. Ha senso perché restano gli inceneritori”. “Contro ogni tipo d’inquinamento iniziare la raccolta differenziata come si deve fare”  dice Rolanda di Ardea, 41 anni. “I cittadini devono impegnarsi  e gli operatori del settore devono educare i cittadini”.

Colazione comunitaria, caffè e cornetti, sistemazione impianti e attaccano gli interventi. Si fa un primo epilogo sull’inchiesta giudiziaria e conseguenze, si esprime una piccola soddisfazione che è anche un’amara constatazione: “non sbagliavamo”, si riflette sul fatto che i problemi sono aumentati, la documentazione fornita dall’ARPA fa paura e qui come ad Ardea non c’è l’acquedotto comunale e i residenti sono serviti dai pozzi, e l’acqua di questi pozzi non serve nemmeno per farsi la doccia, e quindi va preteso un servizio idrico giacché le case – tutte condonate – risultano in regola. Il progetto inceneritore si sta allontanando, ma gli impianti TMB a Roma non funzionano e qui funzionano male. Il settimo invaso si va esaurendo velocemente, si pensa di costruire l’ottavo per sopperire alla mancanza di altri bacini? Dopo il terremoto giudiziario in tutta la Regione Lazio, che ha portato a 7 arresti e a 21 indagati si cerca di tappare i buchi. Qui i rifiuti arrivano ma non ripartono trattati. Un invaso grande qui può far comodo, è un punto strategico, quando serve si dirotta qui.

La politica non dà risposte, le linee programmatiche di Zingaretti e Civita – titoli e posizione arcinoti, non occorre qui ripeterli – sono tutt’altro che rassicuranti, anzi temibili, previste nuove discariche e funzionanti a pieno regime gli inceneritori esistenti, il sodalizio criminale intanto prospera, la raccolta differenziata una chimera, la salute e la dignità del territorio sempre più in perdita. I tecnici snocciolano nei loro serrati interventi incontrovertibili dati. Il FOS (Frazione Organica Stabilizzata) che non va, e da qui le “puzze” che intossicano i residenti con il picco di malori registrato al Pronto Soccorso lo scorso settembre, i profitti illeciti e l’aumento delle tariffe, i rifiuti indifferenziati di Civitavecchia e Monterotondo trasportati in giro per il Lazio fino ad essere sversati qui nella discarica che da oltre un anno non è più solo dei Castelli Romani, ed è già ricolma dell’indifferenziata di Roma, Fiumicino, Ciampino e Città del Vaticano, e non si deve arrivare al sovra stoccaggio del settimo invaso per chiudere e bonificare la discarica. 164 sforamenti in tre anni dovrebbero far smuovere l’Amministrazione locale che a sua volta si potrà rifare alla Regione, poiché esiste la 152/2006 da far valere e la Comunità Europea che ci tiene sotto osservazione. “Violazioni totali permanenti” mentre si predispongono i nuovi e forse più inquietanti assetti alla Regione – l’imprenditrice Federica Guidi appena nominata Ministro dello Sviluppo Economico chissà che vorrà dire – e per tornare a bomba si parla di acquedotto,  fognature  e collettori e del Sindaco di Ardea, Luca Di Fiori, che  non concede l’autorizzazione all’allaccio del depuratore dei Castelli Romani se prima non gli arriva la compensazione dalla Regione calcolata in 9 milioni di euro.

Mentre ad Albano Laziale la Giunta Marini sembra essersi calata in una realtà virtuale, da dove arrivano ogni tanto messaggi rassicuranti sull’arredo urbano e similari, sulla decantata trasparenza in ogni settore, evitando bel bello di affrontare di persona i problemi seri. Tra i relatori anche Giorgio Libralato di Latina, che parla degli sforamenti della discarica di Borgo Montello e della truffa sul biogas, di compostaggio e di smaltimento illecito dei rifiuti, e via discorrendo. Un brutto quadro, ma anche tanta fiducia: il coordinamento tra i Comitati di tutto il Lazio rappresenta una bella forza, l’ importante è non abbassare mai la guardia.

Di tutti i sindaci di bacino presente solo Flavio Gabbarini del Comune di Genzano. “Pensavo di trovare qualche altro Amministratore” dice Gabbarini, “per capire insieme quali azioni si possono intraprendere per tutelare i cittadini sotto l’aspetto sanitario, ambientale ed economico. Da parte mia proporrò alla mia Giunta di costituirci parte civile e lo proporremo anche agli altri comuni”. E se gli altri comuni non aderissero? “Partiremmo ugualmente in collaborazione con i Movimenti”. E con questa dichiarazione isolata ma ferma del Primo Cittadino di Genzano di Roma, si chiude questo accenno di resoconto di un momento di forte aggregazione e chiarezza d’intenti: si chiede la chiusura e la bonifica della discarica di Roncigliano e la messa al bando di tutte le discariche e inceneritori, la peggiore soluzione per lo smaltimento dei rifiuti, e che parta sul serio la raccolta differenziata. Poi si vedrà, ma forse qualcuno dovrà fare qualche passo indietro, non potendo proseguire su un percorso in tutti i sensi minato, com’è stato ampiamente dimostrato dagli accertamenti condotti in più direzioni e tuttora in atto.

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Metropoli

Bracciano, violenta aggressione all’ospedale: panico tra medici e pazienti

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BRACCIANO (RM) – Sono stati momenti di tensione quelli vissuti da medici e pazienti all’ospedale Padre Pio. I Carabinieri della Sezione Radiomobile della
Compagnia di Bracciano hanno arrestato un cittadino italiano di 52 anni, con precedenti,
gravemente indiziato del reato di resistenza a Pubblico Ufficiale. L’uomo, in visita a dei
parenti presso l’Ospedale Padre Pio di Bracciano, in evidente stato di alterazione, aveva
aggredito fisicamente e minacciato il personale sanitario, inveendo anche contro i visitatori
presenti. A seguito dell’evento è stato richiesto l’intervento del 112, appurando che lo
stesso soggetto, pochi minuti dopo si era allontanato per poi importunare il personale di un
vicino supermercato. A seguito delle immediate ricerche i Carabinieri della Compagnia di
Bracciano hanno individuato l’uomo che, restio al controllo, li ha aggrediti, minacciandoli.
All’esito dell’attività il 52enne è stato arrestato in flagranza di reato e condotto presso il
carcere di Civitavecchia. In data 10 aprile 2024 l’arresto è stato convalidato ed è stata
disposta da parte dell’Autorità giudiziaria la custodia cautelare in carcere.
Si comunica il tutto nel rispetto dei diritti dell’indagato (da ritenersi presunto innocente in
considerazione dell’attuale fase del procedimento, fino a un definitivo accertamento di
colpevolezza con sentenza irrevocabile) e al fine di garantire il diritto di cronaca
costituzionalmente garantito.

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Roma

Droga a Roma, shaboo nei biscotti iraniani

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ROMA – I Carabinieri della Compagnia di Roma Centro, a conclusione di una complessa attività d’indagine, durata circa sei mesi e diretta dalla Procura della Repubblica di Roma – Gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, stanno dando esecuzione a un’ordinanza che dispone l’applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese, perché gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di traffico internazionale, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo” ed oppio.
L’operazione, scattata alle prime ore di questa mattina, ha impegnato i Carabinieri nella provincia di Roma, dove sono stati localizzati i 6 indagati, 4 destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, due uomini, una donna iraniani e un uomo del Bangladesh; una donna filippina agli arresti domiciliari; una donna iraniana destinataria della misura del divieto di dimora in Roma.
Le attività investigative, condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro sono scaturite a seguito dell’arresto operato a giugno 2021 nei confronti di un cittadino bengalese, trovato in possesso di 530 g di shaboo; da qui sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine alla presenza di un gruppo criminale per conto del quale l’arrestato deteneva la sostanza. Le indagini eseguite mediante attività tecniche e telematiche, associate come sempre ai servizi tradizionali di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di mettere insieme gravi indizi di colpevolezza  a carico di colui che viene considerato il capo e coordinatore unico del gruppo, un cittadino Iraniano, in Italia da circa 25 anni, già agli arresti domiciliari per analogo reato il quale, sfruttando anche i permessi lavorativi come panettiere, dirigeva da remoto ed avvalendosi di gregari e collaboratori ai vari livelli, i rapporti sia con gli acquirenti che con i “galoppini” ed i fornitori di shaboo di stanza in Iran.
Proprio nei confronti di colui che viene considerato il capo e della moglie – anche lei membro del gruppo con compiti logistici ed operativi – i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito a dicembre 2021 una perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica che ha permesso di rinvenire e sequestrare all’interno di un appartamento 2,3 kg di shaboo e 1,4 kg di oppio, abilmente occultati nel doppio fondo di confezioni, completamente integre, di dolci tipici dell’Iran, comportando l’arresto della coppia.
La successiva analisi degli apparati telefonici sequestrati alla coppia ha poi permesso di ricostruire il canale di approvvigionamento dello stupefacente sintetico che veniva prodotto in Iran ed inviato in Italia, grazie alla collaborazione in terra persiana di un sodale non compiutamente identificato, che avvalendosi dell’inconsapevole apporto di alcuni turisti iraniani diretti a Roma, che mettevano a disposizione una porzione del proprio bagaglio, convinti di aiutare dei connazionali a portare in Italia “i sapori” della loro terra (i biscotti appunto), importavano in Italia lo stupefacente rischiando inoltre, se arrestati in Iran, la pena capitale. Una volta in Italia, lo stupefacente sotto forma di prodotti dolciari, veniva ritirato dalla madre o dalla moglie del capo dell’organizzazione e stoccato in depositi prima di essere immesso sul mercato capitolino sfruttando la manodopera a basso costo offerta da cittadini filippini e bengalesi.
È stata dunque ricostruita l’importazione di ben 21 kg di shaboo e 3 kg di oppio nel periodo ricompreso tra aprile e novembre 2021, e la successiva commercializzazione anche al dettaglio, e cristallizzata la posizione di 13 indagati a vario titolo per i reati di spaccio, detenzione ed importazione dall’estero di sostanze stupefacenti.
Nel corso dell’attività, a riscontro delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito 6 arresti in flagranza di reato, convalidati, sequestrate sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo”, per un peso complessivo di oltre 3 kg, del tipo oppio per un peso complessivo di kg. 1,5 nonché la somma in contanti di 25.000 euro ritenuta provento dell’attività di spaccio.
Si precisa che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.

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Cronaca

Roma, blitz all’alba di Carabinieri e Polizia: in manette 11 persone:

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I reati contestati sono di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti
 
 
Dalle prime luci dell’alba, nelle province Roma, Viterbo e Frosinone, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma e gli agenti della Polizia di Stato del I Distretto Trevi Campo Marzio stanno dando esecuzione a un’ordinanza, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, che dispone misure cautelari nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti.
 
L’attività di indagine, nata nell’ottobre 2022, trae origine dalle denunce di un soggetto, consumatore di sostanze stupefacenti, che aveva maturato con i propri spacciatori un debito che non era riuscito più a onorare, generando le violente reazioni di questi ultimi. In particolare, l’attività d’indagine, durata oltre un anno, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un gruppo criminale, operante nel quartiere romano di Cinecittà, di cui farebbero parte gli indagati e di documentare come questi ultimi fossero soliti operare delle violente ritorsioni nei riguardi degli acquirenti di droga morosi.
 
Sono stati raccolti elementi indiziari per cui in alcuni episodi le vittime venivano trasportate all’interno delle abitazioni di alcuni sodali ove venivano percosse e minacciate con una pistola puntata alla tempia al fine di obbligarle a effettuare i pagamenti, anche attraverso bonifici bancari. Talvolta, poiché si era esaurito il “plafond” giornaliero presso la banca, venivano sequestrati e malmenati tutta la notte, in attesa di poter effettuare altri bonifici il mattino seguente. Nei casi in cui non riuscivano a ottenere il denaro preteso, le minacce venivano estese anche ai familiari dei malcapitati.
 
L’analisi del flusso di denaro estorto (oltre 300.000 euro) ha permesso di identificare tutti i beneficiari dei bonifici bancari in soggetti ritenuti vicini al soggetto più autorevole del gruppo criminale, Daniele Salvatori e di documentare le attività finalizzate al reimpiego e al riciclaggio del denaro che dai vari conti correnti veniva, tramite ulteriori bonifici o attraverso il prelievo in contanti, trasferito ad altri beneficiari.
 
A Daniele Salvatori, classe 1977, già noto alle forze dell’ordine, il 12 giugno 2023, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma avevano già notificato un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, per l’estorsione ai danni di un trentaseienne residente nella provincia di Frosinone e dei suoi familiari. A conferma della pericolosità e della spregiudicatezza del destinatario del provvedimento restrittivo, in data 03.10.2022, il Salvatori era stato arrestato in flagranza di reato dai Carabinieri della Sezione Radiomobile di Cassino (FR), poiché sorpreso nei pressi dell’abitazione delle vittime in possesso di un’arma clandestina.
 
Privo di virus.www.avast.com



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