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Cronaca

Catania, donna muore dopo aver il parto. aperta un'inchiesta dalla Procura

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Tempo di lettura 4 minuti Parliamo di aborto con la Dott.ssa Putignano: "Oggigiorno sentire parlare di donne morte durante il parto lascia dello sconcerto"

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di Angelo Barraco

Catania – E’ stata aperta un’inchiesta dalla Procura di Catania per far luce sulla morte di Valentina Milluzzo, 32 anni, incinta al quinto mese, ricoverata all’ospedale “Cannizzaro” di Catania e deceduta 12 ore dopo aver partorito prematuramente i due gemelli che portava in grembo. Il fascicolo d’indagine è stato aperto a seguito della denuncia dei familiari e il Procuratore Zuccaro ha disposto il trasferimento del cadavere in obitorio, imponendo uno stop ai funerali che erano stati organizzati nel paese d’origine della donna, inoltre è stata sequestrata la cartella clinica. Prima di disporre l’autopsia, verrà individuato il personale che prestava servizio e si presume venga indagato per omicidio colposo come atto dovuto ai fini di eseguire l’esame autoptico. La donna si era posta alla procreazione assistita e il 29 settembre era stata ricoverata presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia ma in poche ore il suo quadro clinico sarebbe precipitato poiché la donna ha accusato dolori, nausea, febbre e per tali sintomi le sarebbe stata somministrata una Tachipirina. La donna è stata trasferita in sala parto nel pomeriggio di sabato, dove ha dato alla luce due gemellini senza vita però, il giorno dopo è stata lei a staccare per sempre il suo cordone ombelicale dalla vita terrena. In un primo momento il corpo è stato portato a Palagonia, dove viveva con la famiglia, ma l’intervento della Magistratura ha predisposto la perizia necroscopica quindi il corpo è stato portato nuovamente all’ospedale Cannizzato. L’avvocato della famiglia, Salvatore Catania Milluzzo, ha detto all’Agi: “il medico che curava Valentina si sarebbe rifiutato di estrarre il feto che aveva gravi difficoltà respiratore fino a quando fosse rimasto vivo, proprio perché obiettore di coscienza. Ciò avrebbe aggravato il quadro clinico della giovane donna. La situazione si era aggravata già il 15 ottobre, con febbre, forti nausee e dolori, temperatura e pressione arteriosa molto basse. Bisognerebbe intervenire sui bambini uno dei quali, secondo le analisi fatte respirava male, ma il medico si sarebbe rifiutato”, l’Avvocato aggiunge: “era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell'utero anticipata. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa”.
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato di aborto con la Dottoressa Rossana Putignano, Psicologa Clinica, Psicoterapeuta, è stata psicologa nella u.o di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Ba) e ha collaborato in una ricerca sull'aborto con la Dott.ssa Mariagrazia Carone, responsabile della terapia relazionale per i casi con problematiche di conflitto sociale presso la u.o. di Psichiatria del Policlinico di Bari. Oggi è responsabile del servizio di Psicodiagnosi Neuropsicologica e Forense all'interno del CRIME ANALYSTS TEAM.
 
“Oggigiorno sentire parlare di donne morte durante il parto lascia dello sconcerto, soprattutto alla luce dell’ ospedalizzazione del parto, vissuto dalle donne in modo un po’ meno spontaneo di quanto dovrebbe avvenire in natura, grazie ai numerosi dispositivi introdotti per la facilitazione del parto come la vasca per il parto in acqua, l’epidurale o la stessa “episiotomia”, ovvero il taglio effettuato alla donna per facilitare il passaggio del neonato. Nella fattispecie del caso della donna 32 enne deceduta insieme ai due gemelli alla XIV esima settimana, posso solo descrivere quali sono le condizioni affinché possa avvenire un aborto terapeutico o accidentale. La legge 194/78 regola l’ aborto terapeutico che avviene tramite trattamenti medici al fine di preservare l’incolumità della donna o di evitare che il feto possa crescere affetto da gravi malformazioni.  ( M. Carone, C. Filaninno, L. Lacarbonara, R. Putignano, M.G. Tommasino, “L’interruzione di gravidanza alla XII- XVI settimana: l’aborto terapeutico. Aspetti legali- Aspetti psicologici”, Notiziario Ordine Psicologi della Puglia, Giugno 2015). L’aborto accidentale, invece, è dovuto all’azione di terzi attraverso cause di origine traumatica, tossica, psichica, professionale o medicamentosa.  L’aborto entro i primi 90 giorni di gestazione è regolamentato dall’art. 6 della legge 194/78 che mostra gli unici due casi in cui è possibile praticare l’aborto terapeutico. Nel primo caso la gravidanza o il parto devono comportare un grave pericolo per la donna; nel secondo caso devono essere accertate patologie, anomalie o malformazioni nel nascituro che possono determinare un grave pericolo per la vita della donna. L’art. 7 invece regola l’aborto nel caso in cui esista la possibilità di vita autonoma del feto, permettendo l’interruzione di gravidanza in caso di serio pericolo di vita perla donna, tuttavia, il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni cautela volta a salvaguardare la vita del nascituro. Alla luce di questi due tabella è chiaro che il sequestro della cartella clinica della donna e l’indagine sull’equipe medica coinvolta siano atti dovuti al fine di verificare eventuali responsabilità professionali che possano essere state la causa del decesso della donna e dei due feti. Nel caso in cui si riscontrino responsabilità medico- professionali si parlerebbe di aborto criminoso come cessazione violenta e illecita della gravidanza. L’aborto criminoso può essere sia di natura dolosa se l’azione sulla donna è intenzionalmente diretta a provocare l’interruzione di gravidanza, preterintenzionale se l’aborto è la conseguenza non voluta di un’ azione dolosa inferta alla donna oppure colposa se la perdita del bambino si verifica a causa della negligenza, imperizia o inosservanza delle norme regolamentari. Una volta chiarite le responsabilità umane o le cause organiche per quanto concerne il decesso dei due feti, resta poi da accertare come e perché la donna sia deceduta. Morire di parto nel XXI secolo è assurdo”.

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Tragedia familiare a Perugia: tre corpi trovati senza vita in un casolare isolato

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Un agghiacciante ritrovamento ha sconvolto la comunità di Perugia: tre persone sono state scoperte morte all’interno di un casolare abbandonato, situato nelle campagne remote di Fratticiola Selvatica. Gli inquirenti parlano di una scena drammatica, che sembra indicare un brutale omicidio-suicidio.

Secondo le prime informazioni fornite dagli investigatori, si tratterebbe di un gesto estremo avvenuto in ambito familiare, un atto di violenza che ha spezzato tragicamente tre vite. Le vittime sono un uomo, sua moglie e la loro figlia, tutti uccisi da colpi di fucile sparati a bruciapelo. Il silenzio che circonda questo macabro episodio lascia spazio a molte domande, ma una delle poche certezze è che si tratta di un dramma che ha avuto come sfondo una tranquilla e isolata zona rurale.

Non è ancora chiaro chi abbia lanciato l’allarme, ma l’intervento dei soccorritori del 118, giunti sul posto con un’ambulanza e un’auto medica, è stato purtroppo inutile: i tre erano già deceduti all’arrivo.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Perugia, sono ancora in corso per fare chiarezza su chi abbia premuto il grilletto e ricostruire con precisione la dinamica degli eventi. Sul luogo della tragedia sono intervenute la squadra mobile e la scientifica, impegnate a raccogliere ogni elemento utile per risolvere questo inquietante caso. Il casolare, ubicato in una zona di campagna difficile da raggiungere, è accessibile solo attraverso una stretta strada sterrata, aumentando la sensazione di isolamento e mistero che circonda l’intera vicenda.

Le indagini proseguono senza sosta, ma il paese è già sconvolto da un dramma che lascia una scia di dolore e interrogativi.

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Terrore in corsia: Medici e infermieri sotto assedio nel Policlinico di Foggia

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Due aggressioni in pochi giorni. Il personale sanitario grida aiuto: “Siamo stanchi e spaventati”

Nel cuore della notte, le corsie del Policlinico di Foggia si sono trasformate ancora una volta in un campo di battaglia. Un giovane di appena 18 anni, arrivato in pronto soccorso per uno stato d’ansia, ha scatenato la sua furia contro tre infermieri, sferrando calci e pugni. Questo episodio, l’ultimo di una serie allarmante, ha gettato nuovamente nel panico il personale sanitario, già provato da un’aggressione avvenuta solo pochi giorni prima.

“Non siamo più al sicuro nemmeno sul posto di lavoro,” confida Maria, un’infermiera con 20 anni di esperienza, la voce tremante. “Veniamo qui per salvare vite, ma rischiamo la nostra ogni giorno.”

L’escalation di violenza ha raggiunto un punto critico. Solo quattro giorni prima, nel reparto di chirurgia toracica, i familiari di una giovane paziente deceduta hanno aggredito il personale, costringendolo a barricarsi nelle stanze dell’ospedale per sfuggire alla loro ira.

Il dottor Antonio, chirurgo di lungo corso, racconta con gli occhi lucidi: “Ho visto colleghi piangere dopo il turno, altri che non vogliono più venire a lavorare. Siamo esausti e spaventati.”

La situazione è talmente grave che Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici, ha lanciato un appello disperato alla Premier Meloni: “Abbiamo bisogno di un piano di sicurezza immediato. Altrimenti ce ne andiamo tutti.”

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, fa eco a questa richiesta, invocando un aumento del presidio delle forze di polizia negli ospedali. “I nostri angeli in camice bianco non possono trasformarsi in bersagli,” afferma con fermezza.

Mentre le istituzioni dibattono, il personale sanitario ha proclamato lo stato di agitazione. Una manifestazione unitaria è prevista per il 16 settembre a Foggia, un grido collettivo per chiedere protezione e rispetto.

“Ogni volta che sento una voce alterata, il cuore mi batte all’impazzata,” confessa Lucia, giovane specializzanda. “Non è questo che sognavo quando ho deciso di diventare medico.”

La proposta del senatore Ignazio Zullo di introdurre un “daspo sanitario” per chi aggredisce il personale medico ha acceso un dibattito infuocato. “Tre anni senza cure gratuite potrebbero far riflettere chi pensa di poter usare la violenza,” sostiene il senatore, pur garantendo che le cure salvavita e urgenti sarebbero sempre assicurate.

Mentre il dibattito infuria, nei corridoi del Policlinico di Foggia regna un silenzio teso. Medici e infermieri continuano il loro lavoro, con la paura negli occhi ma la determinazione nel cuore. “Abbiamo giurato di curare, e lo faremo sempre,” afferma il dottor Giovanni, primario di pronto soccorso. “Ma abbiamo bisogno di sentirci protetti per poter proteggere gli altri.”

La città di Foggia, e con essa l’Italia intera, trattiene il respiro, sperando che questa spirale di violenza possa finalmente interrompersi. Nel frattempo, gli “angeli in camice bianco” continuano la loro missione, eroi silenziosi di una battaglia che non avrebbero mai voluto combattere.

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Bufera al Ministero della Cultura: Giuli chiamato a rispondere sulle “nomine dell’ultimo minuto” di Sangiuliano

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L’opposizione chiede chiarimenti su decreti e incarichi conferiti da Sangiuliano prima dell’addio

Il neo Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, si trova catapultato in una tempesta politica ancor prima di potersi ambientare nel suo nuovo ruolo. L’opposizione, con in prima linea esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, ha richiesto un suo intervento urgente in Parlamento per far luce su una serie di atti controversi compiuti dal suo predecessore, Gennaro Sangiuliano, negli ultimi scampoli del suo mandato.

Al centro della polemica c’è quella che viene definita una vera e propria “pioggia di nomine” effettuata da Sangiuliano in extremis. In particolare, si contesta la nomina di 18 consulenti, definiti dall’opposizione come “amici, parenti e conoscenti” del ministro dimissionario. Questa mossa ha sollevato dubbi sulla trasparenza e l’imparzialità del processo di selezione.

Ma non è tutto. Un’altra questione scottante riguarda l’istituzione di una commissione da 50 milioni di euro destinata al finanziamento di progetti cinematografici. La composizione di questa commissione è finita sotto i riflettori, con l’opposizione che accusa Sangiuliano di aver selezionato membri a lui vicini per “competenza, amicizia e affiliazioni politiche”. Tra i nomi circolati sulla stampa figurano critici cinematografici di spicco come Paolo Mereghetti e Valerio Caprara, il giornalista Francesco Specchia, lo scrittore Luigi Mascheroni e l’intellettuale Stefano Zecchi.

Un caso particolarmente delicato è quello di Beatrice Venezi, nominata consulente del Ministero per la musica con un compenso annuo di 30.000 euro. Questa nomina è stata citata dall’imprenditrice Boccia durante una trasmissione televisiva come esempio di incarico conferito per “amicizia”, sollevando interrogativi su possibili conflitti di interesse. In risposta, Venezi ha annunciato di aver dato mandato ai suoi legali per tutelare la propria reputazione professionale.

Il Ministro Giuli si trova ora nella scomoda posizione di dover fornire spiegazioni su decisioni prese dal suo predecessore. L’opposizione chiede chiarimenti sulla correttezza dell’iter di nomina e sulla effettiva firma dei decreti in questione. La situazione mette in luce la delicatezza del passaggio di consegne in un dicastero chiave come quello della Cultura, e solleva interrogativi sulla continuità e la trasparenza nell’amministrazione pubblica.

Mentre il dibattito politico si infiamma, cresce l’attesa per l’intervento di Giuli in Parlamento. Il nuovo Ministro dovrà dimostrare abilità diplomatica e fermezza nel gestire questa eredità complessa, cercando di rassicurare l’opposizione e l’opinione pubblica sulla correttezza delle procedure e sulla sua volontà di garantire trasparenza nel suo mandato.

La vicenda solleva questioni più ampie sulla gestione del potere e sulla pratica delle nomine di fine mandato, un tema ricorrente nella politica italiana che continua a suscitare polemiche e richieste di riforma. Il modo in cui Giuli affronterà questa prima sfida potrebbe definire il tono del suo ministero e influenzare la percezione pubblica della sua leadership in un settore cruciale come quello della cultura.

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