LOMBARDIA, TOSCANA, TRENTINO E LAZIO: VIDEO PORNOGRAFICI SUL WEB, 5 IN MANETTE

Redazione

Cinque cittadini italiani sono stati arrestati ed altri 16 denunciati per produzione, diffusione e condivisione di materiale pedopornografico online nell'ambito di una vasta operazione antipedofilia condotta dalla Polizia su tutto il territorio nazionale.
I cinque arresti, eseguiti nell'ambito di perquisizioni domiciliari, sono avvenuti in Lombardia, Toscana, Trentino Alto Adige e Lazio.
Tutti gli arrestati, quattro dei quali erano incensurati e non conosciuti dalle forze dell'ordine, sono stati sorpresi a detenere e condividere ingenti quantità di materiale pedopornografico con minori.
L'operazione nasce da segnalazioni dell'Europol e della polizia belga nel settembre 2015, che sviluppati dalla Polizia italiana, hanno portato a delle connessioni internet ed al tracciamento, a mezzo dei file di hash, del materiale pedopornografico scambiato e condiviso tra gli indagati.




ADDIO A EMMANUEL, LA MOGLIE SVIENE DURANTE IL FUNERALE

Redazione

Fermo – Il Duomo di Fermo, dove si sono tenuti i funerali del giovane migrante ucciso, è pieno di fedeli. In prima fila, in un lato della chiesa, siede la compagna di Emmanuel. Sempre in prima fila nella navata centrale siedono il presidente della Camera, Laura Boldrini, il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi e il vice presidente del Parlamento europeo David Sassoli. In chiesa ci sono molti rappresentanti del'associazionismo ma anche tanta gente comune e molti anziani. Tra i banchi spicca la comunità nigeriana che indossa vestiti rossi e neri e fasce rosse sulla fronte in segno di lutto.

Black lives matter
' è la scritta fatta con il gessetto sul luogo della colluttazione costata la vita a Emmanuel Chidi Namdi da qualcuno che collega così idealmente la morte del 36/enne migrante nigeriano colpito dall'ultrà di destra Amedeo Mancini all'hashtag di protesta per l'uccisione degli afroamericani da parte degli agenti di polizia, 10 luglio 2016. La scritta è comparsa stamattina sul luogo della colluttazione, diventato un piccolo memoriale a cielo aperto con mazzi di fiori, cartelli di solidarietà, piccoli oggetti.

La bara con la salma di Emmanuel Chidi Nnamdi, il migrante ucciso a Fermo, è stata trasportata, con grande anticipo rispetto all'ora dei funerali fissati per le 18, nel Duomo della città. Ad accompagnare il feretro c'era don Vinicio Albanesi, il sacerdote che aveva accolto nella sua comunità Emmanuel e la sua compagna e che concelebrerà il funerale insieme all'arcivescovo mons. Luigi Conti.

Don Vinicio, anche aggressore è vittima
– Anche l'aggressore di Emmanuel Chidi Nnamdi "è una vittima e se qualcuno lo avesse aiutato a controllare la sua istintività, la sua aggressività avrebbe fatto bene". Lo ha detto monsignor Vinicio Albanesi parlando con i giornalisti di Amedeo Mancini, il 39enne ultrà fermato per omicidio preterintenzionale. Ai giornalisti, che al suo arrivo al duomo di Fermo per il funerale del giovane nigeriano, che gli hanno chiesto se intendesse perdonare Mancini, "noi perdoniamo tutti – ha risposto – noi accogliamo tutti".

Papa Francesco
  "Alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia. Il Signore potrà dirci: ma tu, ti ricordi quella volta sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell'uomo trovato mezzo morto ero io. Ti ricordi? Quel bambino affamato ero io. Ti ricordi? Quel migrante che tanti vogliono cacciare ero io. Quei nonni soli, abbandonati nelle case di riposo, ero io. Quell'ammalato solo in ospedale, che nessuno va a trovare, ero io". Lo ha detto Papa Francesco all'Angelus.




GIALLO A PORDENONE, PILOTA USA SCOMPARSO AD AVIANO

Redazione

Aviano (PN) – Si teme per la sorte di un ragazzo americano, un aviatore di 24 anni impegnato nella base Usaf di Aviano, del quale non si hanno più notizie dal 2 luglio scorso. A pochi giorni dalla tragica scomparsa a Roma di Beau, lo studente statunitense trovato annegato nel Tevere e per la cui morte è accusato uno dei senzatetto che vivono sugli argini del fiume, l'allarme è stato lanciato stavolta dall'Air Force americana. Il sergente Halex Hale, 24 anni, in servizio nella base friulana dal 2015, non dà più notizie di sè da una settimana, da sabato scorso quando era andato a cena da alcuni amici a Sacile, vicinissimo alla base di Aviano, in provincia di Pordenone. Dopo quella cena il ragazzo si stava recando ad un appuntamento con un altro amico. Dove, però, non è mai arrivato. Le ricerche si concentrano in un'area vicino al fiume Livenza, dove si teme che il giovane potrebbe essere caduto finendo in qualcuno dei canali della zona. Ma, finora, di lui nessuna traccia.




NAPOLI, SOPHIA LOREN RICEVE CITTADINANZA ONORARIA E SI COMMUOVE

Redazione

Napoli – "Non è facile parlare, per me è facile quando sono davanti a una macchina da presa e dico delle battute scritte per me. E le dico con tutto il cuore, con tutto l'amore. Ma qui di amore questa mattina ce ne è stato tanto, il sindaco ha detto cose bellissime". Così Sophia Loren, visivamente commossa, in occasione della cerimonia nel cortile del Maschio Angioino per il conferimento della cittadinanza onoraria di Napoli. Poi la battuta, riferendosi a Luigi De Magistris: "Ed è pure nu bell' guaglione'.

"Ricevere un premio è sempre un'emozione speciale – ha continuato l'attrice – Ma riceverlo qui, nella Napoli a me tanto cara da sempre, da quando sono nata, tutt'uno con la mia Pozzuoli, è molto di più. E' una soddisfazione intima, che gratifica l'animo e che mi accompagnerà a lungo". "Tutto di questa giornata ricorderò a lungo. Appena sono arrivata, percorrendo queste amate strade per l'ennesima volta che mi ricordano la mia infanzia. La mia adolescenza", ha detto ancora e, a questo punto, la commozione si è fatta ancora più intensa. Così i 500 cittadini che erano lì per assistere, invitati dal Comune di Napoli, le hanno dedicato un altro scrosciante applauso.

"I primi film, la pizza de 'L'oro di Napoli'. Insomma, gli inizi della mia vita e della mia carriera. Cercavo di memorizzarle metro per metro per rafforzare il ricordo, fissarle nella mente e portarle con me per sempre. Tutto è magnifico, oggi. Napoli, questa cerimonia, questo bellissimo premio. Questa vostra accoglienza", ha sottolineato la Loren chiedendo: "Perché queste giornate hanno un termine e non durano all'infinito? Grazie di cuore a tutti e alla mia cara Napoli. Io ci vengo sempre molto spesso. Zitt' zitt'. Grazie di cuore per questa bellissima giornata".




CASERTA, ROULETTE RUSSA CON PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA: MUORE UN VENTENNE

Redazione

Caserta – Un ragazzo di 19 anni, Antonio Zampella, è stato fermato dai carabinieri della compagnia di Caserta per l'omicidio di Marco Mongillo, 20 anni, ritrovato ieri cadavere con un colpo di pistola alla testa in un'abitazione del Rione Santa Rosalia del capoluogo. Il giovane, arrestato in flagranza ha confessato ai militari la tragica verità, ovvero di aver fatto fuoco durante una sorta di gioco, in cui aveva puntato per spavalderia l'arma in testa alla vittima, facendo poi partire il colpo mortale.

Nella notte la svolta sull'omicidio di Marco Mongillo e la confessione del giovane Antonio Zampella che avrebbe usato l'arma puntata alla testa dell'amico come in una sorta di roulette russa. La notizia dell'omicidio, del tragico gioco e del fermo del giovane, è stata pubblicata oggi dal Mattino in prima pagina. Verso le 15 di ieri il cadavere del giovane è stato trovato dai carabinieri in un'abitazione di Caserta: fin dai primi rilievi è emerso che il giovane era stato ucciso con un colpo di arma da fuoco al capo. I militari hanno sentito le persone che erano in casa con il 20enne nell'appartamento al Rione Santa Rosalia e hanno ritrovato nei pressi della rampa di scivolo dei garage della palazzina anche la pistola con il colpo in canna. Fin da subito all'esterno dell'abitazione si sono radunati i parenti della vittima. Tutti l'hanno descritto come un bravo ragazzo.

Zampella è accusato di omicidio, detenzione abusiva di arma con matricola abrasa e ricettazione. Secondo quanto riferiscono i carabinieri, ha reso piena confessione, al termine di una deposizione avvenuta nella caserma dell'Arma. L'arrestato è fratello del 22enne Umberto, che stava scontando i domiciliari per rapina nell'abitazione in cui è avvenuta la tragedia. Nell'appartamento, dunque, al momento del fatto – hanno accertato gli inquirenti – c'erano quattro persone: i fratelli Antonio e Umberto Zampella, la vittima e suo fratello Vincenzo, amici di Umberto. Ieri Vincenzo, dopo la tragedia, con addosso ancora il sangue di Marco, piangeva disperato e non riusciva a darsi pace. Il delitto sarebbe avvenuto intorno alle 15 di ieri. Antonio Zampella, dopo aver fatto fuoco, si è allontanato liberandosi dell'arma, una Browning calibro 7,65 con matricola abrasa, che è stata poi ritrovata dai carabinieri nei pressi della rampa di scivolo dei garage della palazzina con colpo in canna e altri cinque nel serbatoio; durante i sopralluoghi, è stato poi rinvenuto, da parte dei Carabinieri della sezione Rilievi del Nucleo investigativo del comando Provinciale di Caserta, un proiettile dello stesso calibro.




CASERTA: SPARA E UCCIDE L'AMICO PER GIOCO

di Angelo Barraco
 
Caserta – Nella serata di ieri è stato rinvenuto il corpo senza vita di Marco Mongillo, 20 anni, morto con un colpo di pistola alla testa in una casa di Rione Santa Rosalia. La macchina investigativa si è mossa immediatamente e i Carabinieri hanno subito fermato Antonio Zampella, 19 anni. Lo hanno arrestato in flagranza e si apprende inoltre che ha confessato ai militari di aver sparato mentre i due stavano giocando, un gioco finito male, un proiettile che parte e colpisce alla fronte Marco Mongillo e lo uccide. Un gioco che ricorderebbe la Roulette russa, dove un 20enne incensurato, che di professione faceva il pizzaiolo rimane vittima di un gioco pericoloso. Zampella avrebbe detto agli inquirenti “Non volevo, ho provato quell'arma anche su di me, ero convinto fosse scarica”. In seguito alla confessione, gli inquirenti si sono recati presso l’abitazione dove si è consumato il delitto, per effettuare un ulteriore sopralluogo. Si apprende inoltre che in quella casa vive anche il fratello Umberto, che sta scontando gli arresti domiciliari per rapina. L’arma utilizzata per il delitto era una Browning calibro 7,65 e pare avesse nel caricatore 5 o 6 colpi. Su Zampella pende l’accusa di omicidio, detenzione abusiva di arma con matricola abrasa e ricettazione. Gli accertamenti degli inquirenti hanno appurato che in quell’appartamento vi erano quattro persone al momento del delitto, ovvero Antonio e Umberto Zampella, la vittima Marco Mongillo e il fratello Vincenzo. Antonio Zampella, dopo aver sparato, si è disfatto dell’arma che è stata successivamente rinvenuta dagli inquirenti. 



CASERTA: SPARA PER GIOCO AD UN AMICO E LO UCCIDE, FERMATO UN 19ENNE

di Angelo Barraco
 
Caserta – Nella serata di ieri è stato rinvenuto il corpo senza vita di Marco Mongillo, 20 anni, morto con un colpo di pistola alla testa in una casa di Rione Santa Rosalia. La macchina investigativa si è mossa immediatamente e i Carabinieri hanno subito fermato Antonio Zampella, 19 anni. Lo hanno arrestato in flagranza e si apprende inoltre che ha confessato ai militari di aver sparato mentre i due stavano giocando, un gioco finito male, un proiettile che parte e colpisce alla fronte Marco Mongillo e lo uccide. Un gioco che ricorderebbe la Roulette russa, dove un 20enne incensurato, che di professione faceva il pizzaiolo rimane vittima di un gioco pericoloso. Zampella avrebbe detto agli inquirenti “Non volevo, ho provato quell'arma anche su di me, ero convinto fosse scarica”. In seguito alla confessione, gli inquirenti si sono recati presso l’abitazione dove si è consumato il delitto, per effettuare un ulteriore sopralluogo. Si apprende inoltre che in quella casa vive anche il fratello Umberto, che sta scontando gli arresti domiciliari per rapina. L’arma utilizzata per il delitto era una Browning calibro 7,65 e pare avesse nel caricatore 5 o 6 colpi. Su Zampella pende l’accusa di omicidio, detenzione abusiva di arma con matricola abrasa e ricettazione. Gli accertamenti degli inquirenti hanno appurato che in quell’appartamento vi erano quattro persone al momento del delitto, ovvero Antonio e Umberto Zampella, la vittima Marco Mongillo e il fratello Vincenzo. Antonio Zampella, dopo aver sparato, si è disfatto dell’arma che è stata successivamente rinvenuta dagli inquirenti. 



PAVIA: EX SEGRETARIO PD ABUSA DI BAMBINA DISABILE

Red. Cronaca

Pavia – Arrestato a Pavia il 50enne Antonio Maria Ricci ex segretario del Partito Democratico della città nonché dirigente medico presso la clinica pediatrica del San Matteo e presidente dell'Asp Santa Margherita di Pavia. A far scattare le manette per l'ex segretario del Partito Democratico di Pavia la terribile accusa di violenza sessuale nei confronti di una bambina di 13 anni. Ad arrestare l'ex segretario gli agenti della squadra mobile di Pavia che hanno provveduto ad accompagnare Ricci agli arresti  domiciliari.
 

L'indagine Gli inquirenti sono partiti dalla segnalazione dei genitori della 13enne disabile, che si trovava in cura al San Matteo. Secondo l'ipotesi accusatoria, la bambina durante i vari day hospital al reparto di Pediatria del San Matteo avrebbe subito gli abusi sessuali da parte dell'ex segretario PD.
È stato accertato che il dottor Antonio Maria Ricci, ha svolto una lunga attività di adescamento, durata per circa tre mesi, con la chat di facebook,  intrattenendo quindi contatti con la 13enne. L'ex segretario Pd si è presentato come medico amico conquistando la fiducia della piccola, arrivando poi a mostrarsi interessato e attratto anche fisicamente da lei con dialoghi di natura sessuale durante i quali si faceva promettere un bacio. Infine, approfittando del fatto che la 13enne fosse sola in camera, l'avrebbe baciata  più volte. 
L'indagine portata avanti dagli inquirenti ha permesso di acquisire inconfutabili elementi di responsabilità a carico dell'ex segretario Pd di Pavia, come i testi delle chat intercorse con la ragazzina le quali, interfacciate con i turni di servizio del medico, hanno fornito riscontri oggettivi sulla veridicità di quanto era scritto nei messaggi stessi. Inoltre sono stati effettuati accertamenti tecnici approfonditi sul computer in uso alla minorenne, accertamenti che hanno permesso di escludere qualsiasi ipotesi di alterazione dei testi, nonchè di ricondurre il profilo facebook del mittente proprio al dottor Ricci.

Il sindaco di Pavia
ha rimosso in via cautelativa il dottor Ricci dal consiglio di amministrazione dell'Azienda Servizi alla Persona (Pertusati e Santa Margherita)."Mi auguro – Scrive il primo cittadino sul social Fb – che la delicata vicenda che vede coinvolto Antonio Ricci si chiarisca al più presto. Nel frattempo, in via cautelativa, per agevolare il normale svolgimento del procedimento giudiziario e favorire la regolare attività dell'Azienda Servizi alla Persona (Pertusati e Santa Margherita), procederò – conclude – alla sua revoca dal consiglio di amministrazione che attualmente egli presiede."
 




VIGEVANO: SMANTELLATA BANDA CRIMINALE IN STILE GOMORRA – VIDEO

Red. Cronaca

Vigevano (PV) – Un vero arsenale è stato sequestrato all'associazione per delinquere, che si ispirava alla fiction 'Gomorrà, smantellata dai carabinieri del Comando provinciale di Pavia. L'attività coordinata dal procuratore aggiunto Mario Venditti e diretta dai pm Mario Andrigo e Roberto Valli ha portato alla misura cautelare per 24 persone – 56 quelle indagate – ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata al traffico di armi e alla commissione di estorsioni, incendi, attentati dinamitardi e rapine. In particolare vengono contestati, a vario titolo, 14 episodi fra detenzioni o cessioni illegali armi, cinque estorsioni, 21 incendi di cui quattro commessi a fini estorsivi, 14 per danneggiamento, tre per truffe in danno di compagnie assicurative. E ancora: sei danneggiamenti di cui la metà a fini estorsivi, 14 furti in abitazioni ed esercizi commerciali, tre tentate rapine a negozi, numerose truffe ai danni di compagnie assicurative mediante falsi incidenti, numerossissimi episodi di spaccio di droga. I componenti del gruppo che ha tentato di conquistare

Vigevano e la zona della Lomellina – "grazie ad una marcata penetrazione nel tessuto sociale e commerciale e con aderenze – secondo gli investigatori – in alcuni settori della pubblica amministrazione che ne hanno amplificato la pericolosità" – si vantavano dei loro misfatti con le amanti e con i figli che portavano sui luoghi dei reati «per ostentare il loro operato ai fini di indottrinamento». Durante gli arresti e le perquisizioni, ancora in corso, i militari hanno sequestrato una pistola calibro 7,65, un fucile 'a pompà e un fucile semiautomatico, tutti con matricola abrasa. Sequestrati anche altri quattro pistole e quattro fucili, sebbene denunciati come detenuti nell'abitazione del padre di uno degli arrestati, erano a casa di quest'ultimo.

 

L'operazione dei Carabinieri Nelle perquisizioni delle ultime ore i carabinieri di Pavia hanno sequestrato 20 piante e 300 grammi di marijuana, 60 dosi di cocaina e 150 grammi di hashish. E ancora: due targhe di auto risultate rubate, 6.000 euro in contanti e sei banconote da 50 euro false. Per il gip di Pavia gli arrestati – ora rinchiusi a Pavia, Vigevano, Voghera e San Vittore – sono stati considerati "concretamente e notevolmente pericolosi", trattandosi di persone che hanno agito all'interno di un contesto organizzato, "con ampia disponibilità di armi e che hanno dimostrato di aver fatto della commissione di delitti un'abitudine di vita". Durante l'indagine, che si è servita anche di intercettazioni, emerge tutto il linguaggio criminale: i 'cani con il guinzagliò erano le forze dell'ordine in divisa, i 'cani senza guinzagliò quelli in borghese. A testimoniare, secondo gli inquirenti, la «notevole pericolosità dell'associazione» c'è «l'elevato numero di armi di cui il gruppo ha avuto la disponibilità, precisamente non meno di ventisette armi da fuoco, talune delle quali clandestine e talune provento di furto». Un vero e proprio arsenale composto anche da armi di notevole capacità offensiva. L'operazione, che oggi ha portato a un ultimo atto, ha già consentito l'arresto in flagranza di 13 persone e la denuncia di altre tre, il recupero di nove pistole, un fucile semiautomatico, un fucile 'a canne mozzè, un fucile 'a pompà, quattro carabine con sistemi di precisione ottici, una penna-pistola, una bomba artigianale, migliaia di cartucce e proiettili, nonché passamontagna e maschere per compiere rapine. La stessa attività ha inoltre consentito complessivamente il sequestro di oltre due chilogrammi di marijuana, di 500 grammi di cocaina pura e di denaro in contante.




SIMONETTA CESARONI PT 3: FEDERICO VALLE

di Angelo Barraco
 
Roma – La morte di Simonetta Cesaroni è tutt’oggi avvolta da una fitta cortina di mistero e malgrado i processi, le condanne e le assoluzioni, non è dato sapere chi è stato l’esecutore materiale dell’omicidio, né tanto meno si conosce il movente. Nella prima parte della nostra inchiesta, abbiamo analizzato la scena del delitto che si presentò sotto gli occhi dei testimoni in quel fatidico 7 agosto del 1990, in Via Carlo Poma n°2 a Roma. Abbiamo parlato dell’attività lavorativa che svolgeva Simonetta, di cosa stesse facendo quel giorno e di come l’apertura di quelle quattro mandate ha rappresentato un cambiamento radicale nella vita di molte persone. Nel secondo speciale dedicato a Via Poma abbiamo parlato di Pietrino Vanacore, primo soggetto che finisce sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori. L’uomo viene scarcerato il 23 aprile del 1991 e la sua posizione archiviata a seguito dell’esito negativo degli esami sul sangue rinvenuto sulla porta della stanza dove è stata rinvenuta cadavere Simonetta. Ma quando tutto sembrava essersi placato, Pietrino Vanacore viene indagato nuovamente, ma questa volta per favoreggiamento del presunto autore del delitto. Gli inquirenti puntano l’attenzione su Federico Valle, nipote di Cesare Valle, l’architetto presso cui Vanacore aveva trascorso la notte tra il 7 e l’8 agosto. Secondo l’accusa, Vanacore avrebbe provveduto nell’occultare le tracce del delitto dopo essere entrato nell’appartamento e aver scoperto quanto accaduto. Le accuse nei confronti di Federico Valle si basano su delle dichiarazioni pervenute agli inquirenti nel 1992 da un certo  Roland Voller, un pluripregiudicato. L’uomo raccontò agli inquirenti che nel maggio del 1990, nel corso di una telefonata presso una cabina telefonica, un’interferenza lo mise in contatto con una donna, tale Giuliana Ferrara, l’ex moglie di Raniero Valle, quest’ultimo figlio dell’architetto Cesare Valle citato poc’anzi. L’uomo riferì che tra i due si istaurò un’amicizia e che la donna aveva confidato inoltre che era preoccupata per il figlio Federico che soffriva per la separazione dei genitori e per tale ragione si era ammalato di anoressia. L’uomo ha riferito inoltre che il 7 agosto, nel corso di una conversazione, la donna avrebbe riferito che il figlio si  recò in Via Poma a trovare il nonno ma non era ancora tornato a casa. Ma le dichiarazioni dell’uomo si arricchiscono di particolari poiché racconta che, sempre la stessa sera, la donna era sconvolta poiché il figlio Federico era tornato sporco di sangue e con un taglio sulla mano. L’uomo sosteneva inoltre che l’Avv. Raniero, padre di Federico, avrebbe avuto una relazione con una ragazza di vent’anni che lavorava agli Ostelli della gioventù e il movente dell’omicidio di Simonetta rappresentava una punizione che il giovane voleva dare al padre. Ma le dichiarazioni di Voller cadono come un castello di carta poiché Giuliana Ferrara ammette di conoscerlo ma nega di essersi mai confidata con lui e nega di aver parlato telefonicamente con Voller la sera del 7 agosto del 1990. Emerge inoltre che l’avvocato Raniero aveva si una relazione, ma con un’altra donna. Subentrano anche gli esami del dna sul sangue rinvenuto all’interno della stanza. Dagli esami emerge che il sangue di Federico Valle  è incompatibile con il sangue presente sulla porta. In merito alle tracce di sangue presenti sulla porta, i consulenti del PM avevano mosso delle criticità sui risultati poiché il sangue poteva anche essere dovuto alla commistione. Il sangue di Simonetta Cesaroni era del gruppo  0, Gm a+ b+  DQ alfa 4-4. Il gruppo sanguigno di Valle invece A DQ alfa 1.1/1.1. Il sangue rinvenuto sulla porta appartiene ad un gruppo A,Gm a+, DQ alfa 1.1/4, individuo di sesso maschile. Il tutto è stato esaminato con il sistema HLA-DQ alfa. 



SIMONETTA CESARONI: PT 2: PIETRINO VANACORE

di Angelo Barraco

Roma – Nella prima parte di questa esclusiva de L’Osservatore D’Italia dedicata al giallo di Via Poma, abbiamo introdotto la scena del crimine che si è presentata sotto gli occhi di Paola Cesaroni, il suo fidanzato Antonello Barone, il datore di lavoro di Simonetta Salvatore Volponi –che fu il primo ad entrare nell’ufficio dove si trovava il cadavere- il figlio Luca, la portiera Giuseppa De Luca e il figliastro Mario Vanacore, Pietro Vanacore sopraggiunse poco dopo poiché si trovava a casa dell’architetto Cesare Valle, in quel momento unico inquilino presente nel palazzo. La porta dell’ufficio dentro cui lavorava Simonetta era chiusa con quattro mandate e fu aperta dalla moglie di Vanacore a seguito di iniziali insistenze. Iniziamo ad addentrarci nel giallo di Via Poma, analizzando in modo clinico, analitico e critico, tutte le piste battute dagli inquirenti nel corso di questi lunghi anni d’indagine. 
 
Pista investigativa: Pietrino Vanacore. La macchina investigativa parte immediatamente e l’occhio viene puntato su coloro che in quel momento si trovavano all’interno dello stabile. Emerge subito che i portieri di Via Poma, oltre a De Luca, Vancacore e Grimaldi, avevano chiacchierato davanti alla fontana del condominio e avevano asserito di non aver visto entrare nessuno nella fascia oraria che va dalle 16.00 alle 20.00. del 7 agosto. Ma qualcosa non quadra poiché emerge che Pietrino Vanacore non si trovava con gli altri portieri, circostanza che va in netto contrasto con quanto asserito da lui. L’uomo infatti era in quel luogo nella fascia oraria che va dalle 17.30 alle 18.30, orario in cui Simonetta sarebbe stata uccisa, Vanacore risultava assente. Dalle indagini era emerso che Vanacore si era recato, insieme al portiere Grimardi, a fare degli acquisti in un ferramenta e successivamente aveva annaffiato alcune piante, quest'ultima operazione l'aveva fatta da solo. Ma gli elementi di contraddizione e sospetto attorno a Vanacore crescono poiché aveva asserito che alle 22.30 era uscito di casa per recarsi dall’architetto Cesare Valle, per fare a quest’ultimo assistenza notturna. Ma tale circostanza è stata smentita poiché emerge che il portiere si reca dall’architetto alle 23.00. Il portiere conosceva bene i luoghi e nella mezz’ora che va dalle 22.30 alle 23.00 avrebbe potuto disfarsi dell’arma e ripulire per bene la scena del crimine. Emerge inoltre che nessun estraneo fu visto quel pomeriggio in Via Poma, tranne dalla Signora De Luca che disse agli inquirenti di aver visto un uomo, che dagli accertamenti si rivelò poi un soggetto che si trovava fuori Roma. Ma mancava il movente: Che legame c’era tra Vanacore e Simonetta? I due non si conoscevano se non di sfuggita, il portiere inoltre, malgrado avesse le chiavi e potesse agire con facilità, non poteva avere la certezza che Simonetta fosse da sola in ufficio. Si parlò tanto del sangue rinvenuto sui pantaloni di Vanacore, tv e giornali misero in prima pagina il “colpevole” di Via Poma e quel sangue rinvenuto sui suoi pantaloni rappresentò per tutti la chiave del delitto, ma dagli accertamenti emerse chiaramente che quel sangue non proveniva dalla scena del crimine e non apparteneva a Simonetta, ma proveniva dalle emorroidi di cui soffriva il portiere. Viene scarcerato il 23 aprile del 1991 e la sua posizione archiviata. Un anno dopo la sua posizione si ribalta e viene indagato per favoreggiamento, questa volta viene individuato l’autore dell’omicidio nella persona di Federico Valle. Nell’ottobre del 2008 viene perquisita la sua casa pugliese, gli inquirenti cercano un’agenda telefonica, ma non trovano nulla. Il 9 marzo del 2010 si suicida a Maruggio, vicino Taranto, Pietrino Vanacore. Il suo corpo viene rinvenuto alle ore 13.00 in mare, con una fune legata al piede e l’altro della fune invece legata ad un albero. L’uomo lasciò anche due biglietti sul ,tergicristalli della macchina, in cui vi era scritto “20 anni perseguitati senza nessuna colpa”.