GIUGLIANO IN CAMPANIA: NON DIAGNOSTICANO TUMORE A BIMBA DI DUE ANNI, ARRESTATI DUE MEDICI

di Ang. Bar.
 
Giugliano in Campania (NA) – Due medici sono stati arrestati e posti agli arresti domiciliari perché sarebbero responsabili della morte di una bambina di due anni di Giugliano in Campania che ebbero in cura e non si accorsero che era affetta dal tumore che la strappò alla vita. Sarebbero inoltre responsabili anche della morte di un’altra bimba di quattro anni. I due medici Gli inquirenti hanno posto sotto sequestro il loro centro medico di Casal di Principe. I due medici sono accusati di: omicidio colposo, esercizio abusivo della professione, violazione dei sigilli, falsità ideologica in certificati e sostituzione di persona. L’operazione di arresto è stata eseguita dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Casal di Principe. La vicenda ebbe inizio nel 2011, quando due genitori si recò presso il centro a seguito di alcuni problemi della figlia. La bimba presentava particolari sintomatologie e furono prescritte svariate cure e visite ma non fu mai prescritta una visita specialistica. Le cure che venivano somministrate alla piccola non portavano a miglioramenti e nel 2013 i genitori la portarono al Centro per una crisi di pianto e difficoltà urinarie. In questa circostanza il problema non veniva trattato secondo prassi ma alla piccola veniva dato un semplice antinfiammatorio. La bambina continuava a stare male e allora i genitori decidono di portare la piccola all’ospedale Santobono di Napoli dove viene riscontrata una massa tumorale, grazie ad accurati accertamenti. Il tumore era maligno ed era già in metastasi. Immediatamente vengono denunciati i proprietari del Centro di Casal di principe e dalle indagini è emersa “una colposa sottovalutazione della sintomatologia anche attraverso un’omissione dei doverosi approfondimenti diagnostici che determinò un ritardo nella diagnosi”



CONVEGNO CONSAP, FRANCESCO TAGLIENTE: "NECESSARIO PASSARE DALLA PREVENZIONE ALLA PREVISIONE DEI REATI"

Redazione

Roma – "Le nuove tecnologie strumento di prossimità fra forze di polizia e cittadini". Questo il tema di un convegno organizzato a Roma dalla Consap, sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato, in collaborazione con l’Università Telematica Pegaso. Il confronto sul tema della sicurezza in città, moderato da Michele Cucuzza, è servito per analizzare il delicato tema dell'impatto delle nuove tecnologie nel contrasto al crimine, in considerazione del fatto che le pattuglie su strada realizzano solo una parte della sicurezza, che oggi viene affidata all'integrazione degli interventi della tecnologia e di tutte quelle strutture, che nel rispetto dei ruoli, hanno una funzione e danno un contributo al risultato finale.


In apertura del Convegno il Segretario Generale Nazionale della Consap Giorgio Innocenzi, ha chiarito che "Da qualche anno si sono diffusi strumenti tramite i quali le forze dell'ordine possono monitorare le attività di controllo del territorio da parte dei malviventi andando a sottrarre loro le zone di caccia per renderli meno efficaci e più vulnerabili nel tempo. L'evoluzione tecnologica può favorire inoltre la partecipazione dei cittadini che possono diventare delle vere e proprie sentinelle della legalità.”


Al dibattito è stato arricchito da un intervento del prefetto Francesco Tagliente, già Questore di Roma, uno dei massimi esperti di controllo del territorio per decenni a capo delle volanti e della Sala operativa della questura di Roma.
“Bisogna passare dalla prevenzione alla previsione dei reati, dalla sicurezza partecipata a quella civica.” Ha detto Tagliente. “Per migliorare il controllo del territorio e garantire i romani e ai turisti il diritto a vivere in sicurezza e agli operatori economici di poter lavorare e investire senza il timore di subire condizionamenti ambientali è indispensabile il supporto della tecnologia più evoluta. “Per rispondere meglio e più rapidamente alle esigenze dei cittadini – ha proseguito – l’attività delle Forze e i Corpi di Polizia va supportata con tecnologie intelligenti idonee a ridurre il carico di lavoro burocratico, aumentare i servizi operativi esterni nelle zone critiche e migliorare anche la percezione della sicurezza.” “I reati denunciati e le segnalazioni dei cittadini relative a situazioni di pericolo, di degrado urbano e di disagio sociale fette per via telematica o al tavolo del “Consiglio per la Sicurezza Urbana” – ha chiarito l’ex Questore i Roma – potranno orientare gli interventi degli operatori di polizia prioritari e, nello stesso tempo consentire di passare dalla prevenzione dei reati alla previsione degli stessi. Con la tecnologia si possono tutelare meglio sia la sicurezza che il decoro.”
Tagliente ha poi affrontato il tema della percezione della sicurezza.“Le informazioni di prossimità rese anche dai cittadini – ha detto- potranno essere importanti per in diverso approccio dei residenti ed esercenti che, sentendosi nelle condizioni di svolgere un ruolo di protagonista attivo della propria sicurezza, potranno percepire diversamente la sicurezza.” “Un esempio concreto – ha chiarito – è censiremo tutti i sistemi di videosorveglianza, pubblici e privati, che insistono sulle aree pubbliche, per consentire agli operatori di polizia di disporre di un’informazione completa e immediata sulla dislocazione delle telecamere attive, anche al fine di ridurre il carico di lavoro degli operatori stessi a beneficio della sicurezza generale. E’ importante portare a sistema tutte le informazioni disponibili per controllare il territorio e dare sicurezza come promuovere investimenti sulla video-analisi, che consentendo il riconoscimento di veicoli o persone ritenute a rischio per la sicurezza della città riescono ad agevolare la prevenzione e il contrasto di eventuali atti criminali. Parimenti è importante svilupperemo una “App” con la quale sia i cittadini che tutti i dipendenti del Campidoglio e delle imprese partecipate, in servizio nei quartieri, possano segnalare situazioni di degrado urbano e disagio sociale, per orientare i gli interventi degli operatori di polizia e degli altri organismi interessati.” “Determinante – ha concluso Tagliente- è anche illuminare bene i luoghi della città ritenuti più a rischio perché l’ambiente urbano determina il comportamento sociale.
Al convegno sono intervenuti tra gli altri il capogruppo della Lista Civica alla Regione Lazio, Michele Baldi, il Presidente della sezione romana del Sindacato Tabaccai Albino Bernocchi, il Direttore Generale di Federalberghi Roma e Lazio Tommaso Tanzilli, Antonino Annetta dell'Ordine dei Farmacisti di Roma, il dirigente sindacale della Consap Elia Lombardo ei l Segretario Nazionale Aggiunto, Sergio Scalzo.
 




NAPOLI: UCCISO PARCHEGGIATORE ABUSIVO, È MISTERO

A.B.

Napoli – “Napoli spara e la Polizia indaga”, potrebbe essere il titolo di un film ma purtroppo è lo scenario di sangue e mistero che si cela dietro alla morte di Gaetano Arrigo, parcheggiatore abusivo di 43 anni. L’uomo aveva numerosi precedenti penali come truffa, lesioni, detenzioni, detenzione abusiva di armi. Ma le indagini degli inquirenti si stanno allargando in modo capillare. Si sta scandagliando il passato dell’uomo e la sua cerchia di amicizie. Malgrado avesse numerosi precedenti penali, non era mai stato accusato per associazione camorristica, ma il sospetto che vige è quello che l’uomo potrebbe aver avuto a che fare con uno dei clan della zona. L’uomo è stato ucciso da diversi colpi di pistola e si apprende inoltre che tali colpi sarebbero partiti da un’auto in corsa con diverse persone a bordo, il tutto è avvenuto in zona Bagnoli, proprio dove esercitava. Gli inquirenti non escludono nessuna pista al momento.



STROMBOLI: ALISCAFO URTA LA BANCHINA DEL PORTO E SEMIAFFONDA

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di Vin.Gia.

Stromboli (ME) – A Stromboli, isole Eolie, un aliscafo è finito, mentre ormeggiava, contro la banchina del porto. L'imbarcazione è parzialmente affondata. Grande paura e momenti di panico per i 117 passeggeri che a quanto si apprende sarebbero tutti in salvo insieme ai 6 membri dell'equipaggio.

L'incidente è avvenuto attorno alle 16 di oggi giovedì 16 giugno 2016 e ha coinvolto l'aliscafo 'Masaccio', in servizio tra Milazzo, Lipari e Stromboli.




MILANO, MORTO IN GITA. LA PERIZIA: "LE GAMBE DI DOMENICO ALZATE DA ALTRI"

di Angelo Barraco
 
Milano – Importanti novità in merito alla misteriosa morte di Domenico Maurantonio, lo studente padovano in una gita di classe all’Expo. L’avvocato della famiglia del giovane, Eraldo Stefani, depositerà nei prossimi giorni una nuova perizia di parte che escluderebbe l’ipotesi del gesto autolesionistico. Il legale ha commentato “Non si è auto impresso una forza autonoma per buttarsi  ma gli sono state alzate le gambe da terze persone, dopo di che c'è stato lo sganciamento, non si sa se intenzionale o meno. Ovviamente io non ho mai parlato di omicidio. Io presenterò queste perizia assieme ad altre nei prossimi giorni alla Procura della Repubblica, toccherà a loro fare le loro valutazioni”. 
 
Domenico Maurantonio, il 19enne che il 10 maggio si trovava a Milano con la sua classe in visita all’Expo ma che è morto misteriosamente precipitando dal quinto piano dell’hotel Leonardo in cui alloggiava. L'ipotesi è un gioco finito male. La domanda che si pongono tutti è: perché Domenico Maurantonio si sarebbe sporto da quella finestra al quinto piano? Una delle poche certezze sembra essere l'esclusione dell'ipotesi che lo studente sia caduto in modo del tutto accidentale. A farlo ritenere c'è un dato oggettivo: dal pavimento al davanzale della finestra, da dove poi Domenico è precipitato, l'altezza è di un metro e 10 centimetri. Un parapetto alto che fa pensare che il giovane possa essere salito volontariamente o essere stato indotto a salire da un compagno. 
 
i professori sarebbero venuti a conoscenza della morte del ragazzo attraverso una foto mostrata loro da impiegati dell'albergo durante la colazione nell'hotel Leonardo Da vinci, dove l'intera classe si trovava in gita per visitare Expo. Per lo shock di vedere quell'immagine, il professore di storia dell'arte sarebbe svenuto. L'indagine si sposta in Veneto: compagni sotto torchio. Gli investigatori della squadra mobile milanese si sono trasferiti a Padova, dove stanno interrogando i compagni di scuola che hanno passato con Domenico le sue ultime ore di vita. "Mi hanno interrogato 10 ore a Milano e otto ore qui, non potete capire come sto. Siamo tutti in cerca della verità", ha riferito uno dei compagni, a conclusione del nuovo interrogatorio. L'ipotesi è che nella stanza dove dormiva il giovane fosse in corso una festa a cui avrebbero preso parte almeno una decina di studenti. Si tratta di giovani già sentiti dalla polizia nell'immediatezza dei fatti, a Milano. L'obiettivo sarebbe quello di far emergere nuovi particolari sulle ore che hanno preceduto la tragedia e verificare eventuali incongruenze nei racconti degli studenti fin qui acquisiti. L'ultimo particolare che emerge dall'indagine sembra puntare verso l'ipotesi dell'omicidio colposo con omissione di soccorso. Inoltre vi sono elementi che smantellano l’ipotesi dell’omicidio e che sono emersi nella fase preliminare investigativa.  La  Polizia, nella fase preliminare delle indagini che è appunto la più importante, ha notato che in un braccio del giovane vi erano dei lividi. Tali lividi non sono compatibili con una caduta volontaria ma sono compatibili con una caduta accidentale, come se qualcuno avesse cercato di aiutarlo, una mano che gli ha stretto il braccio appunto.
 
Nella trasmissione “Chi l’ha visto?” hanno mostrato il contenuto di una chat che faceva riferimento alla morte di Domenico. La conversazione è stata notata da un telespettatore che l’ha segnalata alla trasmissione. Non sembra essere una conversazione di una chat sul web ma piuttosto sembra una conversazione Whatsapp poi copiata su internet. Ecco il  dialogo tra interlocutore A ed interlocutore B: interlocutore A scrive: “se ti racconto cos’è successo ieri mattina in hotel non ci credi…” l’interlocutore B risponde: “dimmi tutto” ed ecco che l’interlocutore A dice: “L’altra sera dei ragazzi di una scuola di Padova son venuti da noi in hotel…di notte si sono ubriacati da fare schifo e hanno deciso di fare degli scherzoni sui corridoi dell’hotel…il “migliore” di questi scherzi è stato defecare per il corridoio del 5 piano…non contento, uno di questi per fare il figo decide di mettersi sul cornicione per farla dalla finestra…quindi si fa tenere per le braccia dagli amici e ad un certo punto vola giù. Morto. Gli amici non hanno detto nulla a nessuno e sono tornati in stanza…il corpo è stato trovato il mattino dopo…” l’interlocutore B risponde con una grassa risata. Se questa conversazione ha del vero ed è attendibile spiegherebbe molte cose. Il soggetto che spiega i fatti dice “son venuti da noi in hotel” quindi fa presupporre che lui lavori lì, presso l’Hotel Leonardo.



STRAGE DELLA CIRCONVALLAZIONE: DOMANI PALERMO RICORRE IL 34° ANNIVERSARIO

di Angelo Barraco

Palermo – Il 16 giugno di quest'anno ricorre il 34° anniversario della “Strage della Circonvallazione”, una pagina nera della storia di Palermo e di tutta Italia che in quegli anni piangeva i centinaia di innocenti che morivano per mano della mafia. Domani,  alle ore 09:00, verrà posta una corona di fiori in memoria dei caduti in questa terribile strage. La Strage della Circonvallazione è avvenuta Palermo il 16 giugno 1982 in Viale della Regione Siciliana altezza civico 9201 (direzione Trapani), 500 metri prima dello svincolo per Sferracavallo. Nella strage persero la vita: l’Appuntato Silvano Franzolin, il Carabiniere Luigi Di Barca, il Carabiniere Salvatore Raiti. Tutti erano in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Enna. Oltre a loro rimasero colpiti Giuseppe Di Lavoro, autista giudiziario del mezzo con cui i tre stavano eseguendo la traduzione da Enna a Trapani del detenuto Alfio Ferlito, anche lui rimasto ucciso. L’agguato che ha visto le tante vittime sopracitate è stato disposto da “Cosa Nostra” dove alcuni mafiosi, a bordo di un auto, esplosero diversi colpi di mitra. Il loro vero obiettivo era il detenuto Alfio Ferlito. Il mandante di questo eccidio fu il boss Nitto Santapaola che combatteva da anni contro Alfio Ferlito una spietata guerra per il predominio del territorio etneo. 



PALMA CAMPANIA: UCCIDE LA MOGLIE CON UN COLPO DI PISTOLA E POI SI TOGLIE LA VITA

Redazione Cronache
 
Palma Campania (NA) – Terribile omicidio-suicidio stamattina nel napoletano. In un appartamento di Palma Campania, precisamente in Via Croce 52, Aniello Lamberti, un noto ortopedico di 59 anni che esercitava la sua professione presso l’Ospedale di Nola, ha ucciso con un colpo di pistola alla testa la moglie Angela Fusco, un’insegnante di 56 anni. Dopo aver compiuto il terribile delitto si è tolto la vita lanciandosi dal terzo piano della palazzina che è di proprietà della sua famiglia. Secondo una prima ricostruzione degli eventi sopracitati, il terribile omicidio-suicidio sarebbe avvenuto alle ore 11.00 di stamane e il movente sarebbe da ricercare nelle liti coniugali che la coppia avrebbe avuto poco prima. Si apprende inoltre che la coppia era molto conosciuta a Palma Campania.
 
Soltanto qualche giorno fa, l'8 giugno per la precisione, altre due tragedie familiari sono accadute quasi nelle stesse ore a Taranto e Pordenone. Ancora una volta il movente è lo stesso: mariti e compagni che non si rassegnano alla fine di una relazione. Ieri pomeriggio Luigi Alfarano, 50 anni ha prima ucciso la moglie nell'appartamento nel centro di Taranto, poi ha portato il figlio di 4 anni nella villetta di famiglia di Palagiano, in provincia, e qui ha esploso un colpo di pistola contro il piccolo uccidendolo e poi contro sé stesso. La coppia era in fase di separazione. Passano poche ore e a Spilimbergo (Pordenone) i Carabinieri trovano i corpi di due fidanzati all'interno di un'abitazione. La coppia si era separata proprio da pochi giorni: ieri notte l'uomo è entrato in casa e ha sparato alcuni colpi di pistola contro l'ex fidanzata per poi uccidersi. Sono solo gli ultimi casi di una lunga serie di tragedie scatenate quasi sempre da motivi passionali.



GENOVA: AUTO PIRATA TRAVOLGE DONNA CON PASSEGGINO E FUGGE VIA

Redazione
 
Genova – Un incidente che poteva finire in tragedia per una mamma e per il suo piccolo di sette mesi che si trovava nel passeggino. La donna stava attraversando le strisce pedonali in Via Ovada –zona Genova Voltri- con il suo piccolo, quando un’autovettura investe entrambi e scappa in direzione Genova senza prestare aiuto e soccorso alla donna e al piccolo di sette mesi. Immediatamente giungono i soccorsi e si apprende che il piccolo ha riportato delle escoriazioni e una contusione alla testa e si trova sotto osservazione presso l’Ospedale Gaslini di Genova, ma non sarebbe comunque in pericolo di vita. La donna è illesa ma sotto shock per quanto accaduto. L’autovettura che si è data alla fuga è di colore bianco e si è diretta verso Genova dopo aver travolto la donna e il bambino. Vi sono indagini in corso da parte di poliziotti della municipale e  specialisti della sezione infortunistica per rintracciare l’auto.



NAPOLI, CAMORRA INFILTRAZIONI DEI CLAN NEGLI OSPEDALI

Redazione

Napoli – Infiltrazioni della camorra in appalti per la pulizia di ospedali e altre aziende pubbliche a Napoli emergono dall'operazione della Polizia che ha eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari. I provvedimenti eseguiti a carico di esponenti apicali del clan camorristico dei Lo Russo, di amministratori e consulenti di una società specializzata nel settore delle pulizie, e di funzionari pubblici dipendenti dell'Azienda ospedaliera Santobono Pausilipon.

L'inchiesta è condotta dai pm della Dda, Henry John Woodcock ed Enrica Parascandolo e coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice. Le 12 persone coinvolte sono ritenute, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, corruzione, turbata libertà degli incanti, detenzione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, estorsione. Esplorato dalla Dda di Napoli e dalla Squadra Mobile, con il contributo del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, il connubio camorra/imprenditoria che – secondo quanto riferito in una nota – ha consentito ad entrambe le parti, imprenditori e criminali organizzati, di ottenere vantaggi reciproci. Emersi anche episodi di corruzione e turbata libertà degli incanti di funzionari pubblici dipendenti dell'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono-Pausilipon che avrebbero favorito una società, la Kuadra spa, nelle operazioni relative al bando di gara per la fornitura di servizi di pulizia. E' stato verificato anche il particolare interesse del clan dei Lo Russo, detto dei Capitoni, operativo in particolare nell'area a nord di Napoli, agli appalti ed agli ingenti interessi economici che ruotano all'interno delle principali strutture sanitarie ed ospedaliere di Napoli con una ''conseguente pericolosa infiltrazione della criminalità organizzata nella pubblica amministrazione''. Nel corso dell'operazione disposto anche il sequestro preventivo del complesso aziendale, delle quote e del patrimonio della società Kuadra.

Il complesso aziendale, le quote e il patrimonio della società Kuadra spa, con sedi a Napoli, Roma e Genova, società specializzata nel settore delle pulizie, con numerosi e importanti clienti pubblici e privati sparsi su tutto il territorio nazionale, sono stati sequestrati nell'ambito dell'operazione coordinata dalla Dda e condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli contro infiltrazioni della camorra negli appalti per gli ospedali.
Il gip, sulla scorta degli elementi probatori raccolti, nel disporre il sequestro preventivo ha nominato contestualmente due amministratori giudiziari.




OMICIDIO MELANIA REA: CONFERMATI 20 ANNI AL MARITO PAROLISI

di Chiara Rai

Alle sue sceneggiate in tv ci abbiamo creduto in pochi, ma lui ha continuato a professare la sua innocenza nonostante tutte le prove volgessero a suo sfavore. Confermata dalla Cassazione la condanna a venti anni per Salvatore Parolisi, il militare che ha ucciso la moglie Melania in un bosco del teramano dove la donna era scomparsa l'11 aprile del 2011. Il ricorso di Parolisi contro la condanna ridotta nell'appello bis è stato "rigettato", come aveva chiesto stamani la procura della Cassazione. Dunque è stato convalidato quanto deciso dalla Corte di Assise di Perugia, nel secondo processo d'appello, con la sentenza emessa il 27 maggio 2015, che ora è definitiva.

Era il 18 aprile 2011 quando Melania Rea, 29 anni, scomparve sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dove era andata per trascorrere qualche ora all'aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla loro bambina di 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, l'unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l'ha mai vista entrare. È lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l'allarme: Parolisi chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il corpo della donna viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo. L'autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un'altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno più segnali. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L'avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno 2012, a più di due mesi dall'omicidio della moglie Melania. L'arresto arriva invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era creata con l'amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verrà confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l'ordinanza del Tribunale del Riesame dell'Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo del 2012 dal giudice Marina Tommolini, Parolisi viene condannato all'ergastolo il 26 ottobre del 2012. Il caporalmaggiore dell'Esercito viene condannato al massimo della pena, con isolamento diurno, per l'omicidio della moglie dal gup Marina Tommolini. A Parolisi il Gup commina anche tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potestà genitoriale, stabilendo inoltre il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e di 500mila euro per i genitori di Melania. Il 30 settembre 2013 arriva la sentenza di secondo grado: Parolisi viene condannato a 30 anni dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila per l'omicidio della moglie Melania Rea. Nel ricorso presentato dai suoi legali Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, insieme anche al noto penalista Titta Madia, la difesa di Parolisi chiede alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza di condanna. Il 10 febbraio 2015 la Cassazione annulla l'aggravante della crudeltà nei confronti di Salvatore Parolisi.




PALERMO, IL COMANDANTE INTERREGIONALE CARABINIERI "CULQUALBER" IN VISITA AL GIARDINO DELLA MEMORIA

Redazione

Palermo – Il comandante Interregionale Carabinieri "Culqualber", Generale C.A. Silvio Ghiselli, ha visitato il Giardino della Memoria di Ciaculli a Palermo (il sito confiscato alla mafia e gestito da Unione cronisti e Associazione magistrati) e ha reso omaggio a tutte le vittime di Cosa nostra. Ghiselli, che in precedenza aveva partecipato alla cerimonia di commemorazione dei carabinieri caduti nella strage di via Scobar, avvenuta a Palermo il 13 giugno del 1983, era accompagnato dal comandante della Legione, Generale Riccardo Galletta, dal comandante provinciale di Palermo, Colonnello Giuseppe De Riggi e dal comandante del Gruppo Carabinieri “Palermo”, Colonnello Marco Guerrini. Ad accogliere il Generale Ghiselli, il vice-presidente nazionale dell'Unci Leone Zingales, il presidente regionale dell’Unione cronisti, Andrea Tuttoilmondo, ed il presidente della sezione distrettuale di Palermo dell’Anm, il Giudice Matteo Frasca. Presente anche il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Gioacchino Natoli. Ghiselli si è soffermato in particolare davanti all’albero che ricorda i carabinieri uccisi in via Scobar: Mario D’Aleo, Giuseppe Bommarito e Pietro Morici. Durante il momento di riflessione è stato osservato un minuto di silenzio che è stato sottolineato da un applauso dedicato ai tre militari uccisi nel 1983.
“L’esercizio della memoria è importante. Questo di Ciaculli è un luogo significativo, senza ombra di dubbio da far conoscere soprattutto ai giovani, – ha detto il generale Silvio Ghiselli –. Qui sono ricordati tutti coloro che sono caduti per mano della criminalità mafiosa ed il loro ricordo si intreccia con la natura. Ho potuto toccare con mano gli alberi dedicati a magistrati, uomini e donne delle forze dell'ordine, giornalisti, sindacalisti, imprenditori, politici, cittadini comuni, sacerdoti, bambini. E' stata una esperienza indimenticabile e devo elogiare i cronisti ed i magistrati che si stanno impegnando a fondo in questo percorso di legalità e di lotta al crimine organizzato. Qui il rito di piantare un albero e dedicare una targa alle vittime testimonia la straordinarietà di un importante tema che è quello della memoria”.