BOLOGNA: DONNA INCINTA INGERISCE BIBITA CON SODA CAUSTICA, FERMATO IL COMPAGNO

di A.B.
 
Bologna – Si trova ancora in prognosi riservata la donna di 33 anni,incinta e prossima al parto, che ha rischiato la vita dopo aver ingerito una bibita con all’interno, probabilmente, della soda caustica. La donna, al settimo mese di gravidanza, si trova ricoverata nel reparto di rianimazione dell’Ospedale Maggiore di Bologna da martedì sera. E’ residente a Bazzano ma di origini toscane, si sarebbe sentita male e avrebbe accusato lancinanti dolori allo stomaco e vomito dopo aver ingerito la bibita gassata. La donna non è in pericolo di vita ma le sue condizioni rimangono gravi e subirà degli interventi poiché ha subito lesioni all’esofago e allo stomaco. Gli accertamenti hanno appurato che il feto è in vita. E’ stato fermato il compagno, un 35enne, che dopo reticenze iniziali ha ammesso le sue responsabilità. E’ ignoto il movente ma potrebbe essere legato proprio alla bambino che la donna porta il grembo e l’uomo potrebbe aver inserito la sostanza con l’intento di fare abortire la donna. Si sta accertando inoltre se il feto, a causa della sostanza ingerita, abbia delle malformazioni. 



MARSALA, OMICIDIO CARABINIERE: IN MANETTE PROPRIETARIO DI SERRE CON MARIJUANA

di Ivan Galea

Marsala (TP) –  A Marsala proseguono senza sosta le indagini sulla morte del maresciallo dei Carabinieri Silvio Mirarchi freddato barbaramente  nelle campagne di Marsala, nelle Contrade di Ventrischi e Scacciaiazzo, dove era in atto un’attività di appostamento e monitoraggio da parte degli uomini dell'Arma.
Gli inquirenti hanno raggiunto un primo risultato con il ritrovamento di due serre con seimila piante di marijuana e l'arresto del proprietario, Francesco D'Arrigo.

L'uomo, 54 anni, è stato arrestato con l'accusa di coltivazione e detenzione di droga. A mettere le manette ai polsi dell'uomo i carabinieri del Nucleo Investigativo e della compagnia di Marsala, nell'ambito delle attività d'indagine per l'omicidio del carabiniere. Partinico è il comune siciliano dove già nella metà degli anni Ottanta era fiorente la coltivazione di marijuana. Non è escluso che grazie a una passata esperienza D'Arrigo abbia impiantato la coltivazione a Marsala. Secondo gli investigatori le piante sequestrate e lavorate avrebbero potuto fruttare quattro milioni di euro.

Gli uomini dell'Arma stanno ora valutando attentamente le dichiarazioni di D'Arrigo, al quale è stato chiesto dove fosse all'ora della sparatoria nella campagna intorno a Marsala e se altre persone si occupavano della coltivazione della marijuana. Sull'inchiesta vige il massimo riserbo. Le ipotesi investigative sulla morte del maresciallo Mirarchi – Intanto, si fa strada l'ipotesi che a sparare al maresciallo Mirarchi siano state delle persone a guardia delle coltivazioni di marijuana, come era accaduto un paio di settimane fa, quando due romeni erano stati colpiti da fucilate in una zona tra Marsala e Mazara del Vallo dai custodi di una piantagione di canapa indiana. Uno di loro, ferito, era riuscito a fuggire. Dell'altro, invece, si sono perse le tracce. Qualche giorno dopo un cadavere carbonizzato è stato trovato a circa un chilometro di distanza e non ha ancora un'identità: i carabinieri stanno indagando, anche con accertamenti del Ris e l'impiego di cani "molecolari" della polizia, per stabilire se il cadavere e' quello del romeno scomparso.

Invertendo i ruoli nella vicenda dei due romeni, non si esclude un'altra ipotesi, e cioè che a sparare ai due carabinieri in borghese, scambiandoli per i gestori delle serre, siano stati i ladri durante un furto di piante.
 




MARSALA, OMICIDIO CARABINIERE: IL SINDACATO POLIZIA NUOVA FORZA DEMOCRATICA CHIEDE LE DIMISSIONI DEL MINISTRO ALFANO

di Ivan Galea

Marsala (TP) – Il sindacato Polizia Nuova Forza Democratica chiede le dimissioni del ministro Alfano dopo l'ultimo tragico episodio che ha visto morire il maresciallo dei Carabinieri  Silvio Mirarchi, freddato barbaramente da ignoti uomini nelle campagne di Marsala, nelle Contrade di Ventrischi e Scacciaiazzo, dove vi era in atto un’attività di appostamento e monitoraggio da parte degli uomini dell'Arma e del Maresciallo Mirarchi che stava svolgendo il suo lavoro e stava garantendo la sicurezza ai cittadini  con l’intento di rendere la città di Marsala un luogo migliore e sicuro.

“Questa organizzazione sindacale, – dichiara il portavoce del sindacato Polizia Nuova Forza Democratica –  oggi viene a conoscenza – prosegue – che a Marsala ieri sera un carabiniere, in servizio presso la stazione dei carabinieri di contrada Ciavolo, veniva freddato alle spalle brutalmente mentre tentava di sventare una banda di criminali dediti ai furti in appartamento. Questa organizzazione sindacale è ormai da anni che sta denunciando con tutti i mezzi e con ogni attività la carenza e alcune volte l’assenza totale della sicurezza nella provincia di Trapani. Da molto tempo denunciamo al Dipartimento della Pubblica Sicurezza una totale assenza di forze di polizia e per i cittadini trapanesi proprio in questi giorni ci sono stati i trasferimenti ministeriali e a Marsala non è arrivato un solo poliziotto. Da  molti  anni a Marsala non arriva un solo poliziotto nonosatante il Commissariato di Marsala deve coprire un territorio vastissimo che va da una parte di Marausa fino a la città di Petrosino che copre una popolazione  di 100.000 abitanti circa e che nel periodo estivo si quintupla per l’arrivo di turisti e di ulteriori abitanti della zona.

Il sindacato Polizia Nuova Forza Democratica rivendica poca attenzione da parte del ministero dell’Interno (risorse umane) verso la crescita esponenziale del fenomeno mafioso dedicatosi anche allo spaccio di sostanza stupefacente ormai in crescita esponenziale. Siamo indignati perchè rispetto a tale gravissima situazione, gli uomini dello Stato vengono abbandonati a se stessi senza adeguati mezzi e strutture anche di natura investigativa finalizzati a preventivare tali azioni contro le forze di polizia come è accaduto nell’episodio in argomento.
È inutile ribadire che un poliziotto e un carabiniere rischi la propria vita per poche centinaia di euro; le nostre istituzioni e questo governo se ne dovrebbero vergognare. Sicurezza è: garantire il maggior numero di poliziotti sulle strade con un numero maggiori di volanti. Sicurezza è:  mettere in campo tutte le forze con atti concreti, con fatti concreti; sicurezza è: investire risorse economiche nel comparto sicurezza.

Avremmo potuto e dovuto evitare che si dovesse arrivare all’ennesima morte di un servitore dello Stato ma anche questa volta non si è riusciti e per questo il P.N.F.D., vicino al cittadino trapanese, chiede le dimissioni del  ministro dell’Interno che nei suoi interventi assicura che nel nostro paese continua ad andare tutto bene nonostante proprio in questi giorni cresce l’invasione da parte dei migranti con migliaia di morti in mare. Il sindacato Polizia Nuova Forza Democratica – conclude il portavoce –  si aspetta fatti concreti dalla classe dirigente e dice basta a parole, proclami e dichiarazioni che non aiutano ma destabilizzano il tutto, diversamente il P.N.F.D. agirà e chiederà le dimissioni dei responsabili affinchè finalmente in tutta la provincia di Trapani ci sia più sicurezza per i cittadini e per le forze di polizia e che gli stessi possano operare in coesione e con un numero sempre maggiore di poliziotti sul territorio trapanese e in tutti i paesi di provincia.”

La città di Marsala piange un uomo che ha lottato per valori come la legalità e l’onestà.




MARSALA: MORTO IL CARABINIERE AGGREDITO NEL CORSO DI UN BLITZ ANTIDROGA

Redazione

Marsala (TP) – E’ morto Silvio Mirarchi, il Maresciallo dei Carabinieri che nella serata di ieri è stato gravemente ferito nel corso di un conflitto a fuoco in un’operazione antidroga nelle campagne di Marsala, nelle contrade di Ventrischi e Scacciaiazzo, dove svolgeva un’attività di appostamento con un collega e monitoravano una serra utilizzata per la coltivazione di marijuana. Ignoti hanno colto alle spalle i due militati e hanno ripetutamente sparato, un proiettile ha raggiunto il maresciallo. L’uomo è stato immediatamente soccorso, dapprima dal collega presente sul posto, successivamente è portato all’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala, poi è stato trasferito all’Ospedale “Villa Sofia” di Palermo dove è stato sottoposto ad un lungo intervento chirurgico. Le ferite avevano cagionato ferite molto gravi e procurato un’emorragia. I medici hanno fatto di tutto per salvare la vita al Carabiniere ma purtroppo non c’è stato nulla da fare, Mirarchi è morto nel pomeriggio. Si ipotizza che gli autori di tale gesto siano i responsabili della piantagione di cannabis, posta sotto sequestro, ma sulla vicenda vige il massimo riserbo. La zona è ben nota alle forze dell’ordine e da tempo monitorata poiché il 25 maggio, nella stessa zona, era stato rinvenuto il cadavere di un romeno. Gli inquirenti non escludono che possa trattarsi di un omicidio, pochi giorni dopo inoltre, si è registrato un ferimento nei pressi della piantagione. Le indagini non si fermano e sono condotte dal comando provinciale dei Carabinieri di Trapani. 
 
L’Italia esprime il massimo cordoglio e vicinanza alla famiglia di Silvio Mirarchi. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarela, addolorato per la morte del Maresciallo, ha inviato il seguente messaggio “il brutale agguato, che priva l'Arma di un servitore dello Stato coraggioso ed esemplare”. Il Premier Matteo Renzi ha espresso il massimo cordoglio ai familiari e all’arma. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha scritto un messaggio di cordoglio “Con profondo dolore ho appreso della morte del maresciallo capo Silvio Mirarchi. Vicina alla sua e alla grande famiglia dei Carabinieri”. Maurizio Gasparri ha commentato così quanto accaduto “Ancora una volta l'Arma dei Carabinieri paga un prezzo drammatico per il suo impegno a tutela della legalità. Ci stringiamo ai familiari di Silvio Mirarchi, ucciso a Marsala durante un'operazione antidroga, e a tutta l'Arma. La festa delle Repubblica si celebra nella triste consapevolezza che ogni ora in tutta Italia c'è chi rischia e può perdere la vita a difesa della comunità nazionale”. Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa invece ha riferito “Il valore, il costante sacrificio e il profondo coraggio resi al servizio dei cittadini e del Paese e ancora una volta testimoniati con il tributo più alto”. 



BRESCIA, STRAGE FAMIGLIA COTTARELLI: RICERCATI I CUGINI MARINO CONDANNATI ALL'ERGASTOLO

di Angelo Barraco
 
Milano – I cugini Vito e Salvatore Marino sono ricercati dagli agenti delle Squadre Mobili di Brescia, Milano e Trapani, entrambi condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano per la strage della famiglia Cottarelli, avvenuta nell’estate del 2006 a Brescia. Contestualmente alla condanna è stato emesso un decreto di cattura nei confronti dei soggetti sopracitati che non si sono presentati in aula, a differenza delle precedenti udienze.
 
Era il 28 agosto del 2006, quando la tranquillità di una villetta in zona Urago Mella, nel quartiere a ovest di Brescia, è stata definitivamente interrotta da una furia omicida che ha sconvolto la Lombardia. Vito e Salvatore Marino, imparentati con l’omonimo clan mafioso, si introducono all’interno della villetta della famiglia Cottarelli insieme al faccendiere triestino Dino Grusovin e con ferocia inaudita mettono fine alla vita di Angelo Cottarelli, 56 anni, la compagna Marzena Toper, 41 anni, e Luca, il figlio di 17 anni.
 
Gli inquirenti pensano subito ad un regolamento di conti poiché Cottarelli aveva rapporti con i cugini Marino, legati a Cosa Nostra, per un giro di fatture false.   Le vittime sono state rinvenute da una vicina di casa che aveva visto un gruppo di tre uomini che “mi sembravano stranieri” ha riferito. La donna si è insospettita alla vista dell’uscio della porta socchiuso. “Sono passata lì davanti e ho notato la porta che non era chiusa. Sono entrata e ho visto le seggiole rovesciate a terra, gli armadi erano spalancati e la roba era stata buttata ovunque. E loro non rispondevano. Li ho chiamati, Marzenne, Angelo… In taverna li ho trovati tutti e tre”. Angelo Cottarelli è stato rinvenuto agonizzante riverso sul pavimento e respirava a fatica poiché il sangue che gli fuoriusciva dalla gola gli impediva la fuoriuscita delle parole. Fu trasportato all’Ospedale civile di Brescia ma non è riuscito a dire il nome degli assassini. La macchina investiga parte subito e si indaga sul passato di Cottarelli. Era stato arrestato nel 2004 nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Potenza su una tratta di ragazze dell’Est che gravitavano attorno ad alcuni locali situati sul Lago di Garda. Da questa vicenda venne prosciolto, successivamente venne implicato anche in una vicenda che riguardava reati finanziari dalla quale venne pure prosciolto. Le indagini hanno fatto emergere il legale con Cosa Nostra e il giro di fatture false. Nelle 67 pagine di sentenza di condanna si legge “Chi brandiva la pistola calibro 22 contro la testa di Angelo Cottarelli al fine di arrecare il massimo spavento, ha inavvertitamente fatto partire un colpo”. Le indagini e i processi hanno portato alla condanna di Vito e Salvatore Marino all’ergastolo, ma non tutto è stato semplice poiché dopo la mattanza, i due soggetti si sono dati alla latitanza: Salvatore Marino si era rifugiato in Spagna, Vito Marino invece in provincia di Trapani. Nel 2008 vengono assolti in primo grano, ma nel 2010 vengono condannati all’ergastolo in Appello a Brescia. La sentenza viene successivamente annullata nel 2011 dalla Cassazione e viene disposto un appello bis a Milano che si conclude con la conferma dell’ergastolo. Questa brutta vicenda di sangue e crudeltà si chiude il 31 maggio 2016 con la condanna all’ergastolo per Vito e Salvatore Marino.
Non è mai stata del tutto chiarita la posizione del faccendiere Dino Grusovin, il “contabile” dei Marino che si era rifugiato in Svizzera sotto mentite spoglie e che è stato condannato a 20 anni per concorso anomalo in omicidio volontario ma che è stato il principale accusatore. Racconta che “Ci sedemmo tutti al tavolo della cucina” e si parlava di soldi. “È iniziata una discussione pacata sulla cifra che Cottarelli avrebbe dovuto dare ai Marino per le sue fatturazioni fasulle: chiedevano mezzo milione di euro, un risarcimento del danno per le ricevute bancarie incassate” e aggiunge che “i toni si sono accalorati. Ricordo una spinta di Salvatore a Cottarelli” e continua dicendo che “Abbiamo dovuto ucciderli tutti” legandoli con delle fascette da elettricista e poi uccidendoli a colpi di pistola e coltellate. Ma gli inquirenti non si sono fermati alle sue testimonianze, ritenute tra l’altro attendibili, ma hanno trovato riscontri anche nelle testimonianze dei vicini, nei contatti telefonici e nell’auto noleggiata a Linate. 



CALABRIA INCENDIATE GOLF CAR GERACE, SOTTOSEGRETARIO BIANCHI: "DISPONIBILITA’ PER RIPRISTINO PARCO AUTO"

Redazione

“Ribadisco la piena vicinanza al sindaco di Gerace Pino Varacalli per l’incendio delle golf car destinate ai turisti. Da parte mia c’è tutta la disponibilità a cercare di ripristinare il parco auto. Quella messa in campo dal sindaco è una operazione virtuosa e un modello da esportare che coniuga insieme una intelligente strategia di valorizzazione del territorio e un oculato uso dei fondi comunitari”. A dirlo è Dorina Bianchi, sottosegretario al MiBACT con delega al Turismo e deputato calabrese del Nuovo Centrodestra.
E aggiunge: “La creazione di un itinerario sostenibile volto a far conoscere le bellezze del territorio di Gerace ricca di giacimenti culturali e artistici va esattamente nella direzione auspicata dal Governo per il rilancio del nostro turismo. Per questo progetti come quello di Gerace hanno tutto il nostro sostegno. Il turismo in Calabria deve diventare la principale attività anche su indirizzo delle amministrazioni locali che devono incentivare i giovani a investire nel settore. Non è solo valorizzazione del territorio, dei paesaggi e dei beni culturali, ma anche delle infrastrutture, degli aeroporti, dei prodotti enogastronomici e in generale della qualità della vita”.




COSTA CONCORDIA: CONFERMATA CONDANNA A 16 ANNI PER FRANCESCO SCHETTINO

Redazione
 
Grosseto – La Corte D’Appello di Firenze, dopo oltre otto ore di Camera di Consiglio, ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione per Francesco Schettino ex comandante della nave Concordia. L’ex Comandante non era presente in aula alla lettura della sentenza.
Ventisette anni e 3 mesi la richiesta che lo scorso 27 aprile e' stata formulata dal procuratore generale di Firenze in apertura del processo. Mentre in primo grado Schettino fu condannato dal tribunale di Grosseto a 16 anni per naufragio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, abbandono di persone incapaci, abbandono della nave. La procura aveva chiesto 26 anni e per questo aveva presentato appello, sostenendo che la colpa di Schettino nella gestione dell'emergenza fosse piu' grave di quella stabilita dal tribunale. La Costa 
La  Concordia, che trasportava 1.023 membri dell'equipaggio e 3.206 passeggeri, naufrago' la sera del 13 gennaio 2012 davanti all'isola del Giglio dopo aver sbattuto contro gli scogli delle 'Scole'. Nel naufragio morirono 32 persone. Nel quarto anniversario del disastro, i giudici del tribunale di Firenze sono oggi riuniti per emettere la sentenza su quella che e' stata considerata la sciagura piu' grave della storia italiana del mare degli ultimi 200 anni. Prima il teatro Moderno di Grosseto, trasformato per l'occasione in un aula di tribunale, poi l'appello a Firenze: sono passati cosi' 4 anni tra sentenze, udienze e ricorsi. Centinaia tra testimoni, consulenti e oltre 50mila pagine tra documenti e ricostruzioni. Le tappe della sciagura iniziano dall'impatto della nave sugli scogli all'Isola del Giglio, alle 21,45 del 13 gennaio 2012. Rocce taglienti che procurano uno squarcio di 70 metri nella fiancata sinistra dello scafo. Quella che doveva essere una tranquilla crociera, si trasforma in breve in un incubo per gli oltre 3200 passeggeri. Al centro del dibattito, il 'rito dell'inchino'. Un passaggio sotto costa per rendere omaggio all'isola. Ma la manovra ravvicinata si rivela fatale. La fiancata della nave si squarcia, imbarca acqua e si genera un black-out



ANCONA, DUPLICE OMICIDIO: L'EX RIGETTA LA COLPA SULLA 17ENNE

di Angelo Barraco
 
Ancona – E’ iniziato il processo a carico della diciassettenne di Ancora accusata di complicità nell’omicidio dei genitori, Fabio Giacconi e Roberta Pierini, uccisi brutalmente il 7 novembre scorso a colpi di pistola da Antonio Tagliata, ex fidanzato della 17enne. Il processo si svolge con rito abbreviato dinnanzi al gup del Tribunale dei minori. La giovane è giunta al Tribunale dei minori nel pomeriggio di ieri e ha trascorso la notte in un centro d’accoglienza adiacente al Tribunale. L’ex fidanzato ha esposto la sua versione, rigettando tutta la colpa alla sua ex fidanzata. Quest’ultima potrebbe raccontare la sua versione dei fatti in un incidente probatorio. L’accusa sostiene che il delitto sarebbe scaturito come conseguenza dell’opposizione di Fabio e Roberta alla storia d’amore della figlia con Antonio. Chi erano le vittime? Lui, Fabio Giacconi, 49 anni, era un pilota che aveva svolto missioni in Afghanistan e Iraq e fino all’ultimo aveva lottato tra la vita e la morte a seguito di quattro colpi di Beretta calibro 9×21 esplosi da Antonio Tagliata, uno diretto alla nuca. Roberta Pierini invece è morta sul colpo, è stata ferita al fianco e ad un braccio e poi con un colpo alla testa che ha messo fine alla sua vita. La coppia era giunta insieme presso l’appartamento sito in Via Crivelli numero 9. Tagliata ha riferito agli inquirenti che era stata la giovane a dirgli “Spara, spara”, ma tale circostanza viene negata dalla giovane.



TERNI, SCOMPARSA SANDRO BELLINI: SVOLTA NELLE INDAGINI

Red. Cronaca

Terni – Un ucraino di 44 anni è stato arrestato dai carabinieri di Terni con l'accusa di omicidio nell'ambito delle indagini sulla scomparsa del cinquantatreenne Sandro Bellini, la cui auto è stata trovata in fiamme il 18 maggio in una radura boschiva di località Palombara di Marmore. Nei confronti dello straniero il gip ha emesso un'ordinanza di custodia in carcere. Ipotizzati i reati di omicidio, incendio aggravato e occultamento di cadavere.

La misura ha accolto, ritenendoli fondati, quelli che sono considerati i gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell'ucraino raccolti dai carabinieri coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Terni, Tullio Cicoria.
Il cadavere di Bellini – un incensurato che conduceva una vita molto regolare – non è stato ancora ritrovato. Dopo il rinvenimento dell'auto, si sono svolte per giorni ricerche in tutta la zona. Gli investigatori avevano quindi cominciato a indagare a 360 gradi e la pista dell'omicidio aveva via via preso sempre più piede.




BOLOGNA: MUORE DOPO ESSERE STATA OPERATA DI ERNIA AL DISCO

Red. Cronaca

Bologna – Morta a 51 anni, poche ore dopo un intervento per rimuovere un'ernia al disco. E' successo lo scorso 21 maggio all'ospedale Bellaria di Bologna, il decesso della donna è stato segnalato dall'Ausl come 'evento sentinella' e la Procura ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo: sono quattro i medici indagati, come atto a loro garanzia in vista dell'autopsia, eseguita ieri pomeriggio. La donna era stata operata, si era svegliata dopo l'operazione ed era stata portata in reparto nel pomeriggio, ma poco dopo le sue condizioni si sono aggravate, è entrata in coma e non c'è stato più nulla da fare. L'esame medico legale, disposto dal Pm Enrico Cieri, dovrà ricostruire cos'è successo, anche attraverso gli accertamenti istologici, di cui si avranno gli esiti fra alcune settimane. I medici iscritti nel registro degli indagati, difesi dall'avvocato Sabrina Di Giampietro, sono due chirurghi e due anestesisti.




GIOIA TAURO: STUDENTI FERITI PER CROLLO INTONACO A SCUOLA

Red. Cronache

Gioia Tauro (RC) – Quattro studenti quattordicenni sono rimasti feriti in modo lieve a Gioia Tauro mentre erano in classe, nella scuola media "Campanella", a causa della caduta, per motivi in corso d'accertamento, di una parte di intonaco. Gli studenti sono stati portati in ospedale per accertamenti, ma le loro condizioni non destano alcuna preoccupazione.

Sull'episodio hanno avviato indagini i carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro. La Procura della Repubblica di Palmi ha aperto un'inchiesta per accertare eventuali responsabilità nell'ambito della quale ha disposto il sequestro della classe in cui si é verificato il crollo e di quella al piano superiore. Le lezioni nella scuola media interessata dal crollo sono state sospese.