COSENZA, VOTO DI SCAMBIO E CORRUZIONE: ARRESTATI 5 POLITICI PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA

Redazione
 
Cosenza – I Carabinieri di Cosenza hanno arrestati cinque politici con l’accusa, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, corruzione. Sono stati arrestati anche 4 esponenti della cosca “Lanzino-Ruà” della ‘Ndrangheta, in provincia di Cosenza. I politici tratti in arresto sono stati condotti agli arresti domiciliari. I politici arrestati sono: Sandro Principe del Pd, ex Sindaco di Rende, sottosegretario al Lavoro, già assessore e consigliere regionale; Umberto Bernaudo, ex Sindaco di Rende; Rosario Mirabelli, ex consigliere comunale; Pietro Ruffolo, ex consigliere provinciale ed ex consigliere comunale. Le indagini hanno portato alla luce un “collaudato 'sistema' ultradecennale” con un intreccio politico/mafioso che ha permesso alle elezioni comunali di Rende, che si sono tenute dal 99 al 2011, di ottenere l’appoggio della cosca “Lanzino-Ruà”, il tutto in cambio di assunzioni e della gestione di locali pubblici. A condurre l’inchiesta che ha portato agli arresti sono stati i Pm della Dda di Catanzaro Luberto e Pierpaolo Bruni. Ci sono anche altri esponenti politici coinvolti nell’intricata vicenda politico/mafiosa, come l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli, l’ex consigliere provinciale Pietro Ruffolo e un ex consigliere comunale di cui al momento non si conosce l’identità. La cosca “Lanzino-Ruà” veniva continuamente coinvolta nelle attività amministrative, veniva chiesto sostegno al boss detenuto per le amministrative a Rende. Gli affiliati procacciavano voti con lo scopo di favorire gli interessi della cosca. Dalle indagini sarebbe emerso che nel corso della campagna elettorale del 2014 per il rinnovo del consiglio comunale di Rende, sia stato coinvolto un affiliato della cosca che oggi si trova al 41 bis. Il suo coinvolgimento serviva per appoggi elettorali. 



FIRENZE, MORTE EX CAPO AREA MPS DAVID ROSSI: RIESUMATO IL CORPO

di Angelo Barraco
 
Firenze – Il corpo di David Rossi, l’ex capo area comunicazioni di Banca Mps, verrà riesumato. La decisione è stata presa dalla Procura della Repubblica di Siena, con il fine ultimo di svolgere gli accertamenti necessari per chiarire come è morto il 6 marzo 2013, precipitando dalla finestra del suo ufficio, situato al terzo piano di Rocca Salimbeni. La Procura “ha ritenuto necessario al fine di completare gli accertamenti, disporre la riesumazione della salma oltre a procedere ad ulteriori atti istruttori. La irripetibilità di taluni dei predetti atti ha determinato la necessità di avvisare le persone offese del compimento degli stessi al fine di consentire l'esercizio dei diritti loro concessi dalle norme processuali”. Il legale della famiglia ha commentato “Era quello che ci aspettavamo”. Sono previsti altri accertamenti, come ulteriori accertamenti sul luogo in cui è morto Rossi. Ma come morì Rossi? Il 6 marzo del 2013 il suo corpo viene trovato nel cortile interno di Rocca Saliberni. Si parla subito di suicidio. L’uomo aveva subito una perquisizione, dieci giorni prima, in merito all’inchiesta sul Monte ma non risultava indagato. Muore in seguito ad una caduta dalla finestra del suo ufficio. Quei giorni abbastanza tesi per il manager poiché tutto il vecchio dirigente della Mps era finita nelle indagini, soggetti con cui lui aveva lavorato. La moglie non ha mai creduto al suicidio e sin da subito hanno lottato per riaprire il caso e dopo l’istanza presentata, è stato riaperto il fascicolo. Gli elementi su cui si è battuta la famiglia di David Rossi e su cui vi sono incongruenze sono diversi: uno su tutti riguarda i biglietti. In uno di essi vi era scritto “Ciao Toni amore scusa”. A tal proposito la moglie ha riferito che il marito non la chiamava mai Toni ma Antonella e che non le diceva mai amore. Anche la caduta desta diversi dubbi, poiché le telecamere di sorveglianza registrano dopo la caduta del corpo, la caduta di un oggetto, presumibilmente un orologio. Anche le ferite alla testa di David destano forti sospetti, poiché sarebbero compatibili con un corpo contundente. Dunque non sarebbe stato un suicidio ma un omicidio. Nel novembre scorso è stato riaperto il fascicolo sulla morte di David Rossi, inizialmente l’inchiesta parte con l’ipotesi del suicidio. La riapertura era stata fatta dal legale della famiglia sulla base di tre importanti perizie: quella grafologica, la perizia medico legale e la caduta del corpo. La famiglia sostiene che sia stato ucciso da due persone, inoltre i bigliettini ne sarebbero una prova e i filmati sarebbero stati manomessi. Proprio quei filmati inoltre rilevano la presenza di due soggetti nel vicolo dove si è consumata la tragedia. 



MARCO PANTANI: LA FAMIGLIA SI OPPONE ALL'ARCHIVIAZIONE

di Angelo Barraco

Bologna – Il legale rappresentante della famiglia di Marco Pantani, ha depositato la richiesta di opposizione a Forlì, in merito alla richiesta di archiviazione che ha presento la procura in merito all’inchiesta che riguarda l’esclusione di Pantani dal Giro d’Italia del 1999. Il pm ha chiesto l’archiviazione per i reati di associazione a delinquere finalizzata a minacce, estorsione e frode sportiva. Ma cosa accadde a Madonna di Campiglio? “Il Pirata”, in seguito al successo ottenuto a Vuelta a Murcia, puntò al Giro D’Italia  e dimostrò di essere in buone condizioni fisiche, prima sul Gran Sasso, poi sulla salita di Orapa, poi sull’Alpe di Pampeago e Madonna di Campiglio. Tutto però cambio il 5 giugno a Madonna di Campiglio, alle ore 10.10, momento in cui vennero resi noti i controlli medici della mattinata. In quei controlli emerse che nel sangue del Pirata vi era una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito. A Pantani fu rilevato un valore di 52%, il limite massimo consentito dal regolamento era 50%. Pantani si beccò una sospensione di 15 giorni e la sospensione dalla “Corsa Rosa”, ciò comportò il ritiro dal giro della squadra di Pantani dal giro. Secondo un portavoce della squadra di Pantani in merito ai controlli, il Pirata effettuo due controlli: uno il venerdì sera e uno il sabato pomeriggio, quest’ultimo sarebbe stato effettuato presso un centro medico specializzato e avrebbe evidenziato un valore del 48%, entro i limiti prestabiliti. Si inizia a parlare di complotto in merito a Pantani e al Giro D’Italia dopo una lettera inviata dal boss della Comasina Renato Vallanzasca alla famiglia Pantani il 16 novembre 2007. Nella lettera scrive: “Premesso che non vorrei passare per colui che vuol svelare il mistero di Fatima, posso dirti quanto e' a mia conoscenza e che dissi senza togliere o aggiungere una virgola, al Pm di Trento che venne a interrogarmi, come persona informata sui fatti, subito dopo che la Gazzetta dello Sport aveva riportato uno stralcio del libro che sarebbe uscito da li' a poco. Non sapevo e neppure ora so cosa sia successo di preciso: quel che e' certo e' che 4/5 giorni prima che fermassero Marco a Madonna di Campiglio, mi avvicino' un amico, anche se forse lo dovrei definire solo un conoscente, che mi disse: "Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo… per questo mi sento di farti un favore" ero in vero un po' sconcertato, ma lo lasciai parlare… "Hai qualche milione da buttare?… Se si', puntalo sul vincitore del Giro… Non so chi vincera'… ma sicuramente non sara' Pantani"… Da un lato ero certo che nessuno avrebbe mai pensato di potermi fare uno spiacevole scherzo… ma dall-altro vedevo Marco che viaggiava troppo forte. Nei due o tre giorni seguenti Marco aveva guadagnato ulteriormente sui due rivali e io, dopo ogni arrivo, dicevo all'amico Si puo' solo sparargli… e Lui che era il solo che capiva anche se lo dicevo in presenza d'altri, mi rispondeva… Vedrai… e comunque, piu' lui vince e piu' ci si avvicina a Milano… piu' le quote degli altri salgono. Personalmente sono convinto che neppure lui sapesse dove stava il trucco, cioè se, per fare un esempio, lo avrebbero fatto cadere o se uno spettatore impazzito gli avrebbe dato una martellata, ma era certo che Marco non avrebbe vinto”. 
 
Ma non è tutto, la famiglia Pantani vuole che si prosegua con le indagini poiché è emerso che il Pirata sarebbe stato estromesso dal Giro D’Italia per volere della Camorra. A confutare questa ipotesi è un’intercettazione telefonica tra un affiliato all’organizzazione criminale e la figlia. L’uomo parla con la figlia e tra una chiacchiera e l’altra si parla di Pantani e l’uomo dice chiaramente che Pantani è stato messo KO per volere di terzi. Quindi dietro le vicende del 99 c’è un complotto della criminalità, ma gli inquirenti ritengono che “non ci sono le prove” e che gli episodi sono riferibili “a ipotetici reati prescritti”. Cosa è successo veramente il 5 giugno del 1999? Qual è la verità? Ricordiamo che Marco Pantani, il “Pirata”, fu trovato morto  il 14 febbraio del 2004 nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini. Dall’autopsia è emerso che la morte del Pirata è stata cagionata da un edema polmonare e cerebrale conseguente a un overdose di cocaina. Le circostante della morte inducono da anni a pensare che il Pirata sia stato ucciso. Il 2 agosto del 2014 la Procura di Rimini riapre le indagini per “omicidio volontario”, chiede però l’archiviazione nel settembre del 2015 motivandola la causa della morte come suicidio e non come omicidio.



LIDIA MACCHI: RIESUMATO IL CADAVERE

di Angelo Barraco
 
Milano – Dopo 29 anni, il corpo di Lidia Macchi potrebbe dare le risposte ad una delle vicende più inquietanti e misteriose d’Italia. Gli esperti stanno riesumando il corpo della giovane studentessa uccisa brutalmente nel gennaio del 1987 e sepolta da 29 anni nel cimitero di Casbeno. Il cadavere verrà sottoposto alle accurate analisi dell’antropologa Cristina Cattaneo, perito nominato dal gip Anna Giorgetti. L’obiettivo è quello di cercare eventuali tracce di materiale biologico che verranno comparati con il Dna di Stefano Binda e/o di altre persone. Sono stati rinvenuti nei giorni scorsi dei coltelli, sepolti sotto terra, nel parco Mantegazza a Varese. Gli esperti stanno analizzando il materiale rinvenuto. Si ipotizza inoltre che Binda possa aver nascosto l’arma del delitto nella periferia di Varese, successivamente al delitto. 
 
La giovane studentessa di Varese, ricordiamo, fu uccisa con 29 coltellate il 5 gennaio del 1987. La decisione è stata presa dal gip di Varese Giorgetti, che ha accolto la richiesta del sostituto pg Manfredda. L’inchiesta, ricordiamo, ha avuto una svolta il 15 gennaio scorso, poiché dopo 30 anni dal terribile delitto è stato arrestato un ex compagno di liceo di Lidia Macchi, Stefano Binda. Nei giorni che seguiranno, con l’incidente probatorio, sarà conferito l’incarico ad alcuni perito come l’anatomopatologa Cristina Cattaneo. Intanto Binda nega ogni coinvolgimento nel delitto e si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al sostituto pg di Milano e continua a gridare la sua innocenza. Binda è imputato di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili, dalla crudeltà, dal nesso teleologico e dalla minorata difesa. Il 48enne avrebbe violentato Lidia e poi l’avrebbe uccisa. E’ descritto come un uomo colto, laureato in Filosofia e all’epoca dei fatti era ben rispettato per le sue doti intellettive. L’uomo non ha un lavoro fisso e negli anni 90 ebbe problemi di droga. Ricordiamo che nel pomeriggio del 5 gennaio 1987, Lidia Macchi andò a trovare un’amica in ospedale, si fece prestare dal padre anche 10.000 lire per la benzina. Raggiunge dopo 20 minuti l’ospedale di Cittiglio e incontra l’amica, rimanendo con lei fino alle 8.15, poi la saluta dicendo che doveva andare a  casa a cenare. Da quel momento Lidia scompare. La sua auto viene trovata il 7 gennaio in Via Filzi, il suo corpo è coperto da cartone, come se il killer avesse voluto occultarla. Uccisa con 29 coltellate e violentata. In quei giorni di dolore, giunge  casa Macchi una lettera anonima intitolata “In morte di un’amica”, dove vi sono versi come: “la morte urla contro il suo destino. Grida di orrore per essere morte: orrenda cesura strazio di carni. Perché io. Perché tu. Perché in questa notte di gelo, che le stelle son così belle, il corpo offeso, velo di tempio strappato, giace”. Lidia sarebbe morta per le ferite, ma anche per l’agonia e il freddo. Il pg di Milano attribuisce questa lettera a Binda, lettera riconosciuta da un’ex amica di Binda grazie alla trasmissione tv “Quarto Grado” che ha mandato in onda alcune lettere giunte alla famiglia Macchi. In fondo alla lettera c’era un disegno che somigliava ad un’ostia, un elemento che ha fatto entrare nell’inchiesta Don Antonio Costabile, responsabile del gruppo scout che frequentava Lidia. Su di lui si era creato il sospetto in un primo momento, ma la sua posizione è stata archiviata. In questa torbida vicenda è subentrato anche Giuseppe Piccolomo, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari. Le figlie riferivano che l’uomo, quando erano piccole, si vantava dell’omicidio di Lidia Macchi. 
 
Spunta un’altra lettera anonima che è stata firmata “Una mamma che soffre” e che fu inviata 29 anni fa ai genitori di Lidia Macchi. La lettera è stata mandata in onda in alcune trasmissioni tv con lo scopo di aiutare gli inquirenti e di fare in modo che qualcuno, riconoscendo la calligrafia, si faccia avanti. Tale letter fu imbucata il 21 gennaio 1987 a Vercelli giunse in casa Macchi. La lettera riporta frasi relative alla registrazione di un nastro magnetico di origine paranormale che avrebbe pronunciato Lidia dopo la morte “So chi è stato ad uccidermi, è stato un mio amico di Comunione e Liberazione” prosegue “C’era anche lui quando mi hanno trovato è stato proprio lui a trovarmi ed è stato costretto a fingere un grande sgomento e dolore”. Sulla busta è stato rilevato dna femminile, che però non corrisponde a tutti i campioni ad oggi sotto analisi.



LADRO UCCISO NEL CASERTANO: IDENTIFICATO CADAVERE. SALVINI "MI SPIACE PER IL MORTO, MA FINO AD UN CERTO PUNTO"

di Angelo Barraco

 Caserta – E’ stato identificato il cadavere del rapinatore ucciso nel corso della rapina a Villa Literno il 21 marzo, nel Casertano, mentre tentava di rubare una macchina insieme a due complici. Si tratta di un albanese di 40 anni circa ed è stato identificato grazie alle impronte digitali. I suoi complici avevano lasciato il corpo senza vita davanti all’ospedale di Aversa. E’ terminato intanto il sopralluogo all’interno della villetta in cui si è consumato il tentativo di rapina. Non sono stati emessi provvedimenti nei confronti dell’uomo che ha sparato. La moglie dell’uomo ha descritto così quanto accaduto “E' stata una nottata terribile. Non è bello sparare a una persona  ma è l'ottava volta che vengono a rubare. Siamo davvero stanchi. Se questi banditi ci avessero detto che avevano bisogno di soldi li avremmo aiutati senza problemi come abbiamo fatto altre volte. Ma non puoi introdurti in casa mettendo in pericolo l'incolumità nostra e dei nostri figli”. Ha continuato dicendo “Quando mio marito ha fatto fuoco dal balcone, il ladro colpito, che era già dentro la nostra macchina, una Audi, è uscito dall'abitacolo e ha chiesto, rivolgendosi a mio marito, 'perché mi spari?'. Io avrei voluto chiedergli: e tu perché vieni a casa nostra mentre dormiamo a prendere la nostra roba?”. Anche la politica si è espressa in merito all’episodio sopracitato, in particolar modo il leader della Lega Matteo Salvini, che ha scritto il seguente post sulla sua pagina facebook “Sorprende i ladri in casa stanotte, spara e ne uccide uno. È successo a Villa Literno, nel casertano. Mi spiace per il morto, ma fino a un certo punto…Ora che non indaghino l'aggredito! La difesa è sempre legittima, anche se Renzi non è d'accordo. Mi date una mano a cambiare la legge?”. 
 
La rapina. Il 21 marzo, alle ore 3.30 del mattino, in Via Vecchia Aversa, precisamente negli appartamenti di Villa Literno a Caserta, tre ladri hanno tentato di compiere un furto d’auto. L’obiettivo che si erano prefissati i ladri non è però andato a buon fine, poiché il proprietario di un appartamento si è accorto che i ladri gli stavano rubando l’automobile, ha imbracciato un’arma regolarmente detenuta e ha sparato uccidendone uno. I tre ladri si sono dati alla fuga verso Casal Di Principe, a bordo della loro Bmw Bianca. Hanno lasciato il corpo senza vita del loro “compagno” davanti l’Ospedale Civile di Aversa che precedentemente era stato raggiunto dai colpi di arma da fuoco. Successivamente gli inquirenti hanno rinvenuto la Bmw bianca bruciata e gli accertamenti hanno appurato che l’automobile era stata rubata qualche giorno prima. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i ladri sono arrivati con l’autovettura nel cortine di Via Vecchia Aversa, sorpresi dal proprietario si sono dati alla fuga e successivamente hanno lasciato il loro complice davanti l’Ospedale.



SERENA MOLLICONE: LA SALMA SARĂ€ TRASFERITA A MILANO PER NUOVE INDAGINI

di Angelo Barraco
 
Frosinone – Il Procuratore Capo di Cassino ha stabilito che la salma di Serena Mollicone sarà trasferita a Milano, presso l’istituto di medicina legale, dove verrà svolto un esame tanatologico. Gli indagati per la morte di Serena Mollicone sono: l’ex maresciallo dei Carabinieri Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco. Devono rispondere di omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà. In merito alla riesumazione del cadavere, il giudice delle indagini preliminari aveva detto “Forse non sarebbe del tutto pellegrina l'ipotesi di procedere alla riesumazione della salma”, per quanto riguarda invece la non archiviazione del caso, nell’ordinanza si legge “all'interno di uno degli alloggi di servizio della caserma fosse pacificamente presente una porta danneggiata da un violento urto”. Il GIP Lanna ha deciso di non archiviare il caso lo scorso gennaio e ha dato l’incarico ai seguenti consulenti nominati dalla Procura: Capitano Cesare Rapone dei RIS di Roma, Cristina Cattaneo, anatomopatologa e direttrice del laboratorio del LABANOF di Milano. Il conferimento è stato dato dal sostituto procuratore Beatrice Siravo. In tale circostanza presenziava anche il legale della famiglia Mottola, non erano presenti invece i tre indagati. Era presente invece Guglielmo Mollicone. Il 16 febbraio  sono stati eseguiti  accertamenti nella caserma dei Carabinieri di Arce in via Magni.Sono stati nominati dalla Procura di Cassino due nuovi consulenti tecnici: il Capitano dei RIS di Roma Rapone e l’anatomopatologa Cattaneo di Milano. Gli accertamenti tecnici sono iniziati alle ore 13 e sono terminati alle 18.30 circa e si sono svolti nel piano soprastante la caserma, precisamente in un appartamento inutilizzato e posto sotto sequestro. Gli accertamenti non si sono concentrati nei locali della caserma e nemmeno nei locali che all’epoca dei fatti era abitato dalla famiglia Mottola. L’appartamento in questione è un alloggio a servizio della caserma. Le analisi eseguite sul posto sono state effettuate con le più sofisticate tecniche investigative e ciò lo dimostra anche il tempo che gli esperti hanno impiegato all’interno della struttura. Analisi accurate e attente, si attendono adesso i referti di laboratorio che daranno risposta in merito a quanto analizzato all’interno dell’alloggio e passeranno circa due-tre mesi. Il pool investigativo che si è costituito per la ricerca della verità sulla morte di Serena Mollicone avanzerà la richiesta di sottoporre Arce ad una mappatura genetica, l’intento è di sottoporre molte persone di Arce all’esame del DNA, ma la richiesta che verrà avanzata non riguarderà tutta la popolazione ma categorie specifiche di soggetti. 
 
La scomparsa, le indagini. Serena Mollicone, la giovane studentessa di Arce  è morta a 18 anni nel giugno del 2001 e il suo cadavere fu rinvenuto nel bosco dell’Anitrella. Ma come si sono svolte le indagini in questi anni? Le indagini sul caso hanno avuto alti e bassi. Il 24 settembre 2002, la Procura di Cassino iscrisse nel registro degli indagati il carrozziere di Rocca D’Arce, Carmine Belli. Un indizio che inizialmente destò sospetti sull’uomo fu il rinvenimento del nastro adesivo. Il Belli aveva un nastro adesivo simile a quello che teneva mani e piedi di Serena legati, ma la comparazione delle impronte digitali ha portato esito negativo,  nell’ottobre del 2006, la Cassazione ribadì che il carrozziere era estraneo ai fatti. La svolta arriva però nell’aprile 2008, con la morte di Santino Tuzi, brigadiere dei carabinieri che in precedenza era stato ascoltato come persona informata sui fatti e aveva riferito che il giorno della scomparsa di Serena, aveva visto quest’ultima in caserma dai Mottola. Santino Tuzi successivamente però si suicida e tale morte è tutt’ora avvolta da una fitta cortina di mistero, perché Tuzi si uccide? Il 27 giugno 2011 vengono iscritte nel registro degli indagati cinque persone e sono: l’ex Maresciallo dei Carabinieri di Arce Franco Mottola, suo figlio Marco, un altro Carabiniere, Francesco Suprano, il fidanzato di allora di Serena Michele Fioretti e la madre del giovane, Rosina Partigianoni. Poco tempo fa il Procuratore Mario Mercone e gli investigatori del Reparto Operativo Provinciale dei Carabinieri hanno interrogato un uomo, l’uomo in questione non è stato iscritto nel registro degli indagati ma è stato ascoltato come persona informata sui fatti, vi erano inoltre accertamenti sulla busta e si parlava dell’isolamento di un DNA che presto avrebbe portato al nome dell’assassino, poi cos’è successo? Un caso che sembra avere la risposta dietro l’angolo ma ad ogni passo qualcosa non torna e tutto riparte da capo, si azzera e si annulla. Allo stato attuale le cose sono cambiate, gli ingranaggi investigativi si sono mossi seguendo una dinamica da sempre scritta e delineata da chi ha urlato a gran voce giustizia e verità per Serena. 



GLORIA ROSBOCH: INTERROGATO NUOVAMENTE GABRIELE DEFILIPPI

di Angelo Barraco
 
Torino – L’inchiesta sulla morte della professoressa Gloria Rosboch potrebbe essere avere presto un’importante svolta. Nella mattinata di oggi è stato ascoltato Gabriele Defilippi, accusato del terribile omicidio insieme all’amante-complice Roberto Obert. Defilippi è stato ascoltato dal procuratore Ferrando, coordinatore delle indagini. Il giovane è stato interrogato a seguito di una sua esplicita richiesta che ha fatto da coda ad una promessa “Vi farò recuperare armi e quanto resta dei risparmi di Gloria”. L’arma è stata cercata dagli inquirenti, in lungo e in largo, con e senza Obert ma nulla è emerso. In merito ai soldi della professoressa non vi è traccia, non si sa nulla dei 187 mila euro. E’ il momento della verità oppure si tratta dell’ennesimo depistaggio? Il difensore di Gabriele precisa “Può essere un momento decisivo dell’inchiesta, per definire nei dettaglio le modalità del delitto e la divisione delle responsabilità”. A metà settembre sarà interrogata Caterina Abbattista, che continua a proclamare la sua innocenza, malgrado vi siano elemento che dimostrano il contrario. 
 
Il 14 marzo è stato eseguito un altro sopralluogo dei carabinieri, nel bosco di Rocca Canavese. Il fine ultimo di tale sopralluogo era quello di trovare la pistola di Gabriele Defilippi, arma che il giovane in carcere per l’omicidio della professoressa Gloria Rosboch, ha consegnato al suo amante Roberto Obert. Gli inquirenti hanno cercato in quei luoghi perché Obert ha sostenuto di averla nascosta proprio li e sono stati utilizzati i cani antiesplosivo. La ricerca però non ha portato all’esito tanto sperato ed è stato negativo. Anche le precedenti operazioni di ricerca, svolte tra Rocca Canavese, Barbania e Rivara, hanno dato esito negativo. Obert dal canto suo ha dichiarato: “Posso ancora trovare la pistola, posso riuscirci”. Intanto è stato respinto il ricorso per Caterina Abbattista, deve restare in carcere. Nelle motivazioni si legge: “dimostra di aver avuto consapevolezza e partecipazione in tutta la fase che costituisce il movente dell'omicidio di Gloria Rosboch”. Il suo è definito un “concorso morale”.
 
L’arma era stata consegnata da Defilippi ad Obert con la richiesta ultima di nasconderla e farla sparire. L’arma non è stata utilizzata nel delitto della professoressa, ma il ritrovamento di essa potrebbe aprire nuovi scenari. Quali sono questi nuovi scenari su cui, attualmente, si sta puntando l’attenzione? Il 18 gennaio scorso, è stato ucciso un pregiudicato nelle campagne di Rivarolo, tale Pierpaolo Pomatto, di Feletto. Per il delitto è stato condannato M.P. ritenuto l’autore materiale del delitto poiché trovato in possesso del cellulare della vittima, ma l’uomo si è proclamato innocente. Ma cosa lega il caso Rosboch e il caso Pomatto? La risposta è un dato oggettivo che emerge come la nebbia che avvolge quei luoghi, le banconote false. Accanto al cadavere di Pierpaolo Pomatto sono state tovate delle banconote fac-simile di vario taglio. In un primo momento, tale elemento simbolico fu associato alle vicende giudiziarie passate di Pomatto, poichè era stato implicato in una vicenda che riguardava le Brigate Rosse e per questo processato, inoltre era stato processato nel 2009 per estorsione. L’arma del delitto non è mai stata trovata. Ma cosa c’entra Defilippi e Obert e la vicenda delle banconote false? Gabriele avrebbe consegnato a Roberto delle banconote false. Ritrovare l’arma è importante per chiarire alcuni punti importanti e per stabilire se i due episodi sono collegati oppure no.
 
Ultimi avvenimenti. E’ stata ascoltata in procura a Ivrea la fidanzata di Gabriele DiFilippi, una 20enne marocchina che dopo il delitto era tornata in patria. La giovane si è presentata spontaneamente in procura, è stata interrogata dal procuratore di Ivrea e dal capo del nucleo investigativo dei Carabinieri di Torino, ma senza un avvocato. Viene interrogata come persona informata sui fatti. Le indagini che stanno svolgendo gli inquirenti hanno lo scopo di appurare se vi siano altre persone coinvolte nella truffa ai danni dell’insegnante, l’inchiesta per truffa era stata aperta dalla procura di Torino ed è passata alla procura di Ivrea e quindi unificata all’inchiesta sull’omicidio. 
 
Gabriele Defilippi  è detenuto in  isolamento nel reparto psichiatrico del carcere di Torino e sorvegliato costantemente da telecamere. Il giovane non può inoltre leggere giornali né guardare la televisione. Ha visto il suo legale venerdì scorso. La madre, Caterina Abbattista, può invece accedere ai mezzi d’informazione. 
 
Il 27 febbraio sono stati effettuati degli accertamenti di natura tecnica, nell’area in cui è stato rinvenuto il cadavere dell’insegnante di 49 anni che, al momento del rinvenimento, si trovava in una vasca. Gli inquirenti si sono avvalsi dell’aiuto di un drone per riprendere l’intera area e ricostruire i movimenti di Gabriele Defilippi, Roberto Obert e Caterina Abbattista, tutti e tre detenuti per omicidio. Proprio sulla figura di Gabriele è puntata l’attenzione di inquirenti e avvocati. Emerge che il giovane reo confesso del delitto sarebbe stato in cura da uno psicologo nel 2011. Lui, ragazzo eccentrico, dai tanti profili facebook, che si sbizzarriva a mutare il suo aspetto per sembrare un’altra persona, è ricordato in paese proprio per questo. La difesa di Gabriele giocherà le sue carte sulla semi infermità mentale? Emerge che è stato nominato come consulente un primario di psichiatria. L’accusa, ricordiamo,  sostiene che Gabriele, insieme all’amante, avrebbe organizzato l’omicidio effettuando prima un sopralluogo nelle cisterne, precisamente due giorni prima e usando sim esclusivamente per il delitto. 
 
Ma non è tutto,  In un’intervista al programma Mattino 5 ha parlato ha parlato un compagno di gioco di Gabriele e ha riferito: “Gabriele ha attirato la mia attenzione perché giocava esattamente quattro volte la mia puntata ogni giro di pallina. Per essere un ragazzo così giovane era una cifra molto importante, giocava ogni giro dai 1.500 ai 2.500 euro. A fine serata erano migliaia di euro", ha detto anche “Era un giocatore molto importante, altrimenti non mi avrebbe mai affascinato questo tipo di personaggio. Una sera d’agosto vinse 15.000 euro ma, non sono in grado di dire se li rigiocò tutti. Aveva un gioco molto compulsivo, si spostava di volta in volta da tavolo a tavolo. Era sempre elegantissimo nel modo di vestire e aveva una raffinatezza linguistica incredibile. Si capiva che non aveva voglia d’interagire con me, probabilmente pensava che io lo monitorassi ma in realtà ero solo affascinato dalla sua mole di gioco. Era molto riservato e attento a non raccontarmi niente del suo lavoro tanto che, quando una sera cercai di invitarlo a cena, lui mi disse che faceva l’imprenditore ma notai che non era assolutamente interessato ad affrontare l’argomento. Era molto freddo, molto lucido e poco comunicativo”.  Tutto continua a girare attorno ai soldi quindi.
 
Gloria Rosboch era ancora viva quando è stata gettata nella cisterna, è questo ciò che ha dichiarato Gabriele Defilippi, reo confesso del delitto della Professoressa. “Gloria era ancora viva e si lamentava quando io e Obert l'abbiamo gettata nell'acqua” sono le sue parole, Gabriele continua dicendo “Dopo averla uccisa  abbiamo raccolto in un sacco tutte le sue cose e siamo andati a gettarle in giro per Torino”, ha sottolineato inoltre che “il mio amante mi ha rovinato. Ha preso lui tutti i soldi, sono stato fregato”, riferendosi a Roberto Obert. Caterina Abbattista, madre di Gabriele, aveva raccontato agli inquirenti che il 13 gennaio, giorno della scomparsa di Gloria Rosboch, il figlio si trovava a casa con lei e il fratello di 13 anni. Ma emerge un particolare che smentisce questa prima testimonianza della donna, poiché proprio il 13 gennaio la donna risponde su Whatsapp ad un’amica che chiede informazioni su Gabriele e la donna risponde “Lui è via”. Il capo d’accusa che pende sui tre è di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e concorso. La donna è infermiera all’ospedale di Ivrea e ha raccontato agli inquirenti che il 13 gennaio era in ospedale, ma dalle indagini è emerso che la donna in realtà si trovava altrove. La donna timbrava alle 14.47 e usciva dall’ospedale alle 22.55, ma le celle telefoniche della donna hanno determinato una sua collocazione nelle zone di Montalenghe, dove avrebbe fatto una telefonata alle ore 19.19. Le ricostruzioni fatte dalla donna sono ritenute dal gip “del tutto inveritiere” poiché ha sempre sostenuto di non essersi mai allontanata dall’ospedale di Ivrea. 
 
Gloria Rosboch, scomparsa il 13 gennaio e viene uccisa mediante strangolamento con un laccio, o una sciarpa o un foulard, sicuramente un tessuto leggero vista l’assenza di segni di escoriazione sul collo. Per il suo omicidio sono stati fermati Gabriele Defilippi, Caterina Abbatista e Roberto Obert. Defilippi e Obert sono accusati di omicidio premeditato e occultamento di cadavere, Abbattista invece è accusata di concorso in omicidio. L’avvocato di Gabriele Defilippi ha riferito: “Sarà inoltre da valutare l'aspetto psichiatrico, visti i numerosi profili che il mio assistito aveva su Facebook” e ha aggiunto “E' consigliabile che il mio assistito non risponda alle domande che gli verranno poste”. Il legale puntualizza che ci sono ancora aspetti da chiarire sul caso e afferma che Defilippi e la madre hanno risposto alle domande del gip: “Gabriele inizia a rendersi conto ora di quello che è accaduto.  Valuteremo la possibilità di chiedere una perizia psichiatrica. Sembra evidente, come confermano i numerosi profili Facebook, che la sua è una personalità disturbata”.
 
Gabriele Defilippi ha ammesso le sue responsabilità in merito all’omicidio della professoressa Gloria Rosboch nel corso degli interrogatori che si sono svolti in precedenza. Ha confessato di aver ucciso la professoressa insieme a Roberto Obert. Caterina Abbattista, madre di Gabriele Defilippi, nega invece ogni sua responsabilità.    “L'abbiamo strangolata in auto e poi gettata via. Io non volevo, è stato lui” così è stato confessato l’omicidio di Gloria Rosboch, professoressa di 49 anni scomparsa da Castellamonte il 13 gennaio scorso e rinvenuta cadavere a pochi chilometri da casa, in un bosco di Rivara, all’interno di una vasca di decantazione dell’acqua nei pressi di una cascina. Il corpo della professoressa era ben conservato, grazie all’acqua gelida in cui giaceva che ha rallentato il processo di decomposizione. 
 
Il Procuratore di Ivrea ha riferito nel corso di una conferenza stampa presso il Comando Provinciale dei Carabinieri: “Abbiamo due confessioni con ruoli ribaltati. Roberto Obert ha detto che a strangolare la professoressa Rosboch è stato Gabriele Defilippi, ma quest'ultimo ha rilasciato delle dichiarazioni di verso opposto. Entrambi, però, sono collocati con certezza sulla scena dell'omicidio”, ha precisato inoltre “Abbiamo elementi che provano che entrambi qualche giorno prima del delitto hanno visionato la cisterna dove è stata gettata la donna”. Colui che ha strangolato la Professoressa era seduto nel sedile posteriore dell’autovettura Renault Twingo di Obert, che è stata individuata dalle telecamere. Dietro al macchina vi è un’altra autovettura, una Mini Cooper Gialla, anch’essa appartenente ad Obert. In merito al ruolo di Caterina Abbattista gli inquirenti hanno spiegato: “Nega tutto, ma la sua versione dei fatti contrasta con gli accertamenti tecnici in nostro possesso”, la donna avrebbe riferito di essere stata a lavoro quel giorno, ma tale versione sarebbe stata smentita dalle celle telefoniche.
 
Gabriele Defilippi era stato querelato dalla professoressa per una truffa di 187mila euro, il giovane aveva promesso alla Rosboch una vita insieme e una sicurezza economica determinata dall’investimento della cospicua somma di denaro che, a detta del giovane, sarebbe servita come investimento per una società finanziaria presso cui, a detta del giovane, lavorava anche lui. Ma il giovane, dopo aver preso i soldi, ha interrotto i contatto con l’insegnante che successivamente ha intrapreso le vie legali. Ma i contatti del giovane con la società non esistono, la società che ha tirato in ballo il giovane ha annunciato querele contro Gabriele Defilippi. La professoressa ha presentato una querela per truffa, successivamente riesce a rintracciare il giovane con uno pseudonimo attraverso facebook e le viene riferito dal giovane che un “capo” l’avrebbe picchiato e gli avrebbe sottratto il denaro. Nel mese di Dicembre la professoressa di incontra con la madre del giovane che ribadisce la versione sopracitata e della sottrazione del denaro. Il 13 gennaio, dopo aver pranzato, la professoressa esce a piedi intorno alle 14.45 e riferisce di dover fare rientro a scuola per una riunione. Ma quel giorno non c’era nessuna riunione a scuola, Gloria scompare. Si fa sera e la professoressa non rientra a casa, numerose le chiamate fatte dalla famiglia ma il cellulare è sempre spento. Il 18 febbraio gli inquirenti hanno sentito un’altra insegnante, anche lei potrebbe essere stata truffata da Gabriele. 
 
Martedì 16 febbraio è stato interrogato Gabriele Defilippi presso il comando provinciale dei Carabinieri di Torino come persona informata dei fatti. Un interrogatorio durato circa 4 ore, in quella stessa circostanza è stata sentita anche la madre del giovane, per circa un’ora. Hanno successivamente lasciato la caserma senza rilasciare alcuna dichiarazione, il loro legale ha riferito: “Hanno risposto alle domande e ripercorso il verbale già redatto in precedenza. Sono entrati da persone informate dei fatti e sono usciti nella stessa veste di testimoni”. Il giovane avrebbe riferito di non aver visto la professoressa dal novembre 2014 e ha raccontato cosa ha fatto il giorno della scomparsa della donna. Il giovane ha dichiarato agli inquirenti di essere rimasto nella casa di Gassino dove risiede con la madre, con il compagno della donna e il fratello.



NAPOLI: TRE LADRI TENTANO FURTO, PROPRIETARIO APPARTAMENTO NE UCCIDE UNO

di Angelo Barraco
 
Napoli – Alle ore 3,30 di stamattina, in Via Vecchia Aversa, precisamente negli appartamenti di Villa Literno a Caserta, tre ladri hanno tentato di compiere un furto d’auto. L’obiettivo che si erano prefissati i ladri non è però andato a buon fine, poiché il proprietario di un appartamento si è accorto che i ladri gli stavano rubando l’automobile, ha imbracciato un’arma regolarmente detenuta e ha sparato uccidendone uno. I tre ladri si sono dati alla fuga verso Casal Di Principe, a bordo della loro Bmw Bianca. Hanno lasciato il corpo senza vita del loro “compagno” davanti l’Ospedale Civile di Aversa che precedentemente era stato raggiunto dai colpi di arma da fuoco. Successivamente gli inquirenti hanno rinvenuto la Bmw bianca bruciata e gli accertamenti hanno appurato che l’automobile era stata rubata qualche giorno prima. Sono in corso le operazioni di identificazione del cadavere del labro e si ipotizza che la vittima fosse dell’Est Europa. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i ladri sono arrivati con l’autovettura nel cortine di Via Vecchia Aversa, sorpresi dal proprietario si sono dati alla fuga e successivamente hanno lasciato il loro complice davanti l’Ospedale. Non è stato emesso nessun provvedimento contro il proprietario dell’abitazione. 



MARSALA: INFERMIERE ABUSA DEI PAZIENTI ANESTETIZZATI: ECCO TUTTI I DETTAGLI

di Angelo Barraco
 
Marsala (TP) – “Fidarsi è difficile. Sapere di chi fidarsi, ancora più difficile”, è una frase della famosa scrittrice statunitense Maria V. Snyder, ma è anche ciò che si ripetono continuamente i marsalesi al bar, per strada, in centro e nelle case a seguito dell’arresto di Maurizio Spanò, 52 anni, infermiere dell’Azienda  sanitaria provinciale di Trapani e in servizio presso l’Ospedale di Marsala “Paolo Borsellino”, arrestato con la terribile accusa di abusi sessuali ai danni dei pazienti, poichè approvittava di un loro stato di incoscienza determinato da farmaci anestetizzanti. L’uomo lavorava presso uno studio medico di Marsala e proprio nello studio privato sarebbero state commessi gli abusi sessuali contestati.
 
L’indagine è nata a fine febbraio, quando una donna ha visto che qualcosa non andava a seguito di una visita e ha sporto denuncia. Gli inquirenti stanno vagliando altri episodi e su questo fronte vi sono degli accertamenti in corso. Il soggetto era un infermiere e dava dei farmaci ai pazienti per affrontare degli esami diagnostici alquanto dolorosi.
 
I pazienti non erano completamente anestetizzati, anche perché un infermiere non può sottoporre ad anestesia un paziente. Ci sono delle forme di anestesia più leggere che lasciano il paziente parzialmente cosciente, anche se non si accorge di quello che gli succede. In questa circostanza, il paziente non si rendeva conto di quello che gli accadeva. Gli inquirenti hanno svolto degli accertamenti dalla data della denuncia alla data in cui il soggetto è stato tratto in arresto, allo stato attuale si sta indagando su altri episodi. Spanò si trova adesso ai domiciliari con braccialetto elettronico.
 
Il 19 marzo  si è svolto l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Amato, l’uomo però non ha proferito parola in merito ai fatti contestati, ha preferito proseguire lungo la strada del silenzio e non ha contestato le terribili accuse che pendono su di lui. Maurizio Spanò è stato intanto sospeso dal servizio. Il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani ha firmato la delibera che riguarda, sia tutta la durata delle misure cautelari, ma anche “considerata la gravità dei fatti emersi, lo stesso non potrà fare rientro in servizio senza la preventiva autorizzazione da parte dell’amministrazione, riservandosi l’Asp di mantenere in via cautelare la sospensione”.



COLPITA LA NDRANGHETA: SEQUESTRO BENI PER 500 MILIONI DI EURO AD AFFILIATI DELLA COSCA IANNAZZO

di Angelo Barraco
 
Catanzaro – Un’operazione del nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro della Guardia di Finanza ha portato al sequestro di beni per un valore di 500 milioni di euro. I beni sequestrati sono riconducibili agli affiliati della  cosca di Iannazzo di Lamezia Terme, cosca della Ndrangheta. Tanti i beni sequestrati, tra essi spicca il grande centro commerciale “Due Mari”, che si trova tra Catanzaro e Lamezia Terme ed è di proprietà dell’imprenditore Franco Perri. Nel mese di giugno del 2015, l’imprenditore Perri era stato coinvolto nell’operazione “Andromeda” e accusato di essere un appartenente della cosca di Iannazzo. L’attività investigativa ha fatto emergere che l’uomo non si sarebbe posto alcuno scrupolo nel chiedere la gambizzazione del fratello per motivi economici. L’operazione “Andromeda” citata poc’anzi ha avuto luogo nel maggio dello scorso anno e ha coinvolto 45 persone. Tornando alla recente operazione, il sequestro è stato disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catanzaro e su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. I beni sequestrati si trovano in zone sparse della Calabria e si tratta di beni mobili e immobili, titoli bancari e varie società, ma anche appartamenti, fabbricati, aziende, attività commerciali, che sono riconducibili a 65 persone fisiche e 44 soggetti giuridici. E’ stato sequestrato dalla Guardia di Finanza anche un ipermercato che è riconducibile a Perri. Gli inquirenti ritengono che avrebbe stretto legami con il capo cosca Iannazzo e che il suo fosse “un solido e proficuo rapporto di natura sinallagmatica al punto tale da essere definito colluso”.



SANGUE A GENOVA: UCCIDE LA MOGLIE ROSA LANDI MENTRE ERA AL TELEFONO CON IL FIGLIO

Redazione

Questa donna è morta in maniera brutale.Era al telefono con il figlio Andrea, di 37 anni, che ha sentito i rumori degli spari, Rosa Landi, 59 anni, uccisa dal marito ieri sera in casa a Genova per gelosia. La donna, originaria di Palmi (Reggio Calabria), è stata raggiunta da diversi colpi sparati dal marito, Ciro Vitiello, che ha poi chiamato la polizia ed è stato arrestato. "Mi voleva lasciare" ha detto alla polizia. L'uomo deteneva regolarmente 5 pistole e non aveva nessun precedente penale. Gli agenti dopo avere perquisito l'assassino hanno perlustrato l'abitazione: il cadavere della donna era nella sala, prono, con il viso a terra.
Sulla schiena un rivolo di sangue. Sul posto sono giunti i medici del 118 che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso della donna. É stato il medico legale, con il magistrato di turno Paola Calleri e gli investigatori della sezione omicidi della squadra mobile a effettuare la prima ispezione sul cadavere. Ciro Vitiello è stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario.