COCORICO': MINACCIATO IL QUESTORE DI RIMINI. IL TITOLARE:"FORSE NON RIAPRIAMO PIU'"

Redazione

Rimini e Riccione – In questi casi le azioni intimidatorie non risolvono il problema. "Apprendo solo ora via internet che il Questore di Rimini Maurizio Improta ha ricevuto minacce di morte a seguito del provvedimento di chiusura di 4 mesi della discoteca Cocoricò. Ritengo tutto ciò inqualificabile ed inaccettabile". A scriverlo sul suo profilo Facebook è Fabrizio De Meis, uno degli azionisti del Cocoricò, la discoteca di Riccione chiusa dal questore di Rimini dopo la morte per ecstasy del 16enne Lamberto Lucaccioni di Città di Castello. "Se certi gravissimi e inaccettabili episodi si dovessero ripetere – avverte – potremmo anche valutare decisioni drastiche come la mancata riapertura del Cocoricò a prescindere dall'esito dei ricorsi".

E' ancora De Meis a sottolineare che "si possono avere idee diverse ma vanno manifestate sempre con civiltà e rispetto verso tutte le istituzioni che hanno il difficile compito di governare un territorio". "Stiamo cercando – spiega ancora – nel rispetto della legge e nel rispetto dei ruoli di riuscire a sospendere il provvedimento di chiusura ma ribadiamo in maniera netta, forte e chiara, l'assoluto rispetto delle istituzioni, e la nostra posizione contro ogni forma di violenza anche verbale. Anche nelle difficoltà vogliamo un clima di serenità e rispetto".




SPARATORIA A TORRE DEL GRECO: UCCISO PIERO SPINETO PER UN GIOCO DELLA SORTE

Redazione

Sangue di un ragazzo incensurato e mistero sulla sua morte quasi chiarito. Ucciso da un colpo esploso accidentalmente dalla pistola impugnata dall'amico del cuore.Questa la ricostruzione fatta dalla polizia dell'episodio avvenuto ieri sera a Torre del Greco in cui e' stato ammazzato il diciottenne Piero Spineto. La vittima si stava recando con il suo amico di 15 anni a dare da mangiare ad alcuni cani in vico delle Bufale. La loro attenzione e' stata attratta dalla presenza di una pistola. La curiosita'di impugnarla e' stata forte. Il quindicenne incautamente avrebbe premuto il grilletto facendo partire un colpo che ha raggiunto alla testa Spineto, nella zona occipitale destra, uccidendolo probabilmente all'istante. Sotto choc ed impaurito il ragazzo e' tornato a casa raccontando quello che era accaduto alla madre. La donna quindi ha deciso di accompagnare il figlio in commissariato. Informata la Procura dei minori sull'episodio, e' stato ascoltato il quindicenne. L'ipotesi di reato e' quella di omicidio colposo. Intanto la pistola e' stata presa in custodia dalla Scientifica per effettuare i rilievi balistici anche allo scopo di identificarne il possessore.




PALERMO, SEQUESTRO DEI BENI PER GIOVANNI BRUSCA

di Andrea Li Causi
 
Palermo – In questo ultimo periodo si parla molto di Cosa Nostra, nonostante si senta “l’odore” del latitante Matteo Messina Denaro e sembra quasi che da un giorno all’altra venga catturato, le operazioni delle forze dell’ordine per contrastare il fenomeno mafioso non tardano ad arrivare e sono all’ordine del giorno.
 
L’ultima operazione riguarda il sequestro ad opera dei Carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Monreale che hanno sequestrato svariati immobili per un valore complessivo di un milione di euro. Gli immobili sequestrati sono intestati e riconducibili al collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, arrestato il 20 maggio 1996 quando era latitante e condannato per essere stato l’organizzatore ed esecutore materiale della strage di Capaci in cui persero la vita il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. L’operazione di sequestro è avvenuta a seguito di una complessa attività investigativa, che ha avuto inizio nel 2009 e si è conclusa nel 2011, ha permesso di bloccare un piano di recupero, ideato e attuato da Brusca, di alcuni immobili intestati a prestanome e di cospicue somme di denaro, la cui gestione era stata affidata a persone compiacenti, il fine era quello di monetizzare un capitale da reinvestire  qualora fosse stato liberato nel momento in cui avesse finito di scontare la sua pena. In quanto collaboratore di giustizia, avrebbe dovuto dichiarare i beni riconducibili a lui, ma Brusca ha omesso ciò. Gli immobili sequestrato si trovano: uno a San Giuseppe Jato, zona in cui il boss capeggiava, intestato a lui, immobile che acquistò tra il 1990 e il 1992. C’è poi un immobile a Palermo in Via Pecori Giraldi che è noto per essere stato il covo della latitanza del sanguinario boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella ed è ritenuto essere la causa dell’omicidio del capo della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano. C’è poi un magazzino a San Giuseppe Jato, in Via Saraceni, un magazzino a Piana degli Albanesi in Via Matteotti che è intestato alla moglie e un immobile a Palermo, con ingresso in via Generale Emanuele Pezzi, attualmente locato a una chiesa evangelica apostolica.



NAPOLI: L'INVASIONE DELLE BLATTE. ECCO I RISCHI PER LA NOSTRA SALUTE

di Christian Montagna

Napoli- Non c’è estate che si rispetti senza l’invasione da parte degli “ospiti” poco graditi, odiati soprattutto se entrano nelle abitazioni private. E’ l’incubo dei napoletani che restano in città nei mesi estivi: si chiamano comunemente blatte o scarafaggi quegli insetti di colore marroncino che a Napoli, in questi mesi, si appropriano della città. Con il caldo di questi giorni, tra l’altro, la fuoriuscita degli insetti da tombini e cavità esterne è in forte aumento.

Dal quartiere Ponticelli, all’Arenella, al quartiere Chiaia, a Pianura: nessuno è salvo dall’invasione. I cittadini stanchi e spaventati invocano a gran voce una deblatizzazione che nella maggior parte dei casi però non serve granché. Abbiamo provato a contattare un centro adibito alla disinfestazione che ci ha poco rassicurati sulla potenza dei mezzi utilizzati. La quantità di veleno usata nelle comuni disinfestazioni è minima per tutelare la salute degli abitanti delle zone e perciò, nella maggior parte dei casi, poco efficace. Inoltre, c’è chi ormai in preda allo sconforto ha optato per soluzioni come ddt, veleni per insetti ma, ahimè, invano.

Ma quali sono i danni alla salute dell’uomo? In generale, i Blattoidei sono insetti poco dannosi e quasi tutte le specie hanno abitudini che interferiscono con le attività dell'uomo in modo marginale. Quelli che invece comunemente troviamo sui nostri marciapiedi, oltre al danno economico causato agli alimentari inservibili dopo essere stati presi di mira, arrecano ingenti danni alla salute umana. Il contatto con l’essere umano infatti provoca la trasmissione di organismi patogeni. Gli scarafaggi commensali dell'uomo visitano ambienti malsani, come ad esempio fognature e discariche, per spostarsi in ambienti domestici. E’ loro abitudine rigurgitare parte del cibo ingerito precedentemente sul substrato e di defecare durante l'alimentazione, perciò, anche un basso livello di infestazione può arrecare gravi rischi igienici.

Nel mirino delle invasioni finiscono tutti i locali che possono contenere derrate alimentari di qualsiasi natura, ad esempio abitazioni civili, magazzini, le aziende agrarie, le industrie e i laboratori artigianali di trasformazione agroalimentare, gli esercizi di ristorazione (alberghi, ristoranti, bar, mense, ecc.), gli ospedali, le scuole, gli uffici e gli istituti di detenzione.

I Blattodei sono infatti possibili vettori di virus, batteri, protozoi, nematodi, cestodi, a loro volta responsabili di affezioni più o meno gravi come dissenteria, la salmonellosi, l'epatite A, la poliomielite, la malattia del legionario e asma.

Come prevenire l’invasione. Essendo gli scarafaggi attratti da fonti alimentari, si insediano laddove le condizioni dei luoghi ne permettano l’insediamento e il rifugio. Una maggiore attenzione all’igiene, con pulizia accurata di locali e arredi potrebbe sicuramente scoraggiare le blatte. Anche la manutenzione dei locali gioca un ruolo importante: dovrebbero infatti essere sistematicamente rimosse le fessure nel pavimento e nella muratura, gli interstizi fra muratura e tubazioni e tutti gli altri possibili luoghi d’accesso. Se entrano nelle abitazioni, i luoghi scelti saranno senza dubbio le cucine, i servizi igienico-sanitari, le tubazioni di scarico, gli impianti elettrici, gli scantinati e, in generale tutti gli ambienti in cui si può accumulare un certo grado di umidità.

Come combatterli. Il metodo comunemente usato per combattere le blatte è quello dell’utilizzo di insetticidi ma non sempre si rivelano essere un’ottima scelta. Come con i topi, un’altra possibilità sarebbe quella di porre trappole, innescate con attrattivi alimentari avvelenati di varia natura. Infine, la deblattizzazione per mezzo di nebulizzatori di insetticidi si rivela essere l'intervento curativo più drastico ma che allo stesso tempo rischia di contaminare la salute di esseri umani e altri animali. E’ perciò fondamentale impiegare prodotti a bassa tossicità e in condizioni di massima sicurezza.

 




CEFALU': COPPIA AGGREDITA DA CINGHIALI: LUI MUORE E LEI E' GRAVE

di Angelo Barraco

Palermo – Nell’immaginario fantastico il cinghiale è un animale dolce che si concede alle coccole, ma queste sono soltanto rappresentazioni illustrative e colorate da cartoni animati e fumetti poiché la storia che vi stiamo per raccontare fa vedere i cinghiali sotto un’altra veste. Una coppia, marito e moglie, si trovavano a Cefalù e stavano trascorrendo serenamente le loro vacanze, quando all’improvviso sono stati aggrediti dai cinghiali. Un uomo di 77 anni, Salvatore Rinaudo, e' stato aggredito e ucciso da un branco di cinghiali mentre si trovava nella sua abitazione di campagna a Cefalu', in provincia di Palermo. Ferita in maniera seria la moglie Rosa, di 73 anni: la donna non e' comunque considerata in pericolo di vita ed e' ricoverata all'ospedale Giglio-San Raffaele. La coppia aggredita si trovava in contrada Ferla, nei pressi di una ex fabbrica di ceramiche, a pochi chilometri dall'abitato, e sarebbe stata sorpresa dagli animali. Secondo quanto appreso, Rinaudo e' stato ucciso a morsi dai cinghiali, cosi' come riscontrato dai medici che hanno esaminato il corpo.
 

Segni analoghi nelle ferite riportate dalla moglie, che e' sotto choc e ancora non sa del decesso del marito, morto probabilmente anche per difendere la moglie. Sull'episodio stanno indagando i carabinieri. L'episodio e' avvenuto in una zona, compresa tra contrada Ferla e contrada Mollo, che non ricade nel territorio del Parco delle Madonie, in cui vivono numerosi esemplari di cinghiali. Gli animali sono talmente tanti che da anni si programma un abbattimento controllato per evitare aggressioni ad animali da allevamento e danneggiamenti alle colture.




TORINO: WRITER TRAVOLTO DA UN TRENO MERCI

di Angelo Barraco

Torino – Il fenomeno dei writer è molto diffuso sul territorio nazionale, da nord a sud agiscono incappucciati e lontani da occhi indiscreti, dipingono pareti di case abbandonate, dipingono vagoni di treni ma allo stesso tempo mettono a rischio la loro vita poichè la street art li porta a dipingere pareti dove vi è il rischio di morte se a ridosso di luoghi come ferrovie. Il fenomeno è in grande espansione già da tanti anni, ma non mancano le lamentele, soprattutto quando accadono incidenti. Un vent’enne è stato travolto da un treno presso la stazione di Arona, in provincia di Novara. L’incidente si è verificato all’alba di ieri mattina, quando il giovane stava dipingendo un vagone con uno spray e non si è accorto dell’arrivo di un treno merci. L’allarme lo hanno dato alcuni amici del giovane. Il giovane si chiamava Edoardo Baccin e gli amici dicono a gran voce che il disegno era la sua vita e puntualizzano: “Non chiamatelo vandalo, era un bravissimo ragazzo”. Il giovane viveva a Somma Lombarda e la sua famiglia è molto conosciuta poiché il padre è Marco Baccin, un ex ciclista e negli anni 90 è stato tecnico del Comitato regionale lombardo. Dall’associazione Codacons intanto riferiscono che è stata “una morte annunciata” e aggiungono inoltre che era stata denunciata da molto tempo l'invasione in Italia di graffiti e altri disegni realizzati dai writer che appaiono in qualsiasi punto delle città, anche in zone a forte rischio per l'incolumità degli stessi disegnatori. Aggiunge inoltre il Codacons: “Le istituzioni non hanno saputo affrontare e combattere il fenomeno dei writer, lasciando loro carta bianca e la facoltà di mettere in pericolo la propria incolumità. Non è ammissibile che questi "artisti" continuino ad imbrattare beni pubblici rischiando la propria pelle ed arrecando oltretutto un danno alla collettività” e bisognerebbe dedicare ai writer delle aree nelle città per evitare incidenti. 



MATTEO MESSINA DENARO: SI STRINGE IL CERCHIO ATTORNO AL SUPERLATITANTE

di Andrea Li Causi

Trapani – Il cerchio intorno al superlatitante Matteo Messina Denaro si stringe sempre di più, il boss è stato privato in precedenti operazioni della sua famiglia che è stata messa dietro le sbarre e pochi giorni fa è toccato ad 11 suoi fidatissimi fiancheggiatori che hanno favorito la latitanza del superboss di Cosa Nostra. Ricordiamo inoltre che l’operazione che ha portato all’arresto degli undici fedelissimi fiancheggiatori è stata eseguita dalle Mobili di Palermo e Trapani con il coordinamento dello Sco e la partecipazione del Ros dei Carabinieri. I fedelissimi di Matteo Messina Denaro sono:  Giovanni Loretta, 42 anni, Leonardo Agueci, 27 anni, Pietro Giambalvo 77 anni, Vincenzo Giambalvo 38 anni, Giovanni Scimonelli 48 anni, Vito Gondola 77 anni, Giovanni Mattarella 49 anni, Michele Terranova 45 anni, Sergio Giglio 46 anni, Michele Gucciardi 61 anni e Ugo Di Leonardo, 73 anni.

Ma la rete si stringe sempre di più e il boss è sempre più braccato e solo, oggi è stata compiuta un’altra operazione che ha cagionato gli interessi del boss, sono stati confiscati beni per 600.000 euro a Gaspare Como, cognato del boss. Como è un commerciante di Castelvetrano ed è pregiudicato per associazione a delinquere ed estorsione ed è ai domiciliari per indagini antimafia. Per l’uomo è stata disposta la sorveglianza speciale e obbligo di residenza per 4 anni nel comune di residenza. La confisca riguarda imprese, beni mobili e immobili e autovetture. 




SIMONETTA CESARONI: IL MISTERO DI VIA POMA LUNGO 25 ANNI

di Angelo Barraco
 
Roma – Il 7 agosto 1990, esattamente 25 anni fa, si consumava a Roma uno dei più efferati delitti avvenuti in Italia e tutt’ora avvolto nel più assoluto mistero; il delitto di Via Poma. Simonetta Cesaroni è una ragazza di 21 anni che lavora come segretaria presso l’A.I.A.G. in via Poma 2, quartiere Prati. Quel giorno Simonetta si reca a lavoro prima delle 15.30. Il portiere infatti dice agli inquirenti di non averla vista entrare poiché Vanacore iniziava il suo lavoro a quell’ora. Da qui inizia il mistero, i dati certi che si hanno provengono da ciò che fa e stabiliscono approssimativamente fino a che ora Simonetta è rimasta in vita. Alle 17.15 telefona ad una collega di d’ufficio per sapere alcuni dati, alle 17.25 la collega richiama Simonetta e le comunica i dati. Alle 18.30 Simonetta avrebbe dovuto chiamare il suo datore di lavoro, Volponi, ma non lo fa. Passano le ore e la famiglia si allarma, la sorella Paola con il fidanzato Antonello vanno da Volponi e quest’ultimo dice di non sapere dove si trovano gli uffici. Volponi scende allora con il figlio e insieme a Paola ed Antonello si mettono alla ricerca dell’ufficio e riescono a trovarlo. Il cancello è chiuso, suonano ma nessuno apre, allora il figlio di Volponi scavalca il muro ed entra per aprire il cancello. Si dirigono allora tutti verso la portineria dove ad accogliere loro c’è la moglie di Vanacore che si mette sulla difensiva e dice di non avere le chiavi. Dopo essere saliti al terzo piano la signora tira fuori le chiavi e apre la porta. Il primo ad entrare è Volponi e gli altri a seguito, Volponi ispeziona le due stanze illuminate ma non vede nulla, poi si dirige al buio in fondo nella stanza del direttore dell’A.I.A.G. e fa la macabra scoperta. 
 
SCENA DEL DELITTO: 
Il corpo si presenta in posizione supina, il reggiseno abbassato sul torace, presenta 29 coltellate inferte, secondo analisi, da un tagliacarte, poiché il tagliacarte ha un corpo largo e la punta stretta e le ferite corrispondevano esattamente a questo tipo di arma. Il corpo presenta moltissime ferite concentrate sul viso, addome, torace, pube e anche una tumefazione nella parte destra del volto di Simonetta, il colpo che l’avrebbe stordita. All’interno delle ferite non sono state trovate tracce di tessuto ergo è stata colpita da nuda. Simonetta ha perso molto sangue, circa 3 litri, ma nella scena del crimine non vi è traccia poiché tutto si presenta pulito, eccetto le macchie di sangue trovate sulla porta e sui telefoni. La finestra della stanza dove è stato rinvenuto il corpo di Simonetta ha le tapparelle abbassate, nella sua borsa mancano i suoi gioielli, le chiavi, segno che l’assassino aveva intenzione di ritornare presso quel luogo e i vestiti, nella sua borsa sono state trovate anche delle polaroid non sviluppate. Nel pianerottolo dell’appartamento sono stati trovati segni di ripulitura, come vi è stata ripulitura anche all’interno dell’appartamento da parte dell’assassino.

BREVE SINTESI DEGLI ACCUSATI E DELLE MOTIVAZIONI
L’indagine ha inizio con la verifica di chi c’era nella palazzina in quelle ore, e da quella verifica vengono individuate sette persone: Vanacore, la moglie, i loro figli e l’ingegner Cesare Valle. Vanacore, interrogato, dice di non aver visto e sentito nulla poiché si trovava a casa dell’ingegner Valle in quelle ore (faceva assistenza ad esso) e di non aver visto nessun estraneo entrare ed uscire, Vanacore però fa confusione, si contraddice, cade nel dubbio e dopo tre giorni dall’omicidio viene arrestato con l’accusa di essere l’assassino di Simonetta Cesaroni. Gli elementi a suo carico sono: Le sue dichiarazioni confuse ed incerte, il fatto che avesse le chiavi di tutti gli appartamenti e, poiché nell’appartamento non vi era segno di effrazione, soltanto chi era in possesso delle chiavi poteva essere entrato ed uscito, Vanacore puliva spesso gli appartamenti dello stabile e visto che il pavimento del pianerottolo tre aveva chiari segni di ripulitura, come d’altronde l’appartamento dove è stato rinvenuto il corpo, ciò ha fatto presupporre logicamente che l’azione di Vanacore, poiché ordinaria, non fosse vista come un’azione sospetta. Non riusciva a fornire un alibi concreto, in più c’era un altro elemento a suo carico: delle macchie di sangue sui suoi pantaloni. A questo si aggiunge anche l’atteggiamento ostile che assume la moglie di Vanacore. In seguito vengono svolte indagini sulla vita di Vanacore e salta fuori che aveva avuto rapporti extraconiugali e da testimonianze ed intercettazioni salta fuori che la figlia era andata via di casa perché lui esercitava su di lei “attenzioni particolari”. Il 30 agosto 1990 Pietrino Vanacore viene scarcerato per mancanza di indizi a suo carico. Nel 2008 sono state effettuate indagini presso la casa di Monacizzo, dove l’uomo risiedeva con la moglie, tali rilievi non hanno portato a nulla e nel maggio 2009 la procura di Roma ha deciso di archiviare l'indagine. Il 9 marzo 2010 Pietrino Vanacore si suicida. Il portiere decide di levarsi la vita a distanza di poco tempo dalle scadenze processuali e dalla deposizione che avrebbe dovuto fare in tribunale. Dopo Vanacore viene indagato Federico Valle, nipote dell’ingegner Cesare Valle. Roland Voller, un austriaco intrattiene, per un errore dovuto al suo apparecchio telefonico, un rapporto telefonico con una donna, questa donna è la madre di Federico Valle. Il 7 agosto 1990 alle 16.30 Voller e la signora si parlano al telefono e lei mostra forti preoccupazioni per i comportamenti del figlio, poiché è andato in Via Poma a trovare il nonno Cesare Valle, ma non torna. La sera stessa i due si parlano, lei è preoccupata perché Federico è tornato a casa sporco di sangue e presenta un taglio sulla mano. Federico Valle viene accusato di omicidio perché, secondo l’accusa, ingelosito per una possibile relazione del padre con una segretaria, sia andato in escandescenza e l’abbia uccisa per tali ragioni. A tal proposito ritorna sulla scena delle accuse Vanacore che viene imputato per complicità poiché viene accusato di aver aiutato il giovane ad aver ripulito la scena. La Signora, madre di Federico Valle nega di conoscere quest’uomo, il padre di Federico nega di aver mai conosciuto Simonetta Cesaroni e gli esami comparativi del sangue di Federico rispetto la macchia di sangue sulla porta danno esito negativo. Federico Valle viene scagionato e prosciolto da ogni accusa nel giugno 1993. Roland Voller si rivelerà un truffatore e le informazioni che darà su Via Poma si riveleranno false. Dopo Valle: nel 2005 viene prelevato il DNA a 30 persone e comparato con indumenti di Simonetta adoperando le nuove tecnologie. Nel 2007, 29 sospettati vengono scartati e i sospetti cadono su Raniero Busco (all’epoca fidanzato di Simonetta), perché il suo DNA combacia con le tracce di saliva trovata sul corpetto di Simonetta. Durante il processo di primo grado Raniero viene condannato a 24 anni di reclusione e al pagamento delle spese processuali e del risarcimento, in separata sede, delle parti civili. Sentenza di secondo grado: Raniero Busco viene assolto dall'accusa con formula piena. Il 26 febbraio 2014 la Cassazione ha confermato l'assoluzione – che diventa definitiva – per Raniero Busco dall'accusa di aver ucciso Simonetta Cesaroni. Quello al seno, che veniva considerato un morso ed era stato attribuito a Raniero, durante le indagini e le perizie, è stato smentito ed è stato appurato che in realtà era un taglio e non vi erano segni alcuni di arcata dentaria.
 
LE PISTE ALTERNATIVE:
Ex fidanzato: Durante le indagini ci sono stati dei punti che sono stati omessi, o meglio dei dettagli. Analizzando bene la scena del delitto è possibile notare che nella borsa di Simonetta vi erano contenuti dei rullini-polaroid. Quei rullini risalivano all’estate 1988, ovvero un’estate in cui Simonetta non era fidanzata con Raniero ma bensì con un tale Alessandro. Che motivo avrebbe avuto Simonetta per portar dietro quei rullini? Non ha nessun senso poiché nessuno porta con se vecchi rullini o vecchio materiale se non per darlo al diretto interessato, soprattutto se legato ad una sfera sentimentale. Il sospetto è che Simonetta avesse con se quei rullini perché quel giorno avrebbe dovuto incontrarsi con l’ex fidanzato, Alessandro, probabilmente per restituirli a lui. E se Alessandro fosse stato rifiutato e avesse perso la testa?  L’ipotesi appena formulata, ripeto l’ipotesi, mostra chiaramente tanti punti fondamentali:
1: Simonetta ha aperto la porta a qualcuno che conosceva bene
2: Non aveva motivo alcuno di portare dietro quei rullini se non per darli alla persona a cui interessavano, Alessandro appunto, che aveva scattato quelle foto
3: Il corpo è stato aggredito secondo una dinamica confidenziale poiché non c’era disordine all’interno delle stanze e non vi era nulla fuori posto ergo Simonetta conosceva quella persona e non si aspettava quel gesto
4: Il modo in cui è stata denudata è un modo estremamente confidenziale, intimo, di qualcuno che quel gesto lo aveva già fatto e non di certo opera di qualcuno che uccide per rapinare o per violentare, infatti non è stata violentata
5: Simonetta è stata accoltellata per la maggiore al pube e agli occhi, come un gesto di sfregio alla sua sessualità e alla sua vista, come se qualcuno gli avesse voluto far pagare a lei la sessualità che lei ha negato all’altra persona e per quanto riguarda gli occhi, per non fargli vedere più nulla
 
Ipotesi fotografo: è risaputo che Simonetta, qualche giorno prima della scomparsa, fu vista in un noto ristorante in zona Castelli Romani in compagnia di un fotografo: fu mai verificata questa pista? Fu mai interrogato il titolare del ristorante? Fu mai cercato il fotografo?
 
Ipotesi dipendente AIAG: Il profilo di Dna trovato nella scena del crimine non corrisponde a nessuno degli indagati, nemmeno all’indagato per “eccellenza”, Vanacore. Quel Dna sembrerebbe però corrispondere però ad un dipendente dell’AIAG; è stata verificata la sua posizione? È stato interrogato? La morte di Simonetta Cesaroni, a distanza di 25 anni, è tutt’ora avvolta nel mistero e a tale mistero si è aggiunto anche il suicidio di Vanacore a pochi giorni dall’interrogatorio. Troppi misteri avvolgono questo caso, troppe domande, ma poche risposte. Dove si nasconde la verità sulla morte di Simonetta Cesaroni? 



AREZZO, CONTROLLO DEL TERRITORIO: 2 ARRESTI E 4 DENUNCE DEI CARABINIERI

Redazione

Arezzo – I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Arezzo  hanno tratto in arresto un a 39enne, marocchino, pregiudicato, residente ad Arezzo, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal  Tribunale di Arezzo.
Nel pomeriggio di ieri una pattuglia dell’Aliquota Radiomobile, a seguito di servizi di controllo del territorio, fermavano l’extracomunitario in una via del centro di Arezzo, nei confronti del quale i militari dell’Arma accertavano che lo stesso doveva scontare   una pena di 4 mesi di reclusione per porto illegale di armi e oggetti atti ad offendere, reati commessi nell’anno 2011. L’arrestato è stato tradotto presso la Casa Circondariale di Arezzo.

I Carabinieri della Stazione di Subbiano unitamente ad una pattuglia dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Arezzo, hanno tratto in arresto una 44enne, originaria del basso Casentino, per lesioni personali colpose, fuga e omesso soccorso a seguito di investimento di persona.
Nella notte tra il 4 il 5 agosto i Militari dell’Arma, a seguito di accertamenti identificavano e rintracciavano immediatamente la donna che poco prima in Capolona (AR), alla guida della propria autovettura, aveva investito un 83enne in sella alla propria bicicletta, dandosi alla fuga. I Carabinieri accertavano inoltre che la 44enne, dal controllo effettuato con etilometro, risultava con un tasso di alcol superiore a 1,50 g/l.
L’Anziano uomo a seguito delle lesioni riportate nell’incidente è ricoverato presso l’ospedale di Siena in “prognosi riservata”.
L’arrestata su disposizione dell’Autorità Giudiziaria si trova agli arresti domiciliari presso la propria abitazione.

I Carabinieri della Stazione di Camucia hanno denunciato in stato di libertà  un 50enne, un 44enne e un 58enne, tutti di nazionalità marocchina, residenti in Valdichiana, per tentata rapina impropria in concorso.
I militari dell’Arma a seguito di indagini accertavano che i tre extracomunitari il 26 giugno scorso, dopo essersi introdotti nel piazzale di un deposito di autodemolizioni sito in località “Catenara” del comune di Cortona (AR), di proprietà di un 68enne e di un 34enne, anch’essi della Valdichiana,   approfittando della distrazione dei titolari tentavano di asportare parti di ricambio di alcune autovetture che si trovavano nel predetto deposito. I tre uomini durante la loro azione venivano sorpresi dai proprietari e per darsi alla fuga aggredivano i predetti titolari dell’Autodemolizione”, i quali riportavano lievi lesioni accertate dai sanitari dell’ospedale di Cortona.

I Carabinieri della Stazione di Mercatale di Cortona hanno denunciato in stato di libertà un 49enne marocchino, residente in Valdichiana, per ricettazione.
Verso le ore 16,00 di ieri 5 agosto, i Militari dell’Arma a seguito di perquisizione personale eseguita nei confronti dell’extracomunitario, rinvenivano e sequestravano una carta di credito bancaria, che dai successivi accertamenti risultava rubata in quanto ne aveva denunciato il furto un 19enne della provincia di Perugia.
 




NAPOLI: E’ ALLARME “SUPERMARIJUANA” CON IL 400% IN PIU’ DI PRINCIPIO ATTIVO

di Ch. Mo.

Napoli – Un banale sequestro al Rione Traiano ad opera dei Carabinieri della compagnia di Bagnoli, ha portato alla scoperta dell’ “erba” nuova di Napoli. Arrestati pusher e acquirenti, non hanno esitato a consegnare ai militare la marijuana che è stata subito sottoposta ai dovuti controlli.


Il test effettuato sul posto con il reagente per cannabinoidi è stato decisamente reattivo rispetto al solito: una nuova super marijuana dunque è stata diffusa nelle piazze di spaccio a prezzi maggiorati con oltre il 400% in più di principio attivo.


I risultati del Laboratorio Analisi Sostanze Stupefacenti dell’Arma hanno confermato l'intuizione riscontrando il 16% di principio attivo (THC), ovvero il 400% in più di quello normalmente presente nella marijuana (3-4 %). La nuova droga dunque verrebbe fuori da una selezione particolare di piante probabilmente trattate in fase di coltivazione seguendo procedure che stimolano la produzione di principio attivo. 




NAPOLI: L'ORRORE DI UNA DONNA SEQUESTRATA A CASA DI UN'AMICA

di A.B.

Napoli – Una donna di 50 anni è stata sequestrata per diversi giorni a casa di un’amica, a liberare la donna sono stati i Carabinieri. La tragica vicenda si è svolta a Napoli, in Via San Mandato, dove una 58enne incensurata ha chiuso i lucchetti con la forza alla sua “amica” e dal 1 agosto la donna non ha potuto lasciare quella casa, dove la donna ha impedito in qualsiasi modo che la la donna lasciasse l’appartamento, chiudendo a chiave la porta e lasciando inserite le chiavi di proposito per evitarne l'apertura dall'esterno, minacciando e picchiando la prigioniera ogni qualvolta che tentava di avvicinarsi alla porta. I carabinieri della stazione e del nucleo operativo della compagnia Stella, con i militari del reggimento Campania e il supporto dei Vigili del fuoco di Napoli sono intervenuti a seguito di una segnalazione giunta al 112 di una  lite in un'abitazione in via San Mandato. I carabinieri hanno accertato i fatti e, con l'ausilio dei Vigili del fuoco, hanno fatto posizionare una autoscala all'altezza del balcone dell'abitazione, ottenendo la visuale dell'interno dell'appartamento e avviando una lunga fase di mediazione. Nel frattempo si sono procurati una copia delle chiavi dell'appartamento custodita da familiari della 58enne e, tramite telefono cellulare, hanno comunicato alla donna in ostaggio le istruzioni che le hanno permesso di liberare il chiavistello. La 58enne è stata denunciata per sequestro di persona e minacce.