CREMONA: CEDE UN SILOS DI MAIS, DUE MORTI

Redazione

Cremona – Tragedia in provincia di Cremona. I vigili del fuoco sono intervenuti poco prima delle 23 di ieri in un'azienda a Bonemerse (Cremona) per il cedimento di un silos verticale contenente 700 tonnellate di mais. Durante le operazioni sono stati rinvenuti i corpi senza vita di due operai di 48 e 54 anni, sepolti dal mais fuoriuscito dal silos. Transennata l'area, sono in corso di accertamento le cause dell'incidente. 




DELITTO GARLASCO: LA CAMMINATA DI ALBERTO STASI E LE SCARPE DELL'ASSASSINO DI CHIARA POGGI

Redazione

Garlasco – Ancora elementi emergono su un delitto che si è consumato circa sette anni fa a Garlasco. La perizia sulla ricostruzione virtuale della camminata di Alberto Stasi in casa Poggi e' stata depositata nelle cancelleria della prima Corte d'Assise di Appello di Milano, davanti alla quale si sta celebrando il processo d'appello-bis a carico di Alberto Stasi, imputato per l'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco. La perizia, che consta di 160 pagine, e' stata consegnata in cancelleria dai tre esperti che erano stati nominati dai giudici che hanno deciso riaprire il dibattimento nella primavera scorsa. A cercare di ricostruire i movimenti di Stasi per capire se potesse non sporcarsi le suole delle scarpe con il sangue della vittima sono stati il medico legale torinese Roberto Testi e i professori Gabriele Bitelli e Luca Vittuari dell'universita' di Bologna. Stando alle indiscrezioni filtrate nei giorni scorsi, il lavoro dimostrerebbe che sarebbe stato quasi impossibile per Stasi non calpestare le macchie di sangue. Perdipù si cercano le famose scarpe con suola a pallini che avrebbero lasciato la firma sul delitto. Stando alle indiscrezioni la taglia sarebbe la 42, la stessa di Alberto Stasi anche se le scarpe consegnate dal ragazzo sarebbero marca Lacoste. 

altri elementi di Simonetta D'Onofrio

In passato dalle mani della ragazza morta erano stati prelevati dei reperti dai quali non era stato possibile estrarre il DNA (si trattava di peli, che però erano privi del bulbo pilifero), mentre stavolta i risultati delle analisi hanno confermato per tre volte lo stesso dato, è stato rilevato un cromosoma Y, che identifica il sesso maschile. Questo significa che il materiale organico sotto le unghie appartiene a un uomo, presumibilmente l’assassino, e che Chiara ha provato a difendersi prima di rimanere esanime. Il giudice ha disposto il prelievo di materiale organico su Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima e unico imputato nei due precedenti processi, avvenuto ieri mattina, lunedì 8 settembre.
Altro elemento che promette novità importanti, in vista del processo d’appello bis, è l’esame di due foto, scattate dai Carabinieri, che mostrano il braccio di Alberto, che appare graffiato. Proprio questi graffi, se è vero che Chiara si è difesa con le unghie, diventano un indizio (certamente da confermare con la prova del DNA) contro il ragazzo.
La Corte d’Appello ha disposto, oltre al test del DNA, altri due accertamenti, sulla camminata di Alberto (ricostruita al computer e confrontata col possibile percorso effettuato dall’assassino), e sulla bicicletta nera da donna, che era stata notata la mattina del delitto nei pressi della villetta dei Poggi, ma mai sequestrata perché era stata prelevata in sua vece una bici da uomo bordò.
Le ricostruzioni e le prove scientifiche devono essere consegnate alla Corte entro il 22 settembre, per poterle acquisire alla ripresa delle udienze.
Resta da capire come mai dopo sette anni il DNA dell’unico imputato non sia stato già acquisito agli atti (sebbene fosse stato effettuato un prelievo pochi giorni dopo il delitto), come mai le foto del braccio ferito non siano state prese in considerazione, come mai sia stata sequestrata la bicicletta sbagliata. Ci si chiede se, a sette anni dal delitto, l’analisi della bicicletta, o delle scarpe di Alberto, possano ancora fornire i risultati che sarebbe stato possibile raccogliere subito dopo il delitto.
Altro elemento ignorato nelle prime indagini è stato il contenuto del posacenere ritrovato a casa Poggi, Conteneva della cenere, ma non i mozziconi, come se qualcuno che stava fumando (né Chiara né tantomeno Alberto erano fumatori) avesse prelevato i mozziconi, poiché questi avrebbero potuto rappresentare una traccia per le indagini.
Si attende con grande attesa il risultato del DNA su Stasi, e gli altri accertamenti predisposti potranno fornire una prova quasi definitiva sulla sua innocenza o colpevolezza.

L’omicidio
Il 13 agosto del 2007 Alberto Stasi, studente di Economia e Commercio alla Bocconi, prova a prendere contatto telefonicamente la fidanzata Chiara Poggi, con la quale aveva trascorso la sera precedente, mangiando due pizze, prima di tornare a casa, perché in quel periodo Alberto stava preparando la tesi di laurea.
Verso le 13.30 si reca a casa della fidanzata, non ricevendo risposta al citofono decide di scavalcare il cancello. Arrivato sulla porta di casa, decide di entrare, e trova molto sangue a terra, seguendo le tracce verso la tavernetta trova il corpo di Chiara.
Chiama subito i soccorsi, e si reca nella vicina caserma dei Carabinieri, che distano pochi metri dalla villetta dei Poggi.
Chiara è morta per una decina di colpi violenti inferti con un’arma appuntita, che non sarà mai ritrovata, tra le 9 e le 12 di mattina (l’orario preciso non sarà mai stabilito). Nella villetta le uniche tracce presenti sono quelle di Chiara, dei suoi familiari, di Alberto e di un falegname che aveva fatto dei lavori pochi giorni prima della morte (oltre alle tracce dei soccorritori chiamati da Stasi).
Le indagini si concentrarono sull’ex fidanzato. Hanno destato sospetto l’atteggiamento dopo il ritrovamento del cadavere (sembra che il tono di voce di Stasi quando chiamò il 118 era troppo “rilassato”), le tracce del DNA di Chiara sulla bici di Alberto, la mancanza di sangue sotto le sue scarpe, nonostante il pavimento della casa fosse pieno.
Alberto Stasi venne arrestato il 24 settembre, ma la scarsità d’indizi certi convinse il GIP a scarcerarlo dopo quattro giorni. Nelle indagini successive (dicembre 2007) viene trovato nel computer di Stasi materiale pedopornografico, elemento che ha contribuito a minare l’immagine del fidanzato di Chiara nell’opinione pubblica. Il 3 novembre 2008 Alberto Stati viene rinviato a giudizio per l’omicidio di Chiara Poggi.

Il processo
Il 9 aprile 2009 nel Tribunale di Vigevano si apre il dibattimento, unico imputato Stasi. Per l’accusa Chiara aveva scoperto il materiale pornografico sul computer di lui, e per questo motivo i due hanno avuto una discussione. La mattina successiva Alberto è tornato per cercare di convincere Chiara a tornare sulle sue decisioni, e al rifiuto di lei ha perso la testa e l’ha colpita.
Il 30 aprile il Gup ha chiesto un rinvio disponendo quattro nuove perizie (depositate tra il mese di settembre e ottobre), che sostanzialmente smentiscono le tesi dell’accusa, per cui il 17 dicembre 2009 Stati viene assolto per insufficienza di prove.
L’8 novembre 2011 inizia il processo di appello. L’accusa chiede due nuove perizie, una su un capello trovato nelle mani di Chiara, ma dal quale non è stato possibile estrarre un DNA valido, e una sulla bicicletta presente nel garage di Stasi, che corrisponde alla descrizione fornita da una testimone su una bicicletta da donna presente la mattina dell’omicidio fuori dalla villetta dei Poggi.
Viene chiesto anche di rianalizzare il PC di Stasi, e le scarpe che l’imputato indossava il giorno della morte di Chiara. Le nuove accuse non convincono però la giuria, e il 6 dicembre viene pronunciata una nuova sentenza di assoluzione.
In seguito al ricorso dell’accusa il caso arriva in Cassazione, che nell’ottobre 2013 ha rinviato il processo alla Corte d’Appello, per un nuovo processo iniziato ad aprile 2014




GENERALE MORI: PER LA MANCATA CATTURA DI BERNARDO PROVENZANO FAVORI' COSA NOSTRA

Redazione

Una accusa pesante ma sorretta da gravissimi elementi di colpevolezza. "Comportamenti opachi tra gli apparati investigativi del Ros e il generale Mario Mori, intrecciati con gli eventi eversivi che caratterizzarono il periodo delle stragi". Lo ha detto il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato nel motivare la richiesta di rinnovazione dibattimentale nel processo d'appello a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento a Cosa nostra in relazione alla mancata cattura di Bernando Provenzano. "Gia' all'indomani degli attentati del '93 autorevolissime fonti investigative – ha sottolineato – avevano evidenziato che tali fatti erano finalizzati per costringere lo Stato a trattare con Cosa nostra". Un quadro drammatico per la vita della Repubblica rispetto al quale, e' la tesi della procura generale, Mori non fece nulla nell'ambito di una "convergenza di interessi occulti". In questi documenti che l'accusa vuole inserire nel processo, infatti, "si fa spesso riferimento – spiega Scarpinato – alla convergenza di interessi criminali nella creazione di una strategia della tensione e a inquietanti strategie criminali tra Cosa nostra, massoneria, servizi segreti deviati ed esponenti di frange eversive". Per Scarpinato e' emblematico che il generale Mori "pur essendo venuto a conoscenza da fonti qualificate di taluni aspetti di tale complessa strategia della tensione, non solo non ha svolto alcuna attivita' investigativa ma neppure, tenuto conto della sua passata esperienza di uomo dei servizi, si e' attivato per allertare comunque le istituzioni come fecero la Dia e lo Sco". Il procuratore generale, durante il suo intervento, ha chiesto oltre alla presentazione di numerosi documenti, la citazione di numerosi testi, tra cui diversi collaboratori di giustizia come Gaspare Spatuzza, Sergio Flamia, Antonino Giuffre', Stefano Lo verso e Maurizio Avola.
Il dibattimento e' stato rinviato dal presidente Salvatore Di Vitale al 27 ottobre. Nelle venticinque pagine della 'memoria' dell'accusa sono indicati elementi che getterebbero una luce obliqua su Mori. "Con nota del 16 settembre del 2014 – si legge – la Procura ha trasmesso documenti e verbali di persone informate sui fatti, dai quali emergono vicende del passato dell'imputato, ignorate dal tribunale, che non solo evidenziano profili sconosciuti della sua personalita', ma offrono una diversa chiave di lettura della condotta complessiva nelle vicende in cui e' stato ininterrottamente implicato dal 1992 al 1996". Consentendo, dunque, di rileggere diversi episodi cruciali come la mancata perquisizione del covo di Riina, la fuga di Benedetto Santapaola nel marzo del 1993, la mancata valorizzazione in sede investigativa delle rivelazioni ricevute dall'infiltrato Paolo Bellini, dei suoi colloqui con Antonino Gioe', la mancata cattura di Bernando Provenzano nel 1995 e il mancato sviluppo delle notizie provenienti dall'informatore Ilardo. Una condotta complessiva contrassegnata da "una concatenazione seriale di omissioni e di violazioni dei doveri imposti alla polizia giudiziaria". In particolare, con "le nuove fonti di prova documentali e orali", si fa luce su numerose circostanze, dagli inizi della sua carriera nei servizi segreti: Mori e' stato di forza nel Sid dal '72 al '75, anni nei quali il Sid era diretto dal generale Vito Miceli iscritto alla loggia P2; mediante una testimonianza si vuole provare "che stilava esposti anonimi, eseguiva intercettazioni abusive sui suoi superiori, e che propose ad altri di aderire alla loggia P2". La mancata perquisizione del covo di Provenzano e la richiesta di un nuovo esame del teste colonnello Riccio che evidenzierebbe una serie di comportamenti "tendenti a depotenziare e a minimizzare l'attivita' investigativa condotta da Riccio", con "un intenzionale ritardo nello sviluppo investigativo dei dati forniti che avrebbe non solo permesso di catturare Provenzano ma di smantellare la rete di fiancheggiatori". E il fallito attentato a Falcone all'Addaura "getta ombra" su Mori "nel contesto delle false informazioni circolate dopo quell'episodio". Nell'ambito del processo di merito "adombro' ufficialmente delle perplessita' sull'accaduto dichiarando che un consistente numero di chili di esplosivo messo li' senza alcuna possibilita' di deflagrare era una minaccia relativa e che aveva pensato a un tentativo intimidatorio piu' che un attentato"




VENEZIA: PRONTA A SALPARE LA GRANDE UNIVERSITA' SCIENTIFICA CA' FOSCARI

Redazione

Venezia – E' grandissima l'università veneziana. Ventottomila metri quadrati di superficie, quattro edifici di nuova costruzione, 69 milioni di euro investiti per una delle piu' grandi realizzazioni edilizie mai compiute da una universita' pubblica: e' il campus Scientifico dell'Universita' Ca' Foscari Venezia pronto ad avviare le proprie attivita' lunedi' prossimo con il primo giorno di lezione. Il Campus sorge a Mestre, in via Torino 155, nel lembo di terra che unisce Venezia alla terraferma. Con l'apertura del Campus, le attivita' dell'area scientifica di Ca' Foscari (Dipartimento di Scienze ambientali, informatica, statistica e Dipartimento di scienze molecolari e nanosistemi), si trasferiscono da Venezia Santa Marta a Mestre inaugurando un nuovo capitolo nella storia dell'ateneo e della citta'. Alla cerimonia inaugurale di oggi sono intervenuti Carlo Carraro, rettore Universita' Ca' Foscari Venezia, Michele Bugliesi, rettore eletto e direttore del dipartimento di Scienze ambientali, Informatica, Statistica, Salvatore Daniele, direttore del Dipartimento Scienze molecolari e nanosistemi, Roberto Zuccato, presidente Confindustria Veneto, Roberto Crosta, dg della Camera di Commercio di Venezia, Francesca Zaccariotto, presidente Provincia di Venezia, Michele Scognamiglio, subcommissario straordinario Comune di Venezia, Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'Economia e delle Finanze, e Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. Il Campus e' un imponente complesso edilizio realizzato secondo alti livelli di innovazione e sostenibilita' sia nell'uso dei materiali che nell'attrezzatura dei laboratori didattici e di ricerca. Alfa, Beta, Gamma, Delta sono i quattro nuovi edifici di pregiata architettura, cui si affiancheranno presto un quinto nuovo edificio (Epsilon) e una residenza universitaria per studenti che ne faranno una cittadella universitaria moderna e completa. Ai quattro nuovi edifici si affiancano altri due edifici preesistenti in funzione dagli anni Novanta, Zeta ed Eta, che ospitano rispettivamente il corso di laurea in Informatica e laboratori di ricerca. Il nuovo campus universitario di Ca' Foscari, ha commentato il presidente del Veneto Luca Zaia, s'inserisce in un "circuito internazionale" di una formazione d'eccellenza. "Questa e' la prova – ha sottolineato – della grande formazione che si fa in Veneto e anche di quello che sono, poi, la fondatezza delle nostre istanze ovvero pensare sempre piu' che le borse di studio dei veneti devono essere date ai veneti e i concorsi devono essere dedicati a loro, e la qualita' della formazione universitaria si traduce anche in interventi come questo".




PIERO GRASSO INVOCA LE DIMISSIONI DEL SINDACO DE MAGISTRIS

di Christian Montagna

Napoli – Si appella alla legge Severino il presidente del Senato Piero Grasso. In seguito alla condanna al Sindaco di Napoli De Magistris per abuso di ufficio nel processo legato all'inchiesta Why Not, nonostante la sospensione di pena, ci si interroga sul futuro e sul prosieguo del suo incarico istituzionale. La legge citata è stata già applicata in precedenza visto che non è la prima volta che un politico o un sindaco abbiano problemi con la giustizia. Nell' attesa che la sentenza diventi definitiva e si depositi la motivazione, un provvedimento del prefetto potrebbe essere in arrivo. De Magistris,dal suo canto, attacca ferocemente i giudici accusandoli su Twitter di servire uno Stato corrotto e dichiara di non mollare il suo incarico. La casta che però tanto sta criticando il caro Sindaco, prima di diventare primo cittadino era quella a cui lui stesso apparteneva. É facile scagliarsi contro chi accusa ma è giusto che qualcuno paghi. A prescindere da questo caso, il problema più grande è che ormai troppo spesso i politici hanno conti in sospeso con la giustizia. Possibile che nessuno di questi signorotti abbia operato secondo la legge e che ognuno di loro abbia qualche scheletro nell'armadio? Prima di emettere sentenze, attendiamo con ansia che la giustizia faccia il suo corso.




NAPOLI, FUORIGROTTA: VIOLENTA LITE TERMINATA CON TREDICI COLTELLATE

di Christian Montagna

Napoli – Atti di violenza all'ordine del giorno nel capoluogo campano. Una lite tra giovani poteva trasformarsi in una vera e propria tragedia. Nel piazzale Gabriele D'Annunzio, di fronte allo stadio San Paolo, al bar Gazebo intorno alle 9,30, l' incensurato Aniello Gargiulo, 27 anni, secondo quanto ha raccontato agli inquirenti, sotto effetto di alcool ha infastidito per gioco tre ragazzi. Violenta la reazione di uno dei giovani: tredici coltellate sferrate con violenza hanno costretto il giovane al ricovero in ospedale. Fortunatamente, i medici dell'ospedale San Paolo che hanno soccorso il giovane hanno evitato il pericolo di morte. Le indagini sono attualmente in corso.




ISERNIA: IMPRENDITORI E COMMERCIANTI NELLA MORSA DELL'ESTORSIONE

Redazione

Isernia – Un'attività di usura ed estorsioni è stata messa in luce dalle indagini svolte dalla Squadra mobile di Isernia.

Un gruppo criminale composto da quattro persone, ore finite agli arresti, costringevano le loro vittime a restituire prestiti con interessi che andavano dal 50 al 600 per cento.

A finire nella loro rete sono stati pensionati, commercianti, piccoli e medi imprenditori provenienti anche dalle province di Foggia e Frosinone.

In alcuni casi, inoltre, prime delle festività natalizie o pasquali, le vittime sono state costrette anche a rifornire le dispense degli strozzini con derrate alimentari.

Le richieste estorsive andavano anche oltre: per evitare gravi conseguenze anche dei prossimi congiunti, hanno dovuto saldare il conto delle bollette delle loro utenze domestiche (luce, acqua, gas).




ANCONA, ARRESTO VIGILE URBANO: IL COMUNE, "NON SI FANNO SCONTI A NESSUNO"

Redazione

Ancona – Un fulmine a ciel sereno ha colpito gli agenti della municipale di Ancona e di conseguenza l'amministrazione comunale. Un vigile urbano è stato arrestatoperché accusato di assenteismo. Faceva jogging
durante il lavoro. L'accusa sarebbe di truffa. L'arresto sarebbe stato eseguito dagli stessi colleghi. Il vigile è ai domiciliari. Si tratta di M.M. di 55 anni. Stamattina sarebbe stato sorpreso fuori dall'orario di lavoro. Secondo l'accusa faceva timbrare il cartellino da qualche collega, in modo da risultare in servizio, mentre in realtà si dedicava ad altre attività. A volte ricambiava il favore, addirittura andando, una volta mentre era in malattia, a timbrare per un altro. Nell'inchiesta, coordinata dal pm Paolo Gubinelli, sono coinvolti altri militari. L'arresto è avvenuto stamane in flagrante: l'uomo difeso dall'avv. Marta Balestra, risultava in servizio, in realtà stava facendo footing. Quando è tornato a casa, i vigili urbani lo hanno arrestato. La falsa presenza in servizio gli consentiva di accumulare buoni pasto e altri benefit. Intanto L’Amministrazione comunale ha accolto con amarezza la notizia di quanto avvenuto oggi presso il Corpo dei Vigili urbani. Se i fatti fossero confermati dagli sviluppi delle indagini, l’amarezza sarebbe ancora più profonda perché il caso di specie si sarebbe sviluppato all’interno del Corpo della Polizia Municipale.  Ma il dispiacere porta con sé anche la consapevolezza che il Comune ha gli anticorpi per reagire: “E’ un episodio gravissimo – dichiara il direttore generale Giancarlo Gasparini – che ha però riaffermato un fatto positivo irrinunciabile: in questa organizzazione, capace di attivare al suo interno i meccanismi di controllo, non si fanno sconti a nessuno. Sappiamo essere severi, prima di tutto con noi stessi, consapevoli dei compiti ai quali siamo stati chiamati. E’ la riaffermazione –conclude – che non si devono mai fare generalizzazioni, tantomeno in materia di personale”.




DELITTO SABINE MACCARONE: RINVIO A GIUDIZIO PER GIANNI MELLUSO L'ACCUSATORE DI ENZO TORTORA

di Cinzia Marchegiani

Trapani – Il GUP del tribunale di Marsala, Francesco Parrinello, ha rinviato a giudizio il noto personaggio soprannominato “Il bello”, Gianni Melluso con un’accusa pesante….indicato come mandante dell’omicidio di Sabine Maccarone. Gianni Melluso già occupa nella storia italiana un posto preciso, assieme a Giovanni Pandanico detto O' Pazzo e Pasquale Barra, noto come assassino di galeotti quand'era detenuto e per aver tagliato la gola, squarciato il petto e addentato il cuore di Francis Turatello, uno dei vertici della malavita milanese, furono i principali accusatori di Enzo Tortora… indicato di aver ricevuto e venduto oltre dieci chili di cocaina in diverse occasioni da persone affiliate alla Nuova Camorra Organizzata, NCO. Melluso,  il bello diventò determinante per aiutare il Dipartimento di Giustizia a sostegno delle sue accuse contro Tortora, quando ha confessato di aver avuto vari incontri con Tortora nella fornitura di lui cocaina. Melluso sostenne che questi rapporti hanno avuto luogo nel 1976 per le strade di Milano, dove vivevano entrambi gli uomini. Sulla base di queste testimonianze, Tortora fu infine condannato per traffico di cocaina e l'appartenenza NCO nel 1985 e condannato a dieci anni di prigione, detenuto per anni prima di essere scagionato dalla Corte di Appello. Si ammalò di cancro e morì poco dopo che il caso di errore giudiziario lo scagionò definitivamente.
Ora il processo che vede imputato Melluso, "il bello", inizierà a breve, il prossimo 26 novembre 2014 alla Corte di Assise di Trapani. Il cadavere della di Denise fu scoperto il 16 aprile del 2007 in un pozzo artesiano e ricoperto da tegole e massi, situato vicino all’abitazione di campagna, in contrada San Nicola a Mazara del Vallo, di proprietà della madre di Giuseppe D’Assaro, cui era legata sentimentalmente e con cui aveva convissuto ma da cui si era allontanata per quel carattere troppo violento. Lo stesso Giuseppe D’Assaro si accusò dell’ omicidio, e per questo condannato per 30 anni di carcere, ma fece il nome di Melluso quale mandante. 




GIANCARLO BREGANTINI, MOLISE: "INSIEME PER USCIRE DALLA CRISI"

di Simonetta D'Onofrio

Guardiamo al futuro con un occhio rivolto alla solidarietà per le persone bisognose, collocandola al primo posto in una scala di valori, affinché si possa veramente aiutare il prossimo sempre e ovunque. Ḕ in sintesi il concetto espresso da mons. Giancarlo Bregantini durante la presentazione del libro “Dio non si stanca di perdonare” (editore Palladino), svolta mercoledì scorso a Roma presso la sede di Radio Vaticana, moderata da Piero Damosso, caporedattore del TG1 in collaborazione con l’associazione dei molisani a Roma “Forche Caudine”.
Un vero e proprio diario, in formato tascabile, dedicato alla storica presenza della visita di Papa Francesco in terra molisana, che ripercorre con le immagini e le parole di gioia vissuta in quel giorno da un’intera regione.
Lo dice chiaramente il Vescovo dell'Arcidiocesi di Campobasso-Bojano, durante illustrazione del testo; si devono mettere insieme gli sforzi di tutti, partner sociali, imprese e altri attori di rilievo per uscire dalla crisi che stiamo vivendo, le conseguenze sociali ed economiche che si toccano per mano hanno raggiunto livelli critici. Riappropriarsi della dignità affinché si possa garantire un’esistenza nella propria terra, capace di governare le proprie famiglie. Ḕ proprio su questa direzione che sono state rivolte dai molisani a Papa Francesco le varie testimonianze. Letture, pensieri, sentimenti interamente indirizzati al cambiamento, a un forte desiderio a superare la crisi, non solo economica, che la gente vive in tutta Italia, ma che è forse più sentita in una piccola regione come il Molise.
Attenzione verso la famiglia rimodulandone anche il tempo trascorso insieme ai bambini, sviluppo, crescita e ricerca della qualità nel territorio e nei prodotti che dà la terra, attenzione agli ultimi. Sono queste le parole chiave che rappresentano il significato di ciò che hanno espresso i molisani sabato 5 luglio al Santo Padre, riprodotte anche nel volume.
A margine della giornata sono stati letti alcuni brani tratti da “Dio non si stanca di perdonare”, parole pronunciate da Papa Francesco e la lettera scritta dai detenuti del carcere d’Isernia per sua Sanità, metafora della sofferenza e del divario con chi vive dentro le “sbarre” di una prigione.
Al termine dell’incontro Mons. Bregantini ha raccontato un aneddoto che ha fatto sorridere i presenti. Per far comprendere la semplicità nei gesti del Papa, ha ricordato quando gli è giunta una lettera, a lui indirizzata, con scritto a mano sulla busta “F. Casa Santa Marta, 00120 Città del Vaticano”. Il Vescovo ha detto: “In genere anch’io ho un segretario che si occupa della corrispondenza, lui invece la lettera non solo l’ha scritta, ma anche imbustata personalmente”.




CATANIA: SCOSSA DI TERREMOTO

Redazione

Catania – Paura per una scossa di terremoto in provincia di Catania. Una scossa di magnitudo 3.3 e' stata registrata alle 18.33 nell'acese. L'epicentro e' stato localizzato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia a Santa Maria la Stella, a una profondita' di circa due chilometri. L'evento e' stato avvertito in alcuni Comuni della provincia.