DUO PACE – POLI CAPPELLI: UNA FORMAZIONE CHITARRISTICA CHE SI E' IMPOSTA NEL PANORAMA MUSICALE MONDIALE

di Michele Di Filippo

Quest’oggi ho il piacere di intervistare una formazione che in breve tempo si è imposta nel panorama musicale mondiale. Si tratta di un Duo formato da due chitarristi italiani dai curriculum eccellenti. Loro sono i Maestri Andrea Pace e Cristiano Poli Cappelli ed insieme formano il Duo Chitarristico Pace Poli Cappelli.  La loro collaborazione in duo inizia nel 2012, ma in poco tempo, riunendo le esperienze di solisti e non solo, li ha portati ad esibirsi nell’ambito di festival internazionali, con un repertorio particolarmente attento alla musica del Novecento ed alla contemporanea. Questo ha suscitato oltre all’attenzione del pubblico anche un’attenzione da parte di numerosi compositori. Di particolare fascino e bellezza è la loro ultima impresa discografica con l’etichetta Brilliant Classics, sull’opera completa per due chitarre del compositore italiano Mario Castelnuovo-Tedesco, di cui parleremo in seguito.

Allora Maestri, oltre ai miei  complimenti per la vostra attività, la domanda che vorrei farvi è questa :

Da dove è nata l’idea e la voglia di mettersi in gioco con un progetto così ambizioso come quello del Duo e soprattutto quali sono gli intenti che vi siete posti in riferimento al vostro repertorio ?
Cristiano: io ed Andrea ci conosciamo da più di dieci anni ed abbiamo iniziato a suonare insieme praticamente subito, appena ci siamo conosciuti nelle aule dell’Arts Academy. Dopo una lunga esperienza in Trio abbiamo proseguito la nostra attività con il Duo cercando di mettere a frutto questi anni di continuo studio con una formazione in cui abbiamo creduto fin da subito. L’idea era quella di affrontare con vitalità un repertorio magnifico per questo ensemble, repertorio che, per nostra inclinazione, è soprattutto un repertorio del 900 ed, ovviamente, del XXI secolo.

Maestri oltre ad essere due solisti siete anche stati componenti di formazioni cameristiche diverse. Cristiano è chitarra solista della Corelli Chambers Orchestra diretta dal M° Manfredo Di Crescenzo e collabora con molti musicisti. Andrea è, attualmente,  membro del prestigioso Quintetto a plettro “Giuseppe Anedda” e suona in duo con il flautista Marco Ferraguto. Quanto incide una formazione come il Duo di chitarre, quindi due strumenti identici, nella  prassi esecutiva e nelle scelte estetiche?
Andrea: Suonare in duo di chitarre comporta delle scelte ben definite, scelte che possono condurre questo tipo di formazione in direzioni, spesso, molto diverse. Il nostro intento principale è quello di rendere i nostri suoni e le nostre visioni interpretative più simili, omogenee e coerenti possibile. Questo al fine di dare all’ascoltatore l’illusione che l’esecutore sia uno solo. Abbiamo, cioè, l’ambizione di trasmettere un’idea musicale in modo “puro” senza che le nostre differenti visioni possano alterare questo messaggio.
 
Chi vi conosce bene sa che oltre ad essere “colleghi” siete anche ottimi amici, non a caso il feeling necessario si forma solo grazie alla profonda stima reciproca . E’ così anche per voi? Quanto la vostra amicizia influenza la vostra attività?
Cristiano: Dici una cosa verissima. Io ed Andrea siamo molto amici e, devo dire, questo aspetto è davvero estremamente importante. Ci consente di mettere da parte ambizioni personali e forme di competizione negative per il raggiungimento dei nostri obiettivi comuni. Inoltre, la  nostra amicizia rende sicuramente lo studio, estremamente rigoroso e faticoso, anche un’occasione di divertimento.

Tra un concerto e l’altro, siete anche due impegnati didatti, attivissimi sul web, organizzate attività musicali, corsi per ragazzi e chi più ne ha più ne metta.  Ma dove la trovate la forza e il tempo per fare tutto? Dite la verità c’entra per caso un patto con il diavolo??…ma a parte gli scherzi, la vostra testimonianza è un indice di un amore indiscusso per la musica a 360 gradi. Cosa vi sentite di dire a dei giovani che si vogliono avvicinare ad uno strumento come la chitarra?
Andrea: Per entrambi l’attività didattica è molto importante per una serie di ragioni. Innanzi tutto siamo entrambi convinti che i più grandi miglioramenti musicali e tecnici passino anche attraverso la trasmissione del sapere musicale. Impariamo molto dai nostri allievi e c’è un arricchimento reciproco. Sappiamo quanto sia difficile per un giovane chitarrista trovare occasioni di approfondimento e quanto queste occasioni possano essere economicamente inaccessibili  a molti. Per questo abbiamo sempre cercato di creare queste occasioni cercando di dare tutto quello che possiamo ai nostri allievi. Spesso i giovani hanno bisogni di stimoli per capire quale percorso fare e quello che ci sentiamo di consigliare e di credere nei loro progetti, anche se, a volte, possono sembrare ambiziosi.

Leggevo di voi che siete molto attenti ai compositori contemporanei. Meglio di me sapete che la contemporaneità però è spesso considerata Avanguardia, linguaggio anch’esso ormai storicizzato e che si riferisce ad un periodo ben preciso del Novecento che ormai di contemporaneo ha ben poco. Come vi ponete nei confronti dell’avanguardie e qual è il principio estetico che vi porta a scegliere questa o quella composizione.
Cristiano: siamo perfettamente d’accordo con te, Michele. Spesso il linguaggio contemporaneo vive di cliché che hanno allontanato molte persone dalle sale da concerto. Non abbiamo un’”estetica” di riferimento nella scelta del nostro repertorio: ci facciamo guidare, con molta naturalezza, dai nostri gusti, da ciò che ci sembra musica di qualità, originale ma che abbia le caratteristiche adatte a piacere al pubblico. Il concetto di “piacere” deve perdere le connotazioni negative che certa musica “colta” vorrebbe attribuirgli. La musica deve assolutamente piacere a chi ne fruisce, non può continuare ad essere un’esperienza di addetti ai lavori. Per fortuna ci sono giovani compositori che stanno tornando a comporre musica di grande efficacia e di grande comunicativa, senza cadere nella banalità che è, poi, l’altro lato della medaglia.

Ma adesso veniamo al momento più bello. Dico un nome, anzi nome e cognome. Mario Castelnuovo–Tedesco. Di primo impatto che cosa vi viene in mente?
Andrea: Sicuramente uno dei nomi più importanti per la chitarra. Un compositore che meriterebbe di essere conosciuto di più, anche al di fuori degli ambienti chitarristici.

Il vostro lavoro sull’opera di Castelnuovo – Tedesco è bellissimo, che cosa vi ha lasciato quest’esperienza?
Cristiano: ci ha lasciato molto di bello. è stato come riscoprire, una seconda volta, il grande compositore. Ovviamente entrambi conoscevamo le “Guitares” prima di suonare in duo ma, affrontare questa musica incredibile, da interpreti, è stata un’esperienza magnifica. Le Guitares bien tempérèes sono probabilmente uno dei capolavori del Maestro e pensiamo che il loro profondo studio sia davvero utile per questa formazione, proprio perché una buona interpretazione richiede un grande senso dell’insieme, della visione “unificata”, una grande capacità di ascoltarsi.

Maestri secondo voi come sta la musica e quali sono le difficoltà dei musicisti di oggi?
Andrea: se ti riferisci alla musica in generale senz’altro bene. Chiunque coltiva esperienze musicali, anche se solo passivamente. Il problema è capire quale sia il livello di queste esperienze musicali, quanto esse siano esperienze di “consumo”, usa e getta. Bisogna fare qualcosa di propositivo per far arrivare musica di qualità alle orecchie delle persone, convincendoli con la qualità stessa che l’esperienza musicale è un’esperienza che può essere creativa e che può condurre a godere della musica in modo più profondo, meno consumistico. In questo senso torna alla ribalta la questione “avanguardia”: bisogna far tornare le persone nelle sale da concerto, avvicinandoci a loro, non allontanandoci ancor di più. Non significa venire a patti con la bassa qualità ma significa comprendere che il fare musica presuppone anche qualcuno che la ascolti e che trovi questo ascolto appagante.

Ci resta di aggiungere che ultimamente siete stati ispiratori di un nuovo modello di chitarre realizzate dal Liutaio romano Leonardo De Gregorio, che ha realizzato per voi le chitarre “gemelle”. Raccontateci com’è andata.
Cristiano: Ti abbiamo detto della nostra ricerca di uniformità interpretativa, di suono, di coerenza. E’ arrivato molto presto il momento in cui abbiamo sentito la necessità di avere un suono più simile possibile e abbiamo affidato a Leonardo, che stava costruendo strumenti eccezionali, la costruzione di due chitarre che avessero caratteristiche simili in tutto e per tutto. Siamo stati ripagati perché abbiamo due strumenti davvero molto simili, costruite seguendo un nuovo progetto Double top, senza uso di materiali sintetici. Davvero due chitarre fantastiche. Ovviamente la mia è quella riuscita leggermente meglio (ride guardando Andrea).

Progetti futuri ? Prossimi eventi?  Come possiamo seguire le vostre attività?
Andrea: I prossimi progetti del duo sono…solistici! Stiamo realizzando due registrazioni, sempre per Brilliant Classics. Io sto preparando gli Studi di Mario Gangi mentre Cristiano sta incidendo l’opera per chitarra di Alexandre Tansman.
Cristiano: Anche in questo progetto abbiamo messo lo zampino del duo, incidendo assieme la Sonatine per chitarra. Ovviamente abbiamo già in mente un nuovo progetto discografico in duo…per saperne di più bisogna seguire la nostra webpage e sui nostri account Facebook e Twitter.

Ringrazio di cuore davvero Il Duo Pace Poli Cappelli per la disponibilità di quest’intervista, una bella testimonianza da due interpreti formidabili. Grazie ancora Maestri.

Per qualsiasi info richiesta, domanda scrivere a: difilippomichele@yahoo.it




LA RIVINCITA DEI VALORI DELLA TERRA SULL'ERA INDUSTRIALE E TECNOLOGICA

 

Alessandro Petruccelli: “In occasione dell'Expo Milano 2015, che ha come centro la genuinità dei cibi e dei sapori, mi sembra giusto e doveroso rivolgere un saluto a coloro che, per millenni, di padre in figlio hanno coltivato la terra e hanno garantito la suddetta genuinità. Essi si chiamavano contadini.“ 

 

di Gabriella Resse

Personaggio di profondo sapere e percettibilità, indagatore della realtà, immerso in un una sorta di neorealismo favolistico, un po’ filosofo, Alessandro Petruccelli, nato a S.S. Cosma e Damiano cittadina in provincia di Latina  vive e lavora a Formia (LT) .

Laureato in lettere, vincitore di numerosi premi letterari e con al suo attivo la pubblicazione di diversi libri e favole illustrate, ha insegnato negli istituti superiori e tra gli altri, di lui ricordiamo il best seller “ Un giovane di campagna “ . Avendo  in sé una profonda conoscenza della campagna e del mondo contadino, egli ha sentito l’esigenza di dare voce al suo disappunto verso una società moderna e metropolitana che oggi scopre inaspettatamente ciò che un tempo era stato, ghettizzato, considerato gretto, brutto, cafone, come economicamente sfruttabile, bucolico, Bio, pittoresco, genuino, ecosostenibile. E ci regala questo monito, come un buon padre di famiglia che cerca di insegnarci il senso delle nostre azioni, affinché non siano vuote e mirate solo ad meschino tornaconto, ricordando a tutti che le ricchezze della terra, sono sempre state davanti ai nostri occhi, e che non sono preziose solo perché si riscoprono essere una delle principali risorse economiche del nostro paese, ma perché lo sono, come lo sono sempre state, anche dal punto di vista umano, sociale , culturale e spirituale. Un patrimonio di incalcolabile valore che in passato, nell’era dello sviluppo industriale e metropolitano e dei concetti associati di profitto e competitività su ampia scala, fu, insieme a coloro che lo custodivano, avvilito, disprezzato e abbandonato. Ora la terra ed i suoi magici doni, i suoi segreti ed i piccoli misteri svelati, si sta riprendendo una rivincita su un concetto di sviluppo che appare ormai freddo, svenduto e privo d’attrattiva  e lo scrittore Alessandro Petruccelli  lo sottolinea  in questa “ Lettera ai contadini della mia terra e di tutte le terre“ che compare nel suo sito. Un messaggio fresco, diretto, denso di significato, un percorso nella memoria, che molto può dirci sul nostro presente ed  incoraggiarci ad intraprendere strade nuove nel nostro futuro, come persone e come paese.             
                                     
Ecco la lettera "ai contadini della mia terra e di tutte le terre" di Alessandro Petruccelli

Cari contadini della mia terra e di tutte le terre, vi ricordate quel giorno? È stato un bel giorno quel giorno in cui abbiamo capito che se ci volevamo riscattare sul serio dal disprezzo del mondo e dalla schiavitù delle zolle, questo riscatto doveva essere pagato con il nostro sudore e il nostro sacrificio. Io sono andato a scuola a piedi tra il vento e la pioggia, per impervi sentieri, con lunghi cammini, voi siete andati all'estero indifesi e soli tra gente sconosciuta; avete dormito nelle baracche e avete fatto i lavori più umili e nei momenti di riposo vi siete preparati i pasti e lavati la biancheria o avete scritto alle famiglie lontane e avete desiderato avere accanto la moglie e i figli.

Voi con l'emigrazione e io con i libri abbiamo raggiunto lo stesso scopo.

Con i risparmi che avete fatto, vi siete costruiti le case in città o nei pressi di strade frequentate e avete aperto botteghe e trattorie, dopo anni di servizio in ristoranti e negozi stranieri; o, dopo anni di apprendistato, siete entrati nelle fabbriche come operai specializzati. Avete viaggiato e accumulato tante esperienze e mentre prima pensavate che la vita consistesse solo nei doveri, da anni ormai conoscete dove arrivano i vostri diritti. I nostri figli, diversamente da noi, non sono cresciuti dietro gli animali e non hanno imparato solo la fatica. Occorreva andarsene dai campi per non essere più contadini. Noi ce ne siamo andati, rompendo gli schemi di un ordinamento sociale che durava da millenni. E' stata una rivoluzione totale la nostra e l'abbiamo fatta senza barricate, senza sangue e senza bandiere.

In ogni epoca, presso ogni popolo, nessun padre, potendo scegliere tra i mestieri, ha consigliato al proprio figlio di fare il contadino, nessun figlio, anche se appartenente agli strati più poveri, un bel mattino si è alzato ed è corso ad annunciare ai genitori e agli amici la sua vocazione di arare i campi. Il contadino è l'unico mestiere che, costretti, hanno continuato a fare i figli dei contadini.

Da anni, da sempre, gli altri ci hanno considerati fuori dal mondo civile. Ogni tanto sono venuti a osservare il nostro comportamento e a studiarci come se fossimo scimmie e pappagalli, sono venuti superbi o pietosi in mezzo a noi, ci hanno interrogati e hanno assistito curiosi o divertiti alla nostra lealtà, hanno goduto delle nostre reazioni e se ne sono andati, contenti di non essere come noi. La nostra fede l'hanno chiamata superstizione, la nostra pensosità intontimento; il nostro amore passione selvaggia, la nostra energia forza bruta, la nostra semplicità nient'altro che ignoranza.

La nostra, poi, non è stata ritenuta cultura,  ma folclore e a nulla sono valsi i nostri innesti, i tralci disposti con simmetria, i solchi diritti, le mete di paglia e di fieno con pendenza perfetta, le decorazioni dei carri e degli aratri, le serenate che abbiamo composto per l'amata e cantato sui colli, le ninne nanne con cui abbiamo acquietato i bambini del mondo, le canzoni con cui abbiamo accompagnato i nostri lavori e i nostri pellegrinaggi. Allo stesso modo, non è stata data alcuna importanza al nostro rispetto nei confronti della terra madre. Infatti, finché noi siamo stati custodi del territorio, rari o rarissimi sono stati gli smottamenti e le frane, rare o rarissime sono state le alluvioni, perché piantavamo alberi che con le loro radici trattenevano il terreno che tendeva a scivolare, perché ogni rettangolo o quadrato di terra era delimitato da fossi che ogni anno venivano rifatti o puliti e non permettevano il ristagnare neppure a una goccia d'acqua.

Solo quando abbiamo fatto del male, ci hanno reputato consapevolmente cattivi, razionalmente spietati: per il resto, ci siamo comportati con istinto e senza gusto e siamo stati come animali che si accoppiano mangiano bevono e lavorano, ripetendo gesti e azioni di cui non si rendono conto. Tuttavia, nei periodi di decadenza ci hanno considerati come la loro riserva umana e come uccelli rapaci sono venuti a cercare e a prendere da noi quei sentimenti originari che per smodatezza o ambizione avevano perduti. Si sono appropriati così dei nostri usi, delle nostre parole, dei nostri riti, dei nostri balli, delle nostre cassepanche; hanno attraversato in lungo e in largo le campagne alla ricerca dei nostri cibi genuini e del nostro modo di prepararli: e tutte queste cose quando erano presso di noi le hanno schifate presso di loro invece, sono diventate belle, hanno acquistato prestigio e hanno dato al loro animo una verniciatura di sensibilità.

Cari contadini, da anni, da sempre tra capo e collo ci stava una tradizione che era disprezzo. Sugli autobus, sui treni si sono seduti a forza accanto a noi. "Ecco, questo è un contadino" diceva tra se' il truffatore e si preparava a intrappolarci. "Ecco, questo è un contadino" pensava il medico e ci trovava malattie lunghissime. Se ci trovavamo in città, quelli che ci vedevano passare ci additavano ai loro figli: "Guardate, sono quelli i cafoni". Se una donna andava vestita male o alla buona la rimproveravano: "Sembri una contadina". Quando un bambino mangiava la mela o il pane, tagliandoli a pezzi con il coltello, i presenti lo aggredivano: "Non così, così mangiano i contadini". Ogni ragazzo che andava male a scuola o non voleva imparare un mestiere, i genitori lo minacciavano: "Zapperai la terra!". Quando un giovanotto faceva l'imbecille o il maleducato con una ragazza, quando uno entrava col cappello in testa o usciva lasciando la porta aperta, quando uno beveva e si asciugava bocca con la manica, gli dicevano o pensavano di dirgli: "Villano!", attribuendo così a noi ogni loro indecenza.

A chi aveva uno schizzo di fango o una macchia qualunque sul vestito o sulle scarpe si chiedeva con disgusto: "Da dove vieni, dalla campagna?", e poiché i luoghi ritenuti colpevoli di sporco erano i nostri, noi, quando uscivamo da essi, ci rimboccavamo i calzoni, esponendo nudi gli stinchi alle spine, attraversavamo scalzi i rivi, camminavamo scalzi sui sassi appuntiti e solo prima di entrare in paese ci mettevamo le calze e le scarpe.

Ora che la civiltà contadina non c'è più, ai giovani che vivono nelle comodità, ai giovani che sono diplomati o laureati, ai giovani che conoscono ogni segreto dei telefonini e dei computer diciamo di provare a entrare nel mondo che noi abbiamo lasciato. Coltivare i campi per loro non sarà una condanna, ma una libera scelta; non solo, ma nessuno può sapere quali orizzonti gli potrà aprire davanti il contatto vero con la natura. Essi, poi, useranno le macchine e non saranno chiamati contadini, ma tecnici o industriali della terra.
 




MOLISE: QUEL MIX DI ELEMENTI PER LA RIPRESA DEL TURISMO

di Simonetta D'Onofrio

Campobasso – Può sembrare scontato, quasi banale, sottolineare che l’industria culturale è un volano importante per l’intera economia del sistema Italia, strategico per la crescita del futuro di un paese. Nondimeno è quindi lo sviluppo dell’intera filiera, come la valorizzazione del patrimonio storico e architettonico, il commercio dei prodotti tipici locali e il turismo. Su questa strada, si sta ponendo il Molise, piccola regione del centro-sud, che ha però un potente mix di elementi che operano all’interno, tutti favorevoli alla crescita del turismo, come le attrattive naturali, un patrimonio storico unico al mondo e straordinari paesaggi , tutt’ora incontaminati, parchi ed aree protette presenti nell’intero territorio. Serve portare questo messaggio tra la gente, nelle pubbliche amministrazioni, tra le imprese che operano nel comparto turistico. Sta alle realtà ricettive oggi non perdere l’occasione, per recuperare il tempo perso e far guadagnare al Molise il ruolo che gli spetta nel settore. Una chance da non mancare.

Quali sono le imprese turistiche di qualità che investono nel settore? Ne abbiamo parlato con Mino Reganato, direttore dal 2013 del Centrum Palace Hotel di Campobasso. Nato nel 1961 a Formia, sul golfo di Gaeta, in un’area dalle forti memorie storiche legate all’impero romano e all’epopea borbonica. Opera nel turismo dal 1980 dove ha ricoperto differenti incarichi dirigenziali nei settori alberghiero e dei tour operator, oltre ad essere docente per corsi di alta formazione di destination management della Regione Lazio.

Qual è la chiave per convincere i turisti a venire in Molise? Cosa può offrire questa regione di diverso dalle altre?
Uno slogan molto efficace recita: “Molise …visitalo prima che diventi di moda”. L’intento è trasmettere tutte le potenzialità di questa stupenda regione. Il Molise ha un’enorme potenzialità costituita da paesaggi e territori incontaminati, da un’enogastronomia di eccellenza, da un connubio mare e montagne unici in Italia. Una miriade di piccoli centri storici uno più bello dell’altro dove la vita scorre in modo semplice e genuino, caratteristica ricercata dal nuovo modello di turismo verde e naturalistico che in piccola parte, frequenta queste zone per ritemprarsi dalla vita frenetica delle grandi città.
 

Nel vostro caso come state cercando di promuovere questo flusso?
Al Centrum Palace – continua Reganato – abbiamo programmato una serie di pacchetti e convenzioni che unitamente all’opera sinergica con altre entità, stiamo promuovendo attraverso operazioni molto ambiziose al fine di creare un interesse strategico del territorio e ciò anche grazie all’orientamento della famiglia Morelli, proprietaria della struttura ricettiva che ha nella persona del dott. Rosario Morelli, un’anima pulsante e costantemente attiva per la crescita del territorio. Ciò per far sì che anche il Molise possa iniziare ad intercettare flussi turistici nazionali ed internazionali.
 

Chi sono i vostri potenziali clienti?
Uno di questi pacchetti che abbiamo ideato è dedicato agli emigrati molisani e alle successive generazioni che intendono visitare la terra da dove sono partiti i propri padri e nonni. Un desiderio molto sentito per la ferma volontà di appartenenza ad un territorio lasciato per necessità e che rimane perennemente nella pelle. I pacchetti e le convenzioni con evidenti sconti sulle tariffe, vogliono apportare un modesto ma importante contributo al fine di permettere ai corregionali sparsi nel mondo, di tornare sui luoghi di origine per vivere uniche emozioni.
 

Molise è natura e paesaggio, ma anche cibo. Potete parlarci della vostra cucina?
Anche l’offerta enogastronomica è tracciata per fornire a tutti coloro che scelgono la nostra struttura, una chiara occasione per degustare la vera cucina molisana, passaggio obbligato per comprendere le eccellenze di un territorio e le proprie tradizioni. Per questo stiamo lavorando per un ambizioso progetto di cooperazione con alcuni attori dell’offerta enogastronomica per far si che i principali prodotti alimentari molisani possano essere conosciuti attraverso dei week-end tematici con l’opportunità di partecipare a una sorta di EXPO’ (per parafrasare il trend del momento) in uno dei palazzi più belli di un rinomato centro posto vicino a Campobasso. Una vetrina per unire la visita ad importanti centri monumentali ed archeologici con la degustazione di prodotti tipici, abbinati a vini di alto spessore organolettico come la Tintilia. Abbiamo creato a tal riguardo, un sondaggio di opinione tra alcuni importanti CRAL italiani i quali hanno espresso parere favorevole circa la possibilità di partecipazione a tali eventi, segno indistinguibile di un forte interesse verso la destinazione Molise. Altri eventi e pacchetti tematici sono in agenda e prossimamente saranno divulgati a segmenti di mercato di nicchia, proprio per far vivere esperienze uniche a chi sceglie la nostra struttura e ovviamente il Molise.
 

Il turismo quindi come leva per rilanciare l’economia?
Personalmente credo che la prima industria dovrebbe essere proprio il turismo. Abbiamo tre scuole alberghiere, Agnone, Termoli e Vinchiaturo, cresciute in termini di iscrizioni che potrebbero senz’altro fornire figure professionali formate. Ecco, la formazione, altro elemento indispensabile ai fini della crescita del fenomeno turistico di cui la progettualità sopracitata abbisogna, puntare insomma sulla qualità dei servizi che offerti a turisti che cercano emozioni e vivono esperienze da raccontare poi al loro ritorno con effetti positivamente dirompenti e che certamente favoriscono la crescita della destinazione. I turisti sono anche quelli che leggono i giornali, che fanno opinione, sono quelli che vanno in Internet a cercare testimonianze per poi muoversi. Questo è l’aspetto che spesso viene sottovalutato ma che è fondamentale proprio perché quando si ha un prodotto qualitativo con una buona comunicazione si giunge certamente a risultati apprezzabili in termini di sviluppo.
 

In conclusione, può riuscire il Molise a eccellere a livello nazionale?
Ne ha le potenzialità, ma è imperativo fare gruppo e investire sulla formazione, ognuno per le proprie competenze e certamente il Molise potrà competere con le altre destinazioni, creando i presupposti per un auspicato sviluppo territoriale di cui tutto l’indotto economico ne gioverebbe.




LADISPOLI: TROVATA MORTA L'ATTRICE LAURA ANTONELLI

di Silvio Rossi

Ladispoli (RM) – È stata trovata senza vita stamattina dalla badante, nella sua casa di Ladispoli, l’attrice Laura Antonelli, morta all’età di 74 anni.


L’ultima ad aver visto viva l’attrice è stata proprio la badante venerdì scorso, ancora non è certa la data del decesso, verrà predisposta l’autopsia per scoprire le cause e l’ora della morte. Un fratello della Antonelli, che vive in Canada, è stato avvertito del decesso.
Nata nel 1941 a Pola, in Istria, in tenera età fu tra i tanti profughi scappati dalla repressione titina, si trasferisce a Napoli, dove si diploma all’Istituto di Educazione Fisica, insegnando la materia nel liceo romano di Via Ripetta.
Inizia a lavorare nel cinema con piccoli ruoli nella metà degli anni sessanta. Nel 1973 ottiene il successo cinematografico grazie a Malizia, film di Salvatore Samperi, dove interpretava una sexy cameriera che seduce il giovane Alessandro Momo, attore scomparso in tenera età.
 

Il successo fu notevole, e la Antonelli iniziò a lavorare assiduamente con registi e interpreti di livello, tra cui si ricorda il francese Jean Paul Belmondo, con cui ebbe una burrascosa relazione. Fu al fianco di Sordi in due film tratti da commedie di Moliere: L’avaro e Il Malato Immaginario. Ma il suo personaggio rimase legato all’immagine di donna sexy, anche se non riuscì a ripetere il successo di Malizia.
Nel 1991 rimase coinvolta in una storia di droga, per cui fu condannata a 3 anni e 6 mesi in primo grado, assolta poi in appello alcuni anni dopo, con la legge sugli stupefacenti che nel frattempo era cambiata (la Antonelli venne riconosciuta consumatrice, ma non spacciatrice di cocaina).


Dopo la riabilitazione, non riuscì però a tornare al successo, anche per un intervento di chirurgia estetica che aveva deturpato il suo volto, per il quale le venne riconosciuto un risarcimento ritenuto dai più del tutto inadeguato. Negli ultimi anni si era ritirata a vita privata, vivendo di una pensione minima, tanto che l’amico Lino Banfi fece un appello al Presidente del Consiglio per aiutarla, lei fece però sapere di non volere riconoscimenti, perché la vita terrena non la interessava più.
I molti fan dell’attrice, però, preferiscono ricordare la Antonelli bella e sorridente degli anni migliori, un volto che aveva fatto innamorare milioni di italiani.
 




MUORE IL CONTE DRACULA: ADDIO A CHRISTOPHER LEE

di Ch. Mo.

Londra –
E’ morto all’età di 93 anni il Conte Dracula primo, unico e inimitabile del cinema. Una leggenda che va via lasciando tanti e tanti ricordi. Noto per un' infinità di ruoli e film, dal Conte Dracula, al Signore degli Anelli a Star Wars, era stato ricoverato per problemi respiratori e una crisi da insufficienza cardiaca ed e' deceduto domenica mattina, in un ospedale londinese. Soltanto oggi però è stata diffusa la notizia e a deciderlo è stata la moglie che ha voluto informare prima l'intera famiglia.


Una carriera ad honorem cominciata nel 1947, con un ruolo in un film dalle atmosfere gotiche, 'Corridor of Mirrors', quella di Lee ma solo negli anni '50 aveva raggiunto il vero grande successo con la produzione Hammer in almeno una ventina di film horror, a cominciare da 'La maledizione di Frankestein'. 


Negli ultimi quindici anni la sua carriera aveva conosciuto una seconda giovinezza interpretando lo stregone Saruman nella trilogia del 'Signore degli Anelli' lavorando anche con Tim Burton ('Alice in Wonderland').
Doppiatore e anche cantante, attore e interprete, lo potremo rivedere per l'ultima volta in "Angels in Notting Hill ", il suo film non ancora uscito sugli schermi.




L'AQUILA: SI INAUGURA SABATO L'AREA GIOCHI PER DISABILI

di Simonetta D'Onofrio

Un gesto concreto per L’Aquila, che la vedrà protagonista in un progetto di inclusione, uno spazio giochi, dedicato ai bambini con disabilità. Sabato 13 giugno, dalle ore 16 alle ore 18,30, presso il Parco Giochi di Viale Rendina, sarà inaugurata un area giochi progettata secondo i principi della piena inclusione e rispettando i criteri di accessibilità, fruizione universale e sicurezza. L’associazione FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che si occupa del superamento delle barriere architettoniche, dopo le tappe di Genova e Milano realizzerà anche nel capoluogo abruzzese, parte di un progetto nazionale Giochiamo Tutti! (www.giochiamotutti.it), che ha già portato ad analoghe realizzazioni a Genova e Milano e che qui si avvale del fondamentale sostegno economico di Mediafriends, la ONLUS fondata nel 2003 da Mediaset, Medusa e Mondadori, impegnata nella solidarietà sociale, della fattiva collaborazione del Comune dell’Aquila e del locale Coordinamento delle Associazioni di Persone con Disabilità, con tutte le sue organizzazioni, oltreché dell’operatività del Gruppo Giochisport.

Un momento importante, dal punto di vista culturale, poiché nella aree nelle quali i giochi sono simili a quelli di tutte le altre (altalene, scivoli, pannelli ecc.), che però dispongono di alcuni particolari accorgimenti, tali da consentire ai bambini con disabilità di giocare e divertirsi come e insieme a tutti i coetanei. Non un’area “speciale”, quindi, riservata ad alcuni bimbi, ma realmente aperta a tutti.
Esprime “una gioia infinita”, il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente e parla di “un regalo meraviglioso”, sottolineando che “all’Aquila sta per nascere non un semplice parco giochi, ma un luogo di aggregazione e integrazione. Siamo grati alla FISH e a Mediafriends, per avere regalato alla nostra Città, ancora ferita, un’occasione nuova per crescere e amare”.

Anche il presidente Vincenzo Falabella della FISH esprime grande soddisfazione per l’obiettivo che è stato raggiunto e commenta così:“Per la FISH è motivo di grande soddisfazione collaborare alla rinascita dell’Aquila, portando il nostro messaggio inclusivo. I bambini, le generazioni di domani, con la loro gioia e voglia di stare tutti assieme sono il veicolo più sicuro di una comunità diversa e a misura di tutti. Giocare tutti! è un impegno molto serio”.
Durante la manifestazione ci sarà anche un giovane writer aquilano che con la sua arte, realizzerà nell’area un murale dedicato anch’esso al Progetto Giochiamo Tutti! L’invito a partecipare è rivolto a tutta la cittadinanza.
Iniziative come queste sono da elogiare, poiché in Italia le aree con giochi accessibili ai ragazzi con disabilità sono rare da trovare, quasi insesistenti. Le problematiche legate ai ragazzi che hanno differenti limitazioni fisiche sono spesso sottovalutate. Attività pensate e avviate come quella che verrà inaugurata a L’Aquila dovrebbero essere presenti in tutte le città d’Italia, per dare un piccolo sollievo anche alle famiglie che si sentono abbandonate dalla politica e dalle istituzioni.




AMICI: BOOM DI ASCOLTI PER IL TRIONFO DEI “THE KOLORS”

di Christian Montagna

Roma –
Un record di ascolti per la finale della 14 esima edizione di Amici che chiude con il 34.20% di share classificandosi al primo posto come programma della serata. Ottiene ancora un enorme successo, sebbene siano passati 14 anni dagli esordi, il talent ideato da Maria De Filippi. Soltanto alla proclamazione dei vincitori, il 54% degli ascolti. In finale quattro concorrenti: le ballerine Klaudia e Virginia, il rapper Briga e la band The Kolors. Successo conclamato anche dal popolo web: soltanto nella finale di ieri, oltre un milione di Tweet.

I FINALISTI
Klaudia, la fantastica ballerina straniera ha combattuto con eleganza e tecnica fino alla fine peccato però che non sia riuscita a conquistare il pubblico a casa. Virginia, giovane 19 enne, è stata proclamata vincitrice della categoria danza e premiata dall’Etoile ora direttrice del Teatro dell’Opera di Roma Eleonora Abbagnato con un contratto all’interno del teatro stesso di un anno. Briga è stato indubbiamente il personaggio di questa edizione, sia per uno spiccato carattere che per il grado di egocentrismo che lo ha portato più volte a scontrarsi furiosamente con la giudice Loredana Bertè.

I VINCITORI: THE KOLORS
Stash, nome d’arte del napoletano che ha trionfato nel talent targato Mediaset, ha battuto il rapper Briga in uno scontro fino all’ultima nota. Oltre al premio del pubblico che ha incoronato la Band come vincitrice indiscussa del talent, anche la critica lo ha decretato come vincitore del premio di 50 mila euro. Un successo annunciato per un giovane cantante dalla voce speciale e diversa che si presenta ricca di innovazione e freschezza. "Sarò banale – ha detto Stash, il leader della band The Kolors – ma dedico la vittoria ai miei genitori e a tutti quelli che mi sono stati vicino. Non mi aspettavo la vittoria ma ho cominciato a capire che ce la potevo fare, che potevo cominciare a crederci un po', quando due giorni fa in conferenza stampa ho scoperto di essere primi in classifica e di aver conquistato il disco d'oro con Out.

MARIA DE FILIPPI ESULTA
Intanto se la ride Maria de Filippi, forte di un altro grande successo che porta il suo nome. Durante la conferenza stampa tenutasi in seguito alla trasmissione, ha lanciato una provocazione a Sanremo dicendo di non essere mai stata chiamata alla conduzione del Festival e invitando i neo vincitore a non prenderne parte il prossimo anno, onde evitare le solite dicerie che girano sui giovani di Amici a Sanremo.

GLI OSPITI DELLA SERATA
Ospiti della serata il sensazionale Roberto Saviano che ha contribuito a dare un tocco speciale alla trasmissione parlando nuovamente di violenza sulle donne soprattuto nei paesi considerati più "retrogradi"; Virginia Raffaele la mitica imitatrice dei personaggi più in voga del momento che quest’anno ispirandosi ad Emma ha creato il personaggio di Giorgia Maura; Ferilli, Renga e Bertè i giudici; Emma ed Elisa le coach che hanno annunciato di voler intraprendere qualche lavoro insieme e infine giornalisti e conduttori radiofonici.




NEW YORK: MUORE IL GIORNALISTA CLAUDIO ANGELINI

di Simonetta D'Onofrio

Claudio Angelini, storico conduttore del TG1, per molti anni inviato da NeW York, è morto proprio nella città americana, dove viveva dal 1997, insieme alla moglie Olga Cortese, anch’essa e giornalista Rai, per una malattia che lo ha colpito recentemente.
Angelini, 72 anni, è stato direttore del Giornale Radio Rai, vicedirettore del TG1 e per molti anni ha condotto l’edizione serale del telegiornale. Fu lui, nel maggio del 1978 ad annunciare agli italiani il ritrovamento del corpo di Aldo Moro nella Renault 4 parcheggiata in via Caetani.
Da alcuni anni si era dedicato alla scrittura, con la pubblicazione di alcuni saggi, e con l’organizzazione del premio Capri, una rassegna trentennale che si è ritagliata uno spazio importante nel mondo della cultura italiana.

L’interesse per la cultura era una cifra che lo contraddistinse anche durante la carriera televisiva, numerose sono state le rubriche culturali che ha curato, si ricorda lo storico “Almanacco del giorno dopo”, striscia preserale che accompagnò per diversi anni l’attesa dell’edizione di maggiore ascolto del TG.
Angelini era presidente della Società Dante Alighieri a New York, per alcuni anni è stato direttore dell'Istituto Italiano di Cultura, sempre nella grande mela, e presidente emerito di Rai Corporation. In questi giorni stava lavorando per la prossima edizione del premio Capri.




FESTIVAL DI CANNES: TRIONFA IL FRANCESE AUDIARD. DELUSI MORETTI, GARRONE E SORRENTINO

di Christian Montagna

Cannes- Giunge inaspettata dopo la fine dell’Eurovision 2015 anche la sconfitta per l’Italia al Festival di Cannes. Musica e Cinema dunque in Italia non riescono ad affermarsi nel mondo, eppure, sono sicuro che almeno di queste due possiamo andarne davvero fieri.

I più grandi musicisti, cantanti, attori e registi sono stati italiani; le idee più entusiasmanti sono state e i costumi più particolari di costumisti italiani. I capolavori in concorso al Festival candidati alla vittoria fino all’ultimo giorno sono stati battuti da "Dheepan" del francese Jacques Audiard.

I registi italiani Matteo Garrone con “Il racconto dei racconti”, Paolo Sorrentino con “La giovinezza” e Nanni Moretti con “Mia Madre” sono rimasti a bocca asciutta ma almeno posso vantare di aver conquistato stampa estera e italiana. Ad avere la meglio su di loro è stata una storia di migrazione , tematica più ricorrente che mai. Il francesce Audiard ha conquistato contro ogni pronostico la Palma d’Oro.

In giuria i fratelli Coen hanno stravolto tutte quelle che erano le aspettative del pubblico. Anche altri premi sono stati consegnati: l’ungherese Son of Saul, opera prima di Laszlo' Nemes, tra i piu' gettonati, ambientato in un campo di concentramento nazista ha conquistato il Grand Prix, mentre il made in China The Assassin di Hou Hsiao-Hsien ha ricevuto la Palma per la miglior regia.

Vincent Lindon, protagonista di La Loi Du Marche' di Stephane Brize', ha ricevuto l'applauso piu' lungo della platea. E' stato lui il miglior interprete di questa edizione del festival secondo il pubblico. Una performance profonda e toccante che sin dall'inizio ha convinto tutti.

Cate Blanchett, considerata come la superfavorita, è stata sopraffatta dalla compagna di set Rooney Mara: coppia lesbo nel film Carol di Todd Haynes. Il premio (ex aequo) va anche a Emmanuelle Bercot, compagna di Vincent Cassel nel film Mon Roi della francese Maiwenn.

Il greco The Lobster di Yorgos Lanthimos con Colin Farrel e Rachel Weisz ambientato in un futuro distopico dove e' vietato essere single, ha ottenuto il Premio della Giuria, mentre Chronic di Michel Franco, che affronta il tema dell'eutanasia,ha conquistato il Premio della sceneggiatura.




EUROVISION 2015: TRIONFA LA SVEZIA. TERZO POSTO PER L'ITALIA

di Christian Montagna

Vienna– Ieri sera la sessantesima edizione dell’Eurovision Song Contest, allo StadtHalle di Vienna è stata vinta dalla Svezia, in particolare da Mans Zelmerlow che ha trionfato sulle note di “Heroes”. In coda al secondo posto la Russia con la biondissima Polina Gagarina ('A million voices').
Sul podio anche l’Italia che con uno strameritato terzo posto si è classificata tra le prime tre, riscattando la sconfitta dell’anno scorso della cantante Emma Marrone. Il trio composto da Ignazio Boschetto, Piero Barone e Gianluca Ginoble chiamato “Il Volo” ha riproposto il brano “Grande Amore”, già vincitore dell’ultima edizione del Festival di Sanremo.

Un brano che ha letteralmente spaccato la critica ma che in poco tempo è riuscito ad entrate nelle case di tutti gli italiani, e da oggi, anche degli europei in generale. Una fusione tra tre grandi voci che insieme in un connubio studiato ad hoc hanno portato l’Italia ad essere tra le prime tre all’Eurovision contest.
La differenza di voti è stata minima: Mans si è aggiudicato la vittoria con 365 voti; la russa Gagarina 303 e “Il Volo” 292. Gli ambasciatori del Pop lirico nel mondo, così sono stati definitivi i tre giovani cantanti italiani, a breve torneranno in Italia e cominceranno il tour estivo.

La Svezia dunque eredita lo scettro dall’Austria che lo scorso anno, con Conchita Wurst, la drag singer si è aggiudicata oltre alla vittoria anche l’ospitata del festival che il prossimo anno si terrà in Svezia. In Italia la serata è stata trasmessa da Rai 2 con circa 200 milioni di ascolti raccolti in tutto il mondo.




LUNGOMARE CARACCIOLO: E’ BOOM PER “NAPOLI STRIT FOOD”

di Christian Montagna

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Napoli– E’ tutt’ora in corso presso il lungomare Caracciolo l’evento Napoli Strit Food, progetto portato avanti con dedizione e passione affinché la tradizione del capoluogo campano possa essere nota a tutti. L’aspetto che si intende diffondere con questa manifestazione è l’abitudine al “mangiare per strada”.

Quella dello “street food” a Napoli è un’usanza che già da anni si protrae nel tempo: ovunque nei vicoletti della città, nelle piazze, nella strade principali e in corrispondenza di panorama mozzafiato si trovano piccole botteghe, camion adibiti a negozi, bancarelle e trattorie ricche di prelibatezze. La genuinità e il rispetto della tradizione partenopea vengono sempre rispettate e in particolare durante quest’evento che vedrà il bel lungomare trasformarsi in un ristorante a cielo aperto.

Per gli organizzatori del festival, mangiare per strada non è una moda, è uno stile di vita che conosciamo da sempre e vogliamo presentare e diffondere tra tutti coloro che amano lo street food. E’ evidente il gioco di parole nel titolo che sfrutta l’ambivalenza della parola “strit”che in inglese significa “strada” da “street” e in napoletano significa “stretto” proprio come quei vicoletti della nostra città.

Lo scopo di questa splendida iniziativa è quello di valorizzare e promuovere, in ambito nazionale ed internazionale, lo street food napoletano d’eccellenza attraverso un evento dedicato completamente al tema del cibo da strada. Nonostante il meteo non fosse proprio incoraggiante, i napoletani finora hanno risposto molto bene a questo evento. Si prevede boom di presenze in serata. L’evento, lo ricordiamo, è cominciato ieri e terminerà domani sera alle ore 23.