Taranto: Mattarella alla scuola Giovanni Falcone

TARANTO – Nel cortile del plesso di scuola primaria Giovanni Falcone, al quartiere Paolo VI di Taranto, oggi la cerimonia di inaugurazione del nuovo anno scolastico ‘Tutti a scuola’ alla presenza del presidente della Repubblica.
Sergio Mattarella, e della ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli. La ministra ha sottolineato l’importanza che l’anno scolastico sia iniziato anche nelle zone colpite dal sisma, anche ad Ischia”.
La cerimonia prevede vari momenti di spettacolo. Checco Zalone ha mandato un video messaggio: “Spero studiate anche voi e formiate una classe dirigente che faccia giustizia – ha detto – Ho spesso interpretato il ruolo del cafone, ma non sapete quanto ho dovuto studiare per farlo”.




Milano: un corteo per dire no al genocidio in Birmania

MILANO – Nel pomeriggio di Sabato, Milano si è trasformata nella piazza ideale per mostrare a tutta la nostra scossa penisola cosa vuol dire integrazione. Un gruppo di circa 200 stranieri islamici si sono riuniti in corteo per “bloccare il genocidio” che si sta consumando in Birmania. Le vittime del silenzioso sterminio al quale il popolo islamico milanese cerca di dar voce sono gli islamici della minoranza rohingya (150mila persone) per mano della maggioranza buddista rakhine, religion, quella buddista, professata dall’ 89% dei 55 milioni di birmani. La coda umana che è iniziata a Piazza della Repubblica, protetta da uomini della Polizia Locale e dei Carabinieri, è stata composta di padri, bambini e donne coperte dal velo. Gli slogan principali, inneggiati in arabo ed in italiano, sono stati contro la procrastinazione della violenza verso i bambini ed in favore di uno stato di pace e di sicurezza.

É immediato comprendere il clima surreale che si respirava tra le vie milanesi: persone avvezze ormai alla discriminazione che hanno levato un inno di pace verso un paese cosi lontano. Nello stesso giorno in cui il sindaco di Lampedusa, Totó Martello, afferma con voce sicura come quei 180 immigrati dell’hot spot (centro di prima identificazione) siano la causa precipua delle “minacce, molestie e furti” che hanno condotto l’ isola sicula al collasso con la complicità dell’ex sindaco, premio Unesco per la pace, Giusi Nicolini. Martello ha chiesto infine l’intervento diretto del ministero dell’interno, presieduto da Marco Minniti, il quale il 3 settembre alla festa de Il Fatto Quotidiano ha, per primo, introdotto il binomio “immigrazione ed integrazione”. Un grandioso esempio di quest’ultimo è raccontato da Dacia Maraini che si è recata a Pescasseroli, dove l’Associazione Mamma Africa procura beni di prima necessità e le bici utili a quei migranti che come Bubbacar, Sulay e Gibril vogliono lavorare, mantenersi ed integrarsi.

A tal proposito è doveroso, se non umano, citare lo Ius Soli che sembra essere stato dimenticato dalla classe politica italiana e che dovrebbe al contrario tornare in auge. Il decreto legge è più volte oggetto di accesi dibattiti anche se in dettaglio poco conosciuto e compreso. Questa nuova proposta di legge, definita “temperata”, prevede che può diventare italiano solo chi è nato in Italia da genitori stranieri di cui, almeno uno, sia in possesso del permesso di soggiorno Ue. Il ragazzo che compie, in seguito, la maggiore età può scegliere se rinunciare alla cittadinanza acquisista oppure confermarla. Un’idea non nuova che molti dei nostri partners europei hanno già largamente introdotto e che porterebbe in primis un sorriso a quei bambini che sabato, al corteo Milanese, avevano accompagnato a mani congiunte i loro piccolo amici di diversa provenienza e religione ed, in secundis, un altro monito alla politica di disuguaglianza trumpista dopo quello più incisivo già espresso da una piccola americana che ad una delle tante manifestazioni di protesta scriveva “she is my best friend, she is very nice” riferendosi alla sua compagna di origine araba.

Oggi più che mai, bisognerebbe essere solidali e disposti all’accoglienza ed all’integrazione , dato che, come ricorda il sopravvissuto romano ad Auschwitz Piero Terracina “il clima di antisemitismo che si respira in questo periodo è paragonabile a quello degli anni 30”. Le istituzioni, a partire dalla scuola, hanno l’onore e l’onere di spiegare ai giovani la differenza sostanziale che intercorre tra immigrazione, terrorismo e proselitismo ed il compito di far presente come gli adepti adolescenti ingaggiati dall’ISIS provengano dalle periferie europee e non da oltre frontiera.




Albano Laziale, cultura: ecco le falle della decantata politica della trasparenza

ALBANO LAZIALE (RM) – Il territorio dei Colli Albani, ed in particolare quello di Albano Laziale, risulta essere abitato sin dal paleolitico-medio (300.000 anni fa) ma è durante l’età del ferro che nasce Albalonga. Dopo la distruzione voluta dal re Tullio Ostilio, Albalonga diviene il punto nevralgico della Seconda Legione Partica dislocata dall’imperatore Settimio Severo nel secondo secolo dopo Cristo. Per garantire il rifornimento idrico dell’accampamento militare si pensa alla costruzione dei “Cisternoni”, in grado di assicurare 10.132 metri cubi di acqua. Tale opera di massima ingegneria situata in Via Aurelio Saffi, è tutt’oggi in funzione e permetterebbe di assaporare le grandi glorie di un passato che non passa se non fosse per una Res Publica moderna inefficace soprattutto per quanto riguarda i lavori pubblici e la manutenzione.

È interessante analizzare, attraverso il sito del Comune di Albano Laziale, come quella politica della trasparenza (che vorrebbe i cittadini sempre dettagliatamente informati) interessi solo settori economici e quasi mai di protezione del nostro patrimonio, basti infatti passeggiare per le ville di Albano Laziale che versano in condizioni poco dignitose e che sono ormai spesso ritrovo di vandali e drogati. Altro che luogo di cultura e trasmissione storica!

Le politiche di promozione culturale sono politiche di mera promozione economica. La gestione comunale riguardante il patrimonio sembra essere dettata dalla linea guida del guadagno: gestire il turismo, assicurare servizi nei pressi delle aeree di interesse. Tutto normale se non fosse che ci sono molti slogan ma non altrettanti fatti. I cisternoni, per esempio, sono aperti solo poche ore a settimana (anche se le informazioni sugli orari di apertura cambiano come i venti) e non vedono una ristrutturazione o, almeno, un’assicurazione nella stabilità dell’impianto dall’epoca repubblicana (quella romana). In più, la certa indignazione per mancata competenza viene giustificata dal Comune riferendosi all’ art.1, comma 557, della Legge 27.12.2006,n.296es.m.i. ex art.76,comma7delD.L.n.112/2008,convertito con la Legge n.133/2008 es.m.i. art.9,co.28,del D.L.n.78/2010,convertito in Legge n.122/2010es.m.i. che “ha impedito il reclutamento attraverso concorsi pubblici per sopperire alla contrazione di personale” limitando il naturale miglioramento nell’efficacia dei servizi.

L’assessorato al patrimonio è infatti affidato ad Alessio Colini, che fortunatamente non rientra nella lista degli indagati dal Tribunale di Velletri per abuso di ufficio e concorso in corruzione elettorale nel 2016 al contrario del sindaco Nicola Marini e altri. Nulla togliendo alle sue abilità di assicuratore e di libero professionista, nonché alla sua esperienza politica nelle fila della Lista Civica Impegno Cittadino, DS e PD, i cittadini si aspetterebbero alla direzione di tale assessorato un professionista nella questione della storicità del territorio e non delle sue economicità.

Forse la politica, apparentemente innovativa, del Customer Satisfaction Management che ricerca, soprattutto nelle Università, giovani stakeholders, si arresta davanti ad un’esperienza politica contestabile ed al sistema di amicizie e fiducie cittadine che conducono alla stanza dei bottoni non statisti ed incontestabili professionisti ma come spesso accade in Italia politici o, peggio, politicanti.

Non resta, quindi, che sperare nella Meritocrazia e nella sua resurrezione nel 2019, quando scadrà il secondo mandato del sindaco Marini.




Berlusconi: aspetto ok Ue per ripresentarmi

FIUGGI – “Mi aspetto che l’Europa mi restituisca l’onore in modo da potermi ripresentare davanti ai cittadini da uomo integro”. Lo afferma il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, intervenendo alla kermesse organizzata da Antonio Tajani “L’Italia e l’Europa che vogliamo”. “Non so se la Corte di Strasburgo arriverà in tempo con una sentenza. Ma Corte o non Corte – conclude – vi assicuro che farò la campagna elettorale”.

Silvio Berlusconi è arrivato a Fiuggi con la compagna Francesca Pascale. Nella hall dell’Hotel Palazzo della Fonte dove si svolge la convention di Fi sull’Europa organizzata da Antonio Tajani, il Cav è stato assediato dai militanti azzurri, armati di cellulare per foto ricordo e selfie, che lo hanno applaudito a lungo. Ad accompagnare l’ex premier anche Lucia Ronzulli, ex eurodeputata forzista. Per l’ex premier si tratta della prima uscita ufficiale dopo le vacanze trascorse tra Arcore e la beauty farm di Merano.

“Nonostante l’estate monacale  – ha detto ancora il Cav – che ho voluto passare sono ancora birichino e ho posto questa domanda alle signore in un sondaggio per formare il partito della Brambilla: tra cagnolino e coniuge nel letto chi scegliereste? Dietro anonimato il 72 per cento ha scelto il cagnolino”

Pascale sfoggiava un tailleur gessato grigio scuro griffato Dolce e Gabbana. Anche per lei si tratta della prima uscita pubblica a fianco del leader azzurro dopo le vacanze. Appena arrivato, Berlusconi è salito in una suite ‘blindata’ per l’occasione.

Non è escluso che il presidente di Fi possa avere un incontro con Antonio Lopez-Isturiz, segretario generale del Ppe, presente il ‘padrone di casa’ e presidente del parlamento Ue, Tajani. Il presidente di Fi potrebbe portare in tarda serata un breve saluto alla cena di solidarietà per i comuni terremotati organizzata per l’occasione. Domani in tarda mattinata Berlusconi concluderà la kermesse azzurra nella cittadina termale.

 




Fiuggi, Tajani: “Primarie? Berlusconi è il nostro leader”

“Noi non abbiamo bisogno di fare primarie: il leader, visto che si nasce leader, ce l’abbiamo. Si chiama Silvio Berlusconi e come ha detto Lopez, siamo convinti che ci farà vincere”. Lo afferma Antonio Tajani presentando l’intervento dell’ex premier a Fiuggi.

 

Ecco i temi toccati da Silvio Berlusconi dalla kermesse di Fiuggi organizzata da Antonio Tajani:

SU DI MAIO. “Il partito ribellista del M5s ieri ha indicato come leader un signore che io considero una meteorina della politica ma che porta agli italiani come bagaglio la nullità assoluta di quello che ha fatto nel tempo”.

CANDIDABILITA. “Io non so se la Corte europea arriverà in tempo per rendermi candidabile ma parteciperò alla campagna elettorale con la passione di sempre”.

L’ETA’. “Per governare un Paese non si può improvvisare, serve una grande esperienza decisionale”. “Io non ho mai usato la mia età per avere voti, anzi – aggiunge – ho fatto un patto con diavolo per togliermi 20 anni, lui ha iniziato a togliermene un po’ ma guardandomi allo specchio ne ho dubitato”. Dunque, parlando degli avversari candidati premier, spiega: “40 anni di esperienza in più rispetto al loro candidato sono qualcosa da far valere”.

IMMIGRAZIONE. “C’è il rischio di una immigrazione di massa, noi ne abbiamo avuto un assaggio, ma ancora poco rispetto a quello che potrebbe accadere”, “abbiamo il rischio di numeri più elevati” per “tentare di evitare una migrazione epocale di massa serve un piano Marshall” per l’Africa.

EURO. Sull’uscita dall’euro “la posizione di Salvini è molto cambiata”, “io personalmente penso che non si possa uscire dall’euro” quindi “anche questo problema con Salvini sta andando a posto”.

ELEZIONI IN SICILIA. “Oggi il centrodestra unito viene dato in tutti i sondaggi primo e prevediamo una grande vittoria in Sicilia”.




Chikungunya, Montanari: “Il focolaio non è a Roma”

ROMA – “Ci lasciano sconcertati le parole di Benvenuti, ex presidente AMA nominato da Alemanno, intervistato da TG5 sul caso chikungunya. A Roma disinfestazioni e derattizzazioni sono state effettuate con grande impegno. Dire o lasciar intendere il contrario è un gesto irresponsabile nei confronti dei cittadini.
Il focolaio non è a Roma ma ad Anzio. Roma è stata danneggiata dalle disinfestazioni inefficaci di altri comuni laziali. Per noi, parlano i numeri.
Roma, con 2.875.364 abitanti ha subito 6 casi di contagio. Anzio, con 54.211 abitanti ha riscontrato 19 casi di contagio. Una parte dei cittadini romani che è risultata positiva alla chikungunya era stata in vacanza ad Anzio.
Mentre i nostri trattamenti preventivi a bassa tossicità hanno funzionato molto meglio degli altri, ci chiediamo cosa hanno fatto le altre Amministrazioni per garantire la salute dei cittadini.
La nuova ordinanza Raggi è servita per permettere gli interventi anche sul suolo privato. Nessun passo indietro e nessun ritardo da parte nostra. I trattamenti adulticidi erano già previsti.
Su questo caso andremo fino in fondo, per ristabilire la verità e valuteremo tutte le azioni possibili, anche legali, denunciando il procurato allarme e la diffusione di notizie false, per tutelare l’operato dell’Amministrazione Capitolina”. Così in una nota, l’Assessora alla Sostenibilità di Roma Capitale, Pinuccia Montanari.




Lecce, morte di Noemi: omicidio premeditato aggravato dalla crudeltà

LECCE– Un omicidio premeditato, aggravato dalla crudeltà dai futili motivi. È quanto contesta la procura dei minorenni di Lecce a Lucio, il fidanzato di Noemi Durini, reo confesso dell’omicidio della ragazzina sedicenne di Specchia, nel decreto di fermo emesso nei suoi confronti.

Non sarebbe stato, dunque, un omicidio d’impeto, come sostenuto dal ragazzo, ma un atto pianificato e studiato. Lucio, si legge nel decreto di fermo che è stato in parte anticipato da alcuni quotidiani, “cagionava la morte di Noemi prelevandola alle 4.51 dalla sua abitazione con la Fiat 500 di proprietà della sua famiglia e conducendola in aperta campagna colpendola con l’uso di corpi contundenti; con le aggravanti di aver commesso il fatto con premeditazione, per motivi abietti o futili e di aver agito con crudeltà”.

 

Il fidanzato non risponde al Gip – Si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Lucio, il fidanzato di Noemi Durini, reo confesso dell’omicidio della 16enne di Specchia. Il giovane poi, attraverso il suo curatore speciale, nominato dal Tribunale per i minorenni, avvocato Maurilio Marangio, ha chiesto di poter essere trasferito in una struttura dove possa continuare gli studi. Il ragazzo, che compierà 18 anni il prossimo dicembre, da poco aveva iniziato l’anno scolastico nell’Istituto tecnico Professionale Don Tonino Bello di Alessano, lo stesso dove si era trasferita Noemi. Il giovane si trova in stato di fermo all’interno di una struttura protetta vicino ad un comune dell’hinterland di Lecce. E’ stato messo da solo in stanza e viene sorvegliato. Oggi, sabato 16 settembre, a quanto è stato riferito, ha ripreso a mangiare dopo due giorni in cui aveva rifiutato il cibo.

 

Il medico legale – Noemi non é morta a causa di un colpo di pietra alla testa. E’ quanto emerge dal primo esame radiologico effettuato dal medico legale Roberto Vaglio sul corpo della ragazza. Dalla Tac eseguita nella camera mortuaria dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, non emergerebbero infatti segni di fratture scheletriche, tantomeno al cranio.

Questo fa quindi escludere che la giovane sia deceduta per i colpi inferti con una pietra in testa. Il risultato della Tac cambia quindi le prospettive sia dell’indagine penale che di quella medico legale che ora dovrà cercare le cause della morte in altre lesioni presenti sul corpo della giovane, sul cui collo sono evidenti segni di tagli. Il fidanzato diciassettenne della giovane, reo confesso, ha detto di averla uccisa con un coltello che la stessa Noemi aveva portato con sé il giorno in cui si incontrarono a notte fonda. Il piano, secondo il racconto del giovane, sarebbe stato quello quello di sterminare la famiglia di lui che ostacolava il loro rapporto.

Omicidio Noemi a Lecce, rivelazione shock del ragazzo: “L’ho uccisa perché voleva ammazzare la mia famiglia”

Il ragazzo “sta nascondendo suo padre, lo protegge, ma quello non si salverà, ha fatto tutto lui”. Il padre di Noemi Durini, accusa il genitore del fidanzato della figlia reo confesso dell’omicidio. L’uomo parla davanti alla casa di Alessano dove abitano i genitori del presunto omicida, sostenendo di voler perdonare il giovane per quello che ha fatto. Era andato lì per cercare di incontrare il padre del ragazzo e solo l’intervento dei carabinieri ha evitato che la situazione degenerasse. “Me l’ha uccisa, vieni fuori bastardo” ha urlato l’uomo cercando di arrivare alla casa. Noemi, ha detto Durini, “era la ragazza più brava del mondo. Non era perfetta, ma era brava e onesta”. Una settimana prima della scomparsa, racconta il padre, “stava finalmente bene. Tornava a casa tutte le sere alle 20 e mi abbracciava, era riuscita a lasciarlo”. Ma allora cosa è successo? Secondo l’uomo il nodo di tutto sono i genitori del fidanzato, in particolare del padre.
“Aveva un odio per mia figlia incomprensibile”.




Inchiesta Consip, Procura di Roma: a Woodcock contestato falso

L’ipotesi di reato di falso è stato contestata dalla Procura di Roma al pm napoletano Henry John Woodcock il 7 luglio scorso nel corso dell’interrogatorio al quale fu sottoposto dopo aver ricevuto un invito a comparire per rivelazione del segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta Consip.

L’iscrizione anche per falso del pm napoletano, avvenuta precendentemente l’atto istruttorio, è legata alle circostanze che hanno portato la Procura di Roma ad ipotizzare la stessa accusa nei confronti dell’ex capitano del Noe, ora maggiore del Comando provinciale dei carabinieri di Napoli, Gian Paolo Scafarto in merito alla fondatezza di una presunta presenza di 007, da lui indicata in una informativa, nell’attività di indagine sugli appalti Consip. Ai pm di piazzale Clodio Scafarto disse che a rappresentargli la necessità di compilare un capitolo specifico su tale circostanza fu Woodcock. Quest’ultimo confermò tale versione durante l’interrogatorio.




Milano, corone ai caduti dell’ex Rsi: polemica nella maggioranza per la proposta dell’assessore Rozza

MILANO – La proposta dell’assessore Carmela Rozza, riportata oggi da Il Giornale, che sulla questione della posa di corone di fiori del Comune al campo X del cimitero Maggiore, dove sono sepolti i caduti della Rsi, avrebbe avanzato l’idea di posare al cimitero, nella ricorrenza del 2 novembre, una corona dedicata a tutti i caduti, indistintamente, accende la polemica nella maggioranza di palazzo Marino. Se il centrodestra con De Corato plaude alla proposta, infatti, da Insieme x Milano arriva lo ‘stop’: “Apprendo dalla stampa – dichiara Anita Pirovano, capogruppo di IxM –  di una proposta dell’assessore Rozza tesa a proseguire la cattiva abitudine di portare le corone dei defunti anche al famigerato campo 10 luogo di reiterate esibizioni neofascite. Ricordo che nel novembre 2016 il sindaco Sala aveva chiaramente sottolineato la necessità di rivedere questa insana tradizione. Rimaniamo dell’idea che il necessario rispetto per tutti le vittime della guerra non possa essere confuso con l’omaggio a chi si fece strumento della dittatura nazifascista.

Siamo certi che il Sindaco, a pochi giorni dall’inaugurazione della piazza dedicata a Giovanni Pesce, nel solco del passato del presente e del futuro di Milano antifascista medaglia d’oro della resistenza darà seguito alle dichiarazioni fatte lo scorso anno”. Per il delegato alle periferie del sindaco, eletto con Sinistra x Milano al municipio 1,  “I fiori da mettere in un cimitero per ricordare dei morti non dovrebbe deciderli la giunta, ma un semplice funzionario, perché poi alla fine succede che la questione assume valenza politica e si passa dai Crisantemi alla Resistenza, che è cosa troppo nobile e seria per finire in mezzo a una polemica sui fiori….”

 

Rozza: non mi si tiri per la giacchetta, sono antifascista – L’assessore spiega poi con una lunga nota la sua posizione:   “La proposta che ho fatto ieri in giunta e che ho visto commentata da molti è semplice, pur con tutti i distinguo necessari, e so che non piacerà né alla sinistra estrema, né alla destra: in occasione del due novembre porre una corona al cimitero Maggiore in ricordo di tutti i caduti di tutte le guerre. Quella data è una festività religiosa ed è la ricorrenza dei morti. Tutti – prosegue Rozza -. Non c’è in quella occasione nessun giudizio di tipo morale o politico. Per i cattolici esiste Dio, l’unico in grado di giudicare l’essere umano e decidere per l’inferno e il paradiso. La commemorazione dei morti è quindi frutto di una pietas umana, che vale per tutti coloro che hanno perso la vita. La pietas per i caduti né riabilita, né giustifica le azioni e i motivi che hanno portato alla loro morte. Da qui il motivo di una sola corona per tutti i caduti. Questo però non significa, come vorrebbe qualcuno a destra, mettere i morti sullo stesso piano da un punto di vista storico e politico, perché non lo sono e non lo saranno mai. E quindi ribadisco anche quest’anno la richiesta che ho già fatto anche l’anno scorso, ovvero impedire che in occasione del 25 aprile i neofascisti possano andare manifestate al Campo X e onorare il ricordo di coloro che pretendevano di mantenere il Paese ancora nella dittatura. Il 25 aprile è la festa della Liberazione e noi riconosciamo e festeggiamo coloro che hanno lottato e combattuto per la libertà che ci consente di vivere in democrazia e di mantenere la pietas per tutti i morti. Per questo condivido le parole di Cenati quando dice ‘la morte rende tutti uguali, ma in vita i combattenti per la libertà hanno lottato contro l’oppressione nazifascista, mentre i repubblichini hanno collaborato con i nazifascisti nella denuncia, nella cattura, nella fucilazione di partigiani’. Quindi non mi si tiri per la giacchetta: sono e rimarrò sempre antifascista”, conclude.




Il profilo professionale degli operatori addetti alla ricezione delle richieste di soccorso pubblico: Intervista al prefetto Francesco Tagliente

L’Osservatore d’Italia con questa importante intervista al prefetto Francesco Tagliente, storico dirigente della Sala Operativa della Questura di Roma già Questore di Roma e prefetto di Pisa, arricchisce la serie dei servizi dedicati “Al 113 con tanto amore”. Per rendere omaggio al 113, un “personaggio” istituzionale molto famoso non solo per aver servito per circa 50 anni tutti i cittadini che lo hanno chiamato per esigenze di soccorso pubblico o di pronto intervento, ma anche e soprattutto per essere stato uno dei primi numeri telefonici unici al mondo per la ricezione delle segnalazioni e richiesta di soccorso pubblico e do gestione delle emergenze, L’Osservatore d’Italia ha ritenuto di intervistare nuovamente al prefetto Francesco Tagliente, storico dirigente della Sala Operativa della Questura di Roma, già Questore di Roma e prefetto di Pisa.

Il contributo del prefetto Tagliente ci consente di saperne di più sul profilo professionale richiesto agli operatori del centralino di soccorso pubblico e sulla strategia adottata per rendere il servizio 113 un modello di riferimento capace di garantire una risposta mediamente entro 6 secondi.

 

Prefetto Tagliente lei ha definito il 113 come un termometro dei rapporti di integrazione sociale, uno dei pilastri fondamentali della sicurezza delle persone e delle città. Ha sostenuto anche che uno dei punti focali dell’attività del 113 è Il fattore umano. Ci spiega meglio?

Facciamo intanto una premessa dando per scontati, una immediata accessibilità al servizio di soccorso pubblico, la disponibilità degli operatori e una professionalità da parte degli stessi idonea a garantire una risposta il più rispondente possibile alle aspettative. Ciò che qualifica lo standard di sicurezza di un intervento in emergenza non è soltanto il livello tecnico raggiunto dagli strumenti utilizzati, ma anche il fattore umano che ne determina la scelta sulla base del livello di professionalità, dell’esperienza e, soprattutto, della capacità di ascolto, ricettività e duttilità dell’operatore che riceve la chiamata da parte del cittadino in difficoltà. Di fronte ad una gamma infinita di sentimenti e stati d’animo che vanno dalla paura all’angoscia, dalla rabbia alla disperazione, dalla vergogna alla frustrazione, l’operatore del Servizio di emergenza deve saper gestire con assoluta professionalità una forma di comunicazione del tutto peculiare, in quanto unicamente verbale, strettamente finalizzata alla comprensione e risoluzione di un problema nel minor tempo possibile. Il rapporto con il cittadino in situazioni di emergenza richiede empatia, capacità di instaurare una relazione immediata e mantenerla in costante vicinanza emotiva, di comunicare fiducia e credibilità mentre si sceglie e si fornisce il supporto adeguato sulla base delle risorse disponibili.

 

Ci sta ripetendo che il fattore umano è uno dei punti focali dell’attività degli operatori addetti alla gestione delle richieste di soccorso pubblico e di pronto intervento in emergenza? Sto ribadendo, perché la ritengo una delle priorità, che l’operatore del centralino di soccorso pubblico deve effettuare scelte che richiedono grande professionalità e conoscenza di mezzi, luoghi e risorse materiali ed umane, mentre mantiene vitale e utile un delicato e fondamentale equilibrio tra atteggiamenti e modalità di comunicazione tra loro spesso conflittuali quando non anche diametralmente opposte. Deve far valere una posizione di autorevolezza fondata sul suo ruolo senza assumere atteggiamenti autoritari o valutativi; deve instaurare un rapporto partecipativo senza omologarsi e senza perdere la guida della comunicazione; deve mostrare professionalità senza cadere in tecnicismi; deve rassicurare senza creare false aspettative; deve assumere informazioni ma non atteggiamenti inquisitori; deve infondere calma senza minimizzare; deve riconoscere alla persona il diritto di vivere anche gli eccessi della sua paura ma fornirle istruzioni che ne favoriscano il controllo; deve contenere emozioni e disagi dell’interlocutore e nel contempo rispettare il suo stato d’animo. Per evitare che la contrapposizione di posizioni simmetriche inneschi e incrementi emozioni negative che impedirebbero una completa e lineare acquisizione di informazioni necessarie ad un intervento adeguato al problema reale, la flessibilità intellettiva e il mestiere dell’operatore sono le basi necessarie per poter instaurare con il cittadino una relazione di tipo “one down, one up“ (ad esempio, di fronte ad un utente impaurito e confuso, un atteggiamento rassicurante piuttosto che inquisitorio o esitante).

 

In pratica lei sostiene che a questo operatore viene richiesta una specifica esperienza operativa e flessibilità intellettiva?

Io penso che sia da pretendere che l’addetto al centralino di soccorso pubblico sia da selezionare tra le persone capaci di coniugare il fare, in base al proprio vissuto operativo su strada, con in sapere, acquisito dalla conoscenza delle scienze comportamentali. Non avendo disponibili importanti elementi di valutazione della comunicazione, a partire dall’interpretazione del pur complesso linguaggio del corpo fino a quella della mimica del volto, assumono un particolare rilievo quegli “indici vocali” che costituiscono la qualità della comunicazione, come il tono e la frequenza di alti e bassi della voce, la sua intensità e volume, il timbro. Per il medesimo limite tecnico, nella gestione del flusso della comunicazione assume una rilevanza fondamentale la gestione dei tempi del dialogo, come il dosare le pause in maniera efficace, la velocità e la continuità della conversazione, la sua stessa durata. Si tratta, quindi, di un ascolto attivo che implica una serie di abilità relazionali per compensare quella limitazione di informazioni che deriva dal suo essere limitata ad un processo verbale, quali: il riuscire a identificare (e verbalizzare) le emozioni, lo stato di bisogno e le aspettative dell’interlocutore verso il quale si dovrà assumere una funzione di specchio; il sapere porre le domande giuste e nel modo corretto, utile e mai negativo; la capacità di trasmettere messaggi in prima persona, modulando le proprie sensazioni per fornire incoraggiamenti. Occorrerà, ad esempio, modellare la comunicazione sulla deduzione delle caratteristiche socio-culturali del cittadino che rappresenta una esigenza, operando il riconoscimento e il rispetto di norme di status per evitare l’uso improprio di allocutivi che potrebbero determinare chiusura e allontanamento da parte di determinati interlocutori (ad esempio il “tu” o il “signor”): se tale operazione ottiene riscontro, sarà possibile giungere ad un linguaggio condiviso.

 

Ma se il numero degli operatori è insufficiente rispetto alle chiamate come fare?

La notte dell’emergenza neve al centralino di soccorso pubblico 113 di Roma sono giunte 24.000 segnalazioni e richieste di soccorso pubblico. La professionalità e le capacità tecniche di gestione e coordinamento delle risorse materiali ed umane da parte dell’operatore hanno un ruolo determinante nel caso di eventi di notevoli dimensioni che, inevitabilmente, comportano la necessità di gestire contemporaneamente un notevole numero di chiamate e di stabilire scale di priorità con estrema rapidità. Mantenendo comunque un atteggiamento di apertura e disponibilità nei confronti di tutti coloro che si rivolgono al Servizio per segnalare l’evento, le priorità dovranno essere rivolte soprattutto a selezionare i soggetti apparentemente più affidabili ai fini della raccolta delle informazioni o testimonianze più utili rispetto ad altre meno determinanti ai fini della risoluzione dell’emergenza e trattazione successiva delle sue conseguenze. In un contesto così delicato e complesso, l’operatore deve infatti assolvere a una molteplicità di funzioni finalizzate alla risoluzione del problema nel minor tempo possibile, ad ottenere informazioni utili, a trasmettere all’interlocutore la sicurezza di aver identificato il problema e attivato il processo di intervento, a valutare il rischio per la vittima e per gli operatori che la stanno raggiungendo nel teatro di un crimine, a gestire con fermezza e prontezza l’imprevedibilità e l’emergenza di situazioni che vanno dagli incidenti stradali alle segnalazioni di reati in atto, dalle segnalazioni false a possibili atti o intenti suicidari. Il tutto nella consapevolezza che, anche comuni emozioni umane, se lasciate senza risposta o cura, possono condurre a comportamenti negativi che possono a loro volta produrre danni ulteriori se non maggiori dell’evento stesso.

 

Come è possibile trovare persone con questi requisiti?

Un’altra importante area di intervento, individuata nel corso del 2007, legata alla considerazione dell’operatore del 113 come elemento determinante per la professionalità del servizio, è quella inerente la specializzazione del personale addetto al 113. Nella consapevolezza della delicatezza e complessità del ruolo, la Questura di Firenze ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Firenze per l’organizzazione, a cadenza periodica, di uno stage di formazione in psicologia della comunicazione per i poliziotti in servizio al 113, nonché per il gli operatori delle “volanti” e per i poliziotti di quartiere, con la docenza di quattro psicologi: il Direttore Tecnico Principale Psicologo della Polizia di Stato Dott.ssa Carla Cignarella, la Dott.ssa Silvia Calzolari Psicologa Criminologa esperta nella Comunicazione di massa e consulente del Ministero di Giustizia, la Prof.ssa Enrichetta Giannetti e il Prof. Stefano Taddei della facoltà di Psicologia dell’Università di Firenze. Questo progetto di formazione, poggiava sul presupposto di dover offrire agli operatori di polizia addetti a questo settore, dotati già di una professionalità molto elevata, di strumenti e spunti di riflessione per gestire gli aspetti relazionali ed emotivi nel rapporto con l’utente-cittadino ed è anche espressione di una volontà di apertura e di collaborazione rispetto istituzioni prestigiose come l’Università . Sempre sul versante della formazione sono stati organizzati una serie di incontri con le interpreti in servizio presso la Questura, per fornire un ulteriore e fondamentale supporto professionale agli operatori di polizia in una città come Firenze, ad alta frequentazione di turisti e studenti stranieri, utenti che necessitano di particolare attenzione in quanto si muovono in un contesto urbano a loro estraneo o comunque non familiare e dunque maggiormente vulnerabili.

di Chiara Rai

Si Ringrazia il Prefetto Francesco Tagliente per l’intervista rilasciata all’Osservatore d’Italia




Quanto prenderanno di pensione i parlamentari? Anche Grasso e Boldrini tra i nuovi pensionati

La data ‘X’ e’ arrivata: il 15 settembre, la diciassettesima legislatura compie il giro di boa dei 4 anni, sei mesi e un giorno necessari per arrivare all’agognata pensione. Una data importante per i nuovi eletti, ovvero i senatori e deputati di prima nomina. Agenparl fa un importante quadro della situazione. In tutto sono 608 i parlamentari (417 deputati e 191 senatori) alla prima legislatura, cui sarà versato un assegno di 1.000-1.100 euro netti. Da oggi, quindi, la ‘carica’ degli oltre 600 parlamentari alla prima legislatura maturerà il diritto a percepire la pensione che inizieranno a incassare solo al compimento dei 65 anni. Per chi invece ha già altre legislature alle spalle, l’età si abbassa, ma non può essere inferiore ai 60 anni (precisamente, per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni).

A Montecitorio e a Palazzo Madama i neoeletti costituiscono un numero cospicuo all’interno dei vari gruppi e rappresentano oltre la metà del numero complessivo degli eletti: 608 su 945, praticamente ogni due su tre. Tra questi, anche i presidenti dei due rami del Parlamento, Laura Boldrini e Pietro Grasso.

A salire sul podio del numero di ‘esordienti’ è il Movimento 5 Stelle, dove sono tutti alla prima esperienza parlamentare: precisamente, 88 alla Camera e 35 a Palazzo Madama. Ma tanti sono anche i nuovi volti del Pd: più di un centinaio i neo deputati e si avvicinano a 70 quelli del Senato.

Molti deputati alla prima legislatura siedono alla Camera nel gruppo Misto, oltre una quarantina; una ventina nel gruppo di deputati di Sinistra italiana e in quello di Forza Italia; nelle file di Ap gli esordienti sono una decina, poco meno in Scelta civica-Ala e 3 in Fratelli d’Italia. New entry anche nelle file della Lega Nord. A Palazzo Madama sono poco meno di 10 in Mdp a figurare nell’elenco dei neo eletti – come si evince dal sito del Senato – 16 in Forza Italia, 10 nel gruppo Autonomie e 5 nella Lega, 17 nel gruppo Misto, 6 in Ala e 12 in Gal, mentre in Ap sono 11.

Le pensioni dei parlamentari, o meglio l’entità dell’assegno delle pensioni di deputati e senatori e, soprattutto, di quello spettante agli ex parlamentari prima della riforma del 2012, ovvero i cosiddetti vitalizi, sono stati al centro di duri scontri e polemiche tra le forze politiche. A cavalcare la battaglia contro i vitalizi è stato in prima fila il Movimento 5 Stelle, che è tornato alla carica con un cruciverba dal titolo ‘La pensione enigmistica’, in cui si stigmatizzano con toni ironici e tranchant i “privilegi” di cui godono – è l’accusa – i deputati e i senatori. Il capogruppo alla Camera, Simone Valente, ha anche garantito che ci sarà “un impegno sottoscritto a rinunciare alla pensione privilegiata”.

La riforma del sistema pensionistico dei parlamentari è oggetto di una proposta di legge, a prima firma del portavoce Pd Matteo Richetti, che è stata appoggiata dai 5 Stelle e approvata dalla Camera. Il testo del provvedimento è ora all’esame del Senato, dove è iniziato proprio mercoledì l’iter in commissione. Sulla proposta, però, pende il rischio di incostituzionalità, in quanto l’obiettivo è non solo di equiparare in tutto e per tutto le pensioni dei parlamentari a quelle di tutti gli altri dipendenti pubblici, ma anche quello di abolire definitivamente i vitalizi o, meglio, di trasformare quelli in essere in pensione contributiva, con un conseguente ricalcolo dell’assegno.

Il Governo Monti ha abolito i vitalizi nel 2012

Chi è contro il ddl sostiene che lede i principi costituzionali dell’irretroattività, perché andrebbe a toccare diritti acquisiti (leggi anche: Ugo Sposetti: “Vi spiego perché questa battaglia è sbagliata”). Fatto sta che, visti i numeri al Senato e le forti perplessità registrate anche all’interno della stessa maggioranza, il provvedimento potrebbe finire in un binario morto. Per la verità, il sistema pensionistico dei parlamentari è stato già modificato dal governo Monti nel 2012, introducendo il superamento dell’istituto del vitalizio, sostituito dall’introduzione, con decorrenza dal 1 gennaio 2012, di un trattamento pensionistico basato sul sistema di calcolo contributivo.

Il nuovo sistema si applica integralmente ai deputati eletti dopo il 1 gennaio 2012, mentre per i deputati in carica e per i parlamentari già cessati dal mandato e successivamente rieletti, si applica un sistema pro rata, determinato dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato alla data del 31 dicembre 2011, e di una quota corrispondente all’incremento contributivo riferito agli ulteriori anni di mandato parlamentare esercitato. I deputati cessati dal mandato, indipendentemente dall’inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi.

Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni. In sostanza, gli unici che continuano a percepire la pensione da parlamentare sotto forma di vitalizio sono gli ex parlamentari prima del 2012: una cifra che si aggira intorno alle 2.600 unità. Un’ulteriore modifica è stata apportata nel maggio del 2015: è stata infatti introdotta una nuova disciplina che prevede la cessazione dell’erogazione degli assegni vitalizi e delle pensioni nei confronti dei deputati che abbiano riportato condanne per reati di particolare gravità.